Le divergenze
tra il compagno Togliatti e noi

Editoriale pubblicato il 31 dicembre 1962 sul Renmin Ribao (Il Quotidiano del Popolo, organo del CC del PCC). La traduzione, effettuata dal testo inglese della Peking Review del 7 gennaio 1963, è stata pubblicata in "Dossier dei comunisti cinesi", edizioni Avanti!, 1963, a cura di Roberto Gabriele, Nicola Gallerano, Giulio Savelli, prefazione di Lucio Libertini.


Il Partito comunista italiano è un partito con una glo­riosa storia di lotte nelle file del movimento comunista in­ternazionale. Nella loro coraggiosa lotta durante gli anni oscuri del dominio di Mussolini e durante i difficili anni della seconda guerra mondiale e anche dopo, i comunisti italiani e il proletariato italiano hanno conseguito dei risultati am­mirevoli. I comunisti cinesi e il popolo cinese hanno sempre tenuto in grande considerazione i compagni del Partito co­munista italiano e il popolo italiano.

Seguendo il principio di rafforzare l'amicizia tra partiti fratelli, il Partito comunista cinese ha inviato una rappre­sentanza al decimo Congresso del Partito comunista ita­liano, che si è tenuto ai primi di dicembre, con ciò rispon­dendo a un invito del Partito comunista italiano. Avevamo sperato che questo congresso avrebbe non solo dato un con­tributo per il rafforzamento della comune lotta contro l'im­perialismo e in difesa della pace mondiale, ma avrebbe anche aiutato l'unità del movimento comunista internazionale.

Purtroppo, a questo congresso, con nostro dispiacere e contro le nostre speranze, il compagno Togliatti e certi altri dirigenti del Partito comunista italiano hanno attaccato bru­talmente il Partito comunista cinese e altri partiti fratelli, su una serie di importanti questioni di principio. Ciò hanno fatto in violazione dei princìpi che regolano i rapporti tra i partiti fratelli, così come sono enunciati nella Dichiarazione di Mosca e nel Documento di Mosca, e senza riguardo per gli interessi della lotta unitaria del movimento comunista inter­nazionale contro il nemico.

La delegazione del Partito comunista cinese a questo congresso è stata così costretta a dichiarare solennemente, nel suo saluto, che noi disapproviamo gli attacchi e le ca­lunnie dirette contro il Partito comunista cinese da Togliatti e da altri dirigenti del P.C.I. Ciò non di meno Togliatti e certi altri dirigenti del P.C.I. hanno «fermamente respinto» i punti di vista espressi dalla delegazione del P.C.C., hanno continuato i loro attacchi contro il P.C.C, e altri partiti fra­telli, e hanno continuato a condurre «pubblicamente» la discussione.

In questo modo, il decimo Congresso del Partito comu­nista italiano è diventato una parte fondamentale della cor­rente, recentemente apparsa alla luce, che va contro il marxi­smo-leninismo, e che sta distruggendo l'unità del movimento comunista internazionale.

Divergenze di principio. In tali circostanze, non possiamo ancora tacere, ma anzi dobbiamo rispondere pubblicamente agli attacchi che il compagno Togliatti e altri compagni hanno formulato contro di noi. Nemmeno possiamo più tacere sulle opinioni che essi hanno espresso, e che contrastano con i princìpi fondamentali del marxismo-leninismo e con i princìpi rivoluzionari della Dichiarazione di Mosca e del Docu­mento di Mosca, ma anzi dobbiamo pubblicamente commen­tare questi punti di vista. Vogliamo dire con franchezza che su un numero di questioni fondamentali del marxismo-leni­nismo, esistono divergenze di principio tra il compagno To­gliatti e certi altri dirigenti del P.C.I. da una parte, e noi dall'altra.

Leggendo la relazione di Togliatti e il suo discorso con­clusivo al decimo Congresso del Partito comunista italiano e le tesi di questo congresso, non si può far a meno di pen­sare che egli e certi altri dirigenti del P.C.I. si allontanano sempre di più dal marxismo-leninismo. Sebbene il compagno Togliatti e certi altri abbiano, come al solito, nascosto le loro vere opinioni con l'uso di un linguaggio oscuro, ambi­guo e scarsamente comprensibile, la sostanza delle loro opi­nioni appare chiara non appena si rimuova questo velo su­perficiale.

Essi nutrono le più gravi illusioni sull'imperialismo, essi negano l'antagonismo fondamentale tra nazioni oppresse e nazioni che opprimono, e, in luogo della lotta di classe in­ternazionale e della lotta anti-imperialista, essi rivendicano la collaborazione di classe internazionale e l'istituzione di un «nuovo ordinamento mondiale». Essi nutrono serie illu­sioni sul monopolio del loro paese, confondono i due tipi, profondamente diversi, di dittatura di classe, la dittatura della borghesia e la dittatura del proletariato, e predicano il riformismo borghese, o ciò che essi chiamano «riforme di struttura», come un'alternativa alla rivoluzione proletaria. Essi affermano che i princìpi fondamentali del marxismo-leninismo sono ormai «superati», ed alterano le teorie marxiste-leniniste sull'imperialismo, sulla guerra e sulla pace, sullo stato e la rivoluzione, sulla rivoluzione proletaria e la ditta­tura del proletariato. Essi mettono da parte i princìpi rivo­luzionari della Dichiarazione di Mosca e del Documento di Mosca, rigettano le leggi universali della rivoluzione prole­taria; cioè, in altre parole, il significato universale della strada della Rivoluzione d'Ottobre, e parlano invece di una «via italiana», che consiste nell'abbandono della rivoluzione, come una «linea generale» per l'intero movimento comunista in­ternazionale.

In ultima analisi, l'atteggiamento assunto da Togliatti e da altri dirigenti del P.C.I. si riduce a questo: i popoli dei paesi capitalisti non dovrebbero fare la rivoluzione, le na­zioni oppresse non dovrebbero condurre lotte di liberazione e i popoli del mondo non dovrebbero combattere contro l'imperialismo. In effetti, tutto ciò è pienamente conforme alle esigenze degli imperialisti e dei reazionari.

In questo articolo non ci proponiamo di discutere tutte le nostre divergenze con il compagno Togliatti e con certi altri dirigenti del P.C.I. Vogliamo esporre le nostre opinioni solo su alcune importanti questioni in discussione.



1

Il compagno Togliatti e certi altri compagni hanno opi­nioni diverse dalle nostre anzitutto sulla questione della guerra e della pace. Nella sua relazione al decimo Congresso del Partito comunista italiano, Togliatti ha detto: «Di que­sto tema si discusse ampiamente nella conferenza di partiti operai e comunisti tenuta a Mosca nell'autunno del 1960. Vennero allora avanzate dai compagni cinesi alcune posi­zioni che l'assemblea respinse». Egli ha parlato in termini deliberatamente vaghi senza ricordare quali furono le posi­zioni avanzate dai compagni cinesi; invece ha continuato parlando del problema dell'inevitabilità della guerra come l'origine delle divergenze, facendo così credere che stava ac­cusando i comunisti cinesi di non credere nella possibilità di impedire una nuova guerra mondiale, e dando l'impres­sione che la Cina fosse «favorevole alla guerra».

Questa accusa lanciata contro il Partito comunista cinese da Togliatti e da certi compagni è completamente priva di fondamento e inventata.

Il Partito comunista cinese segue concretamente il principio di opporsi alla politica imperialista di aggressione e di guerra, di impedire all'imperialismo di scatenare una nuova guerra mondiale, e di difendere la pace mondiale. Noi abbiamo sempre sostenuto che finché ci sarà l'imperia­lismo, ci sarà la possibilità di nuove guerre di aggressione. Il pericolo che l'imperialismo dia inizio a una guerra mon­diale esiste ancora. Comunque, grazie alla nuova situazione che si è creata nell'equilibrio delle forze di classe, è possi­bile alle forze di pace in tutto il mondo impedire che l'im­perialismo scateni una nuova guerra mondiale, a patto che queste forze stiano insieme, formino un fronte unitario contro la politica di aggressione e di guerra perseguita dagli imperialisti, con alla testa gli Stati Uniti, e lottino risolu­tamente. Se l'imperialismo osasse correre il rischio di im­porre una nuova guerra mondiale ai popoli del mondo, tale guerra si concluderebbe inevitabilmente con la distruzione dell'imperialismo e con la vittoria del socialismo. Noi presen­tammo queste posizioni alle conferenze di Mosca del 1957 e del 1960. Le conferenze di Mosca inclusero questi nostri punti di vista nei documenti che furono approvati, e non li respinsero, come afferma Togliatti.

Dal momento che Togliatti e certi altri compagni cono­scono perfettamente le posizioni del Partito comunista cinese sul problema della guerra e della pace, perché continuano a distorcere e ad attaccare queste posizioni? Quali sono vera­mente le divegenze tra loro e noi?

Queste divergenze si sono manifestate principalmente sulle seguenti tre questioni:

L'origine della guerra moderna. In primo luogo, il Par­tito comunista cinese ritiene che l'origine della guerra sia l'imperialismo. La forza principale di aggressione e di guerra è l'imperialismo americano, il peggior nemico di tutti i po­poli del mondo. Per difendere la pace mondiale, è neces­sario denunciare senza tregua la politica imperialista di ag­gressione e di guerra fino in fondo, in modo che i popoli del mondo mantengano un alto gado di vigilanza. Il fatto che le forze del socialismo, del movimento di liberazione na­zionale, della rivoluzione, della pace mondiale, abbiano su­perato le forze dell'imperialismo e della guerra non ha cam­biato la natura aggressiva dell'imperialismo: questa anzi non può essere cambiata. Il blocco imperialista, guidato dagli Stati Uniti, è impegnato in una frenetica corsa agli arma­menti e in preparativi di guerra, e minaccia la pace mon­diale.

Coloro che attaccano calunniosamente il P.C.C, affermano che la nostra incessante denuncia dell'imperialismo, e parti­colarmente della politica di aggressione e di guerra déll'imperialismo americano, dimostra la nostra sfiducia niella pos­sibilità di impedire una guerra mondiale; in effetti, quello a cui si oppone questa gente è la denuncia dell'imperiali­smo. In molte occasioni essi si sono pubblicamente opposti alla denuncia dell'imperialismo. Sebbene, a parole, essi am­mettano che la natura dell'imperialismo non è cambiata, nei fatti, essi abbelliscono l'imperialismo americano in cento modi e diffondono tra le masse popolari illusioni sull'impe­rialismo, e particolarmente sull'imperialismo americano.

Dovrebbe essere ricordato che tre anni fa, dopo i «col­loqui di Camp David», alcune persone nel movimento comu­nista internazionale parlarono molto di un presunto sincero desiderio di pace di Eisenhower, dicendo che il capo del­l'imperialismo americano aveva le stesse preoccupazioni no­stre per la pace. Dovrebbe parimenti essere ricordato che quando Eisenhower arrivò in Italia, durante il suo viag­gio in Europa nel dicembre 1959, certi compagni del P.C.I. giunsero al punto di affiggere manifesti, distribuire volantini e organizzare un rinfresco, esprimendo il voto che tutti i partiti politici italiani e la popolazione di tutti i livelli so­ciali gli «dessero il benvenuto». Una delle frasi di benve­nuto suonava in questo modo: «Noi comunisti romani salu­tiamo Dwight Eisenhower e, a nome di 250.000 elettori della capitale della Repubblica italiana, esprimiamo la nostra fi­ducia e il nostro proposito che le grandi speranze di pace che sono nate nei cuori di tutti i popoli, speranze create dall'incontro tra il presidente degli Stati Uniti d'America e il primo ministro dell'Unione Sovietica, non andranno de­luse» (l'Unità, 4 dicembre 1959).

Ora sentiamo nuovamente certa gente dire che Kennedy è ancora più preoccupato della pace mondiale di quanto non fosse Eisenhower, e che Kennedy ha dimostrato le sue preoc­cupazioni per il mantenimento della pace durante la crisi dei Caraibi.

Verrebbe da chiedere: questo abbellire l'imperialismo americano è la politica giusta per la difesa della pace mon­diale? Lo sconfinamento in Unione Sovietica di aerei spia inviati dall'amministrazione Eisenhower, l'aggressione con­tro Cuba perpetrata dall'amministrazione Kennedy, le cen­tinaia di altre azioni di aggressione dell'imperialismo ameri­cano in tutto il mondo, e le sue minacce alla pace mondiale - tutto questo non ha confermato la verità che i dirigenti dell'imperialismo americano non sono angeli di pace ma mostri di guerra? E quella gente che molto spesso cerca di abbellire l'imperialismo non inganna deliberatamente i popoli del mondo?

E' chiarissimo che se una sola cosa fosse andata come dicono queste persone, l'imperialismo americano avrebbe cessato di essere il nemico della pace mondiale, e perciò non ci sarebbe alcuna necessità di combattere contro la sua po­litica di aggressione e di guerra. Questa posizione errata, che è apertamente contraria alla Dichiarazione di Mosca e al Documento di Mosca, può avere come risultato solo di far perdere l'orientamento ai popoli amanti della pace di tutto il mondo, di danneggiare la lotta per la pace mondiale e di aiutare l'imperialismo americano nel portare avanti la sua politica di aggressione e di guerra.

Negoziati e lotte di massa. In secondo luogo, il Partito comunista cinese ritiene che la pace mondiale può essere conservata con sicurezza solo lottando risolutamente contro l'imperialismo, guidato dagli Stati Uniti, solo rafforzando continuamente il campo socialista, rafforzando il movimento nazionale e democratico in Asia, Africa e America Latina, rafforzando le lotte popolari rivoluzionarie nei vari paesi, e rafforzando il movimento per la pace. Per conseguire la pace mondiale si deve far affidamento principalmente sulla forza delle masse popolari del mondo e sulle loro lotte. Nel corso della lotta per la difesa della pace mondiale, è neces­sario negoziare su questa o quell'altra questione con i go­verni dei paesi imperialisti, compreso il governo degli Stati Uniti, allo scopo di creare una migliore atmosfera interna­zionale, per pervenire a certi compromessi e giungere a certi accordi, a patto che questi compromessi e questi accordi non danneggino gli interessi fondamentali dei popoli. Comun­que, la pace mondiale non può essere conseguita solo per mezzo dei negoziati, e in nessuna circostanza noi dovremo riporre tutte le nostre speranze sull'imperialismo e separarci dalle lotte di massa.

Coloro che attaccano il Partito comunista cinese falsano questa nostra giusta posizione, dichiarando che essa dimo­stra mancanza di fiducia nella possibilità di impedire una guerra mondiale. In realtà, proprio questi non hanno fiducia nella possibilità di impedire una guerra mondiale riponendo la fiducia sulla forza delle masse e sulla loro lotta: essi non vogliono fidarsi delle masse e delle loro lotte. Esssi vogliono che i popoli del mondo credano al «buon senso», alle «as­sicurazioni» e alle «buone intenzioni» dell'imperialismo e ripongano le loro speranze di pace sulla «reciproca com­prensione», sulle «reciproche concessioni», sul «reciproci accomodamenti» e su «saggi compromessi» con l'imperia­lismo. Per implorare la pace dall'imperialismo, queste per­sone non hanno scrupoli nel danneggiare gli interessi fon­damentali dei popoli di vari paesi, nel gettare a mare i princìpi rivoluzionari e perfino nel pretendere che anche gli altri rinuncino ai princìpi rivoluzionari.

Numerosi fatti storici provano che la vera pace non può mai raggiungersi chiedendola all'imperialismo a spese degli interessi fondamentali dei popoli e a spese dei princìpi ri­voluzionari. Al contrario, ciò può solo gonfiare l'arroganza degli aggressori imperialisti. Il compagno Fidel Castro ha detto giustamente che «la via della pace non è la via del sacrificio, o della violazione dei diritti del popolo, perché questa è appunto la via che porta alla guerra».

Il modo per difendere la pace mondiale. In terzo luogo, il Partito comunista cinese ritiene che la lotta per la difesa della pace mondiale e le lotte dei movimenti di 'liberazione nazionale e le lotte popolari rivoluzionarie nei vari paesi si aiutano reciprocamente e non possono essere separate. I movimenti di liberazione nazionale e le lotte rivoluzionarie del popolo sono potenti forze che indeboliscono le forze di guerra dell'imperialismo e che difendono la pace mondiale. Tanto più i movimenti di liberazione nazionale e le lotte ri­voluzionarie del popolo si sviluppano, tanto meglio è per la difesa della pace mondiale. I paesi socialisti, i comunisti di tutti i paesi e tutti i popoli del mondo amanti della pace debbono risolutamente appoggiare i movimenti di liberazione nazionale e le lotte rivoluzionarie dei popoli dei vari paesi, e debbono risolutamente appoggiare le guerre di liberazione nazionale e le guerre rivoluzionàrie popolari.

Nello stigmatizzare questa nostra giusta posizione come «bellicosa», coloro che attaccano il Partito comunista ci­nese oppongono, nei fatti, la lotta per la difesa della pace ai movimenti di liberazione nazionale, alle lotte rivoluzio­narie, alle guerre di liberazione nazionale e alle guerre rivo­luzionarie. Secondo loro, ciò che dovrebbero fare le nazioni oppresse e i popoli oppressi sarebbe accettare ciò che viene «concesso» dall'imperialismo e dai reazionari, e non do­vrebbero lottare contro l'imperialismo e i reazionari, per non disturbare la pace mondiale. Queste persone dicono che se le nazioni oppresse e i popoli oppressi dovessero opporsi a una guerra controrivoluzionaria con una guerra rivolu­zionaria, affrontando la repressione armata dell'imperiali­smo e dei reazionari, ciò potrebbe avere «conseguenze irre­parabili». Questa loro posizione errata può significare solo che essi si oppongono alla rivoluzione delle nazioni e dei popoli oppressi, e chiedono che queste nazioni e questi po­poli abbandonino le loro lotte e guerre rivoluzionarie e sog­giacciano per sempre al tenebroso dominio e alla schiavitù dell'imperialismo e dei reazionari.

I fatti hanno dimostrato che ogni vittoria del movimento di liberazione nazionale e della lotta rivoluzionaria dei po­poli colpisce e indebolisce le forze di guerra dell'imperiali­smo e rafforza e aumenta le forze di pace nel mondo. Te­mere la rivoluzione, opporsi alla rivoluzione, ha per risultato il ritardo e la sconfitta dei movimenti di liberazione nazio­nale e della causa rivoluzionaria dei popoli, e questo non può che danneggiare le forze di pace e acuire il pericolo che l'imperialismo scateni una nuova guerra mondiale.

Per concludere, per quanto riguarda la questione di evi­tare una guerra mondiale e salvaguardare la pace, il Partito comunista cinese ha sempre ribadito l'importanza di con­dannare risolutamente l'imperialismo, di rafforzare il campo socialista, di appoggiare concretamente i movimenti di li­berazione nazionale e le lotte rivoluzionarie dei popoli, di formare vaste alleanze tra tutti i paesi e i popoli amanti della pace e, contemporaneamente, di approfittare delle con­traddizioni tra i nostri nemici, di servirsi del metodo dei negoziati e di altre forme di lotta. L'obbiettivo di queste po­sizioni è precisamente quello di prevenire in modo efficace la guerra mondiale e di salvaguardare la pace. Questo at­teggiamento è pienamente conforme al marxismo-leninismo e alla Dichiarazione e al Documento di Mosca. Questa è la giusta politica per impedire una guerra mondiale e difen­dere la pace. Noi continueremo ad aderire a questa giusta politica per impedire una guerra mondiale e difendere ila pace. Noi continueremo ad aderire a questa giusta politica proprio perché siamo profondamente convinti che sia possi­bile impedire la guerra facendo affidamento sulla lotta co­mune di tutte le forze indicate. Come si può descrivere que­sta posizione come se mancasse di fiducia nella possibilità di impedire una guerra mondiale? Come può essere definita «bellicosa»? Se si cerca di fare apparire migliore la natura dell'imperialismo, se si ripongono speranze di pace sull'imperialismo, se si assume un atteggiamento passivo o nega­tivo nei confronti dei movimenti di liberazione nazionale e delle lotte rivoluzionarie dei popoli e ci si sottomette al­l'imperialismo, come pretendono coloro che attaccano il Partito comunista cinese, non si otterrà altro risultato, per i popoli del mondo intero, che quello di realizzare una pace fittizia o di far scoppiare una vera guerra. Questa politica è sbagliata e tutti i marxisti-leninisti, tutti i rivoluzionari e tutti i popoli che amano la pace debbono decisamente opporvisi.

2

Sulla questione della guerra e della pace, le divergenze tra il compagno Togliatti e certi altri compagni da una parte, e noi dall'altra, trovano un'espressione impressionante nei nostri rispettivi atteggiamenti nei confronti delle armi atomiche e della guerra nucleare.

Il Partito comunista cinese ha sempre sostenuto che le armi nucleari hanno una capacità distruttiva senza prece­denti e che sarebbe una disgrazia senza precedenti per il genere umano se dovesse scoppiare una guerra nucleare. E' proprio per questa ragione che noi abbiamo sempre riven­dicato la proibizione delle armi nucleari, cioè la proibizione totale degli esperimenti, della produzione, della conserva­zione e dell'uso delle armi atomiche. Molto spesso il go­verno cinese ha proposto l'istituzione di un'area disatomiz­zata comprendente tutti i paesi dell'Asia e della zona del Pacifico, Stati Uniti compresi. Inoltre, noi abbiamo appog­giato attivamente tutte le giuste lotte dei paesi e dei popoli del mondo amanti della pace per la messa al bando delle armi nucleari e per la prevenzione d'una guerra nucleare. Le affermazioni secondo le quali il Partito comunista cinese sottovaluta la capacità distruttiva delle bombe nucleari e vuole portare il mondo in una guerra nucleare sono solo as­surde calunnie.

I princìpi marxisti-leninisti sono «superati»? Sulla que­stione delle armi e della guerra nucleare, la prima diver­genza tra noi e coloro che attaccano il Partito comunista ci­nese è se i princìpi fondamentali del marxismo-leninismo sulla guerra e sulla pace sono o no «superati», dopo l'ap­parizione delle bombe atomiche.

Togliatti e certi altri credono che l'apparizione delle bombe atomiche «ha cambiato la natura della guerra» e che «è necessario aggiungere altre considerazioni alla defini­zione dell'esatto carattere della guerra». In effetti essi so­stengono che ormai non esiste più distinzione tra guerre giuste e guerre ingiuste. In questo modo essi negano i princìpi fondamentali marxisti-leninisti sulla guerra e sulla pace. Noi riteniamo che l'apparizione delle armi nucleari non ha cambiato e non può cambiare i princìpi fondamentali marxisti-leninisti sulla guerra e sulla pace. In realtà, le numerose guerre che sono scoppiate dopo l'apparizione della bomba atomica sono tutte state la continuazione di una certa po­litica; peraltro esistono ancora guerre giuste e guerre in­giuste. Nella pratica, coloro che sostengono che non esiste più distinzione tra guerre giuste e guerre ingiuste e che si oppongono alle guerre giuste o negano a queste il loro ap­poggio, sono scivolati nelle posizioni del pacifismo borghese, che si oppone a tutte le guerre.

Il futuro del genere umano. Sulla questione delle armi e della guerra nucleare la seconda divergenza tra noi e coloro che attaccano il Partito comunista cinese è se il futuro del genere umano deve essere guardato con pessimismo o con ottimismo rivoluzionario.

Togliatti e certi altri parlano molto di «suicidio del ge­nere umano» e «totale distruzione del genere umano». Essi credono che «vano è persino il discutere quale potrebbe es­sere l'orientamento di questo brandello del genere umano per quanto riguarda l'ordinamento sociale». Noi ci opponiamo fermamente a questi toni pessimistici e disperati. Noi cre­diamo che sia possibile conseguire la proibizione totale delle armi nucleari a queste condizioni: che il campo socialista sia nettamente più forte, che le lotte dei popoli dei vari paesi contro le armi nucleari e la guerra atomica diventino sempre più ampie e più profonde; che, essendo privati ul­teriormente della loro superiorità nucleare, gli imperialisti siano costretti a riconoscere che la loro politica di ricatto atomico non ha più efficacia e che lo scatenamento di una guerra atomica non potrebbe avere altro effetto che accele­rare la loro fine. Esistono dei precedenti per la messa al bando di armi altamente distruttive. Un precedente del ge­nere è il Protocollo per la proibizione dell'uso in guerra di gas asfissianti, velenosi e di altro genere, e dei metodi di guerra batteriologica, firmato dalle diverse nazioni a Gi­nevra nel 1925.

Se, dopo che noi avessimo fatto tutto ciò che è in nostro potere per prevenire una guerra nucleare, ciò non di meno l'imperialismo dovesse scatenare una guerra nucleare, senza nessun riguardo per le possibili conseguenze, ne risulterebbe solamente la scomparsa dell'imperialismo, ma certamente non la scomparsa del genere umano. Il Documento di Mosca dice che «se i pazzi imperialisti dovessero scatenare la guerra, i popoli spazzerebbero via il capitalismo e lo sep­pellirebbero». Tutti i marxisti-leninisti credono fermamente che il corso della storia porta necessariamente alla distru­zione delle armi nucleari da parte del genere umano, e non porta certamente alla distruzione del genere umano da parte delle armi nucleari. Coloro che parlano di «totale distru­zione del genere umano» contraddicono le tesi contenute nei documenti comuni del movimento comunista interna­zionale, e ciò serve solo a dimostrare che essi non credono più nel futuro dell'umanità e nel grande ideale del comu­nismo e sono caduti nella palude del disfattismo.

Come si può impedire una guerra nucleare? Sulla que­stione delle armi e della guerra nucleare, la terza divergenza tra noi e coloro che attaccano il Partito comunista cinese riguarda la politica che deve essere adottata per giungere felicemente ai risultato di mettere al bando le armi nu­cleari e di impedire una guerra nucleare.

Togliatti e certi altri parlano con zelo della natura terri­ficante delle armi atomiche e dichiarano chiassosamente che «è giustificata la paura» di fronte al ricatto nucleare che ostentano gli Stati Uniti. Togliatti ha detto anche che «la guerra deve essere evitata a tutti i costi». Egli e gli altri che cosa dicono, se non che l'unico modo di trattare con la po­litica imperialista americana di minacce e ricatto nucleare dovrebbe essere la resa incondizionata, il completo abban­dono di tutti gli ideali rivoluzionari e di tutti i princìpi rivoluzionari? I comunisti possono accettare questa sorta d'idee? Una guerra nucleare può essere veramente sventata in questo modo?

Tremare di paura non serve. Non è pensabile che «tre­mare di paura» possa commuovere l'imperialismo americano tanto da renderlo così benevolo da abbandonare la sua poli­tica di aggressione e di guerra e la sua politica di ricatto atomico. I fatti provano il contrario. Quanto più si «trema» di paura, tanto più l'imperialismo americano diventa avido e senza freni, tanto più continua ad usare minacce di guerra atomica e a sollevare sempre nuove richieste. Non ci sono state abbastanza lezioni di questo genere?

Noi pensiamo che per mobilitare le masse popolari con­tro la guerra atomica e contro le armi nucleari è necessario informarle dell'enorme capacità distruttiva di queste armi. Sarebbe certamente errato sottovalutare questa capacità di­struttiva. Ma l'imperialismo americano fa il possibile per diffondere la paura delle armi atomiche, per perseguire la sua politica di ricatto atomico. In queste circostanze, mentre i comunisti hanno il dovere di sottolineare la capacità di­struttiva di queste armi, debbono nello stesso tempo con­trobattere la propaganda dell'impe­rialismo americano del terrore atomico, ponendo l'accento sulla possibilità di ban­dire queste armi e di impedire la guerra nucleare; debbono cercare di trasformare il desiderio di pace dei popoli in giusta indignazione per la politica imperialista della minaccia nucleare e portare i popoli a combattere contro la politica dell'imperialismo americano di aggressione e di guerra. In nessuna circostanza i comunisti debbono comportarsi come propagandisti volontari della politica imperialistica ameri­cana di ricatto atomico. Noi pensiamo che la politica impe­rialistica americana di ricatto atomico debba essere ampia­mente denunciata e che tutti i paesi e i popoli amanti della pace debbano essere mobilitati sulla più vasta scala per lot­tare senza tregua contro ogni mossa degli imperialisti ame­ricani nei loro piani di aggressione e di guerra. Siamo pro­fondamente convinti che, facendo affidamento sulla lotta comune di tutte le forze della pace, sia possibile sconfig­gere la politica di ricatto nucleare degli imperialisti ame­ricani. Questa è una linea giusta e concreta per giungere all'interdizione delle armi nucleari e per impedire una guerra nucleare.

Vorremmo consigliare a coloro che attaccano il Partito comunista cinese di mettere da parte i loro fallaci argomenti pessimistici, di aver fiducia nella verità del marxismo-leni­nismo, di riprendere animo e di prendere una parte attiva alla grande lotta delle masse contro la politica imperiali­stica di ricatto nucleare e in difesa della pace mondiale.

3

Il compagno Togliatti e certi altri compagni hanno du­ramente attaccato la proposizione marxista-leninista del Par­tito comunista cinese, secondo la quale «l'imperialismo e tutti i reazionari sono tigri di carta». Nella sua relazione al recente congresso del Partito comunista italiano, il com­pagno Togliatti ha detto che «è sbagliato affermare che l'impe­rialismo sia una semplice tigre di cartone, che si possa rovesciare con una spallata». Inoltre ci sono altre persone che affermano che oggi l'imperialismo ha denti atomici, e che perciò non può essere chiamato una tigre di carta.

Il pregiudizio è lontano dalla verità più di quanto non sia l'ignoranza. Nel caso del compagno Togliatti e di certi altri compagni, se essi non sono ignoranti, allora vuol dire che deliberatamente distorcono quest'affermazione del P.C.C.

Paragonando l'imperialismo e tutti i reazionari a tigri di carta, il compagno Mao Tse-tung e i comunisti cinesi con­siderano il problema nel suo complesso, in una prospettiva a lungo termine e nella sua essenza. Ciò che si vuole affer­mare è che, in ultima analisi, veramente potenti sono i po­poli, non l'imperialismo e i reazionari.

Il compagno Mao Tse-tung espresse per la prima volta questa frase nell'agosto del 1946, nel suo colloquio con la corrispondente americana Anna Louise Strong. Quello era un periodo difficile per il popolo cinese. I reazionari del Kuomintang, appoggiati alle spalle dall'imperialismo ameri­cano e avendo un'immensa superiorità di uomini e di ma­teriale, avevano scatenato la guerra civile in tutto il paese. Di fronte ai frenetici attacchi nemici e davanti al mito del­l'invincibilità dell'imperialismo americano, la questione più importante per la rivoluzione cinese e per la sorte del po­polo cinese, era se noi avremmo osato combattere, avremmo osato fare la rivoluzione, avremmo osato afferrare la vit­toria. Fu in questo momento cruciale che il compagno Mao Tse-tung dette ai comunisti cinesi e al popolo cinese un'arma ideologica, con la sua affermazione marxista-leninista che «l'imperialismo e tutti i reazionari sono tigri di carta». Con grande lucidità egli disse:

«Tutti i reazionari sono tigri di carta. In apparenza, i reazionari sono terrificanti, ma in realtà essi non sono così potenti. A lunga scadenza, non i reazionari ma il popolo è veramente potente...

«Ciang Kai-shek e i suoi sostenitori, i reazionari ameri­cani, sono anch'essi delle tigri di carta. Parlando dell'impe­rialismo americano, il popolo sembra temere che esso sia ter­ribilmente forte. I reazionari cinesi hanno usato la "forza" degli Stati Uniti per impaurire il popolo cinese. Ma noi pro­veremo che i reazionari americani, come tutti i reazionari della storia, non hanno poi molta forza».

Nel suo discorso alla conferenza dei rappresentanti dei partiti comunisti e operai dei paesi socialisti tenuta a Mo­sca nel novembre del 1957, il compagno Mao Tse-tung si espresse nello stesso modo. Egli disse:

«Tutti i reazionari che erano creduti forti si sono rive­lati null'altro che tigri di carta... Nella lotta contro il ne­mico, ci siamo formati ormai da lungo tempo il concetto secondo il quale dobbiamo disprezzare i nostri nemici dal punto di vista strategico, mentre dobbiamo tenerli in con­siderazione dal punto di vista tattico. Questo significa che nel complesso noi dobbiamo disprezzare il nemico, mentre dobbiamo prenderlo sul serio nei confronti di ogni concreta questione particolare. Se non disprezzeremo il nemico nel complesso, commetteremo errore di opportunismo. Marx ed Engels erano solo in due. Tuttavia in quei lontani giorni, essi dichiararono che il capitalismo sarebbe stato rovesciato in tutto il mondo. Nel trattare di problemi concreti e di nemici particolari, commetteremmo errore di avventurismo se non li prendessimo sul serio».

