Georgi Dimitrov

L'offensiva del fascismo
e i compiti dell'Internazionale Comunista
nella lotta per l'unità della classe operaia contro il fascismo


Rapporto presentato al VII Congresso dell'Internazionale Comunista il 2 agosto 1935. Il testo, ripreso da https://marxismoleninismos.wordpress.com/2015/07/25/rapporto-del-compagno-dimitrov-al-vii-congresso/ è tratto da Giorgio Dimitrov, "Questioni del Fronte unico e del Fronte popolare", Cooperativa Editrice Nuova Cultura, Milano, maggio 1973, confrontato con il testo in lingua francese tratto da: Georges Dimitrov, Oeuvres choisies, pubblicato sul sito www.communisme-bolchevisme.net



I
IL FASCISMO E LA CLASSE OPERAIA

COMPAGNI!
Il VI Congresso dell'Internazionale comunista aveva già avvertito il proletariato internazionale della maturazione di una nuova offensiva fascista e lo aveva incitato alla lotta contro di essa. Il Congresso aveva rilevato che «esistono quasi dappertutto delle tendenze fasciste e dei movimenti fascisti embrionali, sotto una forma più o meno sviluppata».

Nella situazione creata dallo scatenarsi di una profondissima crisi economica, dal repentino acuirsi della crisi generale del capitalismo e dal processo di rivoluzionarizzazione delle masse lavoratrici, il fascismo è passato all'offensiva su ampia scala. La borghesia dominante cerca, in misura sempre più larga, la propria salvezza nel fascismo, allo scopo di applicare contro i lavoratori delle misure eccezionali di spoliazione, di aggredire l'Unione Sovietica, di soggiogare e spartire la Cina e di sbarrare, in questo modo, la via alla rivoluzione.

I circoli imperialistici tentano di scaricare tutto il peso della crisi sulle spalle dei lavoratori. Per questo hanno bisogno del fascismo.

Essi mirano a risolvere il problema dei mercati soggiogando i popoli deboli, aggravando l'oppressione coloniale e dividendosi un'altra volta il mondo per mezzo della guerra. Per questo hanno bisogno del fascismo.

Essi si sforzano di prevenire lo sviluppo delle forze della rivoluzione mediante la distruzione del movimento rivoluzionario degli operai e dei contadini e mediante l'aggressione militare contro l'Unione Sovietica, baluardo del proletariato mondiale. Per questo hanno bisogno del fascismo.

In una serie di paesi, particolarmente in Germania, queste sfere imperialiste sono riuscite ad infliggere una sconfitta al proletariato e ad instaurare la dittatura fascista, prima che le masse si mettessero decisamente sulla via della rivoluzione.

Vi è, però, una circostanza caratteristica nella vittoria del fascismo: e cioè che tale vittoria se da una parte attesta la debolezza del proletariato, disorganizzato e paralizzato dalla politica socialdemocratica scissionista di collaborazione di classe con la borghesia, è d'altra parte un segno della debolezza della stessa borghesia, la quale è presa da spavento davanti all'attuazione dell'unità di lotta della classe operaia e davanti alla rivoluzione e non è in grado di mantenere la sua dittatura sulle masse con i vecchi metodi della democrazia borghese e del parlamentarismo.

Al XVII Congresso del Partito Comunista (bolscevico) dell'U.R.S.S., il compagno Stalin ha detto:
La vittoria del fascismo in Germania non deve essere soltanto considerata come un segno di debolezza della classe operaia e come il risultato del tradimento della classe operaia da parte della socialdemocrazia, che ha aperto la strada al fascismo. Deve essere anche considerata come un segno della debolezza della borghesia, come un segno del fatto che la borghesia non è più in grado di dominare con i vecchi metodi del parlamentarismo e della democrazia borghese e si vede perciò costretta a ricorrere, nella politica interna, ai metodi terroristici di governo; come un segno del fatto che essa non è più in grado di trovare una via di uscita dalla situazione attuale sulla base di una politica estera di pace ed è perciò costretta a ricorrere ad una politica di guerra. [1]

Il carattere di classe del fascismo

Il fascismo al potere, come lo ha giustamente definito la XIII Sessione plenaria del Comitato Esecutivo dell'Internazionale comunista, è la dittatura terroristica aperta degli elementi più reazionari, più sciovinisti e più imperialisti del capitale finanziario.

La varietà più reazionaria di fascismo è il fascismo di tipo tedesco. Esso si chiama impudentemente nazional-socialismo, senza aver nulla di comune con il socialismo. Il fascismo hitleriano non è soltanto nazionalismo borghese: è sciovinismo bestiale. E' un sistema governativo di banditismo politico, un sistema di provocazioni e di torture ai danni della classe operaia e degli elementi rivoluzionari contadini, della piccola borghesia e degli intellettuali. E' barbarie, è ferocia medioevale. E' l'aggressione sfrenata contro gli altri popoli e paesi.

Il fascismo tedesco scende in campo come reparto di assalto della controrivoluzione internazionale, come principale fomentatore della guerra imperialistica, come iniziatore della crociata contro l'Unione dei Soviet, la grande patria dei lavoratori di tutto il mondo.

Il fascismo non è una forma di potere statale che stia «al di sopra di tutt'e due le classi, del proletariato e della borghesia», come ha affermato, ad esempio, Otto Bauer. Non è la «piccola borghesia insorta che si è impadronita della macchina statale», come afferma il socialista inglese Brailsford. No! Il fascismo non è nè un potere al di sopra delle classi, né il potere della piccola borghesia o del sottoproletariato sul capitale finanziario. Il fascismo è il potere dello stesso capitale finanziario. E' l'organizzazione della repressione terroristica contro la classe operaia e contro la parte rivoluzionaria dei contadini e degli intellettuali. Il fascismo, in politica estera, è lo sciovinismo nella sua forma più rozza, lo sciovinismo che coltiva l'odio bestiale contro gli altri popoli.

E' necessario sottolineare con grande forza specialmente questo carattere vero del fascismo, perchè, ammantandosi di demagogia sociale, il fascismo ha potuto trascinare al suo seguito, in parecchi paesi, le masse della piccola borghesia disorientata dalla crisi ed anche una parte degli strati arretrati del proletariato, i quali non avrebbero mai seguito il fascismo se ne avessero compreso il reale carattere di classe, la sua vera natura.

Lo sviluppo del fascismo e la dittatura fascista stessa assumono forme diverse nei diversi paesi, a seconda delle condizioni storiche, sociali e politiche, nonchè delle particolarità nazionali e della posizione internazionale dei singoli paesi. In alcuni paesi, prevalentemente là dove il fascismo non ha una base di massa estesa e dove la lotta fra i singoli gruppi nel campo stesso della borghesia fascista è abbastanza forte, il fascismo non si decide a liquidare senz'altro il Parlamento e lascia agli altri partiti borghesi e anche alla socialdemocrazia un certo margine di legalità. In altri paesi, dove la borghesia dominante teme uno scoppio imminente della rivoluzione, il fascismo instaura il suo monopolio politico illimitato, o di colpo, o rafforzando sempre più il terrore e la repressione contro tutti i partiti e gruppi concorrenti. Ciò non esclude che il fascismo, nei momenti in cui la situazione è particolarmente grave, tenti di allargare la sua base e di combinare la dittatura terrorista aperta con una grossolana falsificazione del parlamentarismo, senza modificare la propria essenza di classe.

L'avvento del fascismo al potere non è l'ordinaria sostituzione di un governo borghese con un altro, ma è il cambiamento di una forma statale del dominio di classe della borghesia - la democrazia borghese - con una altra sua forma, con la dittatura terroristica aperta. Ignorare questa distinzione sarebbe un gravissimo errore. Ciò impedirebbe al proletariato rivoluzionario di mobilitare i più larghi strati di lavoratori della città e della campagna per la lotta contro la minaccia della presa del potere da parte dei fascisti e anche di utilizzare le contraddizioni che esistono nel campo stesso della borghesia. Ma è un errore non meno grave e pericoloso sottovalutare l'importanza che hanno per l'instaurazione della dittatura fascista le misure reazionarie della borghesia che sono oggi rafforzate nei paesi della democrazia borghese e sopprimono le libertà democratiche dei lavoratori, falsificano e restringono i diritti del parlamento, intensificano la repressione contro il movimento rivoluzionario.

Non si può, compagni, immaginare l'andata del fascismo al potere in modo semplice e piano, come se un comitato qualsiasi del capitale finanziario decidesse di instaurare la dittatura fascista a una data fissa. In realtà, il fascismo giunge ordinariamente al potere attraverso una lotta, talvolta acuta, con i vecchi partiti borghesi o con una determinata parte di essi, attraverso una lotta nel campo fascista stesso, lotta che, in qualche caso, giunge fino a conflitti armati, come abbiamo visto in Germania, in Austria e in altri paesi. Tutto ciò non diminuisce comunque l'importanza del fatto che, prima della instaurazione della dittatura fascista, i governi borghesi passano, ordinariamente, attraverso una serie di tappe preparatorie ed applicano una serie di misure reazionarie, le quali favoriscono direttamente l'andata del fascismo al potere. Chi non lotta durante queste tappe preparatorie contro le misure reazionarie della borghesia e contro il fascismo che si sviluppa, non è in grado di impedire, anzi facilita la vittoria del fascismo.

I capi della socialdemocrazia attenuarono e nascosero alle masse il carattere di classe del fascismo e non le chiamarono a lottare contro le misure reazionarie, sempre più gravi, della borghesia. Essi hanno la grande responsabilità storica del fatto che, nel momento decisivo della offensiva fascista, una parte considerevole delle masse lavoratrici in Germania e in parecchi altri paesi fascisti non riconobbero nel fascismo il loro più spietato nemico, il predone della finanza, avido di sangue, e non furono pronte a reagire.

Quali sono le fonti dell'influenza del fascismo sulle masse? Il fascismo riesce ad attirare una parte delle masse perchè si richiama demagogicamente ai loro bisogni e alle loro aspirazioni più sentite. Il fascismo non attizza soltanto i pregiudizi profondamente radicati nelle masse, ma specula anche sui migliori sentimenti delle masse, sul loro senso di giustizia e qualche volta persino sulle loro tradizioni rivoluzionarie. Perchè i fascisti tedeschi, questi lacchè della grande borghesia, nemici mortali del socialismo, si spacciano per «socialisti» davanti alle masse e presentano la loro andata al potere come una «rivoluzione»? Perchè tentano di sfruttare la fede nella rivoluzione e l'aspirazione al socialismo che vivono nei cuori delle grandi masse lavoratrici della Germania.

Il fascismo agisce nell'interesse degli imperialisti più sfrenati, ma si presenta di fronte alle masse sotto la maschera di difensore della nazione offesa e si richiama al sentimento nazionale ferito. Come, ad esempio, il fascismo tedesco, che ha trascinato dietro di sè le masse piccolo-borghesi con la parola d'ordine: «Contro Versailles!»

Il fascismo tende allo sfruttamento più sfrenato delle masse, ma le avvicina con un'abile demagogia anticapitalistica, sfruttando l'odio profondo che i lavoratori nutrono contro la borghesia rapace, contro le banche, i trust e i magnati della finanza, e lancia le parole d'ordine più suggestive, in questo momento, per le masse politicamente immature. In Germania, «il bene comune al di sopra di quello privato»; in Italia, «il nostro non è uno Stato capitalista, ma uno Stato corporativo»; nel Giappone, «per un Giappone senza sfruttamento»; negli Stati Uniti d'America «per la spartizione delle ricchezze» ecc., ecc.

Il fascismo abbandona il popolo alla crudeltà degli elementi venali più corrotti, ma si presenta al popolo con la rivendicazione di un «potere onesto ed incorruttibile». Il fascismo specula sul profondo sentimento di delusione suscitato nelle masse dai governi della democrazia borghese e si mostra ipocritamente indignato contro la corruzione (ad esempio gli affari Barmat e Sklareck in Germania, l'affare Stawiski in Francia e molti altri). Nell'interesse dei gruppi più reazionari della borghesia, il fascismo conquista le masse deluse che si staccano dai vecchi partiti borghesi. Ma suggestiona queste masse con la violenza dei suoi attacchi contro i borghesi, con il suo atteggiamento intransigente verso i vecchi partiti della borghesia.

Superando nel cinismo e nell'ipocrisia tutte le altre varietà di reazione borghese, il fascismo adatta la sua demagogia alle particolarità nazionali di ogni paese ed anche alle particolarità dei diversi strati sociali di uno stesso paese. E le masse della piccola borghesia, e persino una parte degli operai ridotti alla disperazione dalla miseria, dalla disoccupazione e dalla precarietà della loro esistenza, cadono vittime della demagogia sociale e sciovinista del fascismo.

Il fascismo giunge al potere come partito d'assalto contro il movimento rivoluzionario del proletariato, contro la massa popolare in fermento; ma presenta la sua andata al potere come un movimento «rivoluzionario» contro la borghesia, in nome di «tutta la nazione» e per la «salvezza» della nazione (ricordiamo la «marcia» su Roma di Mussolini, la«marcia» di Pilsudski su Varsavia, la «rivoluzione» nazional-socialista di Hitler in Germania, ecc.).

Ma qualunque sia la maschera sotto cui il fascismo si nasconde, quali che siano le forme nelle quali si presenta, quali che siano le vie per le quali giunge al potere,
il fascismo è la più feroce offensiva del capitale contro le masse lavoratrici;
il fascismo è lo sciovinismo sfrenato e la guerra di conquista;
il fascismo è forsennata reazione e controrivoluzione;
il fascismo è il peggior nemico della classe operaia e di tutti i lavoratori!

Che cosa porta alle masse la vittoria del fascismo?

Il fascismo aveva promesso agli operai un «salario equo»: in realtà ha portato loro un livello di vita ancora più basso, ancor più miserabile. Aveva promesso lavoro ai disoccupati: in realtà ha dato loro tormenti ancora più duri della fame, il lavoro forzato, da schiavi. In realtà il fascismo trasforma gli operai e i disoccupati in paria della società capitalista, privi di qualsiasi diritto; distrugge i loro sindacati, li priva della libertà di sciopero e della stampa operaia, li costringe a entrare nelle sue organizzazioni, dilapida i fondi delle loro assicurazioni sociali e trasforma le fabbriche e le officine in caserme nelle quali regna l'arbitrio sfrenato dei capitalisti.

Il fascismo aveva promesso alla gioventù lavoratrice di aprire un'ampia via verso un brillante avvenire. In realtà le ha recato i licenziamenti in massa dei giovani dagli stabilimenti, i campi di lavoro e l'incessante allenamento militare per una guerra di conquista.

Il fascismo aveva promesso agli impiegati, ai funzionari subalterni, agli intellettuali di assicurare loro l'esistenza, di distruggere l'onnipotenza dei trust e le speculazioni del capitale bancario. In realtà ha portato loro una incertezza e una sfiducia ancora maggiori nel futuro, li ha sottoposti a una burocrazia composta dai suoi più docili partigiani, ha instaurato la dittatura insopportabile dei trust, ha seminato in proporzioni inaudite la corruzione e la decomposizione.

Il fascismo aveva promesso ai contadini, rovinati, ridotti alla fame, la soppressione del giogo dei debiti, l'abolizione degli affitti e persino la cessione, senza indennità, delle terre dei latifondisti ai contadini immiseriti e senza terra. In realtà ha instaurato un asservimento inaudito del contadino lavoratore verso i trust e verso l'apparato statale fascista, e spinge ai limiti estremi lo sfruttamento delle masse fondamentali dei contadini da parte dei latifondisti, delle banche e degli usurai.

La Germania sarà un paese contadino o non sarà affatto - ha dichiarato solennemente Hitler. E che cosa hanno ricevuto i contadini, in Germania, sotto il potere di Hitler? La moratoria, che è già stata annullata? Oppure la legge sulla eredità delle aziende contadine, che scaccia dalla campagna milioni di figli e figlie di contadini e ne fa dei mendicanti? I braccianti agricoli sono stati ridotti nella condizione di semi-servi, privati persino del diritto elementare di trasferirsi liberamente altrove. Ai contadini lavoratori è stata tolta la possibilità di vendere sul mercato i prodotti della loro azienda.

I contadini polacchi - scrive il giornale polacco Czas («Il Tempo») - si servono di metodi e di mezzi che erano in uso forse soltanto nel Medio Evo: fanno covare il fuoco della stufa e lo prestano ai vicini, dividono i fiammiferi in parecchie parti, si prestano l'un l'altro dei residui di acqua insaponata sporca, fanno bollire l'acqua nei barili da aringhe per trarne l'acqua salata. Questa non è una favola, ma è la situazione reale della campagna, situazione di cui ciascuno può convincersi.

E queste cose, compagni, sono scritte non già da comunisti, bensì da un giornale reazionario polacco!

Ma siamo ancora ben lontani dall'aver detto tutto.

Ogni giorno, nei campi di concentramento della Germania fascista, nei sotterranei della «Gestapo», nelle galere polacche, nei posti di polizia bulgari e finlandesi, nella «Glavniacia» di Belgrado, nella «Siguranza» rumena, nelle isole di deportazione italiane, i migliori figli della classe operaia, i contadini rivoluzionari, i combattenti per un avvenire migliore dell'umanità sono sottoposti a violenze e ad insulti così ripugnanti, da far impallidire le azioni più infami dell'«Okhrana» zarista. Lo scellerato fascismo tedesco riduce a un ammasso sanguinolento il marito in presenza della moglie, spedisce per pacco postale alle madri le ceneri dei figli uccisi. La sterilizzazione è trasformata in strumento di lotta politica. Nelle camere di tortura, ai prigionieri antifascisti si iniettano a viva forza delle sostanze velenose, si spezzano loro le braccia, si cavano loro gli occhi; essi vengono strangolati, affogati, si incide loro sulla carne viva l'emblema fascista.

Ho davanti a me i dati statistici forniti dal Soccorso Rosso Internazionale sul numero degli uccisi, dei feriti, degli arrestati, degli storpiati e dei torturati in Germania, in Polonia, in Italia, in Austria, in Bulgaria, in Jugoslavia. Nella sola Germania, gli operai, i contadini, gli impiegati, gli intellettuali antifascisti, comunisti, socialdemocratici, membri delle organizzazioni cristiane di opposizione, uccisi dal momento dell'andata al potere dei nazional-socialisti, sono più di 4.200; gli arrestati, 317.800 di cui 218.600 sono stati feriti e sottoposti a torture strazianti. In Austria, il governo fascista «cristiano» dal momento dei combattimenti di febbraio dell'anno scorso ha ucciso 1.900 operai rivoluzionari, ne ha feriti e mutilati 10.000 e ne ha arrestati 40.000. E questi dati, compagni, sono ben lungi dall'essere completi.

Mi è difficile trovare le parole per esprimere tutta la indignazione che si impadronisce di noi all'idea delle torture a cui vengono sottoposti oggi i lavoratori in molti paesi fascisti. Le cifre e i fatti che citiamo non riflettono neanche la centesima parte del quadro reale dello sfruttamento e delle sofferenze senza limiti che il terrore bianco reca quotidianamente alla classe operaia nei diversi paesi capitalisti.

Nessun libro può dare un'idea chiara delle innumerevoli crudeltà commesse dal fascismo sui lavoratori.

Con profonda commozione e con odio profondo contro i carnefici fascisti, noi inchiniamo le bandiere dell'Internazionale comunista dinanzi alla memoria imperitura dei compagni tedeschi John Scheer, Fiete Schultze e Lüttgens, dei compagni austriaci Koloman Wallisch e Münichreiter, dei compagni ungheresi Sciallai e Fürst, dei compagni bulgari Kofargiev, Liutibrodski e Voikov, alla memoria delle migliaia e migliaia di operai, di contadini, di rappresentanti degli intellettuali progressisti, comunisti, socialdemocratici e senza partito, che hanno dato la vita nella lotta contro il fascismo.

Dalla tribuna di questo Congresso, noi salutiamo il capo del proletariato tedesco il presidente onorario del nostro Congresso, il compagno Thaelmann (applausi fragorosi; tutti si alzano). Salutiamo i compagni Rakosci, Gramsci (applausi fragorosi; tutti si alzano), Antikainen, Jonko Panov. Salutiamo il capo dei socialisti spagnoli, Largo Caballero, gettato in prigione dai controrivoluzionari, Tom Mooney, che già da 18 anni langue in prigione, e le migliaia di altri prigionieri del capitale e del fascismo (applausi fragorosi). E noi diciamo loro: - Fratelli di lotta, fratelli d'arme! Voi non siete dimenticati. Noi siamo con voi. Daremo ogni ora della nostra vita, ogni goccia del nostro sangue per la vostra liberazione e per la liberazione di tutti i lavoratori dall'infame regime fascista (applausi scroscianti; tutta la sala è in piedi).

Compagni! Lenin ci aveva già avvertiti che la borghesia può riuscire a scatenare contro i lavoratori un feroce terrore e a respingere per un periodo di tempo più o meno breve le forze crescenti della rivoluzione, ma che, ciononostante, non si salverà dalla rovina.

La vita - scriveva Lenin - vincerà. La borghesia può dimenarsi: può esasperarsi, fino a perdere la ragione; può esagerare, commettere sciocchezze, vendicarsi a priori dei bolscevichi, e ammazzare ancora a centinaia, a migliaia, a centinaia di migliaia i bolscevichi di ieri e di domani (come in India, in Ungheria, in Germania, ecc.). Nell'agire così la borghesia agisce come agirono tutte le classi condannate dalla storia alla morte. I comunisti devono sapere che l'avvenire appartiene loro in ogni caso; perciò noi possiamo e dobbiamo congiungere la massima passione nella grande lotta rivoluzionaria con la valutazione più fredda e spassionata dei furibondi soprassalti della borghesia [2].

Sì, se noi e il proletariato di tutto il mondo seguiremo senza deviare la via tracciata da Lenin e da Stalin, la borghesia, malgrado tutto, perirà! (Applausi).

E' inevitabile la vittoria del fascismo?

Perché e in qual modo il fascismo ha potuto vincere? Il fascismo è il peggior nemico della classe operaia e dei lavoratori. Il fascismo è il nemico dei nove decimi del popolo tedesco, dei nove decimi del popolo austriaco, dei nove decimi degli altri popoli dei paesi fascisti. Come, in qual modo, questo acerrimo nemico ha potuto vincere?

