Dialogo nella politica estera

Riportiamo la tesi n. 10, riguardante la politica estera, tra quelle approvate il 23 maggio 1988 dal Plenum del CC del PCUS per la XIX conferenza nazionale del partito che si aprirà a Mosca il 28 giugno. Da "Perestrojka, amici e nemici", Editrice l'Unità, 1988, pp.109-111.


10. La perestrojka in atto nell'Urss è divenuta un evento di significato universale. Disponendo di una intrinseca capacità di influsso positivo sul mondo, essa aveva bisogno di una politica estera che esprimesse adeguatamente la sua essenza umanistica, esigeva una democratizzazione dei nostri rapporti internaziona­li e una diversa collocazione del paese nella divisione mondiale del lavoro.

L'analisi critica del passato ha mostrato che anche la nostra politica estera portava i segni del dogmatismo e del soggettivismo. Si è permesso che essa rimanesse arretrata rispetto ai cambiamenti fondamentali che avvenivano nel mon­do, non sono state sfruttate appieno le nuove possibilità di allentamento della tensione e di maggiore comprensione reci­proca tra i popoli. Nel perseguire la parità strategico-militare, in passato non sempre si sono utilizzate le opportunità di garantire la sicurezza dello Stato con mezzi politici e così ci si è lasciati coinvolgere nella corsa agli armamenti, a discapito dello sviluppo socio-economico del paese e della sua posizione a livello internazionale.

Alla base della politica estera è stata posta una nuova mentalità, coerentemente scientifica, liberata dagli stereotipi storicamente superati. Essa riflette le realtà del mondo contem­poraneo: così multiforme, contraddittorio, in cui sono presenti minacce globali alla sopravvivenza stessa dell'umanità e nel contempo sussiste un enorme potenziale di coesistenza, collabo­razione e di soluzione politica dei problemi più scottanti.

La nuova mentalità politica ha consentito di avanzare una serie di proposte importanti che hanno colpito l'immaginazione di un mondo in ansia. Ecco le più importanti: programma di graduale liquidazione delle armi nucleari entro il 2000, sistema di sicurezza universale, libertà di scelta, equilibrio degli interes­si, «comune casa europea», ristrutturazione dei rapporti nella regione asiatica dell'Oceano Pacifico, sufficienza difensiva e dottrina di non aggressione, sicurezza economica internaziona­le, rafforzamento della sicurezza nazionale e regionale mediante l'abbassamento del livello degli armamenti, disponibilità al ritiro reciproco delle truppe e delle basi straniere dai territori altrui, misure di fiducia, coinvolgimento diretto della scienza, con tutta la sua autorità, nella politica mondiale. (...)

È mutato in modo radicale lo stile della nostra attività in politica estera. Il suo carattere distintivo è adesso il dialogo. La inusitata molteplicità di contatti della dirigenza sovietica con l'esterno - dai capi di Stato ai semplici cittadini - ha significato una nuova «apertura» dell'unione Sovietica. E noi per converso abbiamo avuto la possibilità di conoscere e comprendere meglio il mondo e, per conseguenza, di costruire la nostra politica e contribuire alla formazione di rapporti internazionali conformi alla civiltà contemporanea.

Come direttiva principale - nei rapporti con i paesi socialisti - noi e i nostri amici abbiamo cominciato insieme a sbarazzarci delle incrostazioni del formalismo e del trionfali­smo, abbiamo collegato effettivamente i principi dell'uguaglian­za, dell'autonomia e della non ingerenza ad una realtà oggetti­va: la diversità delle forme nazionali di società socialista. I nostri legami internazionalisti sono fondati sul vantaggio reci­proco, sull'equilibrio degli interessi, sulla responsabilità comu­ne per le sorti e il prestigio del socialismo, per la crescita del suo ruolo nello sviluppo mondiale. (...)

L'inserimento della nuova mentalità nella politica interna­zionale ha prodotto grossi risultati pratici: è stato concluso il trattato Inf, è iniziato il ritiro delle truppe dall'Afghanistan sulla base degli accordi di Ginevra.

Un certo miglioramento nelle relazioni sovietico-americane, di cui sono divenuti simbolo gli incontri al vertice, ci consente di contare su una svolta di principio verso l'eliminazio­ne della minaccia nucleare. Il processo negoziale multilaterale, da noi attivamente incoraggiato, ci avvicina all'interdizione delle armi chimiche, offre la possibilità di allentare la pericolosa contrapposizione tra le due più potenti alleanze militari - la Nato e il Trattato di Varsavia - e di ridurre gli armamenti convenzionali e le forze armate in Europa.

Non sottovalutiamo il pericolo militare insito nella natura dell'imperialismo. Esso determina il sistema difensivo sovietico, la cui efficienza d'ora in poi dovrà essere garantita da parametri esclusivamente qualitativi sia per i mezzi che per gli uomini. L'influenza delle realtà del mondo contemporaneo e le eventuali modificazioni di una serie di fattori oggettivi che hanno causato le guerre fanno pensare che la tutela della sicurezza degli Stati si trasferirà sempre più dalla sfera dei rapporti di forza militari a quella della politica, al primato del diritto e della morale universale nell'adempimento degli impegni internazionali.

La radicale riforma economica e il nuovo approccio verso gli scambi con l'estero hanno dato i primi germogli di un più efficace inserimento del paese nella economia mondiale.

Sulla base dei risultati di tre anni di perestrojka si può dare una risposta al problema principale che più di ogni altro preoccupa il nostro popolo e tutti i popoli del mondo: siamo riusciti ad allontanare il pericolo della guerra? Sì, indubbiamen­te. La minaccia diretta di una guerra con la partecipazione delle grandi potenze è diminuita. La posizione internazionale dell'U­nione Sovietica è notevolmente migliorata, e non attraverso lo sviluppo della forza, ma grazie alla crescita della fiducia nei confronti del nostro paese. La situazione nel mondo è diventata più stabile e prevedibile. La prospettiva di imbrigliare la corsa agli armamenti, con tutte le conseguenze che ne derivano, compresa la riduzione dell'onere delle spese militari, è divenuta più reale. (...)


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Attraverso la perestrojka rivoluzionaria, la democratizza­zione della vita nel campo politico, ideale, economico e sociale, attraverso la trasformazione del sistema politico passa la via verso una condizione qualitativamente nuova della società sovietica, verso un volto nuovo del socialismo. (...)

Naturalmente la realtà e la dialettica dello sviluppo sociale apporteranno non poche novità alle concezioni odierne circa le vie delle trasformazioni socialiste, consentiranno di precisarle ed arricchirle. Su una serie di problemi occorrerà apportare delle modifiche alla Costituzione e alla legislazione dell'Urss, adottare alcune risoluzioni a livello di congresso del partito. (...)