Il falso amico Gorbaciov

Il testo che riportiamo è tratto dal primo capitolo di La fine dei Ceausescu: morire ammazzati come bestie selvatiche, di Grigore Cristian Cartianu, Aliberti editore, 2012. Titolo originale Sfârșitul Ceaușeștilor. Șă mori impușcat ca un animal sălbatic, Bucarest 2010. L'autore ha pubblicato anche un secondo volume, reperibile per ora solo nella lingua originale: Crimele Revolutiei (I crimini della rivoluzione), Adevarul Holding, 2010.


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Giugno 1989. Marin Ceausescu, il capo dell'Agenzia economica della Romania a Vienna, chiama Bucarest con precipitosa insistenza. Alla fine, al terzo tentativo, sente la voce di suo fratello minore, Nicolae, il presidente della Repubblica socialista di Romania. «Nicolae, è una cosa urgente! E in più si tratta di qualcosa di particolarmente rilevante. Vengo a Bucarest. Dobbiamo parlare». Nicolae Ceausescu è impaziente. Rispetto al fratello ha una natura più agitata, e la voce strozzata di quest'ultimo non fa che accrescere la sua ansia di sapere. «Di' quello che devi dire!» tuona il dittatore. «Non posso. Parliamo a casa» insiste il fratello maggiore, e prende il primo aereo per Bucarest.
Diciannove anni più tardi, Mihaela Ceausescu Moraru, la figlia di Marin, dà alle stampe un libro in cui ricorda quella discussione del giugno 1989.


Papà si trattenne con suo fratello quasi un'ora. All'inizio fu ricevuto con grande cordialità, sia perché in fondo era il fratello maggiore, sia perché la zia Elena aveva una particolare predilezione per Marin. Si conoscevano già da prima che lei incontrasse Nicolae e, per un breve periodo, avevano anche avuto una passioncella reciproca... Almeno così dicevano in famiglia le voci malevole e mia madre rimproverava mio padre quando c'era un problema, ma così, in maniera scherzosa, prendendolo in giro: «Ma perché caspita non te la sei presa tu, Marin? Avresti salvato il Paese!»
Papà avvicinò lo zio Nicolae con diplomazia e la prese alla larga, d'altra parte non aveva trascorso invano diciassette anni a Vienna: guarda cosa scrivono i giornali occidentali, guarda quali informazioni ho dai "miei uomini" (papà era forse stato una spia? Complimenti allora! Lo aveva fatto solo a favore della nazione e del popolo!). La situazione é difficile e si aggrava continuamente, e via così. Sin quando non gli ha detto, verde in faccia: «Non c'è più scampo, Nicolae! I russi e gli americani stanno ficcando il naso nei nostri affari! Hanno mandato qui i loro uomini e complottano, lo sai anche tu. Non hanno ancora trovato un pretesto, ma non tarderanno...»
Poi a un tratto papà sbottò con una replica che irritò talmente tanto Nicolae che questi dimenticò tanto il rispetto dovuto al fratello maggiore, quanto il fatto che anche i muri hanno occhi e orecchie. «Non fare il loro gioco, Nicolae! Non concedergli alcun vantaggio, altrimenti tutti noi e il Paese intero verseremo lacrime amare! Salvati! Ritirati accampando motivi di salute e lascia il posto a lliescu. È comunque lui quello designato a prendere il tuo posto!»
Papà avrebbe avuto probabilmente molte altre cose da dire. Era uno sveglio e possedeva informazioni precise, ma il fiume di parole urlate e riversate da entrambi, dapprima lo frustrò, e alla fine lo persuase che non ci fosse niente da fare. Si salvasse chi poteva. È evidente che mio padre sapesse che cosa stesse bollendo in pentola, purtuttavia non fece niente per mettersi in salvo. Al contrario, ritornò a Vienna e riprese il proprio posto, con la convinzione che il destino andasse affrontato.


Marin Ceausescu ritornò dunque a Vienna e riprese il proprio compito all'Agenzia economica della Romania, istituzione chiave per la raccolta di quei danari di cui il regime aveva bisogno. Nei mesi successivi diede ancora altri avvertimenti a Bucarest, cui però il fratello non prestò alcuna importanza. Ceausescu, rieletto al Congresso, era infatti deciso a lottare con il mondo intero, da Est a Ovest.

Il 25 dicembre il Conducator finirà i suoi giorni sotto una raffica di proiettili nel cortile d'una caserma di Targoviste. Tre giorni più tardi, Marin Ceausescu, settantatreenne, sarà trovato in uno scantinato dell'ambasciata romena di Vienna, penzolante dal soffitto.

***

Al nostro ultimo incontro a quattr'occhi comunicai a Ceausescu le decisioni della XIX riunione del Pcus. Gli mostrai come, a partire dal 1989, stessimo preparando il passaggio di tutte le imprese a una contabilità economica e gli feci menzione dei rapporti tra le diverse nazionalità. Ceausescu mi ringraziò per il quadro trasparente che gli avevo tracciato e dichiarò, citando Lenin, che il socialismo va edificato in base alle caratteristiche dei diversi Paesi e che lui si sarebbe attenuto a tale regola. A questo punto mi convinsi definitivamente che Ceausescu non aveva la benché minima intenzione di intraprendere un cammino di democratizzazione, di apertura, d'innovazione. Anche solo i prodromi di questa nuova via avrebbero sollevato il problema del distacco del regime dalle proprie posizioni. Credo che questo egli lo capisse perfettamente, ma proprio a causa di ciò rifiutò in maniera categorica di accettare la realtà.

Così Mihail Gorbaciov ricorda il suo ultimo incontro con Nicolae Ceausescu, svoltosi il 4 dicembre 1989 a Mosca.
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Il primo dicembre 1989 Gorbaciov si recò a Malta per un incontro strategico e preliminare con George Bush. Le discussioni tra i due presidenti si svolsero il 2 e il 3 dicembre a bordo della nave sovietica Maxim Gorkij, ancorata al largo delle coste maltesi. Qui, sul mare agitato, tra le altre cose, Bush e Gorbaciov decisero la sorte del regime di Ceausescu. Strinsero un accordo generale, mentre i dettagli furono stabiliti ad alti livelli esecutivi nei mesi successivi. Ad esempio, il problema della Romania, in ambito Nato, fu affidato alla Francia.

All'incontro sulla nave i presidenti delle due superpotenze militari affrontarono anche altre delicate situazioni europee, tra cui la questione tedesca. Caduto il muro di Berlino, si doveva provvedere all'unificazione.

Ceausescu era al corrente dei temi affrontati dai due capi di Stato, e in più sapeva che costoro si erano messi d'accordo sulle sorti della Romania e di Panama. I termini degli accordi tra i due annunciavano tempi cupi per i regimi di Ceausescu e di Noriega. Le informazioni gli furono fornite a tarda sera, tra il 2 e il 3, già dal capo della Securitate, il generale Iulian Vlad. La sera del 3 dicembre Gorbaciov fece rientro a Mosca, dove due giorni più tardi incontrò tutti i capi di Stato aderenti la Patto di Varsavia. Li convocò per comunicare loro, in termini ufficiali, i risultati dell'incontro sovietico-americano di Malta.

Constantin Olteanu, segretario del Comitato centrale del Partito comunista romeno e capo della sezione Relazioni esterne, descrive i retroscena che preannunciavano la fine dell'Epoca d'Oro.


Ceausescu mi chiamò e mi disse: «Sai che Gorbaciov è andato a Malta per parlare con Bush?» Gli risposi di sì. «Ascolta allora! Chiama l'ambasciatore sovietico e digli che comunichi a Gorbaciov che a Malta si occupi solo delle relazioni tra sovietici e americani. Non deve discutere dei problemi degli altri Paesi socialisti, visto che né si è consultato con noi, né qualcuno lo ha incaricato di fare questo»,

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Lunedì 4 dicembre 1989. Ceausescu era assai cosciente che le sue posizioni non coincidevano più con le richieste di Mosca. Tuttavia scelse di tener testa a Gorbaciov proprio davanti ai nuovi capi dei Paesi est europei, ossia proprio a coloro i quali erano stati imposti dall'Urss.

