"La maggiore sconfitta di Kruščëv"

La seguente analisi dei risultati della Conferenza di Mosca degli 81 partiti comunisti e operai è tratta dai diari dello storico e militante comunista tedesco Kurt Gossweiler, in: Kurt Gossweiler Contro il revisionismo, da Chruščëv a Gorbačëv: saggi, diari e documenti, edizione italiana a cura di Aldo Bernardini e Adriana Chiaia, Zambon editore, 2009, pp. 463-472. L'originale tedesco si trova nell'opera in due volumi di Kurt Gossweiler, Die Taubenfuss-Chronik oder Die Chruschtschowiade. 1953 bis 1964 (vol. II, pp. 313-352).

21 dicembre 1960

La consultazione nei fatti più importante dopo la morte di Stalin e il colpo di Stato occulto della banda, in quanto la più grande e decisiva sconfitta di Chruščëv [1].

Secondo i piani di Chruščëv, le consultazioni non avrebbero affatto dovuto aver luogo, oppure esse avrebbero dovuto venire sfruttate esclusivamente per rafforzare la sua posizione nei confronti di Mao [2]. I Partiti comunisti di tutti gli altri paesi, ad eccezione di Kádár e Gomulka, si sono recati a queste celebrazio­ni d'ottobre fermamente decisi a stringere una buona volta intorno al superbandito catene tali che non gli avrebbero più permesso di creare sempre nuovo scom­piglio tra le file dei comunisti. Alla testa dei partiti co­munisti si sono trovati senza dubbio i compagni cine­si, insieme ai compagni "autentici" della leadership del PCUS [3].

È stata senza dubbio necessaria una lunga e dura bat­taglia per affermare il punto di vista dei veri comunisti contro quello dei farabutti trockisti; certo è che Chruščëv ha indubitabilmente sfruttato fino all'estre­mo la situazione per cui aveva guadagnato all'esterno l'immagine dell'"instancabile combattente per la causa della pace e del comunismo" e che rendeva impossibi­le, nell'interesse stesso della causa del comunismo mondiale, smascherare il suo vero ruolo dinnanzi alle masse. I suoi committenti americani non hanno per ve­ro nulla da recriminargli: ha fatto quello che ha potuto! La prima prova della sua sconfitta consiste nel fatto stesso che la consultazione abbia avuto luogo. La seconda: il fatto che uno come lui, che sfrutta ogni occasione per sommergere l'opinione pubblica con le sue chiacchiere, non ha svolto per nulla un ruolo pri­mario durante questi dibattiti e che non è stata diffusa nessuna comunicazione sulla sua entrata in scena alla conferenza.

Interessanti comunque le numerose visite di diploma­tici stranieri a Mosca proprio in occasione della confe­renza. A quanto pare questi incontri erano stati orga­nizzati da Chruščëv al fine di dare per mezzo loro maggior peso alla sua posizione e ai suoi argomenti. La prova più importante ed evidente della sua sconfit­ta è però costituita dalla dichiarazione seguita alla con­ferenza. Essa supera di gran lunga quella del 1957. Si tratta di una conferma della conclusione, cui si era già giunti in occasione della conferenza di Bucarest, e cioè l'ingresso in una nuova fase nella lotta contro le "co­lombe" e l'imperialismo: è stato questo il momento del definitivo passaggio dal periodo del superamento del­le conseguenze del colpo di Stato trockista e dell'offen­siva imperialista all'attacco - per di più coordinato - del fronte socialista unito contro l'imperialismo mon­diale. Non un'offensiva qualunque, ma l'ultima, che terminerà con la sconfitta dell'imperialismo mondiale. L'inizio di questo attacco risale in effetti già al 1949, ed era stato in un primo momento respinto dal tentativo trockista di rovesciamento negli anni 1953-1956; un tentativo che portò a un certo rallentamento di ritmo sul piano politico, permettendo agli imperialisti di ri­prendere brevemente fiato e di tentare di sfondare in certi punti il fronte socialista e dei partiti comunisti. Ma anche in questo periodo la crescita dell'influenza e della forza del socialismo non si arrestò e lo sgretola­mento del sistema mondiale imperialista procedé inar­restabile, addirittura accelerando, a partire dal 1957, il ritmo.