Il fascismo è potuto giungere al potere prima di tutto perchè la classe operaia, a causa della politica di collaborazione di classe dei capi della socialdemocrazia con la borghesia, si trovò divisa, disarmata politicamente ed organizzativamente di fronte alla borghesia che passava all'offensiva. E i Partiti Comunisti non erano abbastanza forti per salvare le masse, senza e contro la socialdemocrazia, e condurle alla battaglia decisiva contro il fascismo.

Infatti, che i milioni di operai socialdemocratici, i quali oggi insieme ai loro fratelli comunisti subiscono gli orrori della barbarie fascista, riflettano seriamente: se nel 1918, quando scoppiò la rivoluzione in Germania e in Austria, il proletariato austriaco e quello tedesco non avessero seguito la direzione socialdemocratica di Otto Bauer, Federico Adler e Renner in Austria, di Ebert e di Scheidemann in Germania, ma avessero invece seguito la via dei bolscevichi russi, la via di Lenin e di Stalin, oggi non esisterebbe fascismo nè in Austria, nè in Germania, nè in Italia, nè in Ungheria, nè in Polonia, nè nei Balcani. Non la borghesia, ma la classe operaia sarebbe da molto tempo padrona della situazione in Europa. (Applausi).

Prendiamo, per esempio, la socialdemocrazia austriaca. La rivoluzione del 1918 le fece compiere un prodigioso balzo in avanti. Essa aveva il potere nelle mani, aveva delle salde posizioni nell'esercito, nell'apparato statale. Grazie a queste posizioni avrebbe potuto distruggere in germe il fascismo nascente. Ma cedette una dopo l'altra, senza resistenza, le posizioni della classe operaia. Permise alla borghesia di rafforzare il proprio potere, di abrogare la Costituzione, di epurare l'apparato statale, l'esercito e la polizia dai militanti socialdemocratici, di strappare l'arsenale agli operai. Essa permise ai banditi fascisti di assassinare impunemente gli operai socialdemocratici, accettò le condizioni del patto Hüttenberg, il quale aprì le porte delle officine agli elementi fascisti. Nello stesso tempo, i capi della socialdemocrazia prendevano in giro gli operai con il programma di Linz, che prevedeva la eventualità della violenza armata contro la borghesia e della instaurazione della dittatura del proletariato, assicurando agli operai stessi che il partito avrebbe proclamato lo sciopero generale e la lotta armata se le classi dirigenti fossero ricorse alla violenza contro la classe operaia. Come se tutta la politica di preparazione dell'attacco fascista non fosse un susseguirsi di violenze, coperte di forme costituzionali, contro la classe operaia! Persino alla vigilia delle lotte di febbraio, e nel corso della battaglia, la direzione della socialdemocrazia austriaca lasciò isolato dalle grandi masse lo «Schutzbund» che lottava eroicamente, e condannò il proletariato austriaco alla sconfitta.

Era forse inevitabile la vittoria del fascismo in Germania? No, la classe operaia tedesca poteva impedirla.

Ma per poterla impedire avrebbe dovuto riuscire a formare il Fronte unico proletario antifascista, avrebbe dovuto costringere i capi della socialdemocrazia a cessare la campagna contro i comunisti e ad accettare le reiterate proposte del Partito comunista per l'unità d'azione contro il fascismo.

Essa avrebbe dovuto impedire che il governo Braun-Severing sciogliesse l'Unione dei combattenti rossi, e stabilire un saldo collegamento di lotta tra questi e i membri della «Reichsbanner» [3], che erano quasi un milione, costringendo Braun e Severing ad armare gli uni e gli altri per resistere alle bande fasciste e schiacciarle.

Essa avrebbe dovuto costringere i capi della socialdemocrazia, che erano alla testa del governo della Prussia, a prendere dei provvedimenti di difesa contro il fascismo, ad arrestare i capi fascisti, a sopprimere la loro stampa, a confiscare i loro mezzi materiali e i mezzi dei capitalisti che finanziavano il movimento fascista, a sciogliere le organizzazioni fasciste, a toglier loro le armi, ecc.

Inoltre, essa avrebbe dovuto esigere il ripristino e l'allargamento di tutte le forme di assistenza sociale e l'introduzione della moratoria e dei sussidi per i contadini rovinati dalla crisi, coprendo le spese con un'imposta sulle banche e sui trust, ed assicurarsi così l'appoggio dei contadini lavoratori. Ciò non fu fatto, per colpa della socialdemocrazia tedesca, e per questa ragione il fascismo riuscì a vincere.

Era forse inevitabile il trionfo della borghesia e dei nobili in Spagna, in un paese nel quale le forze della insurrezione proletaria si combinano così favorevolmente con la guerra contadina?

I socialisti spagnoli erano al governo fin dai primi giorni della rivoluzione. Orbene, stabilirono forse il collegamento per la lotta comune fra le organizzazioni operaie di tutte le correnti politiche, compresi i comunisti e gli anarchici? Riunirono forse la classe operaia in un'unica organizzazione sindacale? Reclamarono forse la confisca delle terre dei latifondisti, della chiesa e dei monasteri a favore dei contadini, allo scopo di conquistare questi ultimi alla rivoluzione? Si provarono forse a lottare per l'autodecisione nazionale dei catalani, dei baschi, per la liberazione del Marocco?

Procedettero forse alla epurazione dell'esercito dagli elementi monarchici e fascisti, per preparare il passaggio dell'esercito dalla parte degli operai e dei contadini? Sciolsero forse la guardia civile, odiata dal popolo, carnefice di tutti i movimenti popolari? Colpirono forse il partito fascista di Gil Robles, colpirono la potenza della chiesa cattolica? No, essi non fecero nulla di tutto ciò! Essi respinsero le reiterate proposte de comunisti per l'unità d'azione contro l'offensiva della reazione borghese-latifondista e del fascismo. Promulgarono delle leggi elettorali che permisero alla reazione la conquista della maggioranza delle Cortes, delle leggi in forza delle quali si processano oggi gli eroici minatori delle Asturie. Essi, con le armi della guardia civile, spararono sui contadini che lottavano per la terra; e via seguitando...

La socialdemocrazia ha così aperto la strada al fascismo, sia in Germania, che in Austria e in Spagna, disorganizzando e scindendo le fila della classe operaia.

Compagni, il fascismo ha vinto anche perchè il proletariato si trovò isolato dai suoi alleati naturali. Il fascismo ha vinto perchè è riuscito a trascinare con sè le grandi masse dei contadini, grazie alla politica sostanzialmente anticontadina condotta dalla socialdemocrazia a nome della classe operaia. Il contadino ha visto susseguirsi al potere una serie di governi socialdemocratici, i quali rappresentavano per lui il potere della classe operaia; ma nessuno di questi governi mise fine alla miseria dei contadini, nessuno diede ai contadini la terra. La socialdemocrazia in Germania non toccò i latifondisti, si oppose agli scioperi dei salariati agricoli e, di conseguenza, molto tempo prima che Hitler giungesse al potere, gli operai agricoli abbandonarono i sindacati riformisti e passarono per lo più agli «Elmi di Acciaio» e ai nazional-socialisti.

Il fascismo ha vinto anche perchè è riuscito a penetrare tra la gioventù, mentre la socialdemocrazia distoglieva la gioventù operaia dalla lotta di classe e il proletariato rivoluzionario non svolgeva tra i giovani il necessario lavoro di educazione e non dedicava sufficiente attenzione ai loro interessi e ai loro bisogni specifici. Il fascismo ha fatto leva sul bisogno di attività combattiva, particolarmente acuto nei giovani, e ha attirato una parte considerevole della gioventù nelle sue squadre di combattimento. La nuova generazione della gioventù maschile e femminile non è passata attraverso gli orrori della guerra. Sente sulle sue spalle tutto il peso della crisi economica, della disoccupazione e della disgregazione della democrazia borghese. Privi di prospettive per l'avvenire, strati considerevoli di giovani si sono mostrati particolarmente sensibili alla demagogia fascista, che prometteva loro un avvenire allettante dopo la vittoria del fascismo.

A questo proposito, non possiamo non rilevare anche una serie di errori dei Partiti Comunisti, errori che frenarono la nostra lotta contro il fascismo. Nelle nostre fila si è verificata una intollerabile sottovalutazione del pericolo fascista, sottovalutazione che ancora non è superata dappertutto.

Questa sottovalutazione che si verificava per il passato nei nostri Partiti, si esprimeva nell'affermazione: «La Germania non è l'Italia», - nel senso che il fascismo aveva potuto vincere in Italia, ma che la sua vittoria era da escludersi in Germania, dove l'industria e la cultura erano altamente sviluppate, dove esisteva una tradizione di 40 anni di movimento operaio e dove il fascismo era perciò impossibile. Così dicasi delle opinioni che si riscontrano attualmente e secondo le quali nei paesi della democrazia borghese «classica» non vi è terreno per il fascismo. Tali opinioni hanno potuto e possono contribuire a rallentare la vigilanza nei confronti del pericolo fascista e ad ostacolare la mobilitazione del proletariato nella lotta contro il fascismo.

Si possono anche citare non pochi casi nei quali i comunisti furono colti di sorpresa dal colpo di Stato fascista. Ricordate la Bulgaria, quando la direzione del nostro Partito prese una posizione «neutrale» e in sostanza opportunista, di fronte al colpo di Stato del 9 giugno 1923; ricordate la Polonia, quando nel maggio 1926, la direzione del Partito comunista valutando in modo sbagliato le forze motrici della rivoluzione polacca, non seppe scoprire il carattere fascista del colpo di Stato di Pilsudski e restò alla coda degli avvenimenti; ricordate la Finlandia, dove il nostro Partito, mosso dal preconcetto di una fascistizzazione lenta e graduale, non vide il colpo di Stato fascista che il gruppo dirigente della borghesia preparava e che colse di sorpresa il Partito e la classe operaia.

Quando il nazional-socialismo, in Germania, era già divenuto un minaccioso movimento di massa, certi compagni, per i quali il governo di Brüning era già un governo di dittatura fascista, affermavano presuntuosamente: «Se il «terzo impero» hitleriano verrà mai al mondo, verrà al mondo un metro e mezzo sotto terra e sopra vi sorgerà il potere operaio vittorioso.»

I nostri compagni in Germania per molto tempo non tennero nella dovuta considerazione il sentimento nazionale offeso e l'indignazione delle masse contro Versailles, trascurarono le oscillazioni dei contadini e della piccola borghesia, si occuparono in ritardo del programma di liberazione sociale e nazionale, e quando lo presentarono non seppero adattarlo ai bisogni concreti e al livello delle masse, non seppero neanche popolarizzarlo largamente tra le masse stesse.

In parecchi paesi lo sviluppo indispensabile della lotta di massa contro il fascismo fu sostituito da sterili ragionamenti sul carattere del fascismo «in generale» e da una ristrettezza settaria nell'impostazione e nella soluzione dei compiti politici attuali del Partito.

Compagni, non è per il semplice desiderio di rovistare nel passato che noi parliamo delle cause della vittoria del fascismo e rileviamo la responsabilità storica della socialdemocrazia ed anche i nostri errori nella lotta contro il fascismo. Noi non siamo degli storici avulsi dalla vita; noi siamo dei combattenti della classe operaia e abbiamo l'obbligo di rispondere alla domanda che tormenta milioni di lavoratori: - E' possibile, e per quali vie - impedire la vittoria del fascismo? E a questi milioni di operai rispondiamo:- Sì, compagni, è possibile sbarrare la strada al fascismo! E' del tutto possibile; ciò dipende da noi stessi, dagli operai, dai contadini, da tutti i lavoratori!

La possibilità di prevenire la vittoria del fascismo dipende prima di tutto dalla combattività della classe operaia stessa, dalla compattezza delle sue forze, strette in un unico battagliero esercito che lotti contro l'offensiva del capitale e del fascismo. Il proletariato, attuando l'unità per la lotta, paralizzerebbe l'influenza del fascismo sui contadini, sulla piccola borghesia urbana, sulla gioventù e sugli intellettuali, riuscirebbe a neutralizzarne una parte e ad attirare l'altra nel suo campo.

In secondo luogo, ciò dipende dalla esistenza di un forte partito rivoluzionario che diriga in modo giusto la lotta dei lavoratori contro il fascismo.

Un partito che spinga sistematicamente gli operai a ritirarsi di fronte al fascismo e permetta alla borghesia fascista di rafforzare le sue posizioni, un partito siffatto porta inevitabilmente gli operai alla sconfitta.

In terzo luogo, ciò dipende dalla giusta politica della classe operaia rispetto ai contadini e alle masse piccolo-borghesi della città. Queste masse bisogna prenderle come sono e non come si vorrebbe che fossero. Soltanto nel corso della lotta esse elimineranno i loro dubbi e le loro esitazioni; soltanto con un atteggiamento di pazienza rispetto alle loro inevitabili esitazioni e con l'aiuto politico del proletariato esse perverranno a un grado più elevato di coscienza e di attività rivoluzionaria.

In quarto luogo, ciò dipende dalla vigilanza e dall'azione tempestiva del proletariato rivoluzionario. Non dare la possibilità al fascismo di prenderci di sorpresa, non lasciargli l'iniziativa, vibrargli dei colpi decisivi quando non è ancora riuscito a raccogliere le sue forze, non permettergli di rafforzarsi, opporgli resistenza ad ogni passo, ovunque si manifesti, non permettergli la conquista di nuove posizioni, come cerca di fare con successo il proletariato francese ( Applausi).

Ecco le condizioni principali per impedire lo sviluppo del fascismo e la sua andata al potere.

Il fascismo è un potere feroce, ma instabile

La dittatura fascista della borghesia è un potere feroce, ma instabile.

In che cosa consistono le cause principali dell'instabilità del fascismo?

Il fascismo, che si propone di superare le divergenze e le contraddizioni nel campo della borghesia, acuisce ancor di più queste contraddizioni. Il fascismo si sforza di instaurare il suo monopolio politico distruggendo con la violenza gli altri partiti politici. Ma l'esistenza del sistema capitalistico, l'esistenza di diverse classi e l'inasprimento delle contraddizioni di classe scuotono e fanno crollare inevitabilmente il monopolio politico del fascismo. Non è come nel paese dei Soviet, dove la dittatura del proletariato è attuata anch'essa da un partito che ha il monopolio, ma dove questo monopolio politico corrisponde agli interessi di milioni di lavoratori e poggia sempre più sulla costruzione della società senza classi. In un paese fascista, il partito dei fascisti non può conservare a lungo il suo monopolio, perchè non è in grado di porsi il compito di distruggere le classi e le contraddizioni di classe. Distrugge l'esistenza legale dei partiti borghesi, ma parecchi di essi continuano ad esistere illegalmente. E il Partito comunista, anche nella illegalità, avanza, si tempra e dirige la lotta del proletariato contro la dittatura fascista. In questo modo, il monopolio politico del fascismo, sotto i colpi delle contraddizioni di classe, deve crollare.

Un'altra causa della instabilità della dittatura fascista sta nel fatto che il contrasto tra la demagogia anticapitalistica del fascismo e la politica del più brigantesco arricchimento della borghesia monopolistica permette di smascherare più facilmente l'essenza di classe del fascismo e giunge a scalzare e a restringere la sua base di massa.

La vittoria del fascismo suscita inoltre l'odio profondo e l'indignazione delle masse, favorisce la loro rivoluzionarizzazione e dà un impulso potente al Fronte unico del proletariato contro il fascismo.

Il fascismo, facendo una politica di nazionalismo economico (autarchia) e assorbendo la maggior parte del reddito nazionale nella preparazione della guerra, mina tutta l'economia del paese e acutizza la lotta economica tra gli Stati capitalistici. Esso dà ai conflitti che sorgono in seno alla borghesia il carattere di scontri violenti, e non di rado cruenti, e ciò mina la stabilità del potere statale agli occhi del popolo. Un potere che assassina i suoi propri partigiani, come è avvenuto il 30 giugno dell'anno scorso in Germania, un potere fascista contro il quale una parte della borghesia fascista lotta con le armi alla mano («putsch» nazional-socialista in Austria, attacchi violenti di alcuni gruppi fascisti contro il governo fascista in Polonia, in Bulgaria, in Finlandia e in altri paesi), è un potere che non può a lungo conservare la propria autorità agli occhi delle grandi masse piccolo-borghesi.

La classe operaia deve saper utilizzare le contraddizioni e i conflitti che sorgono nel campo della borghesia, ma non deve illudersi che il fascismo si esaurisca da sè. Il fascismo non cade automaticamente. Soltanto l'attività rivoluzionaria della classe operaia permette di utilizzare i conflitti che sorgono inevitabilmente nel campo della borghesia per minare la dittatura fascista ed abbatterla.

Il fascismo elimina gli ultimi resti della democrazia borghese, erige la violenza aperta a sistema di governo e scalza con ciò le illusioni democratiche e l'autorità delle leggi agli occhi delle masse lavoratrici. Questo avviene in special modo in quei paesi, come ad esempio l'Austria e la Spagna, dove gli operai si sono battuti contro il fascismo con le armi alla mano. La lotta eroica dello «Schutzbund» e dei comunisti in Austria, malgrado la sconfitta, ha scosso fin dal primo momento la solidità della dittatura fascista. In Spagna, la borghesia non è riuscita ad imporre il bavaglio fascista ai lavoratori. Grazie alle lotte armate che si sono svolte in Spagna e in Austria, la necessità della lotta di classe rivoluzionaria è compresa da masse sempre più larghe della classe operaia.

Solo dei filistei incancreniti, dei lacchè della borghesia, come il più vecchio teorico della II Internazionale, Carlo Kautsky, possono muover rimprovero agli operai dicendo che non bisognava prendere le armi in Austria e in Spagna. Che cosa sarebbe oggi il movimento operaio in Austria e in Spagna, se la classe operaia di questi paesi avesse seguito i consigli di tradimento che Kautsky le dava? Una profonda demoralizzazione sarebbe penetrata nelle fila della classe operaia.

La scuola della guerra civile - dice Lenin - non è vana per i popoli. Essa è una scuola severa, e i suoi corsi completi comprendono inevitabilmente delle vittorie della controrivoluzione, delle orgie sanguinose dei reazionari inferociti, delle repressioni selvagge del vecchio potere contro i ribelli, ecc. Ma soltanto dei pedanti inveterati e delle mummie senza cervello possono versare delle lacrime per il fatto che i popoli passano attraverso questa scuola dolorosa. Questa scuola insegna alle classi oppresse come si conduce la guerra civile, come si giunge alla rivoluzione vittoriosa; concentra nella massa degli schiavi moderni quell'odio che gli schiavi umiliati, istupiditi, ignoranti, eternamente accumulano nel loro seno, ma che suscita le più grandi rivolte storiche degli schiavi coscienti dell'obbrobrio della loro schiavitù [4].

La vittoria del fascismo in Germania ha scatenato, com'è noto, una nuova ondata offensiva del fascismo, la quale ha condotto alla provocazione di Dollfuss in Austria, a nuovi attacchi della controrivoluzione contro le conquiste rivoluzionarie delle masse in Spagna, alla riforma fascista della costituzione in Polonia, e ha incoraggiato in Francia le squadre armate dei fascisti a tentare un colpo di Stato nel febbraio 1934. Ma questa stessa vittoria, e la sfrenatezza della dittatura fascista, hanno suscitato un movimento di Fronte unico proletario contro il fascismo su scala internazionale. L'incendio del Reichstag, che fu il segnale dell'offensiva generale del fascismo contro la classe operaia, l'occupazione e il saccheggio dei Sindacati e delle altre organizzazioni operaie, i gemiti degli antifascisti torturati che salgono dai sotterranei delle caserme e dai campi di concentramento fascisti, mostrano alle masse, in modo evidente, quali sono le conseguenze della condotta scissionistica e reazionaria dei capi della socialdemocrazia tedesca, che respinsero le proposte dei comunisti per la lotta comune contro l'offensiva fascista, e convincono della necessità di unire tutte le forze della classe operaia per abbattere il fascismo.

La vittoria di Hitler ha dato, inoltre, una spinta decisiva alla creazione in Francia del Fronte unico della classe operaia contro il fascismo. La vittoria di Hitler non solo ha allarmato gli operai francesi per la sorte degli operai tedeschi, non solo ha attizzato il loro odio contro i carnefici dei loro fratelli di classe tedeschi, ma ha altresì rafforzato la loro decisione di non permettere a nessun costo che avvenga nel loro paese ciò che è avvenuto alla classe operaia in Germania.

La potente aspirazione al Fronte unico in tutti i paesi capitalisti dimostra che gli insegnamenti della disfatta non vanno perduti. La classe operaia incomincia ad agire in modo nuovo. L'iniziativa del Partito comunista nell'organizzazione del Fronte unico, e l'abnegazione illimitata dei comunisti, degli operai rivoluzionari nella lotta contro il fascismo, hanno fruttato un aumento senza precedenti dell'autorità della Internazionale comunista. Nello stesso tempo si sviluppa una crisi profonda della II Internazionale, crisi che si manifesta con particolare chiarezza e si aggrava dopo la bancarotta della socialdemocrazia tedesca. Gli operai socialdemocratici possono convincersi sempre più che, in fin dei conti, la Germania fascista, con tutti i suoi orrori e le sue barbarie, altro non è che una conseguenza della politica socialdemocratica di collaborazione di classe con la borghesia. Le masse comprendono sempre più che non bisogna rimettersi sulla strada per la quale i capi della socialdemocrazia tedesca hanno condotto il proletariato. Nel campo della II Internazionale non si era mai visto uno sbandamento ideologico simile a quello che si nota oggi. In tutti i partiti socialdemocratici si svolge un processo di differenziazione.

Dalle loro file si vanno staccando due campi fondamentali: accanto al campo degli elementi reazionari, i quali fanno di tutto per conservare il blocco della socialdemocrazia con la borghesia e respingono furiosamente il Fronte unico con i comunisti, incomincia a formarsi il campo degli elementi rivoluzionari, i quali dubitano che la politica di collaborazione di classe con la borghesia sia giusta, sono favorevoli alla creazione del Fronte unico con i comunisti ed incominciano a passare in sempre maggior misura sulle posizioni della lotta di classe rivoluzionaria.