È ancora Olteanu a raccontare:


A Mosca Ceausescu fu molto prudente. Rifletteva, era preoccupato. Diciamo pure che sospettava qualcosa. Dascalescu frattanto ebbe un attacco di sciatica. Entrammo nella stanza adibita per la riunione. Alla prima seduta furono presenti tutte le delegazioni. Gorbaciov ci informò sulle sue intenzioni. Tra le altre cose disse che aveva parlato anche con il papa e disse che questi «è d'accordo con noi», senza però specificare a chi si riferisse quel «noi». Aggiunse poi che Bush era andato a Bruxelles per informare i suoi alleati della Nato. Ceausescu certo non fece salti di gioia e volle intervenire. Tenendo in mano un bollettino della Agerpress e rivolgendosi a Gorbaciov disse: «Non capisco come si concili ciò che ha comunicato lei adesso, ovvero che si debba trovare un accordo tra la Nato e il Patto di Varsavia e che si debbano attenuare gli attriti, con ciò che Bush ha dichiarato durante il viaggio a Bruxelles, ossia che la Nato dev'essere rafforzata e ampliata». Ovviamente Gorbaciov non rispose.


Nonostante non potesse fare affidamento sul sostegno di nessuno, Ceausescu fece notare al capo sovietico i metodi di cambiamento applicati negli Stati dell'Est Europa in quell'anno. Ascoltiamo ancora Olteanu:


Ceausescu chiese che gli ex capi di Stato socialisti non fossero più demonizzati. Misero poi all'ordine del giorno una dichiarazione di condanna dell'intervento sovietico armato in Cecoslovacchia nel 1968. A questo punto Ceausescu si alzò: «Tutto il mondo sa che non solo la Romania allora non intervenne, ma altresì che condannò quell'operazione. Pertanto noi non firmeremo questa dichiarazione, che pure, tengo a precisare, è benvenuta, ancorché giunga con parecchio ritardo». E aggiunse: «Propongo il ritiro delle truppe sovietiche dalla Cecoslovacchia». Gorbaciov rispose che lì era presente una delegazione cecoslovacca e che avrebbero discusso la faccenda con lei. «Così va bene, compagno Ceausescu?», chiese Gorbaciov. La risposta fu: «No. Le truppe sovietiche debbono ritirarsi da tutti i Paesi in cui sono ancora presenti». La sala a questo punto rumoreggiò e fu chiesta una pausa.


A ricordare ciò che accadde in seguito è il già citato Ion Stoian, ultimo ministro degli Esteri della Romania comunista.