La proposizione scientifica del compagno Mao Tse-tung fu confermata, molto tempo fa, dalla grande vittoria della rivoluzione del popolo cinese; essa ha ispirato tutte le na­zioni oppresse e i popoli oppressi impegnati nelle lotte ri­voluzionarie. Permetteteci di chiedere al compagno Togliatti e a coloro che hanno attaccato questa proposizione: dove esattamente considerate la proposizione di Mao Tse-tung er­rata?

Un colosso dai piedi d'argilla. L'analisi che il compagno Mao Tse-tung ha fatto dell'imperialismo e di tutti i reazio­nari è quindi pienamente conforme all'analisi di Lenin. Nel 1919 Lenin paragonò l'imperialismo anglofrancese «potente in tutto il mondo» a un «colosso con i piedi d'argilla». Egli disse:

«Sembrava allora che l'imperialismo mondiale fosse una forza così tremenda e invincibile, che sarebbe stato stupido per gli operai di un paese arretrato tentare di insor­gere contro di esso. Ora... noi vediamo che l'imperialismo, che sembrava un colosso così insuperabile, ha provato da­vanti a tutto il mondo di essere un colosso dai piedi d'ar­gilla... che le forze dell'imperialismo internazionale, che sem­bravano così enormi e invincibili, sono instabili, non ci fanno più paura, perché sono marce all'interno».

Il ragionamento di Lenin in questa descrizione del «co­losso dai piedi d'argilla» non è forse lo stesso che fa il com­pagno Mao Tse-tung quando parla della «tigre di carta»? Vi chiediamo, cosa c'è di errato nella proposizione di Lenin? E' forse «superata» questa frase di Lenin?

Gli insegnamenti della storia. Ci sono numerosissimi esempi nella storia i quali dimostrano che l'imperialismo e i reazionari sono tutti tigri di carta. Nel 1917, prima delle rivoluzioni di febbraio e d'ottobre, gli opportunisti dicevano che, dal momento che lo zar e il governo borghese erano così forti, sarebbe stata una pazzia per il popolo prendere le armi. Ma Lenin e gli altri bolscevici combatterono risoluta­mente questa posizione opportunista e guidarono con fer­mezza le masse degli operai, dei contadini e dei soldati a rovesciare lo zar e il governo borghese. La storia ha dimo­strato che lo zar e il governo borghese non erano che tigri di carta. Alla vigilia e durante la seconda guerra mondiale, coloro che sostenevano la pacificazione e la capitolazione dicevano che Hitler, Mussolini e gli imperialisti giapponesi erano invincibili. Ma i popoli dei vari paesi combatterono risolutamente la capitolazione e alla fine vinsero la guerra contro il fascismo. Ancora una volta, la storia ha dimostrato che Hitler, Mussolini e gli imperialisti giapponesi non erano che tigri di carta.

Noi riteniamo che la questione di trattare l'imperialismo e tutti i reazionari dal punto di vista strategico per le tigri di carta che sono, sia di grande importanza per valutare le forze della rivoluzione e della reazione, sia di grande impor­tanza per la questione se il popolo rivoluzionario oserà lot­tare, oserà fare la rivoluzione, oserà afferrare la vittoria, e sia di grande importanza per il risultato futuro delle lotte mondiali dei popoli e per il corso futuro della storia. I marxi­sti-leninisti e i rivoluzionari non dovrebbero aver paura del­l'imperialismo e dei reazionari. Sono passati per sempre i giorni in cui l'imperialsmo poteva dominare incontrastato in tutto il mondo; ora sono l'imperialismo e la reazione che debbono temere le forze della rivoluzione, e non il contra­rio. Ogni nazione oppressa e ogni popolo oppresso deve avere, in primo luogo, fiducia rivoluzionaria, coraggio e spirito ri­voluzionari, per sconfiggere l'imperialismo e i reazionari; altrimenti non ci sarà speranza per nessuna rivoluzione. L'unico modo per vincere la rivoluzione è, per i marxisti-leninisti e per i rivoluzionari, combattere risolutamente ogni traccia di debolezza e di spirito di capitolazione, educare le masse popolari nell'idea che «l'imperialismo e tutti i rea­zionari sono tigri di carta», distruggendo così l'arroganza del nemico ed esaltando lo spirito delle grandi masse popo­lari, così che essi siano decisi e fiduciosi nella rivoluzione, abbiano una visione rivoluzionaria e una grande solidità.

Il fatto che possieda armi nucleari non ha minimamente mutato la natura dell'imperialismo, che è corrotto e in de­clino, debole in realtà, anche se forte in apparenza; non ha minimamente mutato il principio fondamentale marxista-leninista secondo cui le masse popolari sono il fattore deci­sivo nello sviluppo della storia. Quando, durante i suoi col­loqui con Anna Louise Strong, il compagno Mao Tse-tung affermò per la prima volta che l'imperialismo e tutti i rea­zionari erano tigri di carta, gli imperialisti possedevano già le armi nucleari. Durante i colloqui il compagno Mao Tse-tung sottolineò: «la bomba atomica è una tigre di carta che i reazionari americani utilizzano per spaventare i popoli. In apparenza sembra terribile, ma in effetti non lo è. Natural­mente la bomba atomica è un'arma di eccidio di massa, ma quello che decide circa il risultato di una guerra è il po­polo, non uno o due nuovi tipi di armi».

Nessun tipo di denti salverà l'imperialismo. La storia ha dimostrato che, anche se l'imperialismo possiede le armi nu­cleari, non può sottomettere un popolo rivoluzionario che abbia il coraggio di combattere. La vittoria della rivoluzione cinese, le grandi vittorie ottenute dai popoli della Corea, del Viet Nam, di Cuba, dell'Algeria e di altri paesi nelle loro lotte rivoluzionarie sono state conquistate quando già l'im­perialismo americano possedeva armi nucleari. L'imperiali­smo è sempre stato armato fino ai denti e assetato del sangue dei popoli. Non importa che tipo di denti abbia l'imperialismo, siano denti fatti di cannoni, di carri armati o di razzi, denti nucleari o denti di qualsiasi altro genere, che la tecnologia e la scienza moderna possano fornirgli: la sua natura corrotta e decadente e la sua caratteristica di tigre di carta non possono mutare. In ultima analisi, né i denti nucleari né alcun altro tipo di denti potrà salvare l'imperialismo dalla sua inevitabile estinzione. Alla fine i denti nucleari dell'imperialismo, o qualsiasi altro tipo di denti esso possieda, saranno relegati dai popoli del mondo nel museo della storia, insieme all'imperialismo stesso.

Coloro che attaccano la proposizione secondo la quale «l'imperialismo e tutti i reazionari sono tigri di carta» han­no evidente­mente perso ogni qualità che deve avere un ri­voluzionario e sono diventati in verità timidi e di scarse vedute come topi. Il nostro consiglio a queste genti è che è meglio non legare il proprio destino a quello degli impe­rialisti!

4

Le divergenze tra il compagno Togliatti e certi altri compagni da una parte, e noi dall'altra, si sono manifestate anche sulla questione della coesistenza pacifica.

Il Partito comunista cinese e il governo cinese hanno sempre auspicato la coesistenza pacifica tra paesi retti da sistemi sociali diversi. La Cina è stata promotrice dei Cinque Princípi della coesistenza pacifica, noti in tutto il mondo. Sulla base di quei Cinque Princípi, la Cina ha instaurato rap­porti di amicizia con molti paesi, ha concluso trattati di amicizia o trattati di amicizia e mutua non-aggressione con lo Yemen, la Birmania, il Nepal, l'Afghanistan, la Guinea, la Cambogia, l'Indonesia e il Ghana, e ha risolto in modo soddi­sfacente la questione di frontiera con la Birmania, con il Nepal e con altri paesi. Nessuno può negare questi fatti.

Tuttavia ci sono persone nel movimento comunista in­ternazionale che diffamano e attaccano la Cina, dicendo che essa si oppone alla coesistenza pacifica. La ragione per cui fanno questo è per coprire i loro propri punti di vista errati e anti-marxisti-leninisti su questa questione.

La coesistenza pacifica e la lotta di classe. Sulla questione della coesistenza pacifica, le nostre divergenze con quelli che ci attaccano sono le seguenti. Noi crediamo che i paesi socialisti dovrebbero intrattenere normali rapporti interna­zionali con i paesi a differente sistema sociale sulla base del mutuo rispetto per l'integrità territoriale, per la sovra­nità, sulla base della non-aggressione, della mutua non-inge­renza negli affari interni, sulla base dell'eguaglianza e del­l'interesse reciproco, sulla base della coesistenza pacifica. Dal punto di vista dei paesi socialisti, questo non presenta nessuna difficoltà. Gli ostacoli vengono dall'imperialismo e dai reazionari dei vari paesi. E' inconcepibile che la coesi­stenza pacifica possa essere realizzata senza lotta. Ancor meno concepibile è il fatto che l'attuazione della coesistenza pacifica possa eliminare le lotte di classe nel mondo e far scomparire l'antagonismo tra i due sistemi, il socialismo e il capitalismo, e l'antagonismo tra le nazioni oppresse e gli Stati oppressori. Il Documento di Mosca del 1960 dice: «La coesistenza pacifica tra Stati non implica la rinuncia alla lotta di classe, come chiedono i revisionisti. La coesistenza fra Stati a differenti sistemi sociali è una forma di lotta di classe tra socialismo e capitalismo».

Ma il compagno Togliatti e gli altri che attaccano la Cina sostengono che per mezzo della «coesistenza pacifica» sia possibile «rinnovare la struttura del mondo intero» e in­staurare «un nuovo ordine mondiale»; sia possibile co­struire in tutto il mondo «un ordine economico e sociale capace di soddisfare tutte le aspirazioni degli uomini e dei popoli di libertà, di benessere, di indipendenza, il pieno svi­luppo e il rispetto della personalità umana, la collaborazione pacifica di tutti gli Stati» e «un mondo senza guerre». Questo significa che è possibile, per mezzo della «coesi­stenza pacifica» cambiare la «struttura mondiale» nella quale esiste antagonismo tra i sistemi del socialismo e del capitalismo e tra nazioni oppresse e Stati oppressori, e che è possibile eliminare tutte le guerre per costruire «un mondo senza guerre», mentre sopravvivono l'imperialismo e i reazionari.