Il fascismo, dunque, che si è manifestato come il risultato della decadenza del sistema capitalistico, agisce, in ultima analisi, come un fattore della sua ulteriore decomposizione.

Perciò il fascismo, che si assume il compito di seppellire il marxismo, di seppellire il movimento rivoluzionario della classe operaia, conduce esso stesso, in seguito alla dialettica della vita e della lotta di classe, a uno sviluppo ulteriore di quelle forze che devono divenire il suo becchino, il becchino del capitalismo. (Applausi).

II
IL FRONTE UNICO DELLA CLASSE OPERAIA
CONTRO IL FASCISMO

Compagni, milioni di operai e di lavoratori dei paesi capitalistici si domandano: - Come impedire l'andata del fascismo al potere e come abbatterlo là dove è al potere? L'Internazionale comunista risponde: - La prima cosa che bisogna fare, il punto dal quale bisogna incominciare, è la creazione del Fronte unico, la realizzazione dell'unità d'azione degli operai in ogni luogo di lavoro, in ogni provincia, in ogni regione, in ogni paese, in tutto il mondo. L'unità d'azione del proletariato su scala nazionale ed internazionale: ecco l'arma possente che dà alla classe operaia non solo la capacità di difendersi vittoriosamente, ma anche di passare con successo alla controffensiva contro il fascismo, contro il nemico di classe.

Importanza del Fronte unico

Non è forse evidente che l'azione comune degli aderenti ai partiti e alle organizzazioni delle due Internazionali - l'Internazionale comunista e la II Internazionale - faciliterebbe la resistenza delle masse contro l'assalto fascista ed aumenterebbe il peso politico della classe operaia?

Ma l'azione comune dei partiti delle due Internazionali non eserciterebbe soltanto la sua influenza sui loro partigiani attuali, sui comunisti e sui socialdemocratici; essa eserciterebbe una vigorosa influenza sugli operai cattolici, sugli operai anarchici, sugli operai non organizzati, persino su quegli stessi operai che temporaneamente sono caduti vittime della demagogia fascista.

Il possente Fronte unico del proletariato eserciterebbe inoltre una influenza immensa su tutti gli altri strati del popolo lavoratore, sui contadini, sulla piccola borghesia urbana, sugli intellettuali. Il Fronte unico ispirerebbe agli strati esitanti la fiducia nella forza della classe operaia.

Ma non è ancora tutto. Il proletariato di un paese imperialista ha la possibilità di avere come alleati non soltanto i lavoratori del proprio paese, ma anche le nazionalità oppresse delle colonie e dei paesi semi-coloniali. Se il proletariato è diviso su scala nazionale ed internazionale, se una delle sue frazioni appoggia la politica di collaborazione con la borghesia e in modo particolare il regime di oppressione nelle colonie e nei paesi semicoloniali, questa divisione respinge i popoli delle colonie e dei paesi semi-coloniali dalla classe operaia e indebolisce il fronte antimperialistico mondiale. Ogni passo del proletariato delle metropoli imperialiste sulla via dell'unità d'azione per sostenere la lotta di liberazione dei popoli coloniali, contribuisce a trasformare le colonie e i paesi semicoloniali in una delle principali riserve del proletariato mondiale.

Infine, se consideriamo che l'unità d'azione internazionale del proletariato poggia sulla forza sempre crescente dello Stato proletario, del paese del socialismo, dell'Unione dei Soviet, comprendiamo quali ampie prospettive apra la realizzazione dell'unità d'azione del proletariato su scala nazionale e internazionale.

E' necessario che l'unità d'azione di tutti i settori della classe operaia, indipendentemente dal partito o dall'organizzazione ai quali appartengono, si realizzi ancor prima che la maggioranza della classe operaia si unisca nella lotta per l'abbattimento del capitalismo e per la vittoria della rivoluzione proletaria.

E' possibile realizzare questa unità d'azione del proletariato nei singoli paesi e nel mondo intero? Si, è possibile; è possibile fin d'ora. L'internazionale comunista non pone nessuna condizione all'unità d'azione, ad eccezione di una sola, elementare, che tutti i lavoratori possono accettare. E precisamente: che l'unità d'azione sia diretta contro il fascismo, contro la offensiva del capitale, contro la minaccia di guerra, contro il nemico di classe. Ecco la nostra condizione.

Principali argomenti degli avversari del Fronte unico

Che cosa possono obbiettare e che cosa obbiettano gli avversari del Fronte unico?

- Per i comunisti, la parola d'ordine del Fronte unico non è che una manovra - dicono gli uni. Ma - rispondiamo noi - se è una manovra, perchè non smascherate la «manovra comunista» con una vostra onesta partecipazione al Fronte unico? Noi dichiariamo apertamente: - Vogliamo l'unità d'azione della classe operaia affinchè il proletariato sia più forte nella sua lotta contro la borghesia, e difendendo oggi i suoi interessi quotidiani contro l'offensiva del capitale, contro il fascismo, sia in grado domani di creare le premesse per la sua definitiva emancipazione.

- I comunisti ci attaccano - dicono gli altri. Ma ascoltate: - Abbiamo già dichiarato più di una volta che non attaccheremo nessuno: nè le persone, nè le organizzazioni, nè i partitiche sono per il Fronte unico della classe operaia contro il nemico di classe. Ma allo stesso tempo, nell'interesse del proletariato e della sua causa, siamo costretti a criticare le persone, le organizzazioni e i partiti che ostacolano l'unità d'azione degli operai.

- Non possiamo concludere un accordo per il Fronte unico con i comunisti - dicono i terzi - perchè essi hanno un altro programma. - Ma voi stessi affermate che il vostro programma è diverso dal programma dei partiti borghesi, e tuttavia ciò non vi ha impedito e non vi impedisce di entrare in coalizione con questi partiti!

- I partiti democratici borghesi - dicono gli avversari del Fronte unico e i difensori della coalizione con la borghesia - sono migliori dei comunisti come alleati contro il fascismo. Ma che cosa ci insegna l'esperienza della Germania? I socialdemocratici avevano ben formato un blocco con questi alleati «migliori». E quali ne sono stati i risultati?

- Se applichiamo il Fronte unico con i comunisti, i piccoli borghesi si impauriranno del «pericolo rosso» e si getteranno nelle braccia dei fascisti - sentiamo dire. Ma il Fronte unico è forse una minaccia per i contadini, per i piccoli commercianti, per gli artigiani, per gli intellettuali lavoratori? No, il Fronte unico è una minaccia per la grande borghesia, per i magnati della finanza, per i signorotti feudali e per gli altri sfruttatori, il cui regime porta la rovina completa a tutti questi strati.

- La socialdemocrazia è per la democrazia, i comunisti sono invece per la dittatura; perciò non possiamo attuare il Fronte unico con i comunisti - dicono molti capi socialdemocratici. Ma noi, oggi, proponiamo forse il Fronte unico per proclamare la dittatura del proletariato? No, per il momento non proponiamo questo, non è vero?

- Che i comunisti riconoscano la democrazia e scendano in campo per la sua difesa; allora, saremo pronti ad accettare il Fonte unico. Rispondiamo: - Noi siamo partigiani della democrazia sovietica, della democrazia dei lavoratori, della democrazia più coerente che esista al mondo. Ma difendiamo e difenderemo a palmo a palmo, nei paesi capitalistici, le libertà democratiche borghesi, contro le quali si scagliano il fascismo e la reazione borghese, perchè così vogliono gli interessi della lotta di classe del proletariato.

- Ma la partecipazione dei piccoli Partiti Comunisti non aggiunge nulla al Fronte unico già realizzato dal Partito laburista - dicono ad esempio i capi laburisti in Inghilterra. Ma non dimenticate che i capi socialdemocratici austriaci dicevano le stesse cose a proposito del piccolo Partito Comunista Austriaco? E che cosa hanno dimostrato gli avvenimenti? Chi aveva ragione non era già la socialdemocrazia austriaca con Otto Bauer e Renner alla testa, ma il piccolo Partito Comunista Austriaco, che denunciò a tempo il pericolo fascista in Austria e chiamò gli operai alla lotta. Tutta l'esperienza del movimento operaio ha dimostrato che i comunisti, nonostante il loro numero relativamente ristretto, sono il motore delle lotte del proletariato. Non bisogna dimenticare inoltre che i Partiti Comunisti d'Austria o d'Inghilterra non rappresentano soltanto le diecine di migliaia di operai che seguono il Partito, ma sono un distaccamento del movimento comunista mondiale, sono delle sezioni dell'Internazionale comunista, il cui Partito dirigente è il partito del proletariato che ha già vinto e che governa nella sesta parte del globo.

- Ma il Fronte unico non ha impedito la vittoria del fascismo nella Saar - obbiettano gli avversari del Fronte unico. Strana logica quella di questi signori! Prima, fanno di tutto per assicurare la vittoria del fascismo e poi malignano perchè il Fronte unico, che hanno accettato soltanto all'ultimo momento, non ha condotto gli operai alla vittoria.

- Se costituissimo il Fronte unico con i comunisti, dovremmo uscire dalla coalizione, e i partiti reazionari e fascisti andranno al governo - affermano i capi socialdemocratici che sono al governo in vari paesi. Bene. Ma la socialdemocrazia tedesca non faceva forse parte di un governo di coalizione? Certo. La socialdemocrazia austriaca era o no al governo? Senza dubbio. I socialisti spagnoli non erano forse al governo insieme con la borghesia? Anche questo è innegabile. La partecipazione della socialdemocrazia ai governi borghesi di coalizione ha forse impedito in questi paesi l'attacco del fascismo contro il proletariato? No, non lo ha impedito. E' dunque chiaro come la luce del sole che la partecipazione dei ministri socialdemocratici ai governi borghesi non è una barriera contro il fascismo.

- I comunisti agiscono come dei dittatori; vogliono prescriverci ed imporci tutto. - No! Noi non prescriviamo e non imponiamo nulla. Noi presentiamo soltanto le nostre proposte, convinti che la loro attuazione risponde agli interessi del popolo lavoratore. Questo non è soltanto un diritto, ma un dovere di tutti coloro che parlano a nome degli operai. Voi temete la «dittatura» dei comunisti? Avanti, presentiamo in comune agli operai tutte le proposte: le vostre e le nostre. Discutiamole in comune con tutti gli operai e scegliamo quelle che sono più utili per la causa della classe operaia.

Come si vede, tutti questi argomenti contro il Fronte unico non resistono a nessuna critica. Si tratta piuttosto di pretesti dei capi reazionari della socialdemocrazia, i quali preferiscono il Fronte unico con la borghesia al Fronte unico del proletariato.

No, questi pretesti non reggono! Il proletariato internazionale ha troppo sofferto delle conseguenze della scissione del movimento operaio e si convince sempre più che il Fronte unico, l'unità d'azione del proletariato su scala nazionale ed internazionale sono necessari e completamente possibili.

Contenuto e forme del Fronte unico

Qual è e quale deve essere il contenuto fondamentale del Fronte unico nella tappa attuale?

La difesa degli interessi economici e politici immediati della classe operaia, la difesa della classe operaia contro il fascismo deve essere il punto di partenza e deve costituire il contenuto fondamentale del Fronte unico in tutti i paesi capitalistici.

Noi non dobbiamo limitarci a lanciare dei semplici appelli alla lotta per la dittatura del proletariato, ma dobbiamo trovare e propugnare le parole d'ordine e le forme di lotta dedotte dalle esigenze vitali delle masse, dal livello della loro capacità di lotta nel momento presente.

Dobbiamo dire alle masse che cosa devono fare oggi per difendersi dal brigantaggio capitalista e dalla barbarie fascista.

Dobbiamo tendere a creare il più ampio Fronte unico, con l'ausilio di azioni comuni delle organizzazioni operaie delle diverse tendenze, per la difesa degli interessi vitali delle masse lavoratrici.

Ciò significa, in primo luogo, condurre una lotta comune per far ricadere effettivamente le conseguenze della crisi sulle spalle delle classi dominanti, sulle spalle dei capitalisti, dei latifondisti, in una parola sulle spalle dei ricchi.

In secondo luogo, ciò significa condurre una lotta comune contro tutte le forme di offensiva fascista, in difesa delle conquiste e dei diritti dei lavoratori, contro la soppressione delle libertà democratiche borghesi.

In terzo luogo, ciò significa condurre una lotta comune contro il pericolo imminente di una nuova guerra imperialista, una lotta che ostacoli la preparazione della guerra.

Noi dobbiamo preparare instancabilmente la classe operaia a modificare rapidamente le forme e i metodi di lotta quando si modifica la situazione. Di mano in mano che il movimento si sviluppa e che l'unità della classe operaia si rafforza, dobbiamo andare più avanti: preparare il passaggio dalla difensiva all'offensiva contro il capitale, orientandoci verso l'organizzazione dello sciopero politico di massa. E la condizione assoluta di un tale sciopero deve essere la partecipazione dei sindacati principali in ogni dato paese.

I comunisti, evidentemente, non possono e non devono rinunciare neanche per un minuto al loro lavoro indipendente per l'educazione comunista, per l'organizzazione e la mobilitazione delle masse. Tuttavia, allo scopo di aprire agli operai la via dell'unità d'azione, è necessario adoperarsi in pari tempo a stringere degli accordi sia di breve sia di lunga durata per delle azioni comuni con i partiti socialdemocratici, con i sindacati riformisti e con le altre organizzazioni di lavoratori, contro i nemici di classe del proletariato. In particolar modo bisogna adoperarsi a sviluppare le azioni di massa alla base, condotte dalle organizzazioni di base, per mezzo di accordi locali. Noi osserveremo lealmente le condizioni di tutti gli accordi conclusi e smaschereremo senza pietà ogni sabotaggio dell'azione comune da parte di persone ed organizzazioni aderenti al Fronte unico. Ad ogni tentativo di rompere l'accordo - e non è da escludere che questi tentativi siano fatti - noi risponderemo facendo appello alle masse e continuando la nostra lotta instancabile per ristabilire l'unità d'azione.

E' ovvio che l'attuazione concreta del Fronte unico nei diversi paesi procederà in modo diverso, assumerà forme diverse secondo lo stato e il carattere delle organizzazioni operaie, secondo il loro livello politico, secondo la situazione concreta del paese, secondo gli spostamenti che si produrranno nel movimento operaio internazionale, ecc.

Il Fronte unico può, ad esempio, prendere la forma di accordi in vista di azioni comuni degli operai caso per caso, per motivi concreti, per singole rivendicazioni o in base a una piattaforma generale; di azioni concordate nei singoli stabilimenti o per rami di produzione; di azioni concordate su scala locale, regionale, nazionale od internazionale; accordi per organizzare la lotta economica degli operai, per condurre delle azioni politiche di massa, per organizzare l'autodifesa comune contro le aggressioni fasciste; di azioni concordate per aiutare i prigionieri politici e le loro famiglie, nel campo della lotta contro la reazione sociale; infine, di azioni concordate per la difesa degli interessi della gioventù e delle donne, nel campo della cooperazione, della cultura, dello sport, e così via.

Ma non ci si deve accontentare della sola conclusione di un patto per azioni comuni o della creazione di commissioni di contatto composte dai partiti e dalle organizzazioni aderenti al Fronte unico, simili a quelle, per esempio, che abbiamo in Francia. Questo non è che il primo passo. Il patto è un mezzo ausiliario per condurre delle azioni comuni, ma di per se stesso non è ancora il Fronte unico. La commissione di contatto tra le direzioni del Partito comunista e del Partito socialista è necessaria per facilitare le azioni comuni. Ma di per se stessa è di gran lunga insufficiente per un effettivo sviluppo del Fronte unico, per attirare le grandi masse alla lotta contro il fascismo.

I comunisti e tutti gli operai rivoluzionari devono adoperarsi a creare negli stabilimenti, tra i disoccupati, nei quartieri operai, tra la gente minuta della città, nelle campagne, degli organismi di Fronte unico di classe, - al di fuori dal Partito, elettivi (e nei paesi a dittatura fascista scelti tra gli elementi più autorevoli che partecipano al movimento di Fronte unico). Soltanto degli organi di questo genere possono conquistare al movimento di Fronte unico anche l'enorme massa di lavoratori non organizzati, possono contribuire allo sviluppo dell'iniziativa delle masse nella lotta contro l'offensiva del capitale, contro il fascismo e contro la reazione e, su questa base, alla formazione necessaria di un numeroso strato operaio di militanti attivi del Fronte unico, alla formazione di centinaia e di migliaia di bolscevichi senza partito nei paesi capitalistici.

L'azione comune degli operai organizzati è l'inizio, la base. Ma non dobbiamo dimenticare che le masse non organizzate formano la stragrande maggioranza degli operai. Così, in Francia, gli operai organizzati, comunisti, socialisti, iscritti a sindacati delle varie tendenze, sono in tutto circa un milione, mentre il numero totale degli operai è di undici milioni. In Inghilterra, i sindacati e i partiti di tutte le tendenze contano circa cinque milioni di operai, mentre il loro numero complessivo si aggira sui quattordici milioni. Negli Stati Uniti d'America, su trentotto milioni di operai, gli organizzati sono soltanto cinque milioni circa. Le stesse proporzioni, approssimativamente, valgono anche per molti altri paesi. In tempi «normali», la massa degli operai non organizzati, in complesso, resta fuori della vita politica. Ma oggi questa massa gigantesca entra sempre più nel movimento, è attratta alla vita politica, interviene nell'arena politica.

La creazione di organi di classe, al di fuori dal Partito, è la forma migliore per attuare, estendere e rafforzare il Fronte unico tra gli strati più profondi delle grandi masse. Questi organi saranno anche la barriera più efficace contro tutti i tentativi degli avversari del Fronte unico di spezzare l'unità d'azione della classe operaia.

Il Fronte popolare antifascista

Per la mobilitazione delle masse lavoratrici contro il fascismo è particolarmente importante la creazione di un largo Fronte popolare antifascista sulla base del Fronte unico proletario. Il buon successo di tutta la lotta del proletariato è strettamente connesso allo stabilirsi di un'alleanza di lotta del proletariato con i contadini lavoratori e con le masse fondamentali della piccola borghesia urbana, che costituiscono la maggioranza della popolazione anche nei paesi industrialmente più sviluppati.

Il fascismo, che vuol conquistare queste masse, tenta nella sua agitazione di contrapporle al proletariato rivoluzionario e cerca di spaventare il piccolo borghese con lo spauracchio del «pericolo rosso». Noi dobbiamo ritorcere quest'arma contro il fascismo stesso, e mostrare ai contadini lavoratori, agli artigiani e ai lavoratori intellettuali dove è il vero pericolo che li minaccia: dobbiamo mostrare loro in modo concreto chi addossa al contadino il fardello delle imposte e dei tributi, chi estorce loro interessi da strozzino, chi, possedendo le terre migliori e tutte le ricchezze, scaccia il contadino e la sua famiglia dal suo pezzetto di terra e lo condanna alla disoccupazione e alla miseria. Dobbiamo spiegare concretamente, con pazienza e perseveranza, chi rovina gli artigiani e i piccoli produttori con le tasse, con le imposte, con gli alti fitti e con una concorrenza che non possono sopportare; chi getta sulla strada e priva del lavoro le grandi masse dei lavoratori intellettuali.

Ma questo non basta.

Ciò che è fondamentale, che ha un'importanza decisiva per la costituzione del Fronte popolare antifascista, è l'azione risoluta del proletariato rivoluzionario in difesa delle rivendicazioni di questi strati, e in modo particolare dei contadini lavoratori, rivendicazioni che sono sulla linea degli interessi fondamentali del proletariato e che devono essere coordinate, nel corso della lotta, con le rivendicazioni della classe operaia.

E' di grande importanza, nella creazione del Fronte popolare antifascista, avere un giusto atteggiamento verso le organizzazioni e i partiti ai quali appartengono in numero considerevole i contadini lavoratori e le masse fondamentali della piccola borghesia urbana.

Nei paesi capitalistici, la maggioranza di questi partiti e di queste organizzazioni, sia politiche che economiche, è ancora sotto l'influenza della borghesia e marcia al suo seguito. La composizione sociale di questi partiti e organizzazioni non è omogenea. Nelle loro fila si trovano contadini ricchi accanto a contadini senza terra, grandi affaristi accanto a piccoli bottegai; ma la direzione è sempre nelle mani dei primi, che sono agenti del grande capitale. Dobbiamo perciò procedere in modo differenziato nei riguardi di queste organizzazioni, tenendo conto che spesso la massa degli aderenti non conosce la vera fisionomia politica della propria direzione. In circostanze determinate, possiamo e dobbiamo far convergere tutti gli sforzi per attirare questi partiti e queste organizzazioni, o singole loro parti, malgrado la loro direzione borghese, dalla parte del Fronte popolare antifascista. Questa è, ad esempio, la situazione attuale in Francia per quanto riguarda il Partito radicale, negli Stati Uniti d'America per quanto concerne le diverse organizzazioni di «farmers», in Polonia per la organizzazione «Stronnictwo Lndowe» [5], in Jugoslavia per il Partito contadino croato, in Bulgaria per l'Unione agricola, in Grecia per gli aderenti al Partito agrario, ecc. Ma, indipendentemente dalla probabilità di riuscire ad attirare questi partiti ed organizzazioni dalla parte del Fronte popolare, la nostra tattica, in tutte le condizioni, deve tendere ad attirare nel Fronte popolare antifascista i piccoli contadini, gli artigiani, i piccoli produttori e gli altri elementi che aderiscono a quei partiti e a quelle organizzazioni.

Vedete, dunque, che è ormai tempo di farla finita su tutta la linea con l'abitudine, non rara nella nostra pratica, di ignorare o considerare con indifferenza le varie organizzazioni e i vari partiti dei contadini, degli artigiani e delle masse piccolo-borghesi urbane.

Le questioni centrali del Fronte unico nei diversi paesi

In ogni paese vi sono delle questioni centrali che, nel momento presente, mettono in movimento le più vaste masse ed attorno alle quali deve essere sviluppata la lotta per la creazione del Fronte unico. Determinare giustamente questi punti vitali, queste questioni centrali, significa assicurare ed accelerare la formazione del Fronte unico.

  a) Stati Uniti d'America

Prendiamo, ad esempio, un paese così importante nel mondo capitalistico come gli Stati Uniti d'America. Qui, la crisi ha messo in movimento milioni di uomini. Il programma di risanamento del capitalismo è crollato. Masse enormi incominciano ad allontanarsi dai partiti borghesi e si trovano oggi di fronte a un bivio.

Il nascente fascismo americano tenta di incanalare la delusione e il malcontento di queste masse nel solco della reazione fascista. Inoltre, il fascismo americano ha questo di particolare, che nella fase attuale del suo sviluppo, si presenta prevalentemente sotto l'aspetto di una opposizione al fascismo, come corrente «non americana», importata dall'estero. A differenza del fascismo tedesco, il quale scese in campo con delle parole d'ordine anticostituzionali, il fascismo americano tenta di presentarsi in veste di paladino della costituzione e della «democrazia americana». Esso non costituisce ancora una minaccia immediata. Ma se riuscisse a penetrare tra le grandi masse che hanno perso le loro illusioni sui vecchi partiti borghesi, potrebbe divenire, in breve, una grande minaccia.

E che cosa significherebbe la vittoria del fascismo negli Stati Uniti? Per le masse lavoratrici significherebbe, è chiaro, una intensificazione senza ritegno del regime di sfruttamento e la disfatta del movimento operaio. Ma quale sarebbe la portata internazionale di questa vittoria del fascismo? Gli Stati Uniti, come è noto, non sono né l'Ungheria, nè la Finlandia, nè la Bulgaria, nè la Lettonia. La vittoria del fascismo negli Stati Uniti modificherebbe in modo molto profondo tutta la situazione internazionale. In queste condizioni, il proletariato americano può forse accontentarsi della organizzazione della sua sola avanguardia cosciente di classe, pronta a marciare sulla via rivoluzionaria? No.

E' del tutto evidente che gli interessi del proletariato americano esigono che tutte le sue forze si delimitino, senza indugio, dai partiti capitalisti. E' necessario che esso trovi le vie e le forme adatte per grandi masse di lavoratori malcontenti. E qui dobbiamo dire che la forma adatta, nelle condizioni americane, potrebbe essere la creazione di un partito di massa dei lavoratori, «il Partito degli operai e dei farmers». Un partito simile sarebbe la forma specifica del Fronte popolare di massa in America, in contrapposto ai partiti dei trust e delle banche e al fascismo in via di sviluppo. E' chiaro che un tale partito non sarebbe socialista, comunista. Ma deve essere un partito antifascista e non deve essere un partito anticomunista. Il suo programma deve essere rivolto contro le banche, i trusts e i monopoli, contro i principali nemici del popolo, contro coloro che speculano sulla miseria del popolo. Un tale partito potrà rispondere al suo scopo soltanto se difenderà le rivendicazioni quotidiane della classe operaia, se lotterà per una effettiva legislazione sociale, per l'assicurazione contro la disoccupazione, se lotterà per dare la terra ai mezzadri di razza bianca e nera e per liberarli dal fardello dei debiti, se lotterà per ottenere l'annullamento dei debiti dei contadini, se lotterà per l'uguaglianza giuridica dei Negri, per la difesa delle rivendicazioni dei reduci di guerra, per la difesa degli interessi dei liberi professionisti, dei piccoli commercianti e degli artigiani. E così via...

E' ovvio che un tale partito lotterà per inviare i suoi rappresentanti agli organi amministrativi locali, agli organismi rappresentativi dei vari Stati, come pure al Congresso e al Senato.

I nostri compagni degli Stati Uniti hanno agito giustamente prendendo l'iniziativa della creazione di un simile partito. Ma devono ancora compiere dei passi effettivi perché quest'opera diventi la causa delle masse stesse. La questione della organizzazione di un «Partito degli operai e dei farmers» e del suo programma deve essere discussa in riunioni popolari di massa. E' necessario sviluppare il più vasto movimento per la creazione di questo partito e mettersi alla sua testa.

Non si deve permettere in nessun caso che l'iniziativa dell'organizzazione del partito cada nelle mani di elementi che vogliono sfruttare il malcontento delle masse deluse da entrambi i partiti borghesi, il democratico e il repubblicano, per creare negli Stati Uniti un «terzo» partito, un partito anticomunista, un partito rivolto contro il movimento rivoluzionario.

  b) Inghilterra

In Inghilterra, l'organizzazione fascista di Mosley, grazie alle azioni di massa degli operai inglesi, è passata temporaneamente in secondo piano. Ma noi non dobbiamo chiudere gli occhi sul fatto che il cosiddetto «governo nazionale» applica una serie di misure reazionarie contro la classe operaia, per mezzo delle quali si creano anche in Inghilterra le condizioni che, in caso di necessità, faciliteranno alla borghesia il passaggio al regime fascista. Lottare contro il pericolo fascista in Inghilterra, nel momento presente, significa lottare prima di tutto contro il «governo nazionale», contro le sue misure reazionarie, contro l'offensiva del capitale, in difesa delle rivendicazioni dei disoccupati, contro le riduzioni dei salari, per l'abrogazione di tutte le leggi mediante le quali la borghesia inglese abbassa il livello di vita delle masse.

Ma l'odio crescente della classe operaia contro il «governo nazionale» unisce masse sempre più vaste attorno alla parola d'ordine della costituzione di un nuovo governo laburista in Inghilterra. I comunisti possono forse ignorare questo stato d'animo delle grandi masse, che hanno ancora fiducia in un governo laburista? No, compagni. Dobbiamo trovare la via per giungere a queste masse. Noi diciamo loro apertamente, come ha fatto il XIII Congresso del Partito Comunista Inglese: noi, comunisti, siamo partigiani del potere sovietico, il quale è l'unico potere che possa liberare gli operai dal giogo del capitale. Ma voi volete un governo laburista? Va bene. Abbiamo lottato e lottiamo al vostro fianco per battere il «governo nazionale». Siamo pronti a sostenere la vostra lotta per la formazione di un nuovo governo laburista, sebbene i due precedenti governi laburisti non abbiano mantenuto le promesse fatte dal Partito laburista alla classe operaia. Non ci attendiamo da questo governo l'attuazione di provvedimenti socialisti. Ma a nome di milioni di operai gli chiederemo di difendere gli interessi politici ed economici più urgenti della classe operaia e di tutti i lavoratori. Avanti, discutiamo insieme il programma comune di queste rivendicazioni e realizziamo l'unità d'azione che è necessaria al proletariato per respingere l'offensiva reazionaria del «governo nazionale», l'offensiva del capitale e del fascismo, per impedire la preparazione di una nuova guerra. Su questa base, i compagni inglesi sono pronti a intervenire assieme alle organizzazioni del Partito laburista nelle imminenti elezioni legislative, contro il «governo nazionale», come pure contro Lloyd George, che tenta a modo suo di trascinare con sè le masse contro la causa della classe operaia nell'interesse della borghesia inglese.

Questa posizione dei comunisti inglesi è giusta. Essa renderà loro più facile la realizzazione del Fronte unico di lotta con i milioni di lavoratori delle Trade-Unions e del Partito laburista. I comunisti saranno sempre nelle prime file del proletariato in lotta e additeranno alle masse l'unica via giusta: quella della lotta per l'abbattimento rivoluzionario del dominio della borghesia e per la instaurazione del potere sovietico; ma nel determinare i loro compiti politici attuali, i comunisti non devono tentare di saltare le tappe necessarie del movimento di massa, nel corso del quale le masse operaie si liberano, per esperienza propria, delle loro illusioni e passano dalla parte del comunismo.

  c) Francia

La Francia è il paese nel quale, come è noto, la classe operaia mostra con il suo esempio a tutto il proletariato internazionale come bisogna lottare contro il fascismo. Il Partito Comunista Francese mostra a tutte le sezioni dell'Internazionale comunista come bisogna applicare la tattica del Fronte unico, e gli operai socialisti mostrano con l'esempio che cosa devono fare oggi gli operai socialdemocratici degli altri paesi capitalistici nella lotta contro il fascismo (applausi). La dimostrazione antifascista del 14 luglio scorso, a Parigi, alla quale ha partecipato mezzo milione di persone, e le numerose dimostrazioni nelle altre città della Francia hanno un enorme significato. Questo non è più soltanto un movimento di Fronte unico degli operai. E' l'inizio, in Francia, di un vasto Fronte popolare contro il fascismo. Questo movimento di Fronte unico risolleva la fiducia della classe operaia nelle proprie forze, rinsalda in essa la coscienza della sua funzione di dirigente dei contadini, della piccola borghesia urbana e degli intellettuali. Estende l'influenza del Partito comunista sulla massa operaia e in tal modo rende più forte il proletariato nella lotta contro il fascismo. Mobilita a tempo la vigilanza delle masse contro il pericolo fascista. Ed esso sarà un esempio contagioso per lo sviluppo della lotta antifascista degli altri paesi capitalistici, eserciterà un'azione incoraggiante sui proletari della Germania, schiacciati dalla dittatura fascista.

La vittoria, bisogna dirlo, è grande, ma non decide ancora dell'esito della lotta antifascista. La stragrande maggioranza del popolo francese è incontestabilmente contro il fascismo. Ma la borghesia, con l'aiuto della forza armata, sa violentare la volontà del popolo. Il movimento fascista continua a svilupparsi del tutto liberamente con l'appoggio attivo del capitale monopolistico, dell'apparato statale della borghesia, dello Stato Maggiore dell'esercito francese e dei dirigenti reazionari della chiesa cattolica, baluardo di ogni reazione. La più forte delle organizzazioni fasciste, la organizzazione delle «Croix de Feu», dispone oggi di 300.000 uomini armati, con dei quadri costituiti da 60.000 ufficiali di riserva. Ha delle posizioni salde nella polizia, nella gendarmeria, nell'esercito, nell'aviazione, in tutto l'apparato statale. Le ultime elezioni municipali dicono che in Francia non aumentano soltanto le forze rivoluzionarie, ma anche le forze del fascismo. Se il fascismo riuscisse a penetrare profondamente tra i contadini e ad assicurarsi l'appoggio di una parte dell'esercito e la neutralità dell'altra parte, le masse lavoratrici francesi non riuscirebbero a impedire l'andata dei fascisti al potere. Non dimenticate, compagni, la debolezza organizzativa del movimento operaio francese, che facilita il successo dell'offensiva fascista. I risultati ottenuti non autorizzano in alcun modo la classe operaia e tutti gli antifascisti di Francia a dormire sugli allori.

Quali sono i compiti che stanno davanti alla classe operaia della Francia?

In primo luogo, attuare il Fronte unico non soltanto nel campo politico, ma anche nel campo economico, per organizzare la lotta contro l'offensiva del capitale, spezzare con la propria pressione la resistenza al Fronte unico opposta dai dirigenti della riformista Confederazione del lavoro.

In secondo luogo, attuare l'unità sindacale in Francia: sindacati unici sulla base della lotta di classe.

In terzo luogo, attrarre nel movimento antifascista le grandi masse contadine, le masse della piccola borghesia, dando un posto particolare alle loro rivendicazioni quotidiane nel programma del Fronte popolare antifascista.

In quarto luogo, rafforzare organizzativamente ed estendere ancora più il movimento antifascista in via di sviluppo, creando su larga scala degli organi elettivi, che non abbiano un carattere di Partito ma quello del Fronte popolare antifascista, organi che abbraccino con la loro influenza delle masse ancora più vaste di quelle che abbracciano i partiti e le organizzazioni di lavoratori oggi esistenti in Francia.

In quinto luogo, ottenere con una pressione adeguata, lo scioglimento e il disarmo delle organizzazioni fasciste, come organizzazioni di cospiratori contro la Repubblica ed agenti di Hitler in Francia.

In sesto luogo, ottenere che l'apparato statale, l'esercito, la polizia siano epurati dai cospiratori che preparano un colpo di Stato fascista.

In settimo luogo, sviluppare la lotta contro i dirigenti delle cricche reazionarie della chiesa cattolica, che è uno dei baluardi più importanti del fascismo francese.

In ottavo luogo, collegare l'esercito col movimento antifascista, creando nel suo seno dei comitati di difesa della Repubblica e della Costituzione, contro coloro che vogliono utilizzare l'esercito per un colpo di Stato contro la Costituzione (applausi); non permettere alle forze reazionarie della Francia d'infrangere l'accordo franco-sovietico, il quale difende la causa della pace contro l'aggressione del fascismo tedesco. (Applausi).

E se in Francia il movimento antifascista porterà alla creazione di un governo il quale non a parole ma nei fatti, svolga una lotta effettiva contro il fascismo francese, e applichi il programma delle rivendicazioni del Fronte popolare antifascista, i comunisti, pur restando nemici irriducibili di ogni governo borghese e sostenitori del potere sovietico, di fronte al crescente pericolo fascista saranno pronti, ciononostante, a sostenere un tale governo. (Applausi.)

Il Fronte unico e le organizzazioni di massa fasciste

Compagni, la lotta per la creazione del Fronte unico nei paesi dove il fascismo è al potere è forse il più importante dei problemi che ci stanno di fronte. In questi paesi, com'è comprensibile, la lotta si svolge in condizioni molto più difficili che nei paesi dove il movimento operaio è legale. Tuttavia, nei paesi fascisti esistono tutte le premesse per lo sviluppo di un effettivo Fronte popolare antifascista nella lotta contro la dittatura fascista, perchè gli operai socialdemocratici, cattolici e di altre correnti politiche - ad esempio in Germania - possono rendersi conto in modo più diretto della necessità di una lotta comune assieme ai comunisti contro la dittatura fascista. Le larghe masse della piccola borghesia e dei contadini, che hanno già gustato i frutti amari del dominio fascista, sono sempre più malcontente e deluse, e diviene quindi più facile attirarle nel Fronte popolare antifascista.

Il compito fondamentale nei paesi fascisti, specialmente in Germania e in Italia, dove il fascismo è riuscito a crearsi una base di massa e a far entrare per forza gli operai e gli altri lavoratori nelle sue organizzazioni, consiste dunque nel saper combinare la lotta contro la dittatura fascista dall'esterno con il lavoro in seno alle organizzazioni di massa fasciste e nei loro organi, per minare la dittatura dall'interno. E' necessario studiare, assimilare ed applicare - in conformità delle condizioni concrete di questi paesi - i metodi e i mezzi particolari per disgregare nel modo più rapido le basi di massa del fascismo e preparare l'abbattimento della dittatura fascista. Bisogna studiare, assimilare e applicare queste direttive, e non limitarsi a gridare: «Abbasso Hitler!» e «Abbasso Mussolini!». Ripeto: studiare, assimilare ed applicare.

Il compito è difficile e complesso. Tanto più difficile, in quanto la nostra esperienza in fatto di lotte coronate da successo contro la dittatura fascista è estremamente limitata. I nostri compagni italiani, ad esempio, lottano sotto la dittatura fascista già da circa 13 anni. Ma non sono ancora riusciti a sviluppare una vera e propria lotta di massa contro il fascismo, e in questo campo, purtroppo, hanno potuto dare poco aiuto di esperienza positiva agli altri Partiti Comunisti dei paesi fascisti.

I comunisti tedeschi e italiani e i comunisti degli altri paesi fascisti, come pure i giovani comunisti hanno compiuto dei prodigi di eroismo, hanno affrontato e affrontano ogni giorno dei sacrifici enormi. Di fronte a questo eroismo e a questi sacrifici noi ci inchiniamo. Ma il solo eroismo non basta (applausi). E' necessario associare questo eroismo a un lavoro quotidiano fra le masse, a una lotta concreta contro il fascismo, che permetta di ottenere dei risultati più tangibili. Nella nostra lotta contro la dittatura fascista è particolarmente pericoloso scambiare i nostri desideri per la realtà. Bisogna partire dai fatti, dalla situazione reale, concreta.

E quale è ora la realtà, ad esempio, in Germania?

Nelle masse, il malcontento e la delusione per la politica della dittatura fascista aumentano e giungono anche a prendere la forma di scioperi parziali e di altre manifestazioni. Malgrado tutti i suoi sforzi, il fascismo non è riuscito a conquistare politicamente le masse fondamentali degli operai. Il fascismo perde e perderà sempre più anche i suoi vecchi partigiani. Ma tuttavia dobbiamo renderci conto del fatto che gli operai convinti della possibilità di abbattere la dittatura fascista e pronti fin d'ora a lottare attivamente per questo, sono ancora in minoranza - siamo noi, i comunisti, e la parte rivoluzionaria degli operai socialdemocratici. Invece la maggioranza dei lavoratori non si rende ancora conto delle possibilità reali e concrete e della via da seguire per abbattere la dittatura fascista, e si trova tuttora in uno stato di attesa. Di questo dobbiamo tener conto quando definiamo i nostri compiti per la lotta contro il fascismo in Germania e quando ci proponiamo di cercare, studiare e applicare dei metodi particolari per scuotere e abbattere la dittatura fascista in Germania.

Per dare un colpo sensibile alla dittatura fascista dobbiamo conoscerne il punto più vulnerabile. Dove si trova il tallone d'Achille della dittatura fascista? Nella sua base sociale. Questa base è estremamente eterogenea. Abbraccia diverse classi e diversi strati della società. Il fascismo si è proclamato l'unico rappresentante di tutte le classi e di tutti gli strati della popolazione: dell'industriale e dell'operaio, del milionario e del disoccupato, del ricco proprietario di terre e del contadino povero, del grande capitalista e dell'artigiano. Finge di difendere gli interessi di tutti questi strati, gli interessi della nazione. Ma il fascismo, che è la dittatura della grande borghesia, deve entrare inevitabilmente in conflitto con la propria base sociale di massa, tanto più che, proprio sotto la dittatura fascista, le contraddizioni di classe tra la banda dei magnati della finanza e la stragrande maggioranza del popolo acquistano un rilievo particolare.

Noi possiamo condurre le masse alla lotta decisiva per l'abbattimento della dittatura fascista soltanto se attiriamo gli operai, che sono entrati per forza o per incoscienza nelle organizzazioni fasciste, ai movimenti più elementari per la difesa dei loro interessi economici, politici e culturali. Appunto perciò, i comunisti devono lavorare in queste organizzazioni come i migliori difensori degli interessi quotidiani della massa organizzata, tenendo presente che di mano in mano che gli operai iscritti a queste organizzazioni incominciano con sempre maggior frequenza a rivendicare dei diritti e a difendere i loro interessi, si urtano inevitabilmente con la dittatura fascista.

Sul terreno della difesa degli interessi quotidiani e, nel primo momento, degli interessi più elementari delle masse lavoratrici della città e della campagna, è relativamente più facile trovare un linguaggio comune, non soltanto per gli antifascisti coscienti, ma anche per quei lavoratori che sono ancora partigiani del fascismo, ma che, delusi e malcontenti della sua politica, mormorano e cercano l'occasione per esprimere il loro malcontento. In generale, dobbiamo comprendere che tutta la nostra tattica nei paesi a dittatura fascista deve avere un carattere tale che non allontani da noi i semplici seguaci del fascismo, non li rigetti nelle braccia del fascismo, ma approfondisca l'abisso tra i dirigenti fascisti e la massa dei semplici fascisti delusi che appartengono agli strati dei lavoratori.

Non bisogna impressionarsi, compagni, se le masse mobilitate attorno a questi interessi quotidiani si considerano come indifferenti in politica e persino come seguaci del fascismo. Per noi è importante attirarle nel movimento, perchè, anche se da principio non procede apertamente sotto delle parole d'ordine di lotta contro il fascismo, è questo già obbiettivamente un movimento antifascista, un movimento che oppone queste masse alla dittatura fascista.

L'esperienza ci insegna che è sbagliato e dannoso ritenere che nei paesi sottoposti alla dittatura fascista non sia in generale possibile agire legalmente o semilegalmente. Insistere su di un punto di vista di questo genere significa cadere nella passività, rinunciare in generale ad ogni effettivo lavoro di massa. E' vero: trovare delle forme e dei metodi di azione legale o semilegale nelle condizioni della dittatura fascista è cosa difficile e complicata. Ma in questa, come in molte altre questioni, la via ci viene indicata dalla vita stessa e dalla iniziativa delle masse, le quali hanno già dato numerosi esempi che noi dobbiamo generalizzare ed applicare in modo organizzato e opportuno.

E' necessario porre fine, con la massima risolutezza, alla sottovalutazione del lavoro nelle organizzazioni di massa del fascismo. In Italia, in Germania, in parecchi altri paesi fascisti, i nostri compagni mascheravano la loro passività e spesso, di fatto, persino l'aperto rifiuto di lavorare nelle organizzazioni di massa fasciste, contrapponendo al lavoro nelle organizzazioni di massa del fascismo il lavoro nelle fabbriche. In realtà, appunto a causa di questa contrapposizione schematica, il lavoro è stato condotto con estrema debolezza e qualche volta non si è addirittura avuto nessun lavoro nè nelle organizzazioni di massa del fascismo, nè nelle fabbriche.

Invece, è particolarmente importante che nei paesi fascisti i comunisti siano ovunque si trovano le masse. Il fascismo ha tolto agli operai le loro organizzazioni legali e ha loro imposto le organizzazioni fasciste, e in queste organizzazioni si trovano le masse, che vi sono entrate per forza o, in parte, volontariamente. Le organizzazioni di massa del fascismo possono e devono essere il nostro campo di azione legale o semi-legale, il campo nel quale ci legheremo alle masse; possono e devono divenire per noi il punto di partenza legale o semi-legale per la difesa degli interessi quotidiani delle masse. Per utilizzare queste possibilità, i comunisti devono sforzarsi di ottenere dei posti elettivi nelle organizzazioni di massa fasciste, per legarsi alla massa e liberarsi una volta per sempre dal pregiudizio che un tal genere di attività sia indecoroso ed indegno per un operaio rivoluzionario.

In Germania, ad esempio, esiste il sistema dei cosiddetti «delegati di fabbrica». Ma dove è detto che noi dobbiamo lasciare ai fascisti il monopolio di queste organizzazioni? Non possiamo forse tentare di unire negli stabilimenti i comunisti, i socialdemocratici, i cattolici e gli altri operai antifascisti, e fare in modo che nelle votazioni cancellino dalla lista dei «delegati di fabbrica» i nomi degli agenti palesi dell'industriale e li sostituiscano con i nomi di altri candidati che godono la fiducia degli operai? La pratica ha già dimostrato che ciò è possibile. La pratica, inoltre, non dice forse che è possibile, in unione con gli operai socialdemocratici e con altri operai malcontenti, esigere dai «delegati di fabbrica» una difesa effettiva degli interessi degli operai?