La relazione di Gorbaciov fu piuttosto generica e secca. Era lampante che egli volesse mantenere di proposito un simile atteggiamento. Desiderava attenuare l'interesse suscitato dai suoi colloqui con il presidente americano. Era evidente il tentativo di dire solo cose vaghe e altrettanto evidente era che lui e Bush avevano discusso anche della situazione degli altri Paesi socialisti, dei loro sviluppi e della loro evoluzione politica. E infatti l'insoddisfazione delle altre delegazioni era evidente. È possibile che Gorbaciov lo percepì e, senza avvisarci, pose sul tavolo un altro problema [...]. Iniziò dicendo che era venuto il tempo che tutti noi fornissimo una nuova valutazione, sotto forma di comunicato ufficiale, dell'ingresso in Cecoslovacchia delle truppe degli Stati socialisti. «Qui sono presenti tutti coloro i quali allora furono coinvolti, a esclusione della Romania, che uscì dalla faccenda» disse Gorbaciov. Ceausescu lo interruppe di colpo, seppur con le scuse del caso: «Non è vero! La Romania non è uscita da questo problema: la Romania non ci è nemmeno entrata in Cecoslovacchia, quindi non può uscirne». E continuò: «Non entrammo poiché giudicammo che quell'azione costituiva una grave violazione della sovranità di uno Stato, un atto di aggressione contrario alle norme e ai principi delle relazioni tra gli Stati. Fu un'azione che danneggiò molto il socialismo, compresa l'Unione Sovietica». Rezso Nyers, che aveva da poco sostituito Kàroly Grosz alla guida del Partito comunista ungherese, appoggiò subito Ceausescu. Si procedette poi alla discussione di un testo che andava bene solo a Gorbaciov. La maggior parte delle obiezioni e dei suggerimenti pervennero dalla delegazione romena e da Ceausescu in persona. A un certo punto le discussioni sul documento erano solo tra Gorbaciov e Ceausescu [...]. Verso la fine, il capo sovietico disse che potevamo sottoscrivere il testo, dacché anche lo stesso Ceausescu era d'accordo. La replica di questi arrivò puntuale: «Sebbene abbiamo già chiarito in precedenza la nostra posizione, possiamo essere d'accordo con questo testo. Tuttavia posso dire che se lo avessimo redatto noi, il comunicato sarebbe stato migliore. Per esempio sarebbe dovuto esser menzionato il ritiro delle truppe sovietiche dalla Cecoslovacchia in maniera esplicita». Gorbaciov gli rispose subito: «Questo è un problema che sistemeremo noi con i compagni cecoslovacchi attraverso incontri bilaterali. Lei sa, credo, che tra l'Urss e la Cecoslovacchia esiste un accordo circa la permanenza delle truppe sovietiche sul loro territorio». La replica di Ceausescu fu tagliente e sarcastica: «Sì, lo so. Si tratta d'un accordo concluso dopo l'occupazione della Cecoslovacchia», Ulteriore replica di Gorbaciov: «Su questo argomento lei e io non possiamo capirci». Al che Ceausescu non perse l'occasione, e rispose: «Questo mi trova d'accordo».


Durante la pausa dei lavori, Ceausescu ricevette ancora un avvertimento, questa volta da Egon Krenz, il successore di Honecker alla guida della Germania orientale. Constantin Olteanu era lì.


Ero con Ceausescu e forse era presente anche Dascalescu. Krenz venne da noi, ci domandò come stessimo, ci augurò buona fortuna e poi aggiunse che non sapeva se ci saremmo ancora rivisti. Non saprei dire che cosa sapesse, certo è che non parlò a vanvera. Disse proprio: «Compagno Ceausescu, non so se ci rivedremo ancora». Poi ci strinse la mano e andò via.


Subito dopo questo episodio ci fu l'incontro bilaterale romeno-sovietico. Entrambe le parti erano rappresentate dal presidente e dal primo ministro.
Ceausescu cercava di portare la discussione sui rapporti economici tra Romania e Urss, ma Gorbaciov gli faceva discretamente capire che tutto era finito. A seguito delle insistenze di Ceausescu per programmare un nuovo incontro bilaterale il 9 gennaio 1990, Gorbaciov replicò in maniera a dir poco ambigua: «Speriamo di essere ancora vivi».

Continua Olteanu:


L'incontro tra Ceausescu e Gorbaciov durò ottanta minuti, dopo di che partimmo. In aereo commentammo i fatti, quando i viaggi erano lunghi Ceausescu aveva l'abitudine di convocarci per discutere. Giocavamo anche a scacchi. A un certo punto Ceausescu mi disse che sarebbe potuto venire solo Stoian, mentre Dascalescu commentò negativamente l'atteggiamento di Gorbaciov, disse che era un uomo cattivo e che dovevamo stare in guardia. Alle undici atterrammo a Otopeni, mangiammo tutti insieme e poi ognuno a casa sua, niente di più. Dopo di che la storia è nota e non molto lunga...