Nell'affermare questo, il compagno Togliatti e gli altri compagni hanno completamente modificato i princìpi di Lenin circa la coesistenza pacifica ed hanno abbandonato la dottrina marxista-leninista della lotta di classe; in realtà essi sostituiscono alla lotta di classe la collaborazione di classe su scala mondiale, auspicando una fusione dei sistemi socialista e capitalista. L'imperialismo americano fa oggi molto rumore sull'instaurazione di una «comunità mon­diale di nazioni libere», e spera vanamente di inglobare i paesi socialisti nel «mondo libero» attraverso una «evolu­zione pacifica». La cricca di Tito aiuta l'imperialismo ame­ricano battendo il tamburo dell'«integrazione economica» e dell'«integrazione politica» del mondo. Coloro che auspi­cano «il rinnovamento della struttura di tutto il mondo» in regime di pacifica coesistenza, non dovrebbero segnare una linea di demarcazione tra loro stessi e l'imperialismo americano? Non dovrebbero segnare una linea di demarca­zione tra loro stessi e la cricca di Tito?

Ancora più assurda è la affermazione che «un mondo senza guerre» può conseguirsi attraverso la coesistenza pa­cifica. Nell'attuale situazione, è possibile impedire all'impe­rialismo di scatenare una nuova guerra mondiale solo se le forze pacifiche di tutto il mondo si uniranno in un grande fronte unitario anti-imperialista e lotteranno insieme. Ma un conto è impedire la guerra mondiale, un altro è eliminare tutte le guerre. L'imperialismo e i reazionari sono l'origine della guerra. Finché esisteranno l'imperialismo e i reazionari, sarà possibile che scoppino guerre di questo o quel genere. La storia dei 17 anni del dopoguerra mostra che guerre lo­cali di questo o quell'altro genere non sono cessate. Le nazioni oppresse e i popoli oppressi sono costretti a fare la rivo­luzione. Quando l'imperialismo e i reazionari usano le forze armate per reprimere la rivoluzione, è inevitabile che scop­pino guerre civili e guerre di liberazione nazionale. I marxisti-leninisti hanno sempre sostenuto che solo dopo che il si­stema imperialista sarà rovesciato, e solo dopo che tutti i sistemi di oppressione dell'uomo da parte dell'uomo e di sfruttamento dell'uomo sull'uomo saranno aboliti, allora soltanto e non prima, sarà possibile eliminare tutte le guerre e giungere a «un mondo senza guerre».

La coesistenza pacifica e la rivoluzione. Sulla coesistenza pacifica c'è un'altra divergenza tra noi e coloro che ci at­taccano. Noi sosteniamo che la questione della coesistenza pacifica tra paesi a differenti sistemi sociali e la questione della rivoluzione delle nazioni oppresse e delle classi op­presse sono due ordini diversi di questioni, e non questioni dello stesso genere. Il principio della coesistenza pacifica può essere applicato solo alle relazioni tra paesi a differenti si­stemi sociali, non ai rapporti tra nazioni oppresse e nazioni che opprimono, non ai rapporti tra classi che opprimono e classi oppresse. Per una nazione o un popolo oppresso c'è solo la questione di fare la rivoluzione per rovesciare il do­minio dell'imperialismo e dei reazionari; non è, e non può essere, una questione di coesistenza pacifica con l'imperialismo e con i reazionari.

Ma Togliatti e alcune altre persone estendono l'idea della coesistenza pacifica ai rapporti tra i popoli coloniali e semi­coloniali da una parte e gli imperialisti e i colonialisti dal­l'altra. Essi dicono, «il problema della fame che ancora affligge un milardo di uomini», e «il problema dello svi­luppo delle forze produttive e della democrazia nelle aree sottosviluppate» «devono essere risolti attraverso dei ne­goziati, con la ricerca di soluzioni ragionevoli, ed evitando azioni che possano peggiorare la situazione e causare conse­guenze irreparabili». Essi non amano le scintille rivoluzio­narie tra le nazioni e i popoli oppressi. Essi dicono che an­che un piccola scintilla può far scoppiare la guerra mon­diale.

Parlando in questo modo, in realtà essi chiedono alle nazioni oppresse di coesistere pacificamente con gli oppres­sori coloniali, chiedendo loro di tollerare il regime coloniale piuttosto che resistere o condurre lotte per l'indipendenza o ancor meno combattere per la liberazione nazionale. Questo genere di discorso non significa forse che il popolo cinese, il popolo coreano, il popolo vietnamita, il popolo cubano, il popolo algerino e i popoli di altri paesi che hanno fatto la rivoluzione, hanno violato il principio della «coesistenza pacifica» e hanno perciò sbagliato? E' veramente molto difficile per noi vedere la differenza tra questo discorso e le prediche degli imperialisti e dei colonialisti.

«L'intervento comune». Ancora più sorprendente è il fatto che Togliatti e alcune altre persone estendono la loro idea della collaborazione di classe in campo internazionale per coprire «l'intervento comune» nelle zone sottosvilup­pate. Essi dicono che gli «stati a differente struttura so­ciale» possono, per mezzo della reciproca collaborazione «intervenire insieme» per portare avanti il progresso delle aree sottosviluppate. Parlare in questo modo significa ov­viamente creare illusioni sugli interessi del neo-colonialismo. La politica dell'impe­rialismo nei confronti delle aree sotto­sviluppate è, indipendentemente dall'apparenza, una politica di rapina colonialista, e non potrà mai essere una politica di preoccupazione per il progresso delle aree sottosvilup­pate. I paesi socialisti debbono naturalmente appoggiare i popoli delle aree sottosviluppate; anzitutto debbono appog­giare le loro lotte per l'indipendenza nazionale; poi, ottenuta l'indipendenza, debbono aiutarli a sviluppare le economie nazionali. Ma i paesi socialisti non debbono mai aiutare la politica colonialista degli imperialisti nei confronti dei paesi sottosviluppati, tanto meno «intervenire insieme» con loro nelle aree sottosviluppate. Chiunque facesse questo, tradi­rebbe l'internazionalismo proletario e servirebbe gli inte­ressi dell'imperialismo e del colonialismo.

L'amara lezione del Congo. E' veramente possibile con­seguire una «coesistenza pacifica» tra nazioni e popoli op­pressi da una parte e gli imperialisti e i colonialisti dal­l'altra? Che significa veramente «intervento comune» nelle aree sottosviluppate? Gli avvenimenti del Congo sono la mi­gliore risposta. Quando il Consiglio di Sicurezza delle Na­zioni Unite adottò all'unanimità una risoluzione per l'in­tervento internazionale nel Congo, ci furono alcune per­sone nel movimento comunista interna­zionale che credet­tero che si trattava di un brillante esempio di collaborazione internazionale. Essi credettero che il colonialismo avrebbe potuto essere cancellato dall'intervento delle Nazioni Unite, che avrebbero messo in grado il popolo congolese di avere la sua libertà e indipendenza. Ma quale fu il risultato? Lumumba, l'eroe nazionale del Congo, è stato assassinato; Gizenga, il suo successore, è in carcere; molti altri patrioti congolesi sono stati assassinati o arrestati; e la vigorosa lotta del popolo congolese per l'indipendenza nazionale è stata seriamente ritardata. Non solo il Congo continua a vi­vere sotto la schiavitù dei vecchi colonialisti, ma è diventato anche una colonia dell'imperialismo americano, precipitando in più gravi sofferenze. Noi chiediamo a coloro che chie­dono a gran voce la «coesistenza pacìfica» tra nazioni e popoli oppressi da una parte e imperialisti e colonialisti dal­l'altra, che chiedono l'«intervento comune» nelle aree sot­tosviluppate: avete forse dimenticato la tragica lezione degli avvenimenti del Congo?

Le relazioni cino-indiane. Coloro che calunniano la Cina dicendo che essa è contro la coesistenza pacifica, la attac­cano con il pretesto che essa ha commesso degli errori nei suoi rapporti con l'India. Ignorando la realtà dei fatti ed evitando di distinguere la ragione dal torto, essi biasimano invariabilmente la Cina per essersi scontrata con l'India. A questo proposito, Togliatti ha detto: «Sappiamo tutto ciò che di ragionevole e giusto vi è nelle rivendicazioni della Repubblica Popolare Cinese. Sappiamo pure che le azioni ar­mate ebbero inizio da un attacco da parte indiana». Questo è stato più leale dell'atteggiamento di alcuni sedicenti marxi­sti-leninisti, che mentono invariabilmente affermando che la Cina ha dato inizio al conflitto di frontiera. Ciò non di meno Togliatti, non facendo distinzione tra il bianco e il nero, ha anche detto che il conflitto tra Cina e India è «irragione­vole e assurdo». Noi chiediamo al compagno Togliatti, cosa avrebbe dovuto fare la Cina per essere chiamata «ragione­vole» e non «assurda», di fronte alle prepotenti richieste territoriali dell'India, di fronte agli attacchi armati su vasta scala condotti dalla cricca reazionaria dell'India? E' pos­sibile che l'unico modo per la Cina di dimostrare di essere «ragionevole» e non «assurda» fosse quello di subire le ri­chieste irragionevoli e gli attacchi armati della cricca rea­zionaria indiana? E' possibile che l'unico modo perché la Cina socialista potesse provare di essere «ragionevole» e non «assurda» fosse di cedere con un inchino ampie parti del suo territorio?

La posizione del compagno Togliatti e di altri compagni circa il problema delle frontiere cino-indiane riflette il loro punto di vista sulla coesistenza pacifica il quale prevede che, nell'attuazione di questa politica, i paesi socialisti facciano una concessione dopo l'altra ai paesi capitalisti, non com­battendo nemmeno per difendersi quando subiscono attac­chi armati, ma rinuncino alla propria sovranità territoriale. Vorremmo chiedere, c'è qualcosa in comune tra questo punto di vista e il principio della coesistenza pacifica, così come dovrebbe essere seguito da un paese socialista?

L'appoggio completo della Cina per Cuba. Coloro che ac­cusano la Cina di opporsi alla coesistenza pacifica attaccano parimenti il popolo cinese perché esso appoggia la giusta posizione del popolo cubano nella sua lotta contro l'impe­rialismo americano. Quando l'eroico popolo cubano e il suo dirigente rivoluzionario, il primo ministro Fidel Castro, han­no decisamente rifiutato il controllo internazionale consi­derandolo una violazione della sovranità di Cuba ed hanno avanzato le loro giuste richieste, il popolo cinese ha orga­nizzato grandiose manifestazioni dì massa in tutto il paese, in armonia con il principio dell'internazionalismo proletario, e ha decisamente appoggiato la lotta condotta dal popolo cubano per la propria indipendenza e sovranità. V'era forse qualcosa di sbagliato in tutto ciò? Tuttavia alcune persone hanno ripetutamente accusato la Cina di creare difficoltà nella situazione dei Caraibi e di voler trascinare il mondo in una guerra temonucleare. Questa calunnia contro la Cina è estremamente malevola e deplorevole.

Come si può interpretare il deciso appoggio che il po­polo cinese ha dato al popolo cubano nella sua lotta contro il controllo internazionale e in difesa della propria sovra­nità come una prova del fatto che la Cina è contraria alla coesistenza pacifica e intende trascinare gli altri in una guerra termonucleare? Forse questo significa che anche la Cina avrebbe dovuto esercitare pressioni su Cuba per co­stringerla ad accettare il controllo internazionale e che sol­tanto così facendo la Cina avrebbe agito in armonia con questa così detta «pacifica coesistenza»? Se alcune persone appoggiano solo a parole le 5 richieste di Cuba, ma in ef­fetti sono contrarie al fatto che il popolo cinese appoggi Cuba, forse che costoro non rivelano l'ipocrisia del proprio appoggio alle 5 richieste cubane?