Prendete il «Fronte del lavoro» in Germania o i sindacati fascisti in Italia. Non si può forse esigere la elezione anzichè la nomina dei funzionari del «Fronte del lavoro», insistere perchè gli organismi dirigenti dei gruppi locali rendano conto della loro attività alle riunioni dei membri della organizzazione, presentare queste rivendicazioni, per decisione del gruppo, all'industriale, all'«ispettore del lavoro»? Sì, ciò è possibile, a condizione che gli operai rivoluzionari lavorino effettivamente nel «Fronte del lavoro» ed ottengano delle cariche nelle sue organizzazioni.

Simili metodi di lavoro sono possibili e necessari anche in altre organizzazioni di massa del fascismo: nell'Unione della gioventù hitleriana, nelle organizzazioni sportive, nella organizzazione «Kraft durch Freude», nel Dopolavoro in Italia, nelle cooperative.

Compagni, voi ricordate l'antico racconto della presa di Troia. Delle mura inespugnabili difendevano Troia dall'esercito invasore; e questo esercito, malgrado numerosi sacrifici, non potè ottenere la vittoria finchè, grazie al famoso cavallo di Troia, non riuscì a penetrare all'interno, nel cuore stesso della città nemica. Io credo che noi, operai rivoluzionari, non dovremmo farci scrupolo di applicare la stessa tattica contro il nemico fascista, il quale si difende contro il popolo con la muraglia vivente dei suoi sgherri. (Applausi.)

Chi non comprende la necessità di applicare questa tattica nei riguardi del fascismo, chi ritiene «umiliante» questo modo di agire, può essere un eccellente compagno ma - permettetemi di dirlo - è un chiacchierone e non un rivoluzionario, e non saprà condurre le masse all'abbattimento della dittatura fascista. (Applausi.)

Il movimento di massa del Fronte unico all'esterno e all'interno delle organizzazioni fasciste in Germania, in Italia e negli altri paesi dove il fascismo ha una base di massa, partendo dalla difesa dei bisogni più elementari, modificando le sue forme e le parole d'ordine di lotta a mano a mano che la lotta stessa si estende e si sviluppa, sarà la catapulta che abbatterà la fortezza della dittatura fascista che oggi sembra a molti inespugnabile.

Il Fronte unico nei paesi
dove i socialdemocratici sono al governo

La lotta per la creazione del Fronte unico solleva anche un altro problema molto importante: il problema del Fronte unico nei paesi dove esiste un governo socialdemocratico o un governo di coalizione con la partecipazione dei socialisti, come ad esempio in Danimarca, in Norvegia, in Svezia, in Cecoslovacchia e nel Belgio.

E' noto che il nostro atteggiamento verso i governi socialdemocratici, che sono dei governi di collaborazione con la borghesia, è assolutamente negativo. Ciononostante, noi non pensiamo che la esistenza di un governo socialdemocratico o di una coalizione governativa del partito socialdemocratico con i partiti borghesi sia un ostacolo insormontabile all'attuazione del Fronte unico con i socialdemocratici su determinate questioni. Pensiamo che, anche in questo caso, il Fronte unico per la difesa degli interessi immediati del popolo lavoratore e per la lotta contro il fascismo sia pienamente possibile e indispensabile. Si capisce che nei paesi dove i rappresentanti dei partiti socialdemocratici partecipano al governo, la direzione socialdemocratica oppone la resistenza più accanita al Fronte unico proletario. Questo è comprensibilissimo: i dirigenti socialdemocratici vogliono dimostrare alla borghesia di riuscire, meglio e più abilmente di chiunque altro, a tenere a freno le masse operaie malcontente e a proteggerle contro l'influenza del comunismo. Ma l'atteggiamento negativo dei ministri socialdemocratici verso il Fronte unico proletario non vale affatto a giustificare i comunisti che non fanno nulla per creare il Fronte unico del proletariato.

I nostri compagni dei paesi scandinavi seguono spesso la linea della minor resistenza e si limitano a smascherare con la propaganda il governo socialdemocratico. Questo è un errore. In Danimarca, per esempio i capi socialdemocratici sono al governo già da 10 anni e i comunisti da 10 anni ripetono tutti i giorni che questo è un governo borghese, un governo capitalistico. Si può ritenere che questa propaganda sia ormai nota agli operai danesi. Se una notevole maggioranza continua, tuttavia, a dare il voto al partito socialdemocratico che si trova al governo ciò vuol dire soltanto che la propaganda dei comunisti per smascherare il governo è insufficiente, ma non vuol dire che queste centinaia di migliaia di operai siano soddisfatti di tutti i provvedimenti governativi dei ministri socialdemocratici. No, essi sono malcontenti perchè il governo socialdemocratico, con il suo cosiddetto «accordo di crisi», viene in aiuto ai grandi capitalisti e ai latifondisti e non agli operai e ai contadini poveri; sono malcontenti perchè il governo socialdemocratico, con il suo decreto del mese di gennaio 1933, toglie agli operai il diritto di sciopero; sono malcontenti perchè il governo socialdemocratico progetta una pericolosa riforma elettorale antidemocratica (con una considerevole riduzione del numero dei deputati). Credo di non sbagliare, compagni, affermando che il 99% degli operai della Danimarca non approvano questi passi politici dei capi e dei ministri socialdemocratici.

Forse che i comunisti non possono invitare i sindacati e le organizzazioni socialdemocratiche della Danimarca a discutere assieme questi problemi di attualità, ad esporre il loro punto di vista e ad agire di comune accordo per il Fronte unico proletario, allo scopo di sostenere le rivendicazioni operaie? L'anno scorso, in ottobre, quando i nostri compagni danesi invitarono i sindacati ad intervenire contro la riduzione dei sussidi di disoccupazione e per i diritti democratici nei sindacati, circa 100 organizzazioni sindacali locali aderirono al Fronte unico.

In Svezia, per la terza volta si trova al potere un governo socialdemocratico; ma i comunisti svedesi, in pratica, si rifiutarono per molto tempo di applicare la tattica del Fronte unico. Perchè? Erano forse contro il Fronte unico? No, ben inteso, in linea di principio erano certo per il Fronte unico, per un Fronte unico in generale, ma non comprendevano in che occasione, su quali questioni, in difesa di quali rivendicazioni sarebbe stato possibile riuscire ad attuare il Fronte unico proletario, non sapevano a che cosa aggrapparsi e come aggrapparvisi. Prima della formazione del governo socialdemocratico, per alcuni mesi, durante la lotta elettorale, il partito socialdemocratico presentò una piattaforma contenente una serie di rivendicazioni che avrebbero potuto appunto essere incluse nella piattaforma del Fronte unico proletario. Ad esempio, le parole d'ordine: «Contro i dazi doganali»; «Contro la militarizzazione»; «Basta con i rinvii del problema dell'assicurazione contro la disoccupazione»; «Assicurare ai vecchi una pensione sufficiente per vivere»; «Non permettere l'esistenza di organizzazioni come il Munch Korps» (organizzazione fascista); «Abbasso la legislazione di classe contro i sindacati propugnata dai partiti borghesi.»

Più di un milione di lavoratori della Svezia hanno votato, nel 1932, per queste rivendicazioni presentate dalla socialdemocrazia e, nel 1933, hanno salutato la formazione del governo socialdemocratico sperando che tali rivendicazioni sarebbero state attuate. In quella situazione, nulla sarebbe stato più naturale e più rispondente ai desideri delle masse operaie, che una proposta del Partito comunista a tutte le organizzazioni socialdemocratiche e sindacali di intraprendere delle azioni comuni per attuare queste rivendicazioni presentate dal partito socialdemocratico.

Se, al fine di realizzare queste rivendicazioni degli stessi socialdemocratici, si fosse riusciti a mobilitare effettivamente le grandi masse, a collegare le organizzazioni operaie socialdemocratiche e comuniste nel Fronte unico, la classe operaia svedese ne avrebbe senza dubbio guadagnato. I ministri socialdemocratici, certo, non se ne sarebbero troppo rallegrati, perchè il governo sarebbe stato costretto a soddisfare almeno qualcuna di queste rivendicazioni. In ogni caso, non sarebbe avvenuto ciò che è avvenuto, e cioè che il governo, invece di sopprimere i dazi doganali, ne ha elevati alcuni, invece di limitare il militarismo, ha aumentato il bilancio della guerra, ed invece di respingere qualsiasi legge contro i sindacati ha presentato esso stesso un progetto di legge di questo genere al Parlamento. E' vero che, per quanto concerne questa ultima questione il Partito Comunista Svedese ha condotto una buona campagna di massa nello spirito del Fronte unico proletario, ottenendo che, in fin dei conti, anche il gruppo parlamentare socialdemocratico si sentisse costretto a votare contro il progetto di legge governativo, che per il momento è caduto.

I comunisti norvegesi hanno ben agito, il I Maggio, invitando le organizzazioni del Partito operaio a manifestazioni comuni e presentando una serie di rivendicazioni che sostanzialmente coincidevano con quelle contenute nella piattaforma elettorale del Partito operaio norvegese. Sebbene questo passo a favore del Fronte unico non avesse avuto una preparazione adeguata e la direzione del Partito operaio norvegese l'avesse avversato, in 30 località ebbero luogo delle dimostrazioni di Fronte unico.

Un tempo, molti comunisti temevano di dimostrarsi opportunisti se a qualunque rivendicazione parziale dei socialdemocratici non opponevano delle rivendicazioni proprie, due volte più radicali. Era un errore puerile. Se i socialdemocratici presentavano, per esempio, la rivendicazione dello scioglimento delle organizzazioni fasciste, non c'era ragione che noi aggiungessimo: «e scioglimento della polizia statale» (poichè questa rivendicazione è opportuno formularla in un'altra situazione) ma avremmo dovuto dire agli operai socialdemocratici: siamo pronti ad accettare queste rivendicazioni del vostro partito come rivendicazioni del Fronte unico proletario e a lottare fino in fondo per la loro realizzazione. Su, dunque, lottiamo assieme!

Anche in Cecoslovacchia, per la realizzazione del Fronte unico della classe operaia, si possono e si devono utilizzare determinate rivendicazioni presentate dalla socialdemocrazia ceca e da quella tedesca, nonchè dai sindacati riformisti. Quando la socialdemocrazia, per esempio, chiede che si dia lavoro ai disoccupati, o chiede (come chiede fin dal 1927) l'abrogazione delle leggi che limitano l'autonomia amministrativa dei Comuni, bisogna concretare queste rivendicazioni nelle varie località e in ogni distretto e lottare a fianco delle organizzazioni socialdemocratiche per la loro attuazione. Oppure quando i partiti socialdemocratici gridano «in generale» contro gli agenti del fascismo nell'apparato statale, bisogna individuare in ogni distretto gli araldi del fascismo e, assieme agli operai socialdemocratici, intervenire perchè siano allontanati dalle istituzioni dello Stato.

Nel Belgio, i capi del Partito operaio, con Emilio Vandervelde alla testa, sono entrati in un governo di coalizione. Hanno ottenuto questo «successo» grazie a una lunga e vasta campagna per due rivendicazioni fondamentali: 1) ritiro dei decreti eccezionali; 2) realizzazione del piano De Man. La prima questione è molto importante. Il governo precedente aveva promulgato in complesso 150 decreti eccezionali reazionari, che impongono un fardello estremamente pesante al popolo lavoratore. Si proponeva di annullarli immediatamente. Era il Partito socialista che lo richiedeva. Ma quanti decreti eccezionali ha annullato il nuovo governo? Nessuno, ma si è limitato ad attenuare lievemente alcune leggi eccezionali, pagando una specie di riscatto «simbolico» per le grandi promesse dei capi socialisti belgi (a somiglianza del «dollaro simbolico» che alcune potenze europee offrivano all'America in pagamento dei loro debiti di guerra ammontanti a milioni).

Per quanto riguarda la realizzazione del roboante «piano» De Man, le cose hanno preso una piega del tutto inaspettata per le masse socialdemocratiche: i ministri socialisti hanno dichiarato che prima bisogna superare la crisi economica, applicando solamente quelle parti del piano De Man che migliorano la situazione dei capitalisti e delle banche, e che soltanto dopo si potranno applicare dei provvedimenti volti a migliorare le condizioni degli operai. Ma quanto tempo gli operai dovranno attendere la loro parte della «prosperità» promessa nel piano De Man? Sui banchieri belgi si è già rovesciata una vera pioggia d'oro. Il franco belga è già stato svalutato del 28 % e grazie a questa manovra, i banchieri hanno potuto appropriarsi, a guisa di trofeo, di 4 miliardi e mezzo di franchi a spese dei salariati e dei piccoli risparmiatori. Ma come si accorda questo con il contenuto del piano De Man? Se si crede alla lettera del piano, esso promette di «combattere gli abusi monopolistici e le manovre degli speculatori».

Il governo, in base al piano De Man, ha nominato una commissione per il controllo delle banche, ma una commissione composta di banchieri, i quali oggi, allegramente e con disinvoltura, controllano se stessi!

Il piano De Man promette anche una serie di altre buone cose: «la riduzione della giornata lavorativa», «la normalizzazione dei salari», «il salario minimo», «la organizzazione di un sistema generale di assicurazioni sociali», «l'estensione delle comodità della vita grazie a nuove costruzioni di abitazioni», ecc. Tutte rivendicazioni, queste, che noi comunisti possiamo sostenere. Dobbiamo dire alle organizzazioni operaie del Belgio: i capitalisti hanno già ricevuto abbastanza, anzi troppo. Esigiamo dai ministri socialdemocratici la realizzazione delle promesse che hanno fatto agli operai! Uniamoci in un Fronte unico per la difesa vittoriosa dei nostri interessi. Ministro Vandervelde, noi sosteniamo le rivendicazioni per gli operai contenute nella vostra piattaforma, ma dichiariamo apertamente: noi prendiamo queste rivendicazioni sul serio, vogliamo dei fatti e non delle parole vuote e per ciò raggruppiamo centinaia di migliaia di operai nella lotta per queste rivendicazioni!

In questo modo, nei paesi dove esistono dei governi socialdemocratici, i comunisti, utilizzando tali rivendicazioni corrispondenti che sono contenute nelle piattaforme degli stessi partiti socialdemocratici e le promesse fatte dai ministri socialdemocratici alle elezioni come punto di partenza per arrivare all'azione comune con i partiti e le organizzazioni socialdemocratiche, possono poi sviluppare più facilmente la campagna per l'attuazione del Fronte unico, sulla base ormai di una serie di nuove rivendicazioni delle masse, nella lotta contro la offensiva del capitale, contro il fascismo e la minaccia di guerra.

E' inoltre necessario tener presente che se, in generale, le azioni comuni con i partiti e le organizzazioni socialdemocratiche esigono che i comunisti conducano una critica seria e fondata della socialdemocrazia in quanto ideologia e pratica della collaborazione di classe con la borghesia e spieghino instancabilmente e fraternamente agli operai social­democratici il programma e le parole d'ordine del comunismo, questo compito è particolarmente importante, nella lotta per il Fronte unico, proprio in quei paesi nei quali esistono dei governi socialdemocratici.

La lotta per l'unità sindacale

Compagni, la tappa più importante nel consolidamento del Fronte unico deve essere la realizzazione dell'unità sindacale su scala nazionale ed internazionale.

Com'è noto, la tattica scissionistica dei capi riformisti è stata applicata con la massima asprezza nei sindacati. Ed è comprensibile: la loro politica di collaborazione di classe con la borghesia trovava la sua applicazione pratica direttamente negli stabilimenti, a spese degli interessi vitali delle masse operaie. Questa pratica, naturalmente, provocava una critica aspra e la resistenza degli operai rivoluzionari diretti dai comunisti. Ecco perché è nel campo sindacale che si è svolta la lotta più forte tra comunismo e riformismo.

Quanto più la situazione del capitalismo si aggravava e si complicava tanto più era reazionaria la politica dei dirigenti sindacali di Amsterdam e tanto più aggressivi erano i loro provvedimenti contro tutti gli elementi di opposizione in seno ai sindacati. Neppure la instaurazione della dittatura fascista in Germania e l'intensificarsi della offensiva del capitale in tutti i paesi capitalistici attenuarono quest'aggressività. Non è forse caratteristico che nel solo anno 1933 in Inghilterra, in Olanda, nel Belgio e in Svezia si siano diramate delle ignobili circolari per la espulsione dei comunisti e degli operai rivoluzionari dai sindacati? In Inghilterra, nel 1933, viene alla luce una circolare che proibisce alle sezioni locali dei sindacati di aderire alle organizzazioni contro la guerra e ad altre organizzazioni rivoluzionarie. Questo è il preludio alla famosa «circolare nera» del Consiglio generale delle Trade Unions, che dichiara fuori legge tutti i Consigli sindacali a far parte dei quali siano ammessi dei rappresentanti «comunque legati alle organizzazioni comuniste». E cosa dire poi della direzione dei sindacati tedeschi, che usano dei mezzi di repressione inauditi contro gli elementi rivoluzionari nei sindacati?

Ma la nostra tattica non deve basarsi sulla condotta dei singoli dirigenti dei sindacati di Amsterdam, quali che siano le difficoltà che questa condotta crea alla lotta di classe; deve basarsi innanzi tutto sul fatto che nei sindacati si trovano le masse operaie.

E qui dobbiamo dichiarare apertamente: il lavoro nei sindacati costituisce la questione più spinosa per tutti i Partiti Comunisti. Dobbiamo riuscire a compiere una svolta effettiva nel lavoro sindacale mettendo al centro la questione della lotta per l'unità sindacale.

Ci diceva il compagno Stalin, già 10 anni or sono:
In cosa consiste la forza della socialdemocrazia in Occidente?
Nel fatto che essa si appoggia ai sindacati.
In che cosa consiste la debolezza dei nostri Partiti Comunisti in Occidente?
Nel fatto che non si sono ancora strettamente legati - ed alcuni elementi di questi Partiti Comunisti non vogliono legarsi - ai sindacati. Perciò, nel momento presente, il compito principale dei Partiti Comunisti occidentali consiste nello svolgere e nel condurre fino in fondo la campagna per l'unità del movimento sindacale, nel far entrare tutti i comunisti, senza eccezione, nei sindacati, nel condurre, in seno ai sindacati, un lavoro sistematico, paziente, per la compattezza della classe operaia contro il capitale e nell'ottenere in tal modo che i Partiti Comunisti possano appoggiarsi ai sindacati.
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E' stata applicata questa direttiva del compagno Stalin? No, compagni, non è stata applicata.

Molti nostri compagni, ignorando l'attaccamento degli operai per i sindacati e di fronte alle difficoltà del lavoro all'interno dei sindacati di Amsterdam, decisero di rinunciare a questo compito complicato. Parlavano invariabilmente della crisi organizzativa dei sindacati di Amsterdam, della fuga degli operai dai sindacati, e non vedevano che, dopo un certo indietreggiamento all'inizio della crisi mondiale, i sindacati riprendevano nuovamente a svilupparsi. La particolarità del movimento sindacale stava appunto nel fatto che l'offensiva della borghesia contro i diritti sindacali, i tentativi compiuti in vari paesi (Polonia, Ungheria, ecc.) per «inserire» nel regime i sindacati, la decurtazione delle assicurazioni sociali e il saccheggio dei salari, nonostante la mancata resistenza dei capi sindacali riformisti a simili provvedimenti, spingevano gli operai a stringersi ancor più compatti attorno ai sindacati, poichè gli operai volevano e vogliono vedere nel sindacato il difensore combattivo dei loro vitali interessi di classe. Così si spiega il fatto che, in questi ultimi anni la maggior parte dei sindacati di Amsterdam - in Francia, Cecoslovacchia, Belgio, Svezia, Olanda, Svizzera, ecc. - si sono sviluppati numericamente. Anche la Federazione Americana del Lavoro, negli ultimi due anni, ha registrato un forte aumento del numero dei suoi iscritti.

Se i compagni tedeschi avessero compreso meglio il compito del lavoro sindacale, del quale parlò loro più di una volta il compagno Thaelmann, avremmo probabilmente avuto nei sindacati una situazione migliore di quella che vi era al momento della instaurazione della dittatura fascista. Alla fine del 1932 solamente il dieci per cento degli iscritti al Partito facevano parte dei sindacati liberi. E ciò avveniva sebbene dopo il VI Congresso della Internazionale comunista, i comunisti fossero alla testa di tutta una serie di scioperi. Sulla stampa, i nostri compagni parlavano della necessità di consacrare il 90% delle nostre forze al lavoro nei sindacati, ma in pratica tutto il lavoro era concentrato nella opposizione sindacale rivoluzionaria, la quale di fatto tendeva a sostituire i sindacati. E dopo la presa del potere da parte di Hitler? Per due anni, molti dei nostri compagni hanno opposto una resistenza ostinata e sistematica alla giusta parola d'ordine della lotta per la ricostituzione dei sindacati liberi.

Potrei citare degli esempi analoghi per quasi tutti i paesi capitalistici.

Ma noi abbiamo già anche un primo ed importante risultato attivo nella lotta per l'unità del movimento sindacale nei paesi europei. Alludo alla piccola Austria dove, per iniziativa del Partito comunista, si son gettate le basi per un movimento sindacale illegale. Dopo le lotte di febbraio, i socialdemocratici, con Otto Bauer alla testa, hanno lanciato la parola d'ordine: «I sindacati liberi possono essere ricostituiti soltanto dopo la caduta del fascismo.» I comunisti si sono messi al lavoro per ricostituire i sindacati. Ogni fase di questo lavoro è stato un frammento di Fronte unico in atto del proletariato austriaco. La vittoriosa ricostituzione dei sindacati liberi nell'illegalità è stata una sconfitta grave per il fascismo. I socialdemocratici si sono trovati al bivio. Una parte di essi ha tentato di avviare delle trattative con il governo; l'altra parte, considerati i successi, ha creato parallelamente ai nostri i propri sindacati illegali. Ma la via poteva essere una sola: o la capitolazione di fronte al fascismo o la lotta comune contro il fascismo, verso l'unità sindacale. Sotto la pressione delle masse, la esitante direzione dei sindacati paralleli creati dagli ex-capi sindacali ha deciso di addivenire alla unificazione. La base di questa unificazione è la lotta implacabile contro la offensiva del capitale e del fascismo e la garanzia della democrazia nei sindacati. Noi salutiamo questo esempio di unificazione dei sindacati, che è il primo dopo la formale scissione del movimento sindacale avvenuta nel dopoguerra e che ha perciò una importanza internazionale.

