DISCORSI ALLA CONFERENZA STRAORDINARIA
DELL'ORGANIZZAZIONE DI PIETROGRADO DEL POSDR (bolscevico)

(16-20 Luglio 1917)

Testi pubblicati per la prima volta nel 1923 sul n. 7 della Krasnaia Ljetopisj (Cronaca Rossa).

II
Rapporto sul momento attuale

(16 luglio)

Compagni!
Il momento attuale è caratterizzato dalla crisi del potere. Attorno a questa questione si raggruppano altre questioni secondarie. Questa crisi è determinata dalla instabilità del potere: siamo giunti a un momento in cui gli ordini del governo suscitano o il riso o l'indifferenza e nessuno li vuole eseguire. La sfiducia nel potere penetra profondamente nella popolazione. Il potere vacilla. In questo è il fondamento della crisi del potere.
Noi assistiamo alla terza crisi del potere. La prima crisi è quella del potere zarista, che è scomparso. La seconda crisi è quella del primo governo provvisorio, che ha avuto per risultato l'uscita dal governo di Miliukov e di Guckov. La terza crisi è quella del governo di coalizione, scoppiata nel momento in cui l'instabilità del potere ha raggiunto il punto più alto. I ministri socialisti rimettono i loro portafogli a Kerenski e la borghesia gli esprime la propria sfiducia. Si è formato un gabinetto che subito dopo la sua formazione si è trovato nelle stesse condizioni di instabilità. Come marxisti dobbiamo esaminare la crisi del potere non soltanto da un punto di vista formale, ma innanzitutto dal punto di vista della lotta di classe.
La crisi del potere è la lotta accanita, aperta, delle classi per il potere. In seguito alla prima crisi, il potere feudale ha ceduto il posto al potere della borghesia, che era sostenuto dai soviet, che rappresentano gli interessi del proletariato e della piccola borghesia. In seguito alla seconda crisi è stato raggiunto un accordo fra la grande e la piccola borghesia, sotto forma di un governo di coalizione. Come durante la prima crisi, le autorità hanno lottato contro le azioni rivoluzionarie degli operai il 27 febbraio, il 20 e il 21 aprile.
La seconda crisi si è risolta "a favore" dei soviet con l'entrata di "socialisti" che facevano parte dei soviet nel governo borghese. Nella terza crisi i soldati e gli operai hanno posto apertamente la questione della presa del potere da parte dei lavoratori, da parte della democrazia piccolo-borghese e proletaria, con l'eliminazione dal governo di tutti gli elementi capitalistici.
A cosa è dovuta la terza crisi?
Adesso fanno cadere tutta la colpa sui bolscevichi. L'azione del 3 e del 4 luglio sarebbe stata un fattore di aggravamento della crisi. Già K. Marx diceva che ogni passo in avanti della rivoluzione provoca a sua volta un passo indietro della controrivoluzione. I bolscevichi, giudicando rivoluzionaria l'azione del 3 e del 4 luglio, si assumono l'onore di essere i pionieri di questo passo in avanti, che viene loro addebitato dai socialisti rinnegati.
Ma questa crisi del potere non si è risolta a favore degli operai. Di chi la colpa? Se i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari avessero appoggiato gli operai e i bolscevichi, la controrivoluzione sarebbe stata vinta, ma invece hanno cominciato a colpire i bolscevichi, hanno rotto l'unità del fronte rivoluzionario e la crisi si è sviluppata in condizioni sfavorevoli non soltanto per i bolscevichi, ma anche per loro, per i socialisti-rivoluzionari e per i menscevichi.
Questo è stato il primo fattore che ha aggravato la crisi. Il secondo fattore è stato l'uscita dei cadetti dal governo. I cadetti hanno intuito che le cose si mettevano male, che la crisi economica si sarebbe aggravata, il denaro si sarebbe rarefatto e decisero di eclissarsi. La loro uscita dal governo era la continuazione del boicottaggio di Konovalov. Quando i cadetti si sono resi conto dell'instabilità del governo, sono stati i primi ad abbandonarlo. Il terzo fattore che ha rivelato e aggravato la crisi del potere, è costituito dalle sconfitte delle nostre truppe al fronte. La questione della guerra è adesso la questione fondamentale intorno alla quale si aggirano tutte le altre questioni della vita interna ed estera del paese. Su questa questione fondamentale il governo ha subito uno scacco.
Fin dall'inizio era chiaro che l'offensiva al fronte era un'avventura. Corre voce che centinaia di migliaia di soldati sono stati fatti prigionieri e che gli altri fuggono in disordine. Attribuire lo sfacelo al fronte esclusivamente all'agitazione dei bolscevichi, significa esagerare la loro influenza. Nessun partito ha la forza di sollevare un peso simile.
Come spiegare che il nostro partito, che ha 200.000 iscritti, abbia potuto disgregare l'esercito, mentre il Comitato esecutivo centrale dei soviet, che è seguito da 20 milioni di cittadini, non è stato in grado di mantenere l'esercito sotto la sua influenza? Il fatto è che i soldati non vogliono combattere senza sapere per che cosa combattono, sono stanchi, sono in fermento per la questione della distribuzione delle terre, ecc. Fare assegnamento, in queste condizioni, sulla possibilità di portare i soldati a far la guerra significa fare assegnamento su un miracolo. Il Comitato esecutivo centrale dei soviet aveva la possibilità di sviluppare nell'esercito un'agitazione molto più intensa di quella che abbiamo condotto noi. Così ha fatto, ma ciononostante la grande forza elementare della lotta contro la guerra ha avuto il sopravvento. I colpevoli di questo non siamo noi, "colpevole" è la rivoluzione, che ha dato ad ogni cittadino il diritto di esigere una risposta alla domanda: perché si fa la guerra?
Perciò tre fattori hanno provocato la crisi del potere:
   1. il malcontento degli operai e dei soldati, che consideravano la politica del governo troppo a destra;
   2. il malcontento della borghesia, che considerava la politica del governo troppo a sinistra e
   3. le sconfitte al fronte.
Queste sono le forze esteriori che hanno determinato la crisi del potere.
Ma la base di tutto, la forza sotterranea che ha provocato la crisi è stato lo sfacelo economico del paese, determinato dalla guerra. Soltanto su questo terreno sono sorti quei tre fattori che hanno fatto vacillare il potere del governo di coalizione.
Se la crisi è la lotta delle classi per il potere, noi come marxisti dobbiamo porre la questione: quale classe sale ora al potere? I fatti dicono che la classe operaia sale al potere. È chiaro che la classe borghese non permetterà, senza combattere, alla classe operaia di salire al potere. La piccola borghesia, che costituisce la maggioranza della popolazione della Russia, esita, unendosi ora a noi ora ai cadetti ed è lei che fa pendere il piatto della bilancia. Questo è il contenuto di classe della crisi del potere che stiamo attraversando.
Chi è il vincitore e chi è il vinto in questa crisi?
È evidente che nel caso in esame il potere è tenuto dalla borghesia rappresentata dai cadetti. Per un istante, allorché i cadetti erano usciti dal governo, il potere si è trovato nelle mani del Comitato esecutivo centrale dei soviet, ma questo ha rinunciato, incaricando i membri del governo di formare il gabinetto.
Adesso il Comitato esecutivo centrale appare come un'appendice del potere, nel gabinetto i ministri si susseguono; solo Kerenski resta. C'è qualcuno che detta la sua volontà, la quale dev'essere eseguita sia dai ministri che dal Comitato esecutivo centrale dei soviet.
Si tratta evidentemente della volontà della borghesia organizzata e innanzitutto dei cadetti. La borghesia detta le sue condizioni: essa chiede che al potere vi siano "uomini di affari" e non rappresentanti di partiti, che venga liquidato il programma agrario di Cernov, che venga abolita La dichiarazione del governo dell'8 luglio, che i bolscevichi vengano estromessi da tutti gli organi del potere. Il Comitato esecutivo centrale cede di fronte alla borghesia e accetta le sue condizioni.
Com'è potuto accadere che la borghesia, ancor ieri in ritirata, impartisca oggi ordini al Comitato esecutivo centrale dei soviet? Il fatto è che, dopo la sconfitta al fronte, il governo ha perduto credito agli occhi dei banchieri stranieri. Secondo alcuni dati, che meritano una seria attenzione, appare qui la mano dell'ambasciatore inglese Buchanan e quella dei banchieri, che rifiutano i crediti al governo se questo non rinuncia alle sue velleità "socialiste". Questa è la prima causa.
La seconda causa è che il fronte della borghesia è organizzato meglio di quello della rivoluzione. Quando i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari si sono uniti alla borghesia e hanno cominciato a dirigere i loro colpi contro i bolscevichi, la controrivoluzione ha compreso che il fronte unico della rivoluzione era rotto.
La controrivoluzione, organizzata in cricche militari, finanziarie e imperialistiche, con alla testa il Comitato centrale del partito cadetto, ha presentato ai “difensori della patria” tutta una serie di rivendicazioni. I menscevichi e i socialisti-rivoluzionari, che tremavano per il loro potere, si sono affrettati a soddisfare le richieste controrivoluzionarie.
Su questo sfondo è avvenuta la vittoria della controrivoluzione.
È evidente che la controrivoluzione ha vinto nel momento in cui i bolscevichi erano isolati, perché traditi dai menscevichi e dai socialisti-rivoluzionari. E' altrettanto evidente che verrà il momento a noi favorevole, in cui potremo sferrare la battaglia decisiva contro la borghesia.
Esistono due centri della controrivoluzione. Uno è il partito della borghesia organizzata, quello dei cadetti, che si nasconde dietro i soviet difensisti. Il suo organo esecutivo è lo Stato maggiore con a capo i generali più in vista, che tengono tutte le fila del comando. L'altro è costituito dalla cricca finanziaria imperialista, collegata con l'Inghilterra e con la Francia e che controlla tutte le leve del credito. Non è un caso che Efremov, membro della commissione parlamentare che controlla il credito, sia stato inserito nel governo. I fatti che ho enumerato hanno determinato la vittoria della controrivoluzione sulla rivoluzione.
Quali sono le prospettive? Finché c'è la guerra, che proseguirà; finché non sarà risolta la crisi industriale, che non sarà risolta, perché non si può risolverla con le repressioni contro i soldati e contro gli operai e le classi dirigenti non possono prendere misure estreme; finché i contadini non riceveranno la terra e non la riceveranno perché persino Cernov, con il suo programma moderato, è stato considerato inadatto come membro del governo; finché le cose andranno così, le crisi saranno inevitabili, le masse scenderanno in piazza più di una volta e vi saranno scontri decisivi. Il periodo dello sviluppo pacifico della rivoluzione è terminato. È subentrato un nuovo periodo, un periodo di conflitti acuti, di scaramucce, di scontri e di lotte. La vita diventerà tempestosa, le crisi si succederanno l'una all'altra. I soldati e gli operai non resteranno silenziosi. Già venti reggimenti hanno protestato contro la soppressione della Okopnaia Pravda.
Neanche con l'immissione di nuovi ministri nel governo si è risolta la crisi. La classe operaia non è dissanguata. Essa si è dimostrata più prudente di quanto credessero gli avversari: quando ha compreso che i soviet avevano tradito, non ha dato battaglia il 4 e il 5 luglio. La rivoluzione agraria è appena all'inizio del suo sviluppo. Dobbiamo affrontare le prossime battaglie degnamente e in modo organizzato.
I nostri compiti fondamentali devono essere i seguenti:
   1. invitare gli operai, i soldati e i contadini a mantenere il sangue freddo, a essere decisi e organizzati;
   2. rinnovare, rafforzare ed estendere le nostre organizzazioni;
   3. non trascurare le possibilità legali, poiché nessuna controrivoluzione può seriamente cacciarci nell'illegalità.
L'epoca delle devastazioni sfrenate è passata, subentra l'epoca delle persecuzioni "legali" e noi dobbiamo afferrare tutte le possibilità legali. In relazione al fatto che i bolscevichi sono restati isolati, poiché la maggioranza del Comitato esecutivo centrale dei soviet ci ha tradito alleandosi alla controrivoluzione, si pone la questione di come ci dobbiamo comportare verso i soviet e verso i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari che costituiscono in essi la maggioranza. A una riunione del Comitato esecutivo centrale Martov accusò Gotz e Dan di avere presentato risoluzioni già approvate in assemblee di Centoneri e di cadetti. Il modo in cui si sono svolte le persecuzioni contro i bolscevichi ha dimostrato che essi sono rimasti senza alleati. La notizia dell'arresto dei nostri dirigenti e della soppressione dei nostri giornali è stata accolta dai menscevichi e dai socialisti-rivoluzionari con una tempesta di applausi. Dopo di questo, parlare di unità con i menscevichi e con i socialisti-rivoluzionari significa tendere la mano alla controrivoluzione. Dico questo perché in qualche officina si sta tentando di realizzare l'alleanza tra menscevichi, socialisti-rivoluzionari e bolscevichi.
Questa è una forma mascherata di lotta contro la rivoluzione, perché l'alleanza con i “difensori della patria” può far fallire la rivoluzione. Fra i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari vi sono degli elementi che sono disposti a combattere la controrivoluzione (tra i socialisti-rivoluzionari i fautori di Kamkov e fra i menscevichi i fautori di Martov) e noi siamo disposti a unirci con questi elementi in un fronte rivoluzionario unico.