Il P.C.C, e il popolo cinese hanno sempre sostenuto che è la grande forza delle masse popolari e non alcun tipo di armi a decidere lo sviluppo della storia. Più di una volta abbiamo affermato chiaramente che noi non abbiamo chie­sto l'installazione di basi missilistiche a Cuba né ci siamo opposti al ritiro delle cosìddette «armi offensive» da Cuba. Non abbiamo mai considerato un atteggiamento marxista-leninista quello di brandire le armi nucleari per risolvere le controversie internazionali. Né abbiamo mai considerato che evitare una guerra termonucleare nella crisi dei Caraibi fosse una «Monaco». Il fatto a cui ci siamo opposti deci­samente, a cui ci opponiamo e a cui continueremo a op­porci in futuro è quello di sacrificare la sovranità di un altro paese per poter giungere a un compromesso con l'im­perialismo. Un compromesso di questo tipo può essere con­siderato soltanto un cedimento totale, una vera e propria «Monaco». Un compromesso di questo tipo non ha nulla in comune con la politica di coesistenza pacifica dei paesi socialisti.

5

Nei fatti, il compagno Togliatti e certi altri compagni del P.C.C, non solo fanno appello alla collaborazione di classe in luogo della lotta di classe nell'arena internazionale, ma anche estendono il loro concetto di «coesistenza pacifi­ca» ai rapporti tra classi oppresse e classi che opprimono, all'interno dei paesi capitalisti. Togliatti ha detto: «Tutto ciò che facciamo nella sfera della situazione interna del nostro paese non è che la traduzione in termini italiani della grande lotta per rinnovare la struttura del mondo intero». Dove la frase «tutto ciò che facciamo» significa ciò che essi chia­mano «avanzata verso il socialismo nella democrazia e nella pace», cioè la strada al socialismo attraverso le «riforme di struttura», così come essi le chiamano.

«Le riforme di struttura». Sebbene l'attuale linea del Partito comunista italiano sulla questione della rivoluzione socialista è a nostro avviso errata, noi non abbiamo mai cercato di interferirvi perché, naturalmente, questa è una questione che i compagni italiani debbono decidere per proprio conto. Ma ora, dal momento che Togliatti dice che la teoria delle «riforme di struttura» è una «linea comune per tutto il movimento comunista internazionale», e dichiara unilateralmente che il passaggio pacifico al socialismo «è diventato un principio di strategia mondiale per i movi­menti operai e per i movimenti comunisti», e dal momento che questa affermazione comprende non soltanto la fonda­mentale teoria marxista-leninista della rivoluzione proletaria e della dittatura del proletariato, ma anche il problema fon­damentale dell'emancipazione del proletariato e dei popoli di tutti i paesi capitalisti, come membri del movimento co­munista internazionale e come marxisti-leninisti non pos­siamo non esprimere la nostra opinione in proposito.

In ogni rivoluzione la questione fondamentale è quella del potere statale. Nel Manifesto dei comunisti Marx e Engels hanno dichiarato: «Il primo passo nella rivoluzione della classe operaia è di portare il proletariato alla posizione di classe dirigente». Ritroviamo questa idea in tutte le opere di Lenin. In Stato e rivoluzione Lenin sottolineò l'esigenza di spezzare l'apparato statale borghese e di instaurare la dittatura del proletariato. Egli disse: «La classe operaia deve rompere, spezzare la "macchina statale già pronta", e non limitarsi solamente ad impossessarsene»; e ancora «un marxista [è uno] che estende il riconoscimento della lotta di classe al riconoscimento della dittatura del proleta­riato». Più oltre disse: «Tutto è illusione, fuorché il po­tere».

Nell'enunciare le leggi comuni della rivoluzione socia­lista, la Dichiarazione di Mosca del 1957 afferma in primo luogo che per mettersi sulla strada del socialismo è neces­sario che la classe operaia, la cui avanguardia è il partito marxista-leninista, guidi le classi lavoratrici alla rivoluzione proletaria in questa o quella forma, e instauri questa o quella forma della dittatura del proletariato.

Non c'è il minimo dubbio che le teorie fondamentali del marxismo-leninismo, e le leggi comuni della rivoluzione socialista enunciate dalla Dichiarazione di Mosca, sono uni­versalmente applicabili e, naturalmente, sono valide anche per l'Italia.

Comunque il compagno Togliatti e altri compagni del Partito comunista italiano ritengono che l'analisi fatta da Lenin in Stato e rivoluzione non sia più sufficiente, e che la dittatura del proletariato si presenta oggi in modo diverso. In base alla loro teoria relativa alle «riforme di struttura» non c'è bisogno, nell'Italia di oggi, di una rivoluzione pro­letaria, non c'è bisogno di spezzare l'apparato statale bor­ghese e non c'è bisogno di instaurare la dittatura del pro­letariato; si può giungere al socialismo «progressivamente» e «pacificamente» semplice­mente attraverso una «serie di trasformazioni», attraverso le nazionalizzazioni delle grandi imprese, attraverso la pianificazione economica e attraverso lo sviluppo della democrazia nell'ambito della Costituzione italiana. In effetti essi ritengono ohe lo Stato sia uno stru­mento al di sopra delle classi e credono che anche lo Stato borghese possa seguire una linea politica socialista; essi ri­tengono che la democrazia borghese sia una democrazia al di sopra delle classi e credono che il proletariato possa di­venire la «classe dirigente» dello Stato, facendo affidamento su una democrazia di questo tipo. Questa teoria delle «ri­forme di struttura» è decisamente contraria alle teorie marxiste-leniniste della rivoluzione proletaria e della ditta­tura del proletariato.

L'Italia di oggi è un paese capitalista sotto il dominio della classe monopolista. Sebbene la Costituzione italiana comprenda ciò che di positivo è stato conquistato dalla classe operaia italiana e dal popolo italiano attraverso anni di lotte coraggiose, rimane tuttavia una costituzione borghese con al centro la protezione della proprietà capitalista. Come la de­mocrazia degli altri paesi capitalisti, la democrazia italiana è democrazia borghese, cioè a dire dittatura della borghesia. La nazionalizzazione come è praticata in Italia, non è capi­talismo di Stato sotto sistema socialista, ma è un capitali­smo di Stato che serve gli interessi dei monopoli. Per man­tenere lo sfruttamento e il dominio, il monopolio può a volte prendere certe misure di riforma. E' certamente ne­cessario che la classe operaia dei paesi capitalisti conduca giorno per giorno lotte economiche e lotte per la demo­crazia. Ma lo scopo di queste lotte è di ottenere dei miglio­ramenti parziali nelle condizioni di vita dei lavoratori e, ciò che è più importante, educare le masse ad organizzarsi, approfondire la coscienza di classe, e accumulare forza ri­voluzionaria per la presa del potere statale quando il mo­mento è propizio. I marxisti-leninisti, pur favorendo la lotta per le riforme, si oppongono decisamente al riformismo.

I fatti hanno dimostrato che quando le richieste politi­che ed economiche della classe operaia e dei lavoratori hanno superato i limiti imposti dai monopoli, il governo italiano, che rappresenta gli interessi del capitale monopolistico, ha fatto ricorso alla repressione. Numerosi fatti storici non hanno forse provato ohe questa è la legge immutabile della lotta di classe? Come si può pensare che il monopolio ab­bandonerà i suoi interessi e il suo dominio e sparirà dalla scena della storia di sua propria iniziativa?

La risposta di Togliatti: «Non sappiamo». Lo stesso To­gliatti non è completamente all'oscuro di questo. Sebbene egli auspichi energicamente la possibilità di «spezzare il potere dei grossi gruppi monopolistici» all'interno delle strutture della costituzione borghese, la sua risposta alla domanda «come si potrà fare?» è «Non sappiamo». In questo modo si può vedere che la teoria delle «riforme di struttura» sostenuta da Togliatti e certi altri dirigenti del Partito comunista italiano poggia non sul materialismo sto­rico e sullo studio scientifico della realtà oggettiva, ma sul­l'idealismo e sull'illusione. Tuttavia hanno propagandato energica­mente opinioni che essi stessi sanno essere inesatte e le hanno definite una «linea comune per tutto il movi­mento comunista internazionale». Questo sistema serve solo a distorcere e attenuare la lotta rivoluzionaria del proleta­riato, a perpetuare il dominio dei capitalisti e a negare com­pletamente la rivoluzione socialista. Non è questa forse una nuova tendenza socialdemocratica?

Recentemente nei paesi capitalisti, certi comunisti poli­ticamente degenerati e certi socialdemocratici hanno consi­gliato la teoria delle «riforme di struttura» proprio per at­taccare i partiti comunisti. Questo fatto è di per sé suffi­ciente a dimostrare quanto la teoria delle «riforme di strut­tura» assomigli alla socialdemocrazia e quanto invece sia lontana dal marxismo!

La Dichiarazione di Mosca e il Documento di Mosca hanno sottolineato che la rivoluzione socialista può essere realizzata con mezzi pacifici e mezzi non pacifici. Certe per­sone hanno cercato inutilmente di usare queste tesi per giu­stificare la teoria delle «riforme di struttura». E' anche errato considerare il passaggio pacifico al socialismo unila­teralmente come «un principio di strategia mondiale del movimento comunista».

Secondo il punto di vista marxista-leninista, è natural­mente nell'interesse del proletariato e di tutta la popolazione realizzare pacificamente il passaggio al socialismo. Quando la possibilità di transizione pacifica appare in un certo paese, i comunisti debbono lottare per la sua realizzazione. Ma dopo tutto, la possibilità e la realtà, il desiderio e il fatto, sono due cose differenti. Finora la storia non ha dato un solo esempio di transizione pacifica dal capitalismo al socia­lismo. I comunisti non debbono fermare tutte le loro spe­ranze per la vittoria della rivoluzione sulla transizione pa­cifica. La borghesia non scenderà mai dal palcoscenico della storia di sua iniziativa. Questa è una legge universale della lotta di classe. I comunisti non debbono minimamente tra­scurare i preparativi per la rivoluzione. Essi debbono essere pronti a respingere gli assalti dei controrivoluzionari e a ro­vesciare la borghesia con la forza al momento critico della rivoluzione, quando il proletariato sta per prendere il po­tere dello stato, e la borghesia ricorre alle armi per repri­mere la rivoluzione.