La distanza tra Ceausescu e Gorbaciov era diventata evidente già prima dell'incontro moscovita. Il 4 dicembre 1989 ambedue si trovavano alla fine di un anno in cui avevano avuto già molti scontri diretti.

Lo storico Alex Mihai Stoenescu descrive il contrasto più violento tra i due, che ebbe luogo l'8 luglio 1989 a Bucarest, dunque solo cinque mesi prima di Mosca.


L'incontro si tenne nella villa dell'ex ministro dell'Interno Alexandru Draghici, nel quartiere Primavera di Bucarest. Gorbaciov era in Romania per partecipare alla riunione del Comitato politico consultivo del Patto di Varsavia. La sera ebbe una discussione privata con Ceausescu. Litigarono così tanto che mancò poco non venissero alle mani. Stavano quasi per intervenire le guardie a dividerli.


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La storia degli incontri tra Gorbaciov e Ceausescu era però questione già nota. La prima visita del capo sovietico a Bucarest ebbe luogo tra il 25 e il 27 maggio 1987. Gorbaciov era lo "zar" dell'Urss da due anni, Ceausescu governava la Romania da ventidue. Rappresentavano due generazioni politiche differenti, che col tempo si sarebbero dimostrate incompatibili.
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Il risultato di quella visita è riportato nelle Memorie di Gorbaciov. Il capo sovietico etichettò già dal 1987 il regime di Ceausescu:


La visita in Romania mi convinse ancor di più nel proseguire con la politica della perestrojkà. si doveva smettere per sempre di "render felice" la società contro la sua volontà. L'intero sistema di riprovevole intimidazione, di abbruttimento cosciente e di manipolazione volgeva verso la fine.


Il 4 giugno 1987 Gorbaciov presentò all'Ufficio politico del Comitato centrale del Partito comunista dell'Urss il rapporto sulla visita ufficiale in Romania. Lo stenogramma di quella riunione ci mostra come il capo sovietico giudicasse il "cocciuto di Bucarest":


La nostra correttezza e la nostra pazienza nei confronti di Ceausescu e del suo Paese, in generale, lo hanno giustificato. Impressionano le costruzioni di Bucarest. Un'architettura ambiziosa. Ceausescu ha annunciato che, nel 1990, il problema delle abitazioni sarà risolto. Al momento la situazione della popolazione è estremamente difficile. Dieci chili di carne all'anno per abitante. Il debito estero è di circa tre miliardi di dollari. Ci sono problemi con il riscaldamento, con gli alimenti, con i beni di largo consumo e con l'energia elettrica. Ceausescu ci ha assicurato per tutto il tempo che in Romania la situazione era a posto. Lo guardo, lo ascolto e mi sento ingannato. Laggiù tutto è stato già deciso: il problema della democrazia, così come quello delle elezioni libere, nonché quello della collettivizzazione agricola e dei diritti dei lavoratori.

Quando sono uscito in strada con Ceausescu, la popolazione ripeteva come un disco rotto: «Ceausescu! Gorbaciov!», «Ceausescu! Pace!» Mi avvicinai ad alcuni di loro e domandai: «Conoscete qualche altra parola?» In seguito mi fu spiegato che questi petulanti erano stati portati lì con un'apposita corriera. Tutto questo mi provocò un'impressione opprimente. È così allora che offendi il popolo? Fummo poi portati a visitare un negozio e un mercato. Esposizione. In via riservata mi è stato in seguito comunicato che, dopo la mia partenza, la gente si è affrettata a prendersi la roba.

Ceausescu si è arrabbiato moltissimo quando durante un incontro pubblico, e davanti a un gran numero di persone, ho parlato di glasnost' e di perestrojka, aggiungendo dettagli sul nostro nuovo operato in Urss. Questo lo ha mandato fuori di testa. Perciò é necessario che con Ceausescu ci comportiamo con cautela, passo passo, senza fretta, senza eccedere nel dimostrare le nostre capacità, prendendo allo stesso tempo in considerazione che la società romena desidera moltissimo la nostra vicinanza.

