Togliatti
Sulle particolarità della rivoluzione spagnola

Da Stato operaio, a. X, n. 11, novembre 1936, ripreso da Palmiro Togliatti, Sul movimento operaio internazionale, Editori Riuniti, 1964, pp. 181-199.


La lotta eroica del popolo spagnolo commuove profonda­mente il mondo intiero. Dopo la rivoluzione socialista del­l'ottobre 1917, essa è il più grande avvenimento nella storia delle lotte per la liberazione delle masse popolari dei paesi capitalistici.

Nella lotta contro i residui del feudalismo, contro la no­biltà e gli ufficiali monarchici, contro i principi della Chiesa e lo schiavismo fascista si è realizzata l'unità della schiacciante maggioranza del popolo spagnolo. Operai e contadini, intellet­tuali e piccola borghesia cittadina, nonché alcuni gruppi di borghesia combattono in difesa della libertà e della repub­blica, mentre un pugno di generali ribelli guerreggia contro il popolo, con l'aiuto dei soldati marocchini ingannati e degli avanzi di galera della Legione straniera.

La lotta del popolo spagnolo per la sua libertà ha le carat­teristiche di una guerra nazionale rivoluzionaria. Essa è, in realtà, una guerra per la liberazione del popolo e del paese dall'asservimento allo straniero, poiché nessuno può mettere in dubbio che la vittoria dei ribelli significherebbe la dege­nerazione economica, politica e culturale della Spagna, la sua disgregazione come Stato indipendente, l'asservimento dei popoli che abitano la Spagna al fascismo tedesco e al fascismo italiano. La lotta del popolo spagnolo è, inoltre, una lotta nazionale rivoluzionaria, perché essa deve portare alla libera­zione dei catalani, dei baschi, dei galiziani dall'oppressione della nobiltà castigliana.

La vittoria del popolo spagnolo colpirà a morte il fasci­smo spagnolo, distruggerà le sue basi materiali, farà passare nelle mani del popolo i latifondi e le aziende industriali dei ribelli fascisti, creerà le premesse per l'ulteriore vittorioso sviluppo della lotta delle masse lavoratrici spagnole, per la loro emancipazione sociale.

La vittoria del Fronte popolare nella Spagna consoliderà il fronte della lotta per la pace in tutta l'Europa, impedendo agli istigatori di guerra, innanzi a tutto, di trasformare la Spagna in un punto di appoggio per l'accerchiamento militare e l'attacco alla Francia.

La lotta che il Fronte popolare combatte nella Spagna mette in movimento le forze democratiche del mondo intiero. La vittoria del Fronte popolare sarà un successo della causa della democrazia in tutti i paesi, indebolirà il fascismo là dove esso ha già vinto ed accelererà la sua rovina.

La rivoluzione spagnola - parte integrante della lotta antifascista che si sviluppa su scala mondiale - è una rivo­luzione che possiede la più larga base sociale. È una rivolu­zione popolare. È una rivoluzione nazionale. È una rivoluzione antifascista.

I rapporti di classe nella Spagna sono oggi tali che la causa del popolo spagnolo è invincibile. Ma si oppongono alla sua vittoria le forze della reazione mondiale, e innanzi a tutto i fascisti tedeschi e italiani. Essi appoggiano i ribelli e forni­scono loro le armi, mentre i governi democratici dei paesi capitalistici li lasciano fare.

Per tutti questi motivi non sarebbe giusto stabilire una identità completa della rivoluzione spagnola né con il 1905 né con il 1917 russi. La rivoluzione spagnola ha i suoi linea­menti caratteristici, originali, derivanti dalle particolarità della situazione del paese e della situazione internazionale. I grandi avvenimenti e movimenti storici non si ripetono con preci­sione fotografica né nel tempo né nello spazio.


I compiti della rivoluzione democratico-borghese in Ispagna


I compiti che stanno davanti al popolo spagnolo sono i compiti di una rivoluzione democratico-borghese. Le caste rea­zionarie, di cui i ribelli fascisti vorrebbero restaurare il potere, avevano governato la Spagna in modo tale da fare di essa il paese più arretrato e più povero di tutta l'Europa. Tutto ciò che vi è nella Spagna di sano, di produttivo, di vitale, in tutti gli strati della popolazione spagnola, soffriva e soffre del giogo soffocante di un passato irrimediabilmente condannato a spa­rire. Tutto ciò che vi è nella Spagna di sano, di produttivo, di vitale attende dalla soluzione dei compiti della rivoluzione democratico-borghese un miglioramento radicale della propria situazione.

Ciò vuol dire che è necessario, nell'interesse dello sviluppo economico e politico del paese, risolvere la questione agraria, distruggendo i rapporti feudali predominanti nelle campagne. Ciò vuol dire che è necessario liberare i contadini, gli operai e tutta la popolazione lavoratrice dal peso insopportabile di un sistema economico ed amministrativo oramai decrepito. Ciò vuol dire che è necessario sopprimere i privilegi della nobiltà, della Chiesa, degli ordini religiosi, spezzare il potere incontrollato delle caste reazionarie.

Chi si oppone alla soluzione di questi problemi della rivo­luzione democratico-borghese? Vi si oppone il fascismo, che si presenta nella Spagna non soltanto come forma della rea­zione capitalista, ma come paladino dei residui feudali e del medioevo, della monarchia, del fanatismo religioso, del gesui­tismo e della santa inquisizione, paladino delle caste reazio­narie, dei privilegi nobiliari, di tutto ciò che, al pari di una palla di piombo, impedisce il progresso del paese, frena lo sviluppo della sua vita economica. Il fascismo è nella Spagna non soltanto il rappresentante del capitalismo che, arrivato all'ul­tima sua fase, cerca un rifugio nella demagogia sociale per coprire lo sfruttamento e la oppressione delle masse: esso è il rappresentante della nuda violenza, non mascherata di dema­gogia, è il rappresentante di un ordine sociale giunto alla pu­trefazione, contro il quale si concentra l'odio generale. Per questo, nella Spagna - paese dove i compiti della rivoluzione democratico-borghese non sono ancora stati risolti - il fasci­smo non è riuscito a creare dei partiti forniti di una larga base sociale piccolo-borghese e, levando lo stendardo della rivolta contro il governo legale, esso ha respinto e schierato contro di sé persino una parte di quegli elementi della bor­ghesia che, se l'ordine costituzionale borghese non fosse stato rotto, avrebbero cercato di venire con esso a un compromesso. Il fascismo ha ottenuto, come risultato della sua offensiva, che la piccola borghesia si è decisamente schierata con il proleta­riato, e persino gli elementi riformisti del movimento operaio, che avrebbero voluto si seguisse una via «costituzionale», sono stati costretti a schierarsi dalla parte del popolo. Il fasci­smo ha spinto a stringersi in un fascio tutti i partiti e tutte le organizzazioni del Fronte popolare, da Martinez Barrios ai comunisti, dai nazionalisti baschi agli anarchici catalani.

Ma i compiti della rivoluzione democratico-borghese, i quali rispondono agli interessi più profondi delle masse popo­lari più larghe, il popolo spagnolo li risolve oggi in modo nuovo.

In primo luogo, esso li risolve in una situazione di guerra civile, scatenata dai ribelli. In secondo luogo e di conseguenza, le necessità della lotta armata contro il fascismo obbligano il popolo spagnolo a confiscare le proprietà dei proprietari di terra e degli industriali che hanno levato la bandiera della ribellione, perché altrimenti, se non si distruggono le basi materiali del fascismo, non è possibile batterlo. In terzo luo­go, il popolo spagnolo ha la possibilità di utilizzare l'espe­rienza storica della rivoluzione democratico-borghese che è stata condotta a termine dal proletariato della Russia dopo la conquista del potere.

La grande rivoluzione proletaria russa infatti ha risolto in modo brillante, «nel corso del proprio sviluppo» e «di sfug­gita» (Lenin), quei compiti che costituiscono il contenuto fondamentale della rivoluzione spagnola nella tappa attuale del suo sviluppo. Infine, la classe operaia della Spagna si sforza di adempiere la propria funzione di elemento dirigente della rivoluzione, imprimendole il suggello proletario delle proprie forme e dei propri metodi di lotta.


La classe operaia
centro d'organizzazione e asse del Fronte popolare


In tutte le tappe dello sviluppo della rivoluzione spagnola la iniziativa delle azioni più importanti contro le forze della reazione è sempre spettata alla classe operaia. La classe ope­raia fu l'anima del movimento che rovesciò la dittatura di Primo de Rivera e la monarchia. Gli scioperi e le manifesta­zioni operaie nelