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La Cina tra rimozioni e false rappresentazioni

A differenza delle altre questioni poste dalla crisi del movimento comunista, la vicenda del PCC non si può dire che sia stata discussa in maniera articolata e ripercorrendone i vari passaggi. Di questa vicenda si conoscono soprattutto gli inizi e la conclusione, e in ambedue i casi essa ha creato solo una polarizzazione di posizioni: partiti e gruppi definiti marxisti-leninisti da una parte e apologeti o detrattori della Cina moderna dall'altra. Finora è mancato invece un dibattito e un'analisi seria tra i comunisti che hanno combattuto la svolta controrivoluzionaria kruscioviana.

Il marxismo-leninismo di derivazione cinese è oggi praticamente scomparso. Eppure esso ha rappresentato, all'interno del movimento antirevisionista mondiale, uno degli aspetti più rilevanti dello scontro. A che cosa è dovuta dunque questa rapida scomparsa?

A nostro parere questa si spiega sia per la natura intrinseca del movimento, dal momento che i partiti marxisti leninisti si sono andati creando per lo più slla base di una impostazione ideologica, sia - sul versante cinese - per una guida riconducibile alle vicende interne al PCC. Rispetto all'indicazione di fondare a livello internazionale i nuovi partiti comunisti di matrice marxista leninista maoista, i fatti hanno dimostrato che - prima ancora che in Cina, dopo la morte di Mao, prevalesse la linea denghista - l'operazione aveva assunto una natura prevalentemente propagandistica, assai poco finalizzata alla trasformazione effettiva del movimento comunista per riportarlo, non a parole, su un binario rivoluzionario.

Non solo, ma anche lo scontro con il PCUS nascondeva, come vedremo in seguito, elementi di ambiguità che riguardavano non questioni di strategia del movimento comunista, bensì la definizione del ruolo mondiale della Cina come nazione dopo la nascita della Repubblica popolare e le modalità di costruzione del socialismo in quel paese.

Se dovessimo dunque definire oggi il ruolo della Cina nello scontro apertosi dopo il XX congresso del PCUS, dovremmo certamente riconoscere che esso non ha avuto la caratteristica di una effettiva egemonia strategica. Certamente la Cina del dopo Mao ha assunto un peso geopolitico enorme, ma questo è altra cosa rispetto alla necessità di riorganizzazione delle fila del movimento comunista internazionale. Su questo piano le cose sono andate ben diversamente.

Purtroppo finora la lettura comunista non si è dimostrata in grado di mettere in luce tutti gli aspetti dei passaggi che la Cina ha attraversato e di collegarli. Essi sono rimasti in un limbo dal quale è necessario uscire. In questa parte del nostro lavoro cercheremo di riproporre alla discussione i punti essenziali.

In via preliminare pubblichiamo [qui]un editoriale della rivista italiana Vento dell'Est del gennaio 1977 che prende atto della svolta dell'ottobre, subito dopo la morte di Mao avvenuta in settembre, con l'arresto di Jiang Qing e del gruppo dirigente della rivoluzione culturale. L'editoriale registra lo smarrimento di fronte alla drammaticità dell'evento, ma anche la difficoltà di capire il senso generale degli avvenimenti cinesi. Nel panorama italiano Vento dell'Est è stata una rivista importante di orientamento e di informazione sulla Cina attorno agli anni '70, tuttavia non è riuscita ad uscire dal carattere sostanzialmente apologetico della linea maoista, salvo poi risvegliarsi bruscamente di fronte agli esiti della rivoluzione culturale.

Vento dell'Est è solo un esempio, ma il brusco risveglio ha riguardato milioni di comunisti che pensavano di uscire dalla crisi del movimento comunista con le citazioni del libretto rosso di Mao, mentre la storia prendeva un altro corso.