Il tentativo di rovesciamento trockista, ben lungi dal consentire all'imperialismo pur anco una chance di vit­toria sul socialismo, non soltanto non riuscì ad evitare tale avanzante sgretolamento, ma in definitiva lo affrettò, spingendo tutti i partiti comunisti a dar corso libero e ad attingere, in misura senza pari e sino all'estremo, a tutte le potenzialità di cui disponevano; le dimensioni della minaccia, che i banditi costituivano per il socialismo, indusse i partiti comunisti ad abban­donare tutti gli schemi e i residui di settarismo e dog­matismo, per trovare nuove soluzioni al fine di appli­care sino ai limiti del possibile il marxismo-leninismo in modo creativo. Fu così che la tremenda congiura ordita dai vari Tito, Chruščëv Mikojan, Gomulka e Kádár divenne in effetti il maggior potenziale di forze, per estremizzare la cosa fino al paradosso, cui il movi­mento comunista mondiale abbia mai attinto. I colpi principali inferti dalla dichiarazione di Mosca alla banda:


a) La forte caratterizzazione dell'imperialismo statu­nitense come nemico principale dell'umanità, come il centro della reazione mondiale. Evitare un orien­tamento così chiaro della lotta dei comunisti era sta­to uno dei compiti principali della banda, se non il compito principale. I suoi successi non erano stati da considerare esigui: ampia propagazione del "modello di vita americano", presentato come at­traente soprattutto per i giovani in Polonia, ma anche in Urss. Ammirazione per la tecnologia ameri­cana; inondazione di letteratura e arte americane e americanizzate, ma soprattutto apertura di innu­merevoli canali per le organizzazioni di spionaggio americane e per i loro agenti, indebolimento della vigilanza, ecc., diffusione di illusioni su una "capa­cità di miglioramento" dell'imperialismo Usa. Nella dichiarazione del 1957 non si era ancora riu­sciti a caratterizzare apertamente l'imperialismo americano, si era accennato invece solo velatamen­te a cerchie "imperialiste" negli Stati Uniti. Qui invece: chiara e inequivocabile sconfitta di Chruščëv vittoria della linea dei compagni cinesi.

b) Esplicita e pesante caratterizzazione e condanna della banda di Tito quale gruppo di traditori del so­cialismo e agenti dell'imperialismo. Il secondo pun­to per importanza della missione e dell'attività del "ciccione" consisteva nell'annullare una tale defini­zione già presa nel 1948-49 e introdurre il cavallo di Troia dell'imperialismo nel fronte socialista, sup­portando l'azione di diversione intrapresa dalla cricca di Tito. I successi raggiunti in questo campo sono già abbondantemente noti. Nella dichiarazione del 1957 si parla solo in genera­le della minaccia costituita dal revisionismo, senza specificare indirizzo e numero civico. Anzi, i com­plici polacchi di Tito redassero appositamente un "manifesto di pace" per dare un po' di stucco alla rottura con Tito e approntare un documento che po­tè essere sottoscritto anche dalla banda di Belgrado insieme ai rappresentanti dei partiti comunisti. An­che in questo caso Chruščëv e i suoi seguaci hanno incassato una pesante sconfitta nel 1960, ad impor­si è stata anche qui la linea di Mao.