In Francia, il Fronte unico ha dato indubbiamente un impulso formidabile all'attuazione dell'unità sindacale. I dirigenti della Confederazione generale del lavoro hanno ostacolato ed ostacolano in tutti i modi l'attuazione dell'unità, contrapponendo alla questione fondamentale della politica di classe dei sindacati delle questioni che hanno una importanza subordinata, secondaria o formale. Un successo indubbio nella lotta per l'unità sindacale è costituito dalla creazione dei sindacati unici su scala locale, i quali, ad esempio tra i ferrovieri, abbracciano quasi i tre quarti dei membri dei due sindacati. Noi siamo decisamente per la ricostituzione dell'unità sindacale in ogni paese e su scala internazionale.

Noi siamo per il sindacato unico in ogni ramo di produzione.
Noi siamo per un'unica Federazione di sindacati in ogni paese.
Noi siamo per la unificazione internazionale dei sindacati d'industria.
Noi siamo per una Internazionale sindacale unica sulla base della lotta di classe.
Noi siamo per i sindacati di classe unici, in quanto sono uno dei principali baluardi della classe operaia contro l'offensiva del capitale e del fascismo
. E noi, per la unificazione delle organizzazioni sindacali, poniamo una sola condizione: la lotta contro il capitale, la lotta contro il fascismo, la democrazia interna nei sindacati.

Il tempo stringe. Per noi, il problema dell'unità sindacale sia su scala nazionale che su scala internazionale, è il grande problema dell'unificazione della nostra classe in potenti organizzazioni sindacali contro il nemico di classe. Noi salutiamo il messaggio inviato alla vigilia del I Maggio di quest'anno, dalla Internazionale sindacale rossa alla Internazionale di Amsterdam, con la proposta di discutere insieme le condizioni, i metodi e le forme di unificazione del movimento sindacale mondiale. I capi della Internazionale di Amsterdam hanno respinto questa proposta con il vecchio ed ormai vieto pretesto che l'unità del movimento sindacale è soltanto possibile nelle file dell'Internazionale di Amsterdam, la quale, sia detto a questo proposito, raggruppa quasi esclusivamente delle organizzazioni sindacali di una parte dei paesi europei.

Ma i comunisti, lavorando nei sindacati, devono continuare instancabilmente la lotta per l'unità del movimento sindacale. Compito dei Sindacati rossi e della Internazionale sindacale rossa è di fare tutto ciò che dipende da loro per affrettare l'ora della lotta comune di tutti i sindacati contro l'offensiva del capitalismo e del fascismo, per creare l'unità del movimento sindacale malgrado l'opposizione ostinata dei capi reazionari dell'Internazionale di Amsterdam. I Sindacati rossi e l'Internazionale sindacale rossa devono avere in questa opera tutto il nostro appoggio.

Nei paesi dove esistono dei piccoli sindacati rossi, noi raccomandiamo di lavorare per la loro affiliazione ai grandi sindacati riformisti rivendicando la libertà di esporre le proprie opinioni e la riammissione degli espulsi. Nei paesi dove esistono parallelamente dei grandi sindacati rossi e dei sindacati riformisti, raccomandiamo la convocazione di un Congresso di unificazione sulla base di una piattaforma di lotta contro la offensiva del capitale e della garanzia della democrazia sindacale.

Bisogna dire nel modo più categorico che l'operaio comunista, l'operaio rivoluzionario che non entra nel sindacato di massa della sua professione, che non lotta per trasformare il sindacato riformista in una vera organizzazione sindacale di classe, che non lotta per l'unità del movimento sindacale sulla base della lotta di classe, non compie il suo più elementare dovere di proletario. (Applausi.)

Il Fronte unico e la gioventù

Ho già accennato, compagni, all'importanza che ha avuto per la vittoria del fascismo l'adescamento della gioventù nelle organizzazioni fasciste. Quando parliamo della gioventù dobbiamo dire apertamente che noi abbiamo trascurato il nostro compito di attirare le masse della gioventù lavoratrice alla lotta contro l'offensiva del capitale, contro il fascismo e contro il pericolo di guerra; che noi abbiamo trascurato questo compito in una serie di paesi. Abbiamo sottovalutato la immensa importanza che ha la gioventù nella lotta contro il fascismo; non abbiamo sempre tenuto conto dei particolari interessi economici, politici e culturali della gioventù e non abbiamo neanche rivolto l'attenzione dovuta all'educazione rivoluzionaria della gioventù.

Tutto ciò il fascismo l'ha abilmente sfruttato trascinando in alcuni paesi, particolarmente in Germania, notevoli contingenti della gioventù contro il proletariato. Bisogna tener presente che il fascismo non attira i giovani solamente con del romanticismo militarista. Esso ne sfama e ne veste taluni inquadrandoli nelle sue squadre, ad altri dà del lavoro, e crea anche le cosiddette istituzioni culturali giovanili, sforzandosi in tal modo di far credere ai giovani che il fascismo vuole e può effettivamente nutrire, vestire, educare le masse dei giovani lavoratori ed assicurare loro del lavoro.

Le nostre Federazioni giovanili comuniste in vari paesi capitalistici sono ancora prevalentemente settarie, staccate dalle organizzazioni di massa. La loro debolezza principale consiste nel tendere ancora a copiare i Partiti Comunisti, le forme e i metodi di lavoro dei Partiti Comunisti, dimenticando che la Federazione giovanile comunista non è il Partito comunista della gioventù. Esse non tengono abbastanza conto del fatto che la loro è una organizzazione con dei propri compiti particolari. I suoi metodi e le sue forme di lavoro e di educazione devono essere adattati al livello concreto e alle aspirazioni della gioventù.

I nostri giovani comunisti hanno dato prova di un eroismo indimenticabile nella lotta contro la violenza fascista e la reazione borghese. Ma non possiedono ancora la capacità di strappare concretamente, tenacemente le masse della gioventù alla influenza del nemico. Prova ne sia la riluttanza non ancora superata verso il lavoro nelle organizzazioni giovanili fasciste, l'atteggiamento non sempre giusto verso la gioventù socialista e la rimanente gioventù non comunista.

Una grande responsabilità per tutto questo spetta, naturalmente, anche ai Partiti Comunisti, i quali devono dirigere ed aiutare i giovani comunisti nel loro lavoro. Il problema della gioventù, infatti, non è soltanto un problema della gioventù comunista. E' un problema di tutto il movimento comunista. Nel campo della lotta per la conquista della gioventù da parte dei Partiti Comunisti e delle organizzazioni della gioventù comunista è necessario fare un effettivo decisivo balzo in avanti. Il compito fondamentale del movimento giovanile comunista nei paesi capitalistici è di mettersi arditamente sulla via dell'attuazione del Fronte unico, sulla via della organizzazione e della unificazione delle nuove generazioni di lavoratori. Gli esempi offerti in questi ultimi tempi dalla Francia e dagli Stati Uniti dimostrano quale enorme influenza abbiano sul movimento rivoluzionario della gioventù anche i primi passi in questa direzione. E' stato sufficiente iniziare la organizzazione del Fronte unico per ottenere subito in questi paesi dei successi considerevoli. E nel campo del Fronte unico internazionale è degna di una particolare attenzione l'ottima iniziativa del Comitato parigino contro la guerra e contro il fascismo per la collaborazione internazionale di tutte le organizzazioni non fasciste della gioventù.

Questi passi ultimamente compiuti con buon successo nel movimento del Fronte unico dei giovani dimostrano pure che le forme del Fronte unico dei giovani nè devono essere applicate secondo un modello stereotipato, nè devono essere necessariamente le stesse che si adoperano nella pratica dei Partiti Comunisti. Le Federazioni giovanili comuniste devono tendere con tutti i mezzi alla unificazione delle forze di tutte le organizzazioni di massa non fasciste della gioventù e giungere a creare delle organizzazioni comuni di vario genere per la lotta contro il fascismo, contro la inaudita mancanza di diritti e contro la militarizzazione della gioventù, per i diritti economici e politici delle giovani generazioni, per portare al Fronte antifascista questa gioventù ovunque si trovi, negli stabilimenti, nei campi del lavoro forzato, negli uffici di collocamento, nelle caserme o nella flotta, nelle scuole o nelle varie società sportive, culturali, ecc.

I nostri giovani comunisti, sviluppando e rafforzando l'organizzazione della Gioventù Comunista, devono adoperarsi a creare delle associazioni antifasciste delle Federazioni giovanili comuniste e socialiste sulla piattaforma della lotta di classe.

Il Fronte unico e le donne

Non meno del lavoro fra i giovani, si sottovaluta il lavoro fra le donne lavoratrici: fra le operaie, le disoccupate, le contadine e le massaie. Eppure, se esso toglie ai giovani più che a ogni altro, il fascismo in modo particolarmente spietato e cinico asservisce la donna speculando sui suoi sentimenti più vibranti di madre, di massaia, di operaia isolata che vive nell'incertezza del domani. Il fascismo si presenta nella veste di benefattore, getta delle elemosine irrisorie alla famiglia affamata e tenta così di soffocare l'amarezza suscitata in particolare tra le donne lavoratrici dalla schiavitù inaudita che il fascismo apporta loro. Il fascismo scaccia le operaie dalla produzione. Invia a forza le ragazze bisognose nei villaggi, riducendole alla condizione di serve senza paga al servizio dei kulak e dei latifondisti. Promette alla donna la felicità del focolare domestico, ma la spinge, più di ogni altro regime capitalistico, sulla via della prostituzione.

I comunisti e, prima di tutto, le donne comuniste, devono ricordare che non vi può essere lotta vittoriosa contro il fascismo e contro la guerra, se in essa non vengono attratte le larghe masse femminili. Ma questo non si ottiene con la sola agitazione. Tenendo conto di ogni condizione concreta, noi dobbiamo trovare la possibilità di mobilitare le masse delle donne lavoratrici per la difesa dei loro interessi e delle loro rivendicazioni essenziali, nella lotta contro il caro-vita, per l'aumento del salario sulla base del principio: «A uguale lavoro uguale salario», contro i licenziamenti in massa, contro ogni manifestazione della condizione di inferiorità della donna e contro l'asservimento fascista.

Per attrarre le donne lavoratrici nel movimento rivoluzionario, noi non dobbiamo esitare a costituire a tal fine, dove sia necessario, delle organizzazioni femminili distinte. Il pregiudizio, secondo il quale bisognerebbe liquidare le organizzazioni femminili dirette da Partiti Comunisti nei paesi capitalistici, in nome della lotta contro il «separatismo femminile» nel movimento operaio, ha portato sovente dei gravi danni.

E' necessario ricercare le forme più semplici e duttili che permettono di stabilire il contatto e la lotta in comune delle organizzazioni femminili rivoluzionarie, socialdemocratiche, progressive contro la guerra e il fascismo. Noi dobbiamo ottenere, a qualunque costo, che le operaie e le donne lavoratrici lottino al fianco dei loro fratelli di classe nelle file del Fronte unico della classe operaia e del Fronte popolare antifascista.

Il Fronte unico antimperialista

In relazione alle modificazioni avvenute nella situazione interna e internazionale di tutti i paesi coloniali e semi-coloniali la questione del Fronte unico antimperialista acquista una importanza eccezionale.

Per la costituzione di un ampio Fronte unico di lotta antimperialista nelle colonie e nei paesi semi-coloniali è innanzi tutto necessario tener conto delle condizioni diverse nelle quali si svolge la lotta antimperialistica delle masse, del diverso grado di maturità del movimento di liberazione nazionale, della funzione che il proletariato ha in questo movimento e dell'influenza del Partito comunista sulle grandi masse.

Il problema si pone in modo diverso nel Brasile, in India, in Cina, ecc.

Nel Brasile, il Partito comunista il quale ha dato una giusta base allo sviluppo del Fronte unico antimperialista creando l'Alleanza per la liberazione nazionale, deve consacrare tutti i suoi sforzi ad estenderla ulteriormente, in primo luogo attirando ad essa le masse di molti milioni di contadini, lavorando alla creazione di unità dell'esercito rivoluzionario nazionale, devoto fino in fondo alla rivoluzione, e lavorando alla instaurazione del potere dell'Alleanza per la liberazione nazionale.

In India, i comunisti devono partecipare a tutte le manifestazioni di massa antimperialistiche, non escluse quelle capeggiate dai nazional-riformisti, sostenerle. I comunisti devono conservare la loro indipendenza politica e organizzativa, ma svolgere un lavoro attivo in seno alle organizzazioni che aderiscono al Congresso nazionale indiano, facilitando la cristallizzazione in esse dell'ala nazional-rivoluzionaria, ai fini dell'ulteriore sviluppo del movimento di liberazione nazionale dei popoli dell'India contro l'imperialismo britannico.

In Cina, dove il movimento popolare ha già portato alla creazione di territori sovietici in una parte considerevole del paese e all'organizzazione di un potente Esercito Rosso, la brigantesca offensiva dell'imperialismo giapponese e il tradimento del governo di Nankino minacciano l'esistenza nazionale del grande popolo cinese. I territori sovietici cinesi intervengono come centro di unificazione della lotta contro l'asservimento e la spartizione della Cina da parte degli imperialisti, come centro di raccolta di tutte le forze antimperialistiche per la lotta nazionale del popolo cinese.

Noi approviamo perciò l'iniziativa del nostro valoroso Partito Comunista Cinese per la creazione del più vasto Fonte unico antimperialistico contro l'imperialismo giapponese e i suoi agenti cinesi, con tutte le forze organizzate effettivamente per salvare il loro paese e il loro popolo.

Sono certo di esprimere il pensiero e il sentimento di tutto il nostro Congresso se dichiaro che a nome del proletariato rivoluzionario di tutto il mondo noi inviamo un ardente e fraterno saluto a tutti i Soviet della Cina, al popolo cinese rivoluzionario. (Applausi fragorosi. Tutti si alzano). Noi inviamo un ardente e fraterno saluto all'eroico Esercito Rosso cinese, provato in migliaia di combattimenti. (Applausi fragorosi.) E noi assicuriamo il popolo cinese della nostra ferma decisione di sostenere la lotta per la sua completa liberazione da tutti i briganti imperialisti e dai loro agenti cinesi (Applausi fragorosi; tutti i delegati, in piedi, continuano per alcuni minuti la vibrante ovazione, tra grida di evviva.)

Il governo di Fronte unico

Compagni, noi ci siamo orientati decisamente, audacemente verso il Fronte unico della classe operaia e siamo pronti ad attuarlo nel modo più conseguente.

Alla domanda se noi comunisti siamo sul terreno del Fronte unico soltanto nella lotta per le rivendicazioni parziali o se siamo pronti ad assumere delle responsabilità anche quando si tratterà di costituire un governo sulla base del Fronte unico, noi rispondiamo, con piena coscienza della nostra responsabilità: sì, noi teniamo conto che si può creare una situazione nella quale la formazione di un governo di Fronte unico proletario o di Fronte popolare antifascista sia non soltanto possibile ma necessaria nell'interesse del proletariato (applausi); e in tal caso, senza esitazione alcuna, noi interverremo per la formazione di un tale governo.

Non parlo qui del governo che può essere formato dopo la vittoria della rivoluzione proletaria. Certo, non è da escludersi che, in qualche paese, subito dopo l'abbattimento rivoluzionario della borghesia, si possa addivenire alla formazione di un governo sovietico sulla base di un blocco governativo del Partito comunista con quel determinato partito (o con la sua ala sinistra) che partecipa alla rivoluzione. Come è noto, dopo la Rivoluzione di Ottobre il Partito dei bolscevichi russi vittorioso incluse nel governo sovietico anche dei socialisti-rivoluzionari di sinistra. Fu questa una particolarità del primo governo sovietico dopo la vittoria della Rivoluzione di Ottobre.

Ma non si tratta di un caso di questo genere. Si tratta della possibilità di costituire un governo di Fronte unico alla vigilia e prima della vittoria della rivoluzione sovietica.

Che governo è questo? E in quale situazione si può parlare della formazione di un tale governo?





E', prima di tutto, un governo di lotta contro il fascismo e la reazione. Dev'essere un governo che sorge in conseguenza del movimento di Fronte unico e che non limita in alcun modo l'attività del Partito comunista e delle organizzazioni di massa della classe operaia, ma, al contrario, prende delle misure risolute contro i magnati controrivoluzionari della finanza e i loro agenti fascisti.

Al momento opportuno, il Partito comunista di un dato paese, appoggiandosi al crescente movimento di Fronte unico si pronuncerà per la formazione di un tale governo sulla base di una determinata piattaforma antifascista.

In quali condizioni oggettive sarà possibile la formazione di un simile governo? A questa domanda si può rispondere nella forma più generale: in condizioni di crisi politica, quando le classi dominanti non siano più in grado di far fronte alla potente ascesa del movimento antifascista di massa. Ma questa è soltanto una prospettiva generale, senza la quale la formazione di un governo di Fronte unico sarà in pratica difficilmente possibile. Soltanto l'esistenza di determinate premesse particolari può mettere all'ordine del giorno la formazione di un simile governo come compito politico necessario. E mi sembra che, per questo si debba porre un'attenzione particolare alle premesse seguenti:

in primo luogo, che l'apparato statale della borghesia sia già disorganizzato e paralizzato quanto basti perchè la borghesia non possa impedire la formazione di un governo di lotta contro la reazione e il fascismo;

in secondo luogo, che le grandi masse dei lavoratori, in modo particolare i sindacati di massa, insorgano impetuosamente contro il fascismo e la reazione, ma non siano ancora pronte ad insorgere per lottare, sotto la direzione del Partito comunista, per la conquista del potere sovietico;

in terzo luogo, che la differenziazione e l'evoluzione a sinistra nelle file della socialdemocrazia e degli altri partiti aderenti al Fronte unico sia ormai giunta a un punto tale che una parte considerevole di questi partiti esiga delle misure spietate contro i fascisti e gli altri reazionari, lotti insieme ai comunisti contro il fascismo e si pronunci apertamente contro la parte reazionaria del suo proprio partito, ostile al comunismo.

Non si può dire in anticipo quando e in quali paesi si creerà una tale situazione di fatto, nella quale queste premesse esisteranno in misura sufficiente; ma poiché tale possibilità non è esclusa per nessuno dei paesi capitalistici, dobbiamo tenerne conto, e non soltanto orientarci e prepararci noi stessi ad essa ma orientare in modo adeguato in questo senso anche la classe operaia.

Il fatto che oggi mettiamo in discussione questo problema è evidentemente legato al nostro apprezzamento della situazione e delle prospettive immediate del suo sviluppo, come pure allo sviluppo effettivo che il movimento di Fronte unico ha assunto in questi ultimi tempi in vari paesi. Per oltre dieci anni, la situazione nei paesi capitalistici fu tale che l'Internazionale comunista non aveva motivo di discutere questioni di questo genere.

Voi ricorderete, compagni, che al nostro IV Congresso, nel 1922, e poi al V Congresso nel 1924, si era discussa la questione della parola d'ordine del governo operaio o del governo operaio e contadino. All'inizio si trattava sostanzialmente di una questione quasi analoga a quella che poniamo oggi. Le discussioni che si svolsero allora nell'Internazionale comunista a tale proposito, e in modo particolare gli errori politici commessi in questo campo, si devono tenere in considerazione anche oggi, per accentuare la nostra vigilanza contro il pericolo di deviazioni di destra e di «sinistra» dalla linea bolscevica in questa questione. Perciò passerò brevemente in rassegna alcuni di questi errori, al fine di trarne gli insegnamenti necessari per la politica attuale dei nostri Partiti.

La prima serie di errori dipendeva dal fatto che la questione del governo operaio non era legata chiaramente e fortemente alla esistenza di una crisi politica. Grazie a questa circostanza, gli opportunisti di destra poterono interpretare la cosa come se si dovesse tendere alla formazione di un governo operaio sostenuto dal Partito comunista in qualsiasi, per così dire, situazione «normale». Gli ultra-sinistri, al contrario, accettavano soltanto quel governo operaio che può essere formato per mezzo della insurrezione armata, dopo l'abbattimento della borghesia. Gli uni e gli altri sbagliavano, e per evitare la ripetizione di tali errori noi oggi accentuiamo così fortemente la necessità del preciso apprezzamento di quelle condizioni concrete particolari della crisi politica e dell'ascesa del movimento di massa, nelle quali la creazione di un governo di Fronte unico può essere possibile e politicamente indispensabile.

La seconda serie di errori dipendeva dal fatto che la questione del governo operaio non era legata allo sviluppo di un combattivo movimento di massa del Fronte unico del proletariato. Gli opportunisti di destra avevano così la possibilità di deformare la questione riducendola a una tattica di blocco senza principi con i partiti socialdemocratici, sulla base di combinazioni puramente parlamentari. Gli ultra-sinistri, invece, gridavano: «Nessuna coalizione con la socialdemocrazia controrivoluzionaria!», poiché, in sostanza, consideravano tutti i socialdemocratici come dei controrivoluzionari.

Sia la prima posizione, sia la seconda erano sbagliate e noi oggi diciamo ben chiaro di non voler affatto un «governo operaio» che sia un semplice governo socialdemocratico allargato. Noi preferiamo persino rinunciare a chiamarlo «governo operaio» e parliamo di un governo di Fronte unico, che per il suo carattere politico è del tutto diverso - diverso in linea di principio - da tutti i governi socialdemocratici che si attribuiscono abitualmente il nome di «governi operai». Mentre il governo socialdemocratico è uno strumento di collaborazione di classe con la borghesia nell'interesse della conservazione del regime capitalistico, il governo di Fronte unico è un organo di collaborazione dell'avanguardia rivoluzionaria del proletariato con gli altri partiti antifascisti nell'interesse di tutto il popolo lavoratore, è un governo di lotta contro fascismo e la reazione. E' chiaro che queste sono due cose radicalmente diverse.