Ceausescu ha cercato di accusarci in modo diretto per le nostre sanzioni causate dalla sua politica autonoma. La risposta che si è meritato è stata: «Lei si è avvalso dell'aiuto e del sostegno dell'Occidente e desiderava ottenerli attraverso di noi. Perché adesso si comporta in maniera boriosa nei nostri confronti? Che cosa, di fatto, le impedisce di intraprendere un certo cammino con l'Unione Sovietica?»

Ceausescu ostentava una grande impertinenza. Mostrava anche sufficienza e fanfaronaggine, nonché la tendenza a pretender d'insegnare e di ammaestrare tutti, in politica internazionale: confusione e disordine. Tra le altre cose, ha pronunciato parole dure contro il concetto di "autonomia" della nostra dottrina militare. Si pone a questo punto la domanda se fossimo dovuti andare da lui. Visto il risultato, credo che la risposta sia no.


Non era la prima volta che il presidente sovietico viveva una simile esperienza in Romania. Nel novembre 1986, Gorbaciov e Ceausescu si erano incontrati a Mosca, nell'ambito di una riunione tra i vari capi dì Stato comunisti. Il 13 dello stesso mese, Gorbaciov presentò all'Ufficio politico del Comitato centrale del Pcus il bilancio di quella riunione. Ricevette una buona impressione da parte di tutti, a esclusione di Ceausescu, che definì «pecora nera».

Secondo Gorbaciov Janos Kadar si dimostrò «uomo politico ragionevole e malleabile», Todor Jivkov apprezzò la luova politica del Pcus, il generale Wojciech Jaruzelski «contribuì moltissimo» alle discussioni strategiche, Gustav Husak ebbe «un pacato dialogo» con il capo sovietico, mentre Fidel Castro «comprese d'aver guastato qualcosa». Ceausescu, per contro, ricevette solo biasimi. Siamo appena nel 1986, un anno dopo l'ascesa al potere di Gorbaciov.
Ecco che cosa il capo sovietico disse il 13 novembre di quell'anno:


Di nuovo Ceausescu non si è smentito. Peggio di prima. Soprattutto sulle questioni internazionali. Ha parlato molto e a vanvera. Molta demagogia. Ad esempio: «Bisogna considerare la perestrojka dal punto di vista tattico, ma la nostra tattica è il comunismo!» Ha posto in ombra la perestrojka: «Cosa mai dobbiamo riformare? È da tempo che la Romania é stata riformata!»Vorrebbe essere riconosciuto come un democratico, ma ha imposto una dittatura personale [...]. Il suo socialismo è un "socialismo ereditario", un "socialismo dinastico". Ci ha detto: «Non sono necessarie nuove modalità di cooperazione, ciò nonostante la Romania non si pronuncerà contro l'adozione di nuove forme di collaborazione».


***

Il pensiero riformista di Gorbaciov iniziò a rimodellare l'Europa dell'est sin dal 1988. I primi Stati che beneficiarono del disgelo del Cremlino furono la Polonia e L'Ungheria. A Varsavia e a Budapest, i cambiamenti iniziarono in maniera spontanea, senza eccessiva resistenza da parte dei vecchi stalinisti. Nel resto dell'Europa comunista fu messo in pratica il copione sovietico. A Praga, Berlino, Sofia e Bucarest furono organizzati movimenti di piazza che chiedevano un cambiamento di rotta ai propri regimi, incapaci di comprendere le riforme indicate da Mosca. Quello della Romania fu un caso del tutto speciale.
Alex Mihai Stoenescu illustra il meccanismo adoperato dagli uomini di Gorbaciov:


I cechi, che già avevano vissuto i fatti del 1968, si comportarono da furbi. Affissero dei motti sulle facciate dei palazzi che inneggiavano alla perestrojka, ma al contempo gli ingranaggi del vecchio sistema non furono toccati. Così gli uomini di Mosca diedero il via a movimenti di piazza: la Rivoluzione di velluto. Fu la polizia segreta a mettere in scena il celebre incidente di quello studente, che poi morì. Questi altri non era che un agente segreto. A Praga fu la follia: «La polizia ha ucciso un rivoluzionario» gridavano nelle manifestazioni. Era di fatto un agente segreto, peccato che la gente non lo sapesse. Ma l'episodio accese la furia della popolazione, nonostante che la sera, in televisione, avessero detto che si trattava d'un uomo della polizia segreta e che quindi si trattò d'una truffa. Havel ammise il coinvolgimento del Kgb e dei generali sovietici, arrivati appositamente a Praga per instradare il cambiamento.


Stoenescu spiega anche ciò che avvenne nella Repubblica Democratica Tedesca:


Nella Ddr Honecker non mollava la presa. Allora ecco alcune manifestazioni di tedeschi organizzati davanti alla Cattedrale di San Nicola a Dresda. Quando Honecker chiese al Ministero dell'interno di intervenire per mettere ordine, il ministro, insieme al capo dell'esercito e a quello della polizia segreta, rifiutò di eseguire gii ordini e tutti chiesero a Honecker di dimettersi. Questo si chiama colpo di Palazzo. Così fu estromesso Erich Honecker.


Perché Mosca ricorse a simili tattiche?


L'idea generale di Gorbaciov era di sostituire i capi di Stato attraverso metodi politici. Quando la cosa non funzionava - come accadde in Cecoslovacchia, nella Ddr e in Romania - ecco allora sorgere manifestazioni di piazza. Perché? Perché, da un punto di vista dottrinale comunista, si trattava di regimi proletari, pertanto quando i proletari insorgono contro questo stesso regime significa che hai perduto la tua legittimità e che quindi te ne devi andare. Con la sola eccezione della Romania, i capi dell'esercito, i ministri dell'Interno e della polizia segreta erano stati istruiti a Mosca, erano uomini dei sovietici. I capovolgimenti nella Ddr e in Cecoslovacchia sono stati messi in atto dalla polizia segreta, dall'esercito e dalla polizia.


Dopo i fatti appena appresi, il 18 ottobre 1989, Honecker fu sostituito con Egon Krenz, come abbiamo già detto in precedenza. Gli unici che ancora resistevano erano il bulgaro Todorov Jivkov e Nicolae Ceausescu. Tuttavia la loro data di scadenza si stava approssimando.

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Il presidente bulgaro fu rimosso solo qualche giorno prima del XIV Congresso del Partito comunista romeno. Ceausescu, rendendosi conto della gravità del fatto, prese le sue precauzioni, non si arrese e serrò le fila. Stoenescu descrive così i fatti di Sofia:


Il 10 novembre 1989 Jivkov fu estromesso. Per Ceausescu fu un duro colpo. Cercava infatti di costituire un fronte anti-Gorbaciov con Honecker e Jivkov, ma quel giorno lo scenario fu completamente rovesciato e Ceausescu rimase da solo.


In Bulgaria la faccenda non fu diversa rispetto a quanto Mosca aveva messo in atto altrove. L'uso delle pedine politiche manovrate dai sovietici fu decisivo.
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La notizia della caduta di Jivkov arrivò presto alle orecchie dì Ceausescu. Un membro dell'Ufficio politico bulgaro aveva immediatamente informato Bucarest nel dettaglio. In più sia la manifestazione sia il discorso di Djurov erano stati trasmessi dalla televisione bulgara, che si vedeva anche in Romania.
Dopo il colpo di Palazzo di Sofia, Ceausescu si convinse ancor di più di dover stare attento ai movimenti di tre uomini: il capo dell'esercito, il ministro dell'Interno e quello della Securitate. Ossia: il generale Vasile Milea, Tudor Postelnicu e il generale lulian Vlad. Ogni tentennamento di costoro poteva celare un tradimento.
[...]