c) Chiara definizione dell'essenza della politica di coesistenza. La dichiarazione afferma inequivoca­bilmente che la politica della coesistenza non signi­fica una conclusione di pace con il capitalismo monopolistico, ma una quanto mai aspra lotta contro di esso. La lotta contro l'imperialismo viene dichia­rata compito centrale di tutti i partiti comunisti. Rientrava invece tra le principali missioni della banda di Chruščëv affermare, sotto lo slogan della difesa della "politica leninista della coesistenza", una politica volta a evitare o per lo meno a indebo­lire la lotta contro l'imperialismo e contro il princi­pale paese del capitalismo monopolistico, gli Usa. La propaganda imperialista, ma non solo essa, ben­sì anche esponenti delle nostre file, hanno contrap­posto in modo menzognero i compagni cinesi al PCUS (per vero, alla cricca di Chruščëv nella diri­genza del PCUS), presentando i primi come opposi­tori della politica della coesistenza e Chruščëv come suo difensore. In realtà è vero esattamente il contra­rio: il Partito di Mao Zedong difende la politica leni­nista della coesistenza, mentre Chruščëv la deforma nell'interesse degli imperialisti, trasformandola in una politica delle illusioni sull'essenza ultima del­l'imperialismo, in una politica del disarmo nei con­fronti degli imperialisti a petto dei loro accelerati preparativi di un attacco atomico contro di noi. Questo e nient'altro è il reale contenuto delle diffe­renziazioni nella questione della coesistenza. La di­chiarazione dimostra che anche in questo campo Chruščëv è stato battuto e che Mao ha vinto. (Mao sta qui per sinonimo di tutti i difensori del marxi­smo-leninismo).

d) Posizione netta assunta nella questione dei giovani Stati nazionali e della rivoluzione nazionaldemocratica, espressa soprattutto nella diversa valuta­zione della situazione a Cuba, nella Rau [Repubbli­ca araba unita, unione di Egitto e Siria dal '58 al '61, ndr] in Iraq, ecc. La cosa più importante in questo contesto è il chiarimento sulla solidarietà dei comu­nisti con tutti i democratici e i comunisti persegui­tati dalla borghesia nella Rau, in Iraq, ecc.
Rientra nei metodi tipici della banda Chruščëviana pugnalare alle spalle, ogni volta che se ne presenti l'occasione, i partiti comunisti, sostenendo la lotta della borghesia contro i comunisti: ad esempio, con il "discorso segreto" del XX Congresso e la sua tra­smissione ai servizi segreti americani, o mediante la dichiarazione che da parte del Comintern lo sciogli­mento del Partito polacco sarebbe stato effettuato a torto.
Rientra ampiamente in questa politica anche la "neutralità" del governo Chruščëv e del PCUS nei confronti delle persecuzioni dei comunisti in alcuni Stati nazionali che, sotto la bandiera della "non in­terferenza", ha rappresentato in realtà un sostegno per la lotta della classe borghese di quei paesi con­tro il movimento operaio.
Anche in questo campo Chruščëv ha subito una sconfitta, mentre si è affermata la linea dei compa­gni cinesi.
Sempre nello stesso contesto, il sostegno espresso nella dichiarazione nei confronti della lotta armata dei popoli oppressi dall'imperialismo contro il si­stema coloniale. Si tratta di una questione in cui Chruščëv non ha mai potuto azzardarsi ad assume­re una posizione "neutrale", mentre è stato costret­to a rilasciare energiche dichiarazioni nel caso del­l'Egitto, del Libano, di Cuba e del Congo. Resta pe­rò un fatto che, ad esempio, il governo provvisorio algerino e anche Cuba abbiano ottenuto un appog­gio morale e aiuti concreti molto più importanti dal governo della Repubblica popolare cinese che dal governo sovietico.

e) La dichiarazione ostacola la prassi chruščëviana di minare l'unità dei paesi socialisti e dei partiti comu­nisti con affermazioni irresponsabili e attacchi ca­muffati alla politica dei paesi e dei partiti fratelli. Particolarmente zelante l'attività del bandito in quest'ambito nei confronti della Cina popolare sia per quanto riguarda la questione delle comuni po­polari, sia per quella del Tibet o ancora per quella della coesistenza e via dicendo. Con la determinazione del metodo secondo cui oc­corra trattare le questioni che riguardano l'attività dei partiti fratelli sono state stabilite delle precise norme che neppure Chruščëv potrà più violare sen­za compromettere la propria posizione. Sarebbe ad esempio possibile fin d'ora, dopo la fissazione di queste regole, destituire Chruščëv per il solo fatto che non le abbia rispettate.

f) La dichiarazione esige un riconoscimento, da parte di tutti i partiti, del carattere vincolante delle valuta­zioni e delle conclusioni tratte dalle consultazioni in­ternazionali. Si mette così il catenaccio ai Gomulka e company e alla loro politica delle "particolari vie na­zionali": questa disposizione costituisce un ritorno al leninismo, con cui Chruščëv aveva rotto, scio­gliendo l'Ufficio informazioni e appoggiando le correnti "nazionalcomuniste".