D'altra parte, noi sottolineiamo la necessità di rilevare la differenza fra i due diversi campi della socialdemocrazia. Come ho già detto, esiste il campo reazionario della socialdemocrazia, ma in pari tempo esiste e si sviluppa il campo dei socialdemocratici di sinistra (senza virgolette), degli operai che si rivoluzionarizzano. La differenza decisiva fra questi due campi consiste in pratica nel loro atteggiamento verso il Fronte unico della classe operaia. I socialdemocratici reazionari sono contro il Fronte unico, calunniano il movimento di Fronte unico, lo sabotano e lo disgregano, perché mette in iscacco la loro politica di conciliazione con la borghesia. I socialdemocratici di sinistra sono per il Fronte unico, difendono, sviluppano, rafforzano il movimento di Fronte unico. E poiché è un movimento di lotta contro il fascismo e la reazione, questo movimento di Fronte unico sarà la forza motrice permanente che spingerà il governo di Fronte unico alla lotta contro la borghesia reazionaria. Quanto più forte sarà lo sviluppo di questo movimento, tanto maggiore sarà la forza che potrà mettere a disposizione del governo per la lotta contro i reazionari. E quanto meglio questo movimento di massa sarà organizzato dal basso, quanto più estesa sarà la rete degli organi di classe, fuori Partito, del Fronte unico negli stabilimenti, fra i disoccupati, nei quartieri operai, fra il popolo minuto della città e della campagna, tanto più sarà grande la garanzia contro la possibile degenerazione della politica del governo di Fronte unico.

La terza serie di opinioni sbagliate che si sono rivelate nelle discussioni precedenti riguardava appunto la politica pratica del «governo operaio». Gli opportunisti di destra pensavano che il «governo operaio» dovesse tenersi «nei limiti della democrazia borghese» e non dovesse quindi intraprendere nulla che uscisse da questi limiti. Gli ultrasinistri, al contrario, respingevano di fatto qualunque tentativo di costituire un governo di Fronte unico.

Nel 1923, in Sassonia e in Turingia, si poteva vedere un quadro molto evidente della pratica opportunistica di destra di un «governo operaio». L'entrata dei comunisti nel governo sassone assieme ai socialdemocratici di sinistra (gruppo Zeigner) non era di per sè un errore, tutt'altro: la situazione rivoluzionaria della Germania giustificava pienamente questo passo. Ma i comunisti che partecipavano al governo avrebbero dovuto utilizzare le loro posizioni prima di tutto per armare il proletariato. Essi non fecero questo. Non requisirono neppure un appartamento ai ricchi, quantunque gli operai avessero bisogno di abitazioni, tanto che molti, con le mogli e i bambini, erano senza tetto. Non fecero neppure nulla per organizzare un movimento rivoluzionario di massa degli operai. In generale, si comportarono come dei volgari ministri parlamentari «nei limiti della democrazia borghese». Come è noto, questo fu il risultato della politica opportunistica di Brandler e dei suoi seguaci. Ne conseguì una tale bancarotta che ancora oggi, siamo costretti a citare il governo della Sassonia come esempio classico del come i rivoluzionari non devono comportarsi quando sono al governo.

Compagni, noi esigiamo da ogni governo di Fronte unico una politica completamente diversa. Noi esigiamo che attui determinate rivendicazioni rivoluzionarie fondamentali rispondenti alla situazione, come, ad esempio, il controllo sulla produzione, il controllo sulle banche, lo scioglimento della polizia, la sua sostituzione con una milizia operaia armata, e così di seguito.

Lenin ci chiamava quindici anni or sono a concentrare tutta la nostra attenzione «sulla ricerca delle forme di transizione o di avvicinamento alla rivoluzione proletaria». Può darsi che il governo di Fronte unico si dimostri in una serie di paesi, una delle principali forme di transizione. I dottrinari di «sinistra» hanno sempre trascurato questa direttiva di Lenin e, propagandisti dall'orizzonte ristretto quali essi erano, parlavano soltanto della meta, senza mai curarsi delle «forme di transizione». Gli opportunisti di destra, tentarono di far posto a uno speciale «stadio democratico intermedio» fra la dittatura della borghesia e la dittatura del proletariato, al fine di inculcare negli operai l'illusione del passaggio pacifico, per vie parlamentari, da una dittatura all'altra. Essi chiamavano anche «forma di transizione» questo fittizio «stadio intermedio» e si richiamavano persino a Lenin! Ma non era difficile sventare questa truffa: Lenin infatti parla delle forme di passaggio e di avvicinamento alla «rivoluzione proletaria», cioé all'abbattimento della borghesia, e non già di una qualche forma di transizione fra la dittatura borghese e la dittatura proletaria.

Perché Lenin attribuiva un'importanza così grande alla forma di passaggio alla rivoluzione proletaria? Perché aveva presente «la legge fondamentale di tutte le grandi rivoluzioni», la legge secondo la quale la propaganda e l'agitazione, da sole, non possono sostituire per le masse la loro propria esperienza politica, quando si tratta di attrarre delle masse realmente larghe di lavoratori dalla parte dell'avanguardia rivoluzionaria, senza di che una lotta vittoriosa per il potere non è possibile. L'errore abituale della corrente di sinistra è l'idea che, non appena sorga una crisi politica (o rivoluzionaria), alla direzione comunista non spetti che lanciare la parola d'ordine della insurrezione armata perché tutte le masse la seguano. No, anche quando esista una tal crisi le masse sono ben lungi dall'esservi sempre pronte. Prova ne sia l'esempio della Spagna.

Aiutare delle masse di milioni di uomini a comprendere nel modo più rapido, in base alla loro esperienza che cosa devono fare, qual è la via d'uscita decisiva, qual è il partito che merita la loro fiducia: ecco a che cosa servono tra l'altro sia le parole d'ordine transitorie sia le particolari «forme di transizione o di avvicinamento alla rivoluzione proletaria». Altrimenti anche in una situazione rivoluzionaria le grandi masse popolari, schiave delle illusioni e delle tradizioni democratiche piccolo-borghesi, possono esitare e perder tempo, senza trovar la via che porta alla rivoluzione, e cadere poi sotto i colpi dei carnefici fascisti.

Noi rileviamo perciò la possibilità della formazione di un governo del Fronte popolare antifascista in condizioni di crisi politica. In quanto tale governo lotterà veramente contro i nemici del popolo, darà la libertà di azione alla classe operaia e al Partito comunista, noi comunisti lo appoggeremo in tutti i modi e, come soldati della rivoluzione, ci batteremo in prima linea, sulla linea del fuoco. Ma noi diciamo apertamente alle masse: questo governo non può portarvi la salvezza definitiva. Non è in grado di abbattere il dominio di classe degli sfruttatori e non può perciò eliminare definitivamente neanche il pericolo della controrivoluzione fascista. E' dunque necessario prepararsi alla rivoluzione socialista. Soltanto e unicamente il potere sovietico porterà la salvezza!

Se esaminiamo lo sviluppo attuale della situazione mondiale, vediamo che la crisi politica matura in tutta una serie di paesi. Questo fatto determina la grande importanza e l'attualità di una ferma decisione del nostro Congresso sulla questione del governo di Fronte unico.

Se ai fini della preparazione rivoluzionaria delle masse, i nostri Partiti sapranno utilizzare in modo bolscevico sia le possibilità di costituire un governo di Fronte unico sia la lotta per la sua formazione e la sua permanenza al potere avremo la migliore giustificazione politica del nostro orientamento verso la formazione di un governo di Fronte unico.

La lotta ideologica contro il fascismo

Uno dei lati più deboli della lotta antifascista dei nostri Partiti sta nel fatto che essi reagiscono in modo insufficiente e tardivo alla demagogia del fascismo e continuano finora a trascurare il problema della lotta contro l'ideologia fascista. Molti compagni non credevano che una varietà tanto reazionaria dell'ideologia com'è l'ideologia del fascismo, la quale spinge sovente la sua assurdità fino alla stravaganza, fosse comunque capace di conquistare un'influenza tra le masse. Fu questo un grande errore. L'avanzata putrefazione del capitalismo penetra fino al cuore della sua ideologia e della sua cultura e la situazione disperata delle vaste masse popolari fa sì che certi strati possano essere contagiati dai rifiuti ideologici di questa putrefazione.

Noi non dobbiamo in nessun caso sottovalutare questa forza del contagio ideologico del fascismo. Anzi, da parte nostra dobbiamo svolgere una vasta lotta ideologica sulla base di argomenti chiari e popolari e di un atteggiamento giusto e ben ponderato verso la particolare psicologia nazionale delle masse popolari.

I fascisti frugano tutta la storia di ogni popolo per presentarsi come gli eredi e i continuatori di tutto ciò che vi è di sublime e di eroico nel suo passato e utilizzano tutto ciò che vi è di umiliante e di ingiurioso per i sentimenti nazionali del popolo, come strumento di lotta contro i nemici del fascismo. In Germania, si pubblicano centinaia di libri che hanno il solo scopo di falsificare in senso fascista la storia del popolo tedesco. Gli storici nazional-socialisti di nuovo conio si sforzano di presentare la storia della Germania in tal modo, come se, in virtù di una certa «legge storica», nel corso di 2000 anni passasse come un filo rosso, una linea di sviluppo che culmina con la comparsa sulla scena storica del «salvatore nazionale», del «messia» del popolo tedesco, del famoso «caporale» di origine austriaca!... In questi libri, i più grandi uomini politici del popolo tedesco nei tempi passati vengono rappresentati come dei fascisti e i grandi movimenti contadini vengono rappresentati addirittura come i precursori diretti del movimento fascista.

Mussolini si sforza in tutti i modi di trar profitto dalla eroica figura di Garibaldi. I fascisti francesi esaltano come loro eroina Giovanna d'Arco. I fascisti americani si richiamano alle tradizioni delle guerre americane di indipendenza, alle tradizioni di Washington, di Lincoln. I fascisti bulgari sfruttano il movimento di liberazione nazionale del '70 e i suoi amati eroi popolari Vassilio Levski, Stefano Karagià, ecc.

Quei comunisti, i quali pensano che tutto ciò non riguardi la classe operaia e non fanno nulla per spiegare alle masse lavoratrici il passato del loro popolo con un autentico spirito marxista, leninista-marxista, leninista-stalinista, in modo storicamente obbiettivo per legare le loro lotte attuali alle sue tradizioni e al suo passato rivoluzionario, siffatti comunisti abbandonano volontariamente tutto quanto vi è di prezioso nel passato storico della nazione ai falsificatori fascisti, perché questi se ne servano a istupidire le masse popolari. (Applausi.)

No, compagni! Tutte le questioni importanti, non soltanto del presente e del futuro, ma del passato del nostro popolo, ci riguardano. Noi comunisti non conduciamo la politica circoscritta degli interessi corporativi degli operai; non abbiamo la visione ristretta degli uomini politici delle Trade-Unions né dei dirigenti delle corporazioni medievali degli artigiani e dei garzoni. Noi siamo i rappresentanti degli interessi di classe di quella che è la più importante e più grande classe della società moderna, i rappresentanti della classe operaia, che è chiamata a liberare l'umanità dalle sofferenze del regime capitalistico, di quella classe che, sulla sesta parte del mondo, ha già abbattuto il giogo del capitale ed è divenuta la classe che governa. Noi difendiamo gli interessi vitali di tutti gli strati di lavoratori sfruttati cioè della schiacciante maggioranza del popolo di qualsiasi paese capitalista.

Noi comunisti siamo per principio avversari irriducibili del nazionalismo borghese di tutte le tinte. Ma noi non siamo partigiani del nichilismo nazionale e non dobbiamo mai presentarci in tal veste. Il compito di educare gli operai e tutti i lavoratori nello spirito dell'internazionalismo proletario è uno dei compiti fondamentali di ogni Partito comunista. Ma chi ritiene che ciò gli permetta o addirittura lo costringa a sputar sopra a tutti i sentimenti nazionali delle grandi masse lavoratrici è ben lontano dal vero bolscevismo, non ha capito per niente la dottrina della questione nazionale di Lenin e di Stalin. (Applausi).

Lenin, che lottò sempre risolutamente e coerentemente contro il nazionalismo borghese, ci ha dato un esempio del modo giusto di affrontare la questione dei sentimenti nazionali nel suo articolo: «L'orgoglio nazionale dei grandi russi», scritto nel 1914.

Ecco che cosa scriveva:
È forse estraneo a noi, proletari coscienti grandi-russi il sentimento dell'orgoglio nazionale? Certo che no! Noi amiamo la nostra lingua e la nostra patria, noi lavoriamo soprattutto per elevare le sue masse lavoratrici (vale a dire i nove decimi della sua popolazione) alla vita cosciente di democratici e di socialisti. Quel che più ci amareggia è il vedere e il sentire a quali violenze, a quale oppressione e a quale scherno i carnefici zaristi, i nobili e i capitalisti sottopongono la nostra bella patria. Noi siamo orgogliosi che queste violenze abbiano incontrato una resistenza tra di noi, tra i grandi russi: siamo fieri che da questi siano usciti i Radiscev, i decabristi, gli intellettuali rivoluzionari del 1870-1880, siamo fieri che la classe operaia grande-russa abbia creato nel 1905 un potente partito rivoluzionario di massa... Noi siamo tutti presi da un sentimento di orgoglio nazionale perchè la nazione grande-russa ha anche creato una classe rivoluzionaria, ha anche dimostrato di saper dare all'umanità grandi esempi di lotta per la libertà e per il socialismo, e non soltanto dei grandi pogrom, delle file di forche, delle prigioni, delle grandi carestie e un grande servilismo davanti ai preti, agli zar, ai latifondisti e ai capitalisti.
Noi siamo presi da un sentimento di orgoglio nazionale ed appunto per questo odiamo in modo particolare il nostro passato di schiavi..., e il nostro presente di schiavi, nel quale gli stessi latifondisti, secondati dai capitalisti, ci conducono alla guerra per soffocare la Polonia e l'Ucraina, per reprimere il movimento democratico in Persia e in Cina, per rafforzare la banda dei Romanov, dei Bobrinsky e dei Purisckievic, che avvilisce la nostra dignità nazionale di grandi russi
. [7]

Ecco che cosa scriveva Lenin dell'orgoglio nazionale.

Io penso, compagni, di non aver commesso un errore quando, al processo di Lipsia, di fronte al tentativo dei fascisti di calunniare il popolo bulgaro con l'appellativo di barbaro, ho difeso l'onore nazionale delle masse lavoratrici del popolo bulgaro le quali lottano con abnegazione contro gli usurpatori fascisti, questi autentici barbari e selvaggi (applausi fragorosi e prolungati) e quando ho dichiarato che non ho nessun motivo di vergognarmi di essere bulgaro, ma che mi sento al contrario orgoglioso di essere un figlio della eroica classe operaia bulgara. (Applausi).

Compagni, l'internazionalismo proletario deve, per così dire, «acclimatarsi» in ogni paese per mettere radici profonde nella terra natale. Le forme nazionali della lotta di classe proletaria e del movimento operaio nei singoli paesi non sono affatto in contraddizione con l'internazionalismo proletario, anzi sono appunto queste forme che permettono di difendere con successo gli interessi internazionali del proletariato.

Beninteso, è necessario mettere in chiaro e dimostrare concretamente alle masse, dappertutto e in tutti i casi, che la borghesia fascista, con il pretesto di difendere gli interessi nazionali, conduce la sua politica egoistica di oppressione e di sfruttamento del proprio popolo e di saccheggio e di asservimento di altri popoli. Ma non bisogna limitarsi a questo. E' in pari tempo necessario dimostrare, con la lotta stessa della classe operaia e con le manifestazioni dei Partiti Comunisti, che il proletariato, insorgendo contro ogni specie di asservimento e di oppressione nazionale, è l'unico vero combattente per la libertà nazionale e per la indipendenza del popolo.

Gli interessi della lotta di classe del proletariato contro gli sfruttatori e gli oppressori del proprio paese non ostacolano affatto un libero e felice avvenire della nazione. Al contrario: la rivoluzione socialista significherà la salvezza della nazione e le aprirà la via verso un più alto sviluppo. Per il fatto che la classe operaia, nel momento presente, crea le sue organizzazioni di classe e rafforza le sue posizioni, per il fatto che essa difende dal fascismo i diritti democratici e la libertà, e che essa lotta per l'abbattimento del capitalismo, essa, per questo fatto stesso, lotta già per un tale avvenire della nazione.

Il proletariato rivoluzionario lotta per la salvezza della cultura del popolo, per la sua liberazione dalle catene del capitalismo monopolistico in putrefazione, dal fascismo barbaro che la violenta. Soltanto la rivoluzione proletaria può prevenire la rovina della cultura veramente popolare, nazionale per la forma e socialista per il suo contenuto, che si sta realizzando davanti ai nostri occhi nell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, sotto la direzione di Stalin. (Applausi).

L'internazionalismo proletario non solo non è in contraddizione con la lotta dei lavoratori dei singoli paesi per la libertà nazionale, sociale e culturale, ma grazie alla solidarietà proletaria internazionale e all'unità di lotta assicura l'appoggio necessario per vincere in questa lotta. E' soltanto nella più stretta alleanza con la classe operaia vittoriosa della grande Unione sovietica che il proletariato dei paesi capitalistici può vincere; soltanto se lottano a fianco del proletariato dei paesi imperialisti, i popoli coloniali e le minoranze nazionali oppresse possono raggiungere la loro liberazione; soltanto l'alleanza rivoluzionaria della classe operaia dei paesi imperialistici con i movimenti di liberazione nazionale delle colonie e dei paesi dipendenti è la via della vittoria della rivoluzione proletaria nei paesi imperialisti, giacché, come ci ha insegnato Marx, "non può essere libero un popolo che opprime altri popoli".

I comunisti che appartengono a una nazione oppressa, a una nazione dipendente, non possono lottare con successo contro lo sciovinismo in seno alla loro stessa nazione se nello stesso tempo non dimostrano in pratica, nel movimento di massa, di lottare di fatto per la liberazione della loro nazione dal giogo straniero. D'altra parte, i comunisti di una nazione che ne opprime altre non possono neppure essi fare quanto è necessario per educare le masse lavoratrici della loro nazione nello spirito internazionalista se non conducono una lotta risoluta contro la politica di oppressione della «loro» borghesia, per il pieno diritto di autodecisione delle nazioni ad essa asservite. Se essi non fanno questo, non aiutano neanche i lavoratori della nazione oppressa a superare i loro pregiudizi nazionalisti.

Soltanto se agiremo in questo senso, se in tutto il nostro lavoro di massa dimostreremo in modo convincente di essere liberi tanto dal nichilismo nazionale quanto dal nazionalismo borghese, soltanto allora potremo effettivamente condurre una lotta vittoriosa contro la demagogia sciovinista dei fascisti.

Ecco perché è tanto importante l'applicazione giusta e concreta della politica nazionale leninista-stalinista

. Questa è la premessa assolutamente necessaria per la lotta vittoriosa contro lo sciovinismo, principale strumento della influenza ideologica dei fascisti tra le masse. (Applausi).

III
IL RAFFORZAMENTO DEI PARTITICOMUNISTI
E LA LOTTA PER L'UNITA'POLITICA DEL PROLETARIATO

Compagni, nella lotta per il Fronte unico, l'importanza della funzione dirigente del Partito comunista aumenta straordinariamente. In sostanza, soltanto il Partito comunista è l'iniziatore, l'organizzatore, la forza motrice del Fronte unico della classe operaia.

I Partiti Comunisti possono assicurare la mobilitazione delle grandi masse dei lavoratori per la lotta unica contro il fascismo e contro la offensiva del capitale soltanto se rafforzano in tutti i modi le loro file, soltanto se sviluppano la loro iniziativa, se conducono una politica marxista-leninista ed applicano una tattica giusta, flessibile, tenendo conto della situazione concreta e della disposizione delle forze di classe.

Il rafforzamento dei Partiti Comunisti

Nell'intervallo tra il VI e il VII Congresso, i nostri Partiti nei paesi capitalistici si sono incontestabilmente sviluppati e considerevolmente temprati. Ma sarebbe un errore pericoloso accontentarsi di questo. Quanto più il Fronte unico della classe operaia si estenderà, tanto più sorgeranno di fronte a noi compiti nuovi e complessi, e dovremo lavorare al rafforzamento politico ed organizzativo dei nostri Partiti. Il Fronte unico del proletariato mette in movimento un esercito di operai, il quale può adempiere alla sua missione soltanto se avrà alla sua testa una forza che gli indichi i fini e le vie. Questa forza dirigente può essere soltanto un forte partito proletario rivoluzionario.

Quando noi comunisti prodighiamo tutti i nostri sforzi per creare il Fronte unico, non ci mettiamo dal punto di vista ristretto del reclutamento di nuovi membri nei Partiti Comunisti. Ma dobbiamo rafforzare in tutti i modi i Partiti Comunisti ed aumentarne lo sviluppo numerico appunto perché desideriamo seriamente il consolidamento del Fronte unico. Il rafforzamento dei Partiti Comunisti non rappresenta un interesse ristretto di partito, ma l'interesse di tutta la classe operaia.

L'unità, la coesione rivoluzionaria e la combattività dei Partiti Comunisti sono un capitale preziosissimo che non appartiene soltanto a noi, ma a tutta la classe operaia. Noi abbiamo unito e uniremo la nostra volontà di scendere in lotta contro il fascismo assieme ai partiti e alle organizzazioni socialdemocratiche, con una lotta irriconciliabile contro il socialdemocratismo come ideologia e pratica di collaborazione con la borghesia, e quindi anche con una lotta irriducibile contro qualsiasi penetrazione di questa ideologia nelle nostre file.

Nell'audace e risoluta applicazione della politica di Fronte unico incontriamo nelle nostre stesse file degli ostacoli che dobbiamo eliminare a qualunque costo nel più breve periodo di tempo.

Dopo il VI Congresso della Internazionale comunista in tutti i Partiti Comunisti dei paesi capitalistici è stata condotta con successo la lotta contro le tendenze a un adattamento opportunista alle condizioni della stabilizzazione capitalistica e contro il contagio delle illusioni riformiste e legalitarie. I nostri Partiti hanno epurato le loro file dagli opportunisti di destra di vario genere, rafforzando così la loro unità bolscevica e la loro capacità di lotta. Con minor successo è stata condotta, e spesso non è stata condotta affatto, la lotta contro il settarismo. Il settarismo non si manifestava più ormai nelle forme primitive aperte, come nei primi anni di esistenza dell'Internazionale comunista, ma, invece, mascherandosi con il riconoscimento formale delle tesi bolsceviche, frenava lo sviluppo della politica bolscevica di massa. Ai nostri giorni il settarismo spesso non è più una «malattia infantile», come la definiva Lenin, ma un vizio radicato del quale bisogna liberarsi se si vuole creare il Fronte unico del proletariato e condurre le masse dalle posizioni del riformismo a quelle della rivoluzione.

Nella situazione attuale, il settarismo, il settarismo pieno di boria, come lo definiamo nel progetto di risoluzione; il settarismo soddisfatto della sua limitatezza dottrinaria, del suo distacco dalla vita reale delle masse, soddisfatto dei suoi metodi semplicistici di risolvere le questioni più complesse del movimento operaio in base a schemi stereotipati, il settarismo che si pretende onnisciente e considera superfluo imparare dalle masse, dalle lezioni del movimento operaio; in una parola, il settarismo che ha l'audacia dell'incosciente è il primo ostacolo alla nostra lotta per la realizzazione del Fronte unico. Il settarismo pieno di boria non vuole e non può comprendere che la direzione della classe operaia da parte del Partito comunista non si ottiene automaticamente. La funzione dirigente del Partito comunista nelle lotte della classe operaia deve essere conquistata; e per conquistarla bisogna non già declamare sulla funzione dirigente dei comunisti, ma con il proprio lavoro quotidiano di massa e con una giusta politica meritarsi, conquistarsi la fiducia delle masse operaie. Questo è possibile soltanto se noi, i comunisti, nel nostro lavoro politico, sapremo tenere nel debito conto l'effettivo livello della coscienza di classe delle masse e il grado raggiunto dalla loro coscienza rivoluzionaria, se sapremo valutare freddamente la situazione concreta, non sulla base dei nostri desideri, ma sulla base di ciò che esiste di fatto. Noi dobbiamo facilitare passo a passo, con pazienza, il passaggio delle grandi masse alle posizioni del comunismo. Non dobbiamo mai dimenticare le parole di Lenin, il quale ci avvertiva con tutta l'energia che «tutto sta appunto nel non considerare come superato per la classe, come superato per le masse ciò che è superato per noi» [8].

E ancor oggi, compagni, sono forse pochi nelle nostre file gli elementi dottrinari i quali nella politica di Fronte unico vedono sempre e dappertutto soltanto dei pericoli? Per questi compagni tutto il Fronte unico è soltanto un continuo pericolo. Ma questa «linea di principio» settaria non è altro che impotenza politica di fronte alle difficoltà che si incontrano nella direzione immediata della lotta delle masse.

Il settarismo si manifesta in modo particolare nella sopravvalutazione della maturazione rivoluzionaria delle masse, nella sopravvalutazione della rapidità con la quale le masse si allontanano dalle posizioni del riformismo, nei tentativi di scavalcare le tappe difficili e i compiti complicati del movimento. I metodi di direzione delle masse, in pratica, venivano spesso sostituiti dai metodi di direzione del gruppo ristretto degli iscritti al Partito. Si sottovalutava la forza del legame tradizionale che univa le masse alle loro organizzazioni e ai loro dirigenti, e quando le masse non rompevano subito questi legami si incominciava a comportarsi nei loro riguardi non meno aspramente che verso i loro dirigenti reazionari. Si standardizzavano la tattica e le parole d'ordine per tutti i paesi, senza tener conto della particolarità della situazione concreta di ogni singolo paese; si ignorava la necessità di una lotta ostinata nel seno delle masse stesse per conquistarne la fiducia; si trascurava la lotta per le rivendicazioni parziali degli operai o il lavoro nei sindacati riformisti e nelle organizzazioni di massa del fascismo. La politica del Fronte unico veniva spesso sostituita con dei semplici appelli o con della propaganda astratta.

In non minor misura, le posizioni settarie ostacolavano la giusta scelta degli uomini, la educazione e la preparazione di quadri legati alle masse, forti della fiducia delle masse, di quadri coerenti dal punto di vista rivoluzionario e provati nella lotta di classe, capaci di unire alla esperienza pratica del lavoro di massa, la fermezza di principio di un bolscevico.

In questo modo, il settarismo ha rallentato considerevolmente lo sviluppo dei Partiti Comunisti, ha ostacolato l'applicazione di una vera politica di massa, ha impedito che si utilizzassero le difficoltà del nemico di classe per rafforzare le posizioni del movimento rivoluzionario, ha ostacolato la conquista delle larghe masse proletarie da parte dei Partiti Comunisti.

Pur lottando nel modo più risoluto per sradicare e superare gli ultimi residui del settarismo pieno di boria, noi dobbiamo intensificare in tutti i modi la nostra vigilanza e la nostra lotta contro l'opportunismo di destra e tutte le sue manifestazioni concrete, tenendo presente che esso diverrà più pericoloso di mano in mano che si svilupperà un ampio Fronte unico. Vi sono già delle tendenze a sminuire la funzione del Partito comunista nelle file del Fronte unico, delle tendenze alla conciliazione con la ideologia social-democratica. E' necessario non dimenticare mai che la tattica del Fronte unico è il metodo più efficace per convincere gli operai socialdemocratici che la politica comunista è giusta e che quella riformista non è giusta, e non già per addivenire a una conciliazione con la ideologia e la pratica socialdemocratica. La lotta vittoriosa per il Fronte unico esige imperativamente una lotta continua nelle nostre file contro le tendenze a sminuire la funzione del Partito, contro le illusioni legalitarie, contro le concezioni della spontaneità e dell'automatismo tanto a proposito della liquidazione del fascismo quanto a proposito dell'applicazione del Fronte unico: lotta continua contro le più piccole esitazioni nel momento dell'azione decisiva.

E' necessario - ci insegna il compagno Stalin - che il Partito sappia unire nel suo lavoro il più elevato attaccamento ai principi (da non confondere con il settarismo!) al massimo di legami e di contatti con le masse (da non confondere con il codismo!) senza di che il Partito, non soltanto non può insegnare alle masse, ma neanche imparare da esse, non soltanto non può guidare le masse e portarle al livello del Partito, ma neanche tendere l'orecchio alla voce delle masse e indovinarne i bisogni più urgenti. [9]

L'unità politica della classe operaia

Compagni, lo sviluppo del Fronte unico, della lotta comune degli operai comunisti e socialdemocratici contro il fascismo e contro la offensiva del capitale solleva anche la questione dell'unità politica, del partito politico unico di massa della classe operaia. Gli operai socialdemocratici si convincono sempre più, per esperienza, che la lotta contro il nemico di classe esige un'unica direzione politica, poiché la duplice direzione ostacola l'ulteriore sviluppo e il consolidamento dell'unità di lotta della classe operaia.

Gli interessi della lotta di classe del proletariato e il successo della rivoluzione proletaria esigono l'esistenza, in ogni paese, di un unico partito del proletariato. Ottenere questo non è certo facile nè semplice. Ciò esigerà un lavoro e una lotta tenaci e si realizzerà necessariamente attraverso un processo più o meno lungo. I Partiti Comunisti, facendo leva sulla crescente aspirazione degli operai all'unificazione dei partiti socialdemocratici o di loro singole organizzazioni con i Partiti Comunisti, devono prendere nelle loro mani, in modo fermo e deciso, l'iniziativa di questa unificazione.

La causa dell'unificazione delle forze della classe operaia in un unico Partito proletario, nel momento in cui il movimento operaio internazionale entra nel periodo di liquidazione della scissione, è la nostra causa, è la causa della Internazionale comunista.

Ma se l'accordo per la lotta contro il fascismo, contro la offensiva del capitale e contro la guerra è sufficiente per attuare il Fronte unico dei Partiti Comunisti e socialdemocratici, la realizzazione invece dell'unità politica è possibile soltanto sulla base di alcune condizioni determinate che hanno un carattere di principio.



Questa unificazione è possibile soltanto:

In primo luogo, a condizione della indipendenza completa dalla borghesia e della rottura completa del blocco della socialdemocrazia con la borghesia;
In secondo luogo
, a condizione che si sia preventivamente realizzata l'unita di azione;
In terzo luogo, a condizione che si riconosca la necessità dell'abbattimento rivoluzionario del domino della borghesia e della instaurazione della dittatura del proletariato nella forma dei Soviet;
In quarto luogo, a condizione che si rinunci ad appoggiare la propria borghesia nella guerra imperialista;
In quinto luogo, a condizione che il Partito venga organizzato sulla base del centralismo democratico che garantisce l'unità di volontà e di azione e che è stato verificato dalla esperienza dei bolscevichi russi.

Noi dobbiamo spiegare pazientemente ed amichevolmente agli operai socialdemocratici per quale ragione l'unità politica della classe operaia è impossibile senza tali condizioni; dobbiamo discutere con loro il senso e l'importanza di queste condizioni.

Perché sono necessarie la indipendenza completa dalla borghesia e la rottura del blocco della socialdemocrazia con la borghesia, per la realizzazione dell'unità politica del proletariato?

Perché tutta la esperienza del movimento operaio e in modo particolare la esperienza di 15 anni di politica di coalizione in Germania hanno dimostrato che la politica di collaborazione di classe, la politica di dipendenza dalla borghesia porta alla sconfitta della classe operaia e alla vittoria del fascismo. E soltanto la via della lotta di classe implacabile contro la borghesia, la via dei bolscevichi, è la via sicura che porta alla vittoria.

Perché l'unità di azione per respingere l'offensiva deve essere la condizione preliminare dell'unità politica?

Perché l'unità di azione per respingere l'offensiva del capitale e del fascismo è possibile e necessaria ancor prima che la maggioranza degli operai si unisca su una comune piattaforma politica per abbattere il capitalismo e perchè la elaborazione di una concezione unica delle vie e degli scopi fondamentali della lotta del proletariato - senza la quale la unificazione dei partiti non è possibile - esige un periodo di tempo più o meno lungo. E l'unità delle concezioni si crea, meglio che in qualunque altro modo, lottando in comune, già da oggi contro il nemico di classe. Proporre l'unificazione immediata invece del Fronte unico, significa mettere il carro davanti ai buoi e pensare che il carro andrà avanti (ilarità). Appunto perché la questione dell'unità politica non è per noi una manovra, come è invece per molti capi socialdemocratici, noi insistiamo per realizzare l'unità d'azione che è una delle tappe più importanti per l'unità politica.

Perché è necessario che si riconosca l'abbattimento rivoluzionario della borghesia e la instaurazione della dittatura del proletariato nella forma del potere sovietico?

Perché la esperienza della vittoria della grande Rivoluzione d'Ottobre da una parte e, dall'altra parte, gli amari insegnamenti della Germania, dell'Austria e della Spagna in tutto il periodo del dopoguerra, hanno confermato ancora una volta che la vittoria del proletariato è possibile soltanto con l'abbattimento rivoluzionario della borghesia e che la borghesia, piuttosto che permettere al proletariato di instaurare il socialismo per vie pacifiche, affogherà il movimento operaio in un mare di sangue. L'esperienza della Rivoluzione d'Ottobre ha dimostrato in tutta evidenza che il contenuto fondamentale della rivoluzione proletaria è la questione della dittatura proletaria, dittatura che è chiamata a reprimere la resistenza degli sfruttatori abbattuti, ad armare la rivoluzione per la lotta contro l'imperialismo e a condurre la rivoluzione fino alla vittoria completa del socialismo. Per attuare la dittatura del proletariato come dittatura della schiacciante maggioranza sull'infima minoranza, sugli sfruttatori - ed essa può essere attuata soltanto come tale - sono necessari i Soviet, i quali abbracciano tutti gli strati della classe operaia, le masse contadine fondamentali e le masse degli altri lavoratori che è necessario ridestare e inserire nel fronte della lotta rivoluzionaria, affinché sia possibile il consolidamento della vittoria del proletariato.

Perché una delle condizioni dell'unità politica è il rifiuto di appoggiare la borghesia nella guerra imperialistica?

Perché la borghesia conduce la guerra imperialistica per i suoi scopi briganteschi, contro gli interessi della maggioranza schiacciante dei popoli, qualunque sia il pretesto sotto il quale si conduce questa guerra. Perché tutti gli imperialisti associano la febbrile preparazione della guerra alla intensificazione estrema dello sfruttamento e della oppressione dei lavoratori all'interno del paese. Appoggiare la borghesia in una tale guerra significa tradire gli interessi del paese e della classe operaia internazionale.

Perché infine, è la organizzazione del Partito sulla base del centralismo democratico una delle condizioni per l'unità?

Perchè soltanto un Partito organizzato sulla base del centralismo democratico può assicurare l'unità di volontà e di azione, può condurre il proletariato alla vittoria sulla borghesia, la quale dispone di uno strumento potente come l'apparato statale centralizzato. L'applicazione del principio del centralismo democratico ha sostenuto la brillante prova storica della esperienza del Partito bolscevico russo, del Partito di Lenin e di Stalin.

Sì, compagni, noi siamo per un unico Partito politico di massa della classe operaia. Ma da ciò sorge la necessità di avere - come dice il compagno Stalin - «un Partito combattivo, un Partito rivoluzionario, abbastanza audace per condurre i proletari alla lotta per il potere, abbastanza esperto per orientarsi nelle condizioni complicate di una situazione rivoluzionaria e abbastanza flessibile per poter superare ogni e qualsiasi scoglio sulla via che conduce alla meta» [10].

Ecco perchè è necessario tendere alla unificazione politica sulla base delle condizioni esposte.

Noi siamo per l'unità politica della classe operaia! Siamo pronti perciò alla più stretta collaborazione con tutti i socialdemocratici che sono per il Fronte unico ed appoggiano sinceramente la unificazione sulle basi da noi indicate. Ma appunto perché siamo per la unificazione, lotteremo risolutamente contro tutti i demagoghi di «sinistra» che tentano di sfruttare la delusione degli operai socialdemocratici per creare dei nuovi partiti o delle nuove Internazionali socialiste orientate contro il movimento comunista, e che approfondiscono in tal modo la scissione della classe operaia.

Noi salutiamo la crescente aspirazione degli operai socialdemocratici al Fronte unico con i comunisti. Consideriamo questo fatto come uno sviluppo della loro coscienza rivoluzionaria e come l'inizio del superamento della scissione della classe operaia. E poiché riteniamo che l'unità di azione sia una urgente necessità e la via più sicura per giungere anche all'unità politica del proletariato, dichiariamo che la Internazionale comunista e le sue sezioni sono pronte ad iniziare le trattative con la II Internazionale e con le sue sezioni sull'attuazione dell'unità della classe operaia nella lotta contro la offensiva del capitale, contro il fascismo e contro il pericolo di guerra imperialista. (Applausi).

Conclusione

Compagni, eccomi al termine del mio rapporto. Come vedete, tenendo conto delle modificazioni avvenute nella situazione dal VI Congresso in poi, degli insegnamenti della nostra lotta, e basandoci sul grado di consolidamento ormai raggiunto dai nostri Partiti, noi poniamo oggi in modo nuovo una serie di problemi, e in primo luogo il problema del Fronte unico e dell'atteggiamento verso la socialdemocrazia, i sindacati riformisti e le altre organizzazioni di massa.

Vi sono dei sapientoni ai quali sembra che tutto questo sia una ritirata dalle nostre posizioni di principio, una specie di svolta a destra rispetto alla linea del boscevismo. Che farci! Da noi, in Bulgaria, diciamo che la gallina affamata sogna sempre il miglio. (Ilarità, applausi fragorosi.)

Lasciate che le galline politiche pensino quello che vogliono. (Ilarità, applausi fragorosi.)

Questo ci interessa poco. Per noi l'importante è che i nostri Partiti e le larghe masse di tutto il mondo comprendano giustamente ciò che vogliamo.

Non saremmo dei marxisti rivoluzionari, dei leninisti, dei degni allievi di Marx, Engels, Lenin e Stalin, se non sapessimo rimaneggiare tutta la nostra politica e la nostra tattica in conformità delle modificazioni avvenute nella situazione e degli spostamenti prodottisi nel movimento operaio mondiale.

Non saremmo dei veri rivoluzionari se non imparassimo dalla nostra esperienza e dalla esperienza delle masse.

Noi vogliamo che i nostri Partiti nei paesi capitalistici scendano in campo ed agiscano come dei veri partiti politici della classe operaia; vogliamo che essi abbiano effettivamente la funzione di un fattore politico nella vita del loro paese, che essi svolgano sempre una attiva politica bolscevica di massa e non si limitino soltanto alla propaganda, alla critica e a vuoti appelli alla lotta per la dittatura proletaria.

Noi siamo nemici di qualsiasi schematismo. Noi vogliamo tener conto, in ogni momento e in ogni singola località, della situazione concreta e non agire ovunque e sempre secondo uno stampo determinato; e non vogliamo dimenticare che in condizioni diverse la posizione dei comunisti non può essere identica.

Noi vogliamo tener conto, freddamente, di tutte le tappe di sviluppo della lotta di classe e della coscienza di classe delle masse stesse, vogliamo saper trovare e risolvere in ogni tappa i compiti concreti del movimento rivoluzionario che corrispondono alla tappa stessa.

Noi vogliamo trovare un linguaggio comune a noi e alle grandi masse per la lotta contro il nemico di classe, vogliamo trovare la via per superare definitivamente l'isolamento dell'avanguardia rivoluzionaria dalle masse del proletariato e da tutti i lavoratori, come pure per superare l'isolamento fatale della stessa classe operaia dai suoi alleati naturali nella lotta contro la borghesia, contro fascismo.

Noi vogliamo attirare alla lotta di classe rivoluzionaria masse sempre più vaste e condurle alla rivoluzione proletaria partendo dai loro interessi e dai loro bisogni vitali e sulla base della loro propria esperienza.

Noi vogliamo, seguendo l'esempio dei nostri gloriosi bolscevichi russi, seguendo l'esempio del Partito dirigente della Internazionale comunista, il Partito Comunista della Unione Sovietica, unire all'eroismo rivoluzionario dei comunisti tedeschi, spagnoli, austriaci e degli altri paesi il vero realismo rivoluzionario e farla finita con quel che resta delle vane esercitazioni scolastiche attorno a problemi politici importanti.

Noi vogliamo armare in tutti i modi i nostri Partiti per la soluzione dei complicati compiti politici che stanno loro davanti. A tal fine, vogliamo portare sempre più in alto il loro livello teorico, educarli nello spirito del marxismo-leninismo vivente e non in quello del dottrinarismo morto.

Noi vogliamo estirpare dalle nostre file il settarismo borioso, il quale è il primo ostacolo che ci sbarra la via verso le masse e ci impedisce l'applicazione di una vera politica bolscevica di massa. Noi vogliamo intensificare in tutti modi la lotta contro tutte le manifestazioni concrete dell'opportunismo di destra, tenendo conto che, da questa parte, il pericolo aumenterà proprio nel corso dell'applicazione della nostra politica e della nostra lotta di massa.

Noi vogliamo che in ogni paese i comunisti traggano ed utilizzino a tempo tutti gli insegnamenti della loro esperienza di avanguardia rivoluzionaria del proletariato. Noi vogliamo che essi imparino il più presto possibile a navigare nelle acque tempestose della lotta di classe, e non rimangano sulla riva come osservatori a registrare l'approssimarsi delle onde, in attesa del bel tempo. (Applausi).

Ecco che cosa vogliamo!

E noi vogliamo tutto questo perché soltanto per questa via la classe operaia, alla testa di tutti i lavoratori, strettamente unita in un esercito rivoluzionario di milioni di combattenti, diretta dall'Internazionale comunista e con alla sua testa un grande e saggio pilota come il nostro Capo, il compagno STALIN (fragorosi applausi), possa adempiere sicuramente alla sua missione storica: spazzar via dalla faccia della terra il fascismo ed assieme ad esso il capitalismo!

(Tutta la sala, in piedi, saluta con una entusiastica ovazione il compagno Dimitrov.
Da tutte le parti, in lingue diverse, i delegati gridano: «Urrà! Evviva il compagno Dimitrov!» In tutte le lingue del mondo fuse in un unico coro, sale quindi il canto possente dell'Internazionale. Nuova tempesta di applausi.
Si grida: «Evviva il compagno Stalin! Evviva il compagno Dimitrov!»
Una voce: «Al compagno Dimitrov, porta-bandiera dell'Internaziona­le comunista, un urrà bolscevico!»
Si sente gridare in lingua bulgara: «Al compagno Dimitrov, all'eroico combattente dell'Internazionale comunista contro il fascismo, urrà!»
Le Delegazioni intonano i loro canti rivoluzionari: la delegazione italiana canta Bandiera Rossa, quella polacca Sulle Barricate, i francesi cantano la Carmagnola, i tedeschi Wedding Rosso, la delegazione cinese la Marcia dell'Armata Rossa cinese)
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Note

(1) Stalin: Due Mondi (Rapporto al XVII Congresso del Partito Comunista dell'U.R.S.S.).Parigi, Edizioni di Cultura Sociale, pag. 14.
(2) Lenin: L'estremismo malattia infantile del comunismo.
(3) «Reichsbanner»: lega della «Bandiera dell'Impero», organizza­zione semi-militare di massa della socialdemocrazia.
(4) Lenin: Sostanze infiammabili nella politica mondiale.
(5) Partito popolare.
(6) Stalin: Questioni del leninismo, IX edizione russa, pag. 117.
(7) Lenin: Opere, Ed. russa. Volume XVIII, pag. 81
(8) Lenin: L'estremismo malattia infantile del comunismo.
(9) Stalin: Sulle prospettive del Partito Comunista Tedesco e sulla bolscevizzazione (Pravda, N. 27, 3 febbraio 1925).
(10) Stalin: Le questioni del leninismo. X ed., Edizione russa (1934), pag. 63.