Nello scontro tra la dirigenza kruscioviana e il PCC dopo il XX congresso assume un rilievo particolare anche la polemica dei cinesi con Palmiro Togliatti, segretario generale del PCI, ma anche uno dei dirigenti più importanti dell'Internazionale comunista e capo del più influente partito comunista dell'occidente capitalistico.
I comunisti cinesi si rendono conto che la svolta sovietica mette in moto forze che, all'esterno dell'Unione Sovietica, dentro il movimento comunista, vanno nella direzione indicata da Nikita Kruscev, cioè concorrono a rafforzarlo e raccoglierne, aldilà della sua rozza elaborazione, i punti essenziali.
In un editoriale del 31 dicembre 1962, a pochi giorni dal X Congresso del PCI, in cui le posizioni cinesi erano state duramente criticate, appare sul Renmin Ribao un articolo intitolato 'Le divergenze tra il compagno Togliatti e noi', un attacco a Togliatti che sicuramente aveva avuto la preventiva autorizzazione di Mao e che è diretto contro un esponente di primo piano del movimento comunista internazionale. L'attacco è mirato e serve a mettere in chiaro questioni essenziali emerse col XX congresso e che stavano diventando moneta corrente tra i partiti comunisti.
Coesistenza pacifica e guerra nucleare sono il punto cruciale in cui passa non solo la linea internazionale di Kruscev, ma anche il ricatto al movimento comunista. Se non si accetta la nuova strategia del PCUS in politica internazionale si va inevitabilmente verso la guerra atomica. I comunisti possono essere così irresponsabili da accettare questa seconda ipotesi?
Ma su questo che cosa dicono veramente i cinesi?
Essi rifiutano, come si evince dal testo, non il principio della coesistenza pacifica, bensì la tesi che la guerra atomica modifichi in termini qualitativi la natura dell'imperialismo e il suo modo di agire nel mondo. Quindi i comunisti devono essere per la coesistenza pacifica tra regimi diversi, ma devono essere sempre pronti a fronteggiare l'imperialismo che è sì una tigre di carta, ma che dal punto di vista tattico va preso in seria considerazione.
Come corollario a questa posizione, dicono i comunisti cinesi, rimane valido il principo che la coesistenza pacifica non può comportare la coesistenza nella lotta di classe e tra oppressi e oppressori, riferendosi in questo caso alla guerre di liberazione.
Queste tesi, ovvie per i comunisti, diventano un fardello per chi, come Kruscev, ha in mente una ben diversa strategia nei rapporti con l'occidente capitalistico. Non si tratta più di impedire la guerra, ma di accordarsi con esso. Il PCI è dentro fino al collo in questa strategia e per questo i comunisti cinesi attaccano Togliatti.
Nella polemica essi mettono in chiaro anche che nella strategia interna dei comunisti in ogni singolo paese dove esiste un regime capitalistico deve essere mantenuto saldo il principio non solo della lotta di classe, ma anche della natura dello stato. Nel caso italiano invece si ipotizzano, da parte del PCI, riforme di struttura che porterebbero alla trasformazione pacifica del sistema borghese. Quella che poi verrà definita la via parlamentare al socialismo.
Nel 1962 il dibattito si presentava in termini teorici. Dopo il 1989, con la fine dell'Unione Sovietica, le guerre infinite scatenate dall'imperialismo e la fine miserabile del PCI, i fatti hanno dimostrato che il 'settarismo' cinese era fondato e che non c'era stato nessun cambiamento qualitativo che autorizzasse i comunisti a cambiare la loro analisi sull'imperialismo e sulla lotta di classe. Chi invece ha teorizzato il contrario è andato incontro a una eclatante disfatta storica.