La controrivoluzione in URSS e il movimento comunista internazionale

3.
L'Albania resiste

Enver Hoxha, Intervento alla conferenza di 81 partiti comunisti
Mosca 16 novembre 1960

Premessa

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La storia dell'Albania socialista a partire dal XX congresso del PCUS č una storia di tenace resistenza al processo controrivoluzionario apertosi in URSS dopo la morte di Stalin.

Da un punto di vista generale, come si evince dal testo che pubblichiamo, il Partito del Lavoro d'Albania condivide le posizioni espresse dai comunisti cinesi sulle questioni strategiche di fondo, dittatura del proletariato, coesistenza pacifica, vie parlamentari al socialismo e ruolo di Stalin come dirigente del movimento comunista internazionale e della costruzione del socialismo in Unione Sovietica dopo la morte di Lenin. Ma il suo intervento a Mosca nella riunione del 1960 assume anche il carattere di documentazione su come Kruscev stava lavorando per portare i gruppi dirigenti dei paesi socialisti europei a condividere la sua posizione. In primo luogo Enver Hoxha denuncia il tentativo kruscioviano fatto in precedenza, in occasione del congresso del Partito comunista rumeno, di arrivare ad una dichiarazione comune di condanna da parte dei partiti comunisti dei paesi socialisti europei contro le posizioni del PCC.

Il partito albanese si rifiuta di condividere questo progetto e l'iniziativa di Kruscev fallisce. Questo ovviamente scatena l'attacco violento del Partito Comunista sovietico contro di esso.

L'Albania diventa il nemico da battere, anzi da schiacciare, come monito per chi avesse voluto scegliere la stessa strada. Tanto accanimento doveva servire a sollevare l'indignazione dell'intero movimento comunista internazionale e come scontro, per interposta persona, con i comunisti cinesi.

Il discorso di Enver Hoxha serve anche a inquadrare la questione di Tito e a capirer il ruolo di Kruscev nel coinvolgimento dei paesi balcanici nella trattativa con l'imperialismo nella fase di apertura all'occidente.

Il Partito del Lavoro albanese, di fronte all'improvvisa riconciliazione dei sovietici con la dirigenza jugolava tesa a cancellare la condanna del Cominform, ribadisce il suo punto di vista sulla questione. Tito, sostengono i comunisti albanesi, non ha una posizione comunista né in politica interna né in politica internazionale.

Sulla politica interna la Lega dei Comunisti jugoslava sostiene il ruolo dirigente non dei comunisti, ma del fronte unito, cioč di una struttura composita di cui essi sono solo una parte e alla quale delegano la gestione delle scelte fondamentali del paese. E questo spiega i ritardi nella trasformazione della struttura economica in economia socialista a partire dalle campagne.

Sulle questioni internazionali la Jugoslavia, ritenuta e giustamente responsabile della rottura del fronte comunista, viene accusata dai comunisti albanesi di avere forti legami con l'imperialismo non solo americano, ma anche inglese. Un rapporto questo che risale al periodo della resistenza antifascista. Non solo, ma la politica estera jugoslava, dopo il 1956 si salda con quella portata avanti da Kruscev nella destabilizzazione dei paesi socialisti dell'Europa dell'est e nel proporre nuove relazioni tra i paesi balcanici che non garantiscono la sicurezza dell'Albania socialista.