Questo significa che i comunisti debbono essere pronti a servirsi di una duplice tattica, cioè, oltre a prepararsi allo sviluppo pacifico della rivoluzione, essi debbono essere pronti ad affrontare uno sviluppo non pacifico. Soltanto in questo modo essi potranno evitare di essere colti impreparati qua­lora si verifichi una situazione favorevole alla rivoluzione e qualora la borghesia faccia ricorso alla violenza per repri­mere la rivoluzione. Anche quando è possibile assicurarsi il potere dello stato con mezzi pacifici, bisogna essere prepa­rati a rispondere immediatamente a eventuali interventi ar­mati degli imperialisti e dei controrivoluzionari armati ap­poggiati dagli imperialisti. I comunisti debbono concentrare la loro attenzione sulla necessità di accumulare forza rivo­luzionaria per mezzo di sforzi diligenti e debbono essere pronti a respingere attacchi armati della borghesia quando è necessario. Essi non debbono porre l'accento unilateral­mente sul passaggio pacifico e concentrare la loro atten­zione su questa possibilità; altrimenti saranno costretti a paralizzare la volontà rivoluzionaria del proletariato, a disarmarsi ideologicamente, ad essere completamente passivi e impreparati dal punto di vista politico e organizzativo, e finiranno col seppellire la causa della rivoluzione proletaria.

Cosa diceva Kautsky. Le tesi del compagno Togliatti e di certi altri dirigenti del Partito comunista italiano riguardo all'«avanzata verso il socialismo nella democrazìa e nella pace» ricordano alcune opinioni del vecchio revisionista K. Kautsky. Kautsky disse più di quaranta anni fa, «Io pre­vedo... che sarà possibile portare avanti [la rivoluzione so­ciale del proletariato] con mezzi pacifici, economici, legali e morali, invece che con la forza fisica, in tutti quei paesi nei quali esiste la democrazia». (La Dittatura del proleta­riato di K. Kautsky, pubblicato nel 1918). I comunisti non dovrebbero tracciare una chiara linea di demarcazione tra loro stessi e socialdemocratici del genere di Kautsky?

6

La misura con la quale il compagno Togliatti e certi altri compagni si sono allontanati dal marxismo-leninismo e dalla Dichiarazione e dal Documento di Mosca, appare più chiaramente dal loro recente appassionato «flirt» con il gruppo dei revisionisti jugoslavi.

Un rappresentante del gruppo di Tito, che è composto di rinnegati del marxismo-leninismo, è stato invitato al recente congresso del Partito comunista italiano ed è salito sulla tri­buna degli oratori da dove ha avuto modo di calunniare la Cina. Allo stesso congresso il compagno Togliatti e altri compagni hanno apertamente difeso il gruppo di Tito e lo hanno elogiato per «l'importanza delle cose che ha fatto e sta facendo».

Vogliamo chiedere al compagno Togliatti e agli altri compagni: considerate ancora che la Dichiarazione di Mosca abbia per voi un valore vincolante? Nella Dichiarazione di Mosca si afferma inequivocabilmente:

«I partiti comunisti hanno condannato all'unanimità l'opportunismo internazionale di tipo jugoslavo, un tipo di teorie revisioniste moderne che costituiscono l'essenza del revisionismo. Dopo aver tradito il marxismo-leninismo, che essi hanno definito superato, i dirigenti della Lega dei comu­nisti jugoslavi hanno contrapposto il proprio programma anti-leninista e revisionista alla Dichiarazione del 1957; hanno contrapposto la Lega dei comunisti jugoslavi al movimento comunista internazionale».

Può questa condanna del gruppo di Tito essere conside­rata un errore? La risoluzione che fu approvata all'unani­mità dai partiti comunisti di tutti i paesi deve essere gettata a mare per il capriccio o la volontà di un individuo o di un gruppetto di persone?

Dopo tutto, i fatti sono fatti e i rinnegati del comunismo rimangono rinnegati del comunismo. Il giudizio espresso nel Documento di Mosca non può essere rovesciato da nessuno, chiunque egli sia.

I seguaci di Tito non solo non hanno rinunciato al pro­prio programma revisionista, ma lo hanno fedelmente se­guito nell'elaborare il progetto di costituzione jugoslava re­centemente pubblicato.

Il gruppo di Tito non ha mutato la propria «via unica» per la costruzione del «socialismo», vendendosi all'imperia­lismo. Al contrario, esso lavora in modo sempre più attivo al servizio della politica d'aggressione e di guerra degli im­perialisti americani. Recentemente l'imperialismo americano ha dato la mancia al gruppo di Tito con un nuovo «aiuto» di più di 100 milioni di dollari. Sotto la stessa maschera dell'essere «fuori dai blocchi» e della «coesistenza posi­tiva» il gruppo di Tito fa il possibile per sabotare i mo­vimenti nazionali e democratici dei popoli dell'Asia, del­l'Africa e dell'America Latina, e per minare l'unità del campo socialista e di tutti i paesi amanti della pace.

A causa dello sviluppo della politica revisionista del gruppo di Tito e della sua crescente dipendenza dall'imperia­lismo USA, la Jugoslavia ha cessato da lungo tempo di es­sere un paese socialista e già da molto ha avuto inizio nei paese la graduale restaurazione del capitalismo.

La restaurazione del capitalismo in Jugoslavia non è avvenuta né per mezzo di un colpo di Stato controrivolu­zionario da parte della borghesia né in seguito ad alcuna invasione dell'imperialismo, ma ha avuto luogo gradual­mente, attraverso la degenerazione del gruppo di Tito. A questo proposito, come disse Lenin molto tempo fa, «la questione principale di ogni rivoluzione è, senza dubbio, la questione del potere statale. Quale classe ha il potere in mano - ecco ciò che è decisivo». Il carattere di uno Stato dipende da quale classe detiene il potere statale e da quale politica persegue. Oggi in Jugoslavia chi detiene il potere statale è il gruppo di Tito, un gruppo che ha tradito il marxismo-leninismo e la causa del comunismo, ha tradito gli interessi fondamentali della classe operaia e del popolo della Jugoslavia e che segue una politica di carattere deci­samente revisionista. Nelle campagne jugoslave, i contadini ricchi e le altre forze capitaliste si sviluppano rapidamente, e le differenze di classe si fanno sempre più forti. Le leggi capitaliste della libera concorrenza e del profitto giocano un ruolo dominante in tutte le sfere della vita economica ju­goslava, e l'anarchia capitalista è sfrenata.

Il gruppo di Tito: il «capogruppo». Non è inutile pre­stare ascolto a quello che gli imperialisti dicono nei loro apprezzamenti sul gruppo di Tito. Gli imperialisti americani considerano gli jugoslavi come «capigruppo», cioè sperano che essi inducano certi paesi socialisti a lasciare il campo socialista e ad entrare nella «comunità del mondo libero» di Kennedy. L'esempio della Jugoslavia dimostra chiara­mente che continua ancora la lotta tra via socialista e via capitalista, e che esiste ancora il pericolo della restaura­zione del capitalismo anche in un paese che si sia già av­viato verso il socialismo.

I fenomeni di degenerazione politica e di apparizione di elementi neo-borghesi dopo la vittoria della rivoluzione pro­letaria non sono difficili da comprendersi. Lenin disse una volta che nella storia si erano verificate varie forme di dege­nerazione e che in determinate condizioni era possibile a un gruppo di elementi neo-borghesi fare la loro apparizione tra i funzionari sovietici. Sono precisamente questi elementi neo-borghesi ai quali si riferiva Lenin che hanno occupato le posizioni dirigenti nella Jugoslavia.

Nel suo discorso conclusivo, il compagno Togliatti ha detto:
«Quando voi dite che il capitalismo è stato restaurato in Jugoslavia - mentre tutti sanno che questo non è vero - nessuno crede nemmeno al resto che voi dite, e ognuno pensa che si tratta semplicemente di tutta un'esagerazione».

Questa frase sembra respingere completamente la tesi marxista-leninista del Partito comunista cinese. Ma i sofi­smi non cambiano la realtà. L'unica ragione adottata in ap­poggio all'arbitraria affermazione che la Jugoslavia è un paese socialista è che non è possibile trovare in quel paese un solo capitalista. E' sempre stato difficile vedere la verità avendo agli occhi degli occhiali colorati. Dal momento che ci sono molti punti di contatto tra Togliatti e il gruppo di Tito nei confronti della rivoluzione proletaria, della ditta­tura del proletariato e del socialismo, non fa nessuna mera­viglia che essi non riescano a vedere la restaurazione del capitalismo in Jugoslavia, e che non riescano a vedere gli elementi neo-borghesi in Jugoslavia.

Ogni simile ama il suo simile. Ma ciò che sorprende in modo particolare è che alcune persone, oltre a dichiararsi soddisfatte dei propri rapporti con il gruppo di Tito, at­taccano brutalmente il Partito comunista cinese affermando che la nostra unità con il Partito albanese del lavoro, unità basata sul marxismo-leninismo, è «inammissibile». Queste persone fanno di tutto per espellere il Partito albanese del lavoro, un partito marxista-leninista, dal movimento comu­nista internazionale e, contemporaneamente, tentano in ogni modo di introdurre nel movimento comunista internazionale il gruppo del rinnegato Tito, che il Documento di Mosca condanna inequivocabilmente. A cosa tendono essi in realtà? C'è un vecchio detto cinese che afferma: «Il simile va con il suo simile, e i dissimili restano divisi». Non farebbero meglio coloro che trattano gli elementi del gruppo di Tito come fratelli e che nutrono un odio così profondo per un partito marxista-leninista fratello a considerare per un mo­mento quale è ora la loro posizione?

7

In ultima analisi, le nostre divergenze su una serie di problemi con il compagno Togliatti e altri compagni che hanno le stesse opinioni, riguardano la questione fondamen­tale relativa al fatto se i princìpi essenziali del marxismo-leninismo siano superati o meno e se la Dichiarazione e il Documento di Mosca siano anch'essi superati.


Il marxismo è diverso dal leninismo. Con il pretesto che siamo in una nuova epoca e che ogni nazione ha delle sue peculiarità, il compagno Togliatti e certi altri compagni sostengono che il marxismo-leninismo è «superato» e che le leggi comuni che riguardano la rivoluzione socialista, così come sono espresse nella Dichiarazione di Mosca, non ri­guardano l'Italia. Giancarlo Pajetta, uno dei dirigenti del Partito comunista italiano, è andato oltre. Egli ha detto: «Il marxismo è diverso dal leninismo, il marxismo di Marx è diverso dal leninismo di Lenin». Su pretesti di questo ge­nere essi hanno revisionato e messo da parte i princìpi basilari del marxismo-leninismo, ed hanno avanzato e smer­ciano ciò che chiamano la «via italiana», che è contraria al marxismo-leninismo.

Il socialismo scientifico fondato da Marx e Engels è una somma delle leggi che governano lo sviluppo della società umana ed è una verità universalmente applicabile. Lo svi­luppo della storia, tutt'altro che «superando» il marxismo, ha ulteriormente dimostrato la sua illimitata vitalità. Il marxismo si è continuamente sviluppato nel corso della lotta del proletariato internazionale per conoscere e cambiare il mondo. Sulla base delle caratteristiche dell'epoca dell'impe­rialismo, Lenin sviluppò creativamente il marxismo nelle nuove condizioni storiche. Negli anni seguenti alla morte di Lenin, i partiti proletari dei vari paesi hanno arricchito il tesoro del marxismo-leninismo con le loro lotte rivoluzio­narie. Ciò non di meno, tutti questi nuovi sviluppi proce­dono dai princìpi fondamentali del marxismo-leninismo, e non si distaccano in ultima analisi da questi princìpi fon­damentali.


Il cammino della Rivoluzione d'Ottobre. Il sentiero della Rivoluzione d'Ottobre tracciato da Lenin, e le leggi comuni che guidano la rivoluzione socialista e la costruzione del so­cialismo così come sono enunciate nella Dichiarazione di Mosca del 1957, sono il sentiero comune lungo il quale i po­poli del mondo avanzano verso la soppressione del capita­lismo e l'instaurazione del socialismo. Nonostante i grandi cambiamenti del mondo dopo la Rivoluzione d'Ottobre, i princìpi fondamentali del marxismo-leninismo, illustrati dal cam­mino della Rivoluzione d'Ottobre, brillano ancora oggi con ancora maggiore splendore.

Per difendere il suo punto di vista errato Togliatti ha detto che la linea seguita attualmente dal Partito comunista cinese «non è conforme alla linea strategica e tattica per­seguita, per esempio, dai bolscevichi nel corso della rivolu­zione da marzo a ottobre (1917)». Questo veramente non ri­specchia la realtà storica della rivoluzione cinese. Nella sua lunga lotta rivoluzionaria, nella lotta contro il dogmatismo e l'empirismo, contro l'opportunismo di «sinistra» e di destra, il Partito comunista cinese, sotto la guida del com­pagno Mao Tse-tung, ha sviluppato creativamente il marxi­smo-leninismo, integrando la verità universale del marxismo-leninismo con la realtà concreta della rivoluzione cinese. No­nostante il fatto che la rivoluzione cinese, come le rivolu­zioni degli altri paesi, ha molte peculiarità, i comunisti ci­nesi hanno sempre considerato la loro rivoluzione come una continuazione della grande Rivoluzione d'Ottobre. Fu proprio seguendo la Rivoluzione d'Ottobre che la rivoluzione cinese potè vincere. I distorcimenti di Togliatti sulla rivoluzione cinese mostrano solo che egli cerca di trovare dei pretesti per la sua linea particolare, che è contraria alla verità uni­versale del marxismo-leninismo e alle leggi comuni che re­golano la rivoluzione socialista.

Per un partito marxista-leninista è necessario integrare la verità universale del marxismo-leninismo con la pratica concreta della rivoluzione nel proprio paese e applicare le leggi comuni della rivoluzione socialista alla luce delle spe­cifiche condizioni del proprio paese. Certe proposizioni avan­zate da un partito marxista-leninista in un periodo e in certe condizioni, devono essere sostituite da nuove proposizoni, cambiando le circostanze e il periodo. Non far questo signifi­cherebbe errare per dogmatismo e danneggiare la causa del comunismo. Ma in nessuna circostanza un partito marxista-leninista può, con il pretesto di nuovi fenomeni sociali, ne­gare i princìpi fondamentali del marxismo-leninismo, sosti­tuire il revisionismo al marxismo-leninismo e tradire il co­munismo.

In una certa fase delio sviluppo di un partito comu­nista, il dogmatismo e il settarismo possono divenire i pericoli principali. Di conseguenza la Dichiarazione e il Docu­mento di Mosca sottolineano giustamente la necessità di op­porsi al dogmatismo e al settarismo. Ciò nonostante, nelle condizioni attuali, il revisionismo moderno costituisce il pe­ricolo principale per il movimento comunista internazionale nel suo complesso, come si afferma nei documenti di Mosca. Il revisionismo moderno «riflette l'ideologia borghese in teoria e, in pratica, travisa il marxismo-leninismo, indebo­lisce il suo contenuto rivoluzionario e, di conseguenza, pa­ralizza la volontà rivoluzionaria della classe operaia, disarma e smobilita gli operai e le masse dei lavoratori nella lotta contro l'oppressione degli imperialisti e degli sfruttatori, nella lotta per la pace, la democrazia e la liberazione nazio­nale, e per il trionfo del socialismo». Attualmente i revi­sionisti moderni si oppongono al marxismo-leninismo con il pretesto di opporsi al dogmatismo, rinunciano alla rivolu­zione con il pretesto di opporsi all'opportunismo di «sini­stra», e sostengono la validità del compromesso immorale e del capitolazionismo, con il pretesto della duttilità tattica. Se non si condurrà una lotta risoluta contro il revisionismo moderno, il movimento comunista internazionale ne sarà seriamente danneggiato.


Come Lenin definì le maggiori caratteristiche del revi­sionismo. L'apparizione recente di una corrente contraria al marxismo-leninismo e che sta rompendo l'unità del mo­vimento comunista internazionale, fornisce una prova in più della giustezza delle tesi della Dichiarazione di Mosca e del Documento di Mosca. Parlando delle caratteristiche premi­nenti del revisionismo, Lenin una volta disse: «Scegliere la propria condotta volta per volta, adattarsi agli avveni­menti quotidiani e ai mutamenti della politica minuta, di­menticare gli interessi fondamentali del proletariato, le ca­ratteristiche principali del sistema capitalistico come tale e dell'evoluzione capitalista come tale, sacrificare questi in­teressi fondamentali a presunti o reali vantaggi del momento - questa è la politica revisionista».

Il proletariato e il popolo rivoluzionario sono sicuri quando camminano lungo la strada giusta tracciata dal marxismo-leninismo. Per quanto essa sia tortuosa e difficile, è l'unica strada che porta alla vittoria. Lo sviluppo storico della società non seguirà né le «teorie» dell'imperialismo né le «teorie» del revisionismo. Comunque, per quanto essi abbiano fatto in passato per il movimento operaio, nessuna persona, nessun partito politico e nessun gruppo potrà evi­tare di diventare un servo della borghesia e di essere ac­cantonato dal proletariato, una volta che si sia allontanato dalla strada del marxismo-leninismo, e sia scivolato sulla strada del revisionismo.


Chiediamo una conferenza dei rappresentanti dei partiti comunisti e operai. Siamo stati trascinati in un pubblica discussione sulle maggiori divergenze tra noi stessi e il compagno Togliatti e certi altri compagni del Partito comunista italiano. Ciò è accaduto contro la nostra volontà e non sa­rebbe certo accaduto se essi per primi non ci avessero sfi­dati e non avessero insistito per un pubblico dibattito. Ma anche se siamo costret­ti a partecipare a un dibattito pubblico, noi speriamo ancora sincera­mente che sia pos­sibile eliminare le nostre divergenze per mezzo di di­scussioni amichevoli. Sebbene, con nostro dispiacere, noi cre­dia­mo che Togliatti e i compagni che condivi­dono queste due opi­nioni si allontanino sempre più dal marxismo-leninismo, noi spe­riamo sinceramente che non si spingeranno più avanti, riprende­ran­no la via corretta e torneranno ai princìpi marxisti-leninisti e ai princìpi rivo­luzionari della Dichiarazione di Mosca e del Documento di Mosca. Desideriamo guardare al futuro. Più volte abbiamo proposto la convocazione di una conferenza dei rappresen­tanti dei partiti comunisti e operai di tutti i paesi per ri­solvere le divergenze manifestatesi in seno al movimento co­munista internazionale. Riteniamo che i comunisti di tutti i paesi debbano salvaguardare gli interessi comuni della lotta contro il nemico e della causa della rivoluzione proletaria, debbano aderire ai princìpi che regolano i rapporti tra par­titi fratelli, come enunciati nella Dichiarazione e nel Do­cumento di Mosca, e debbano eliminare le divergenze, raf­forzare la propria unità sulla base del marxismo-leninismo e dell'internazionalismo proletario. Questa è la speranza della classe operaia e dei popoli di tutto il mondo.

La storia del movimento operaio di tutti i paesi nel­l'ultimo secolo e più è piena di aspre lotte tra il marxismo e l'opportunismo di ogni genere. Fin dall'inizio, il movi­mento comunista internazionale è avanzato rapidamente combattendo e superando il riformismo, la social-democrazia e il revisionismo. Oggi, i revisionisti di tutte le risme fanno un gran fracasso, ma questo dimostra non forza ma debo­lezza. Le tendenze revisioniste e le nuove tendenze socialdemocratiche che si sono manifestate nel movimento comunista internazionale, e che sono in armonia con le esigenze del capitalismo monopolistico e dell'imperialismo americano sono, sostanzialmente, il risultato della politica seguita dal capitale monopolistico e dall'imperialismo USA. Ma i vari tipi di revisionismo non potranno fermare il vittorioso svi­luppo delle lotte rivoluzionarie delle nazioni e dei popoli oppressi né potranno salvare l'imperialismo dal suo crollo finale.


Il marxismo-leninismo trionferà. Nel 1913, nel corso della lotta contro l'opportunismo, Lenin disse, esponendo il destino storico delle dottrine di Carlo Marx, che sebbene il marxismo è stato soggetto a dstorcimenti per opera degli opportunisti, lo sviluppo delle lotte rivoluzionarie dei popoli in tutti i paesi gli ha continua­mente dato conferma e trionfi. Lenin predisse corretta­mente «...un trionfo ancora maggiore aspetta il marxismo, la dottrina del proletariato, nel periodo storico che si apre davanti a noi». Il marxismo-leninismo è giunto ad una nuova e importante fase storica. La lotta tra la tendenza marxista-leninista e la tendenza revisionista, anti-marxista-leninista, è ora il compito più urgente che i comunisti di tutti i paesi debbono affrontare. Noi siamo profondamente convinti che, per quanto difficile possa essere il corso della lotta, la ten­denza marxista-leninista trionferà.

Più di cento anni fa, nel Manifesto dei comunisti Marx e Engels lanciarono il loro coraggioso e superbo appello a tutto il mondo: «Tremino le classi dirigenti di fronte alla rivoluzione dei comunisti! I proletari non hanno niente da perdere se non le loro catene. Hanno un mondo da guada­gnare». Questo grande appello ispira tutti i rivoluzionari de­diti alla causa del comunismo e il proletariato di tutto il mondo, e infonde loro piena fiducia nel futuro, così che essi possano superare tutti gli ostacoli e avanzare ardita­mente. Attualmente le file del proletariato internazionale diventano sempre più robuste, la coscienza politica dei po­poli di tutti i paesi cresce continuamente, le lotte per la pace mondiale, per la liberazione nazionale, per la demo­crazia e il socialismo conquistano sempre nuove vittorie, e le grandi idee del socialismo e del comunismo attraggono sempre più persone tra le nazioni e i popoli oppressi che si trovano in una situazione difficile e amara. Tremino l'imperialismo e i reazionari di fronte al grande impeto rivolu­zionario della classe operaia e di tutti i popoli e le nazioni oppresse del mondo! Il marxismo-leninismo trionferà! La causa rivoluzionaria della classe operaia e dei popoli del mondo intero trionferà!