g) Nella dichiarazione del 1957 i Chruščëv, Gomulka, ecc. erano ancora riusciti a spacciare la cosiddetta "non interferenza" nella definizione delle relazioni reciproche tra partiti comunisti (sebbene tale con­statazione fosse mancata nel punto pertinente della relazione pronunciata da Chruščëv in occasione del 40° anniversario della Rivoluzione d'Ottobre!).
Nel 1960 ciò non è stato più possibile: non vi è più parola della non interferenza come principio del rapporto tra i partiti comunisti.
Anche qui: sconfitta della banda, vittoria dei comu­nisti!

h) La cura di Chruščëv tesa a chiamare in vita un cul­to nei confronti della sua persona (si vedano il XXI Congresso, il plenum di dicembre del 1959) per consolidare la propria posizione, viene contrastata con la categorica esigenza di non ammettere nessu­na forma di culto della personalità.

i) Gli sforzi di Chruščëv, compiuti soprattutto a parti­re dal fallimento della conferenza di Parigi, per screditare e isolare la Cina e il Pc cinese all'interno del campo socialista, gonfiando in modo provoca­torio le divergenze - una politica questa che aveva condotto su incarico degli imperialisti americani, i quali da lui pretendevano che imponesse una buo­na volta anche ai cinesi di riconoscere la sua autori­tà e di abbandonare l'opposizione alla sua politica -, si sono rivelati un vero e proprio fiasco. Se il suo compito principale, e anche l'incarico principale as­segnatogli, era quello di imporre la sua linea rispet­to a quella del Pc cinese in occasione della conferen­za, i risultati si sono attuati esattamente al contra­rio: è stato Chruščëv a venire isolato e battuto e non il Pc cinese. La conferenza non si è fatta tribunale contro il Pc cinese, ma è stata caratterizzata da una forte dimostrazione della salda unione tra il PCUS e il Pc cinese, restando sottolineata con energia l'ec­cezionale importanza dell'unità tra i due Partiti per la pace e la vittoria sull'imperialismo. Il viaggio di Liu Shaoqi in Urss al termine della conferenza è sta­to una marcia trionfale e un simbolo della vittoria di Mao sul bandito ciccione, che ha tralasciato però, diversamente da quanto era solito fare (o non gli è stato permesso), di sfruttare l'occasione per aggiun­gere all'elenco sconfinato delle sue chiacchiere una mezza dozzina di "discorsi" nuovi.

k) Fondamentale per noi tedeschi la considerazione sul ruolo della Rdt e sull'obbligo della sua difesa. Non si tratta certo di una novità, ma il fatto che la dichiarazione sia stata sottoscritta dai rappresen­tanti di quasi tutti i partiti comunisti in questo mo­mento rappresenta un importante appoggio per le decisioni che dovranno essere prese nel 1961. An­che questo elemento rappresenta un fiasco della po­litica chruščëviana, che mirava ad isolare e conse­gnare infine la Rdt all'imperialismo della Germania occidentale sotto il pretesto di garantire la disten­sione e l'intesa e la cui premessa sarebbe stata costi­tuita dall'allontanamento di Walter Ulbricht dal vertice del Partito per rimpiazzarlo con qualche persona di fiducia di Chruščëv.
Non vi è dubbio dunque che il risultato fondamen­tale della conferenza di Mosca è stato la sconfitta decisiva dei banditi.
Eppure sono stati battuti, ma non annientati; il loro influsso non ha potuto ancora venire disattivato senza residui. Sono riusciti a inserire nella dichiara­zione, anche se per questioni marginali, formula­zioni inesatte e confuse e a tratti anche antileniniste, e che mirano a un unico scopo: indebolire e smorza­re quelle che erano state le nette, acute e inequivo­cabili conclusioni della dichiarazione, al fine di ga­rantire dei punti di ancoraggio per nuove manovre di scompiglio e per proseguire la loro azione di di­versione. In tali questioni di secondo ordine sono stati dunque adottati dei compromessi.

Note

[1] Purtroppo le cose non andarono così, come dimostrano gli accadimen­ti successivi. Durante questa consultazione Chruščëv subì in effetti una sconfitta, ma non tale da portare la battaglia contro il revisionismo all'annientamento definitivo di questo. Ecco una valutazione riporta­ta nelle memorie di Hoxha:
"Chruščëv e i suoi seguaci fecero di tutto per inserire la loro intera li­nea revisionista chruščëviana nel documento internazionale approva­to, una linea che distorceva le tesi fondamentali del marxismo-lenini­smo sull'essenza dell'imperialismo, sulla rivoluzione, sulla coesisten­za pacifica, ecc. Le delegazioni del nostro Partito e del Partito comuni­sta cinese, nelle varie commissioni, si sono opposte a queste alterazio­ni e le hanno smascherate. Siamo riusciti a far correggere molti punti. Diverse tesi revisioniste sono state respinte, molte altre corrette fino a giungere ad un documento conclusivo che venne approvato da tutti i partecipanti alla consultazione. I chruščëviani furono costretti ad ac­cettare questo documento, anche se Chruščëv aveva a questo proposi­to dichiarato in precedenza: 'il documento è stato un compromesso e i compromessi hanno vita breve'". (Hoxha, Die Chruschtschowianer (I Chruščëviani), p. 501 e seg.).

[2] Solo dal libro di Hoxha sono venuto a conoscenza del fatto che pochi giorni prima dell'inizio della conferenza Chruščëv aveva distribuito alle delegazioni di tutti i partiti partecipanti una lettera che il PCUS aveva scritto al Pc cinese e che era colma di accuse contro questo par­tito. A questo proposito Hoxha:
"La lettera d'accusa contro la Cina, che era stata distribuita, non era al­tro che un infame documento antimarxista. I chruščëviani avevano co­sì deciso di proseguire a Mosca l'opera che non erano riusciti a porta­re a termine a Bucarest. [...] Distribuirono questo ricco materiale con­tro la Cina prima della consultazione per preparare il terreno e provo­care un effetto tra le delegazioni degli altri partiti, per intimidire i ci­nesi, costringendoli a moderarsi, se non si fossero sottomessi. [...] Era chiaro che Chruščëv allontanatosi dal leninismo e dalle regole le­niniste e pur rivendicando l'eredità del leninismo e il monopolio su di esso, mirava ad asservire i partiti comunisti e operai di tutto il mondo alla sua dittatura. Chi si fosse schierato contro la linea che aveva im­posto durante il XX e il XXI Congresso sarebbe stato considerato un frazionista, un antimarxista, uno che costituiva raggruppamenti. E' chiaro che Chruščëv aveva organizzato questi preparativi per bastona­re il Partito comunista cinese e il Partito del lavoro albanese, per esclu­derci dal movimento comunista mondiale, che pensava di riunire sot­to il dominio di idee antimarxiste" (pp. 488 e seg., 492).

[3] Sulle posizioni assunte dalle altre delegazioni, tranne quelle cinesi e albanesi, leggiamo in Hoxha:
"Il materiale (la lettera di accusa contro il Pc cinese, K.G.) dette parec­chia angustia ai partecipanti alla conferenza e sollevò reazioni diverse da quanto previsto dai chruščëviani. Tale materiale doveva creare del­le spaccature nella compagine della consultazione e questo ha giovato al marxismo-leninismo. Potevamo aspettarci che dai sette ai dieci par­titi si sarebbero schierati dalla nostra parte, anche se non apertamen­te, almeno rifiutandosi di approvare i piani ostili elaborati dai chruščëviani. [...] Durante il suo discorso, Chruščëv esibì l'intera gamma del­le idee revisioniste, attaccò il Partito comunista cinese e il Partito del lavoro albanese e tutti gli altri partiti che si fossero uniti ad essi, senza però fare neppure un nome. [...] In effetti, dei venti delegati che prese­ro la parola, solo cinque o sei attaccarono la Cina sulla base del mate­riale ricevuto dai sovietici", (pp. 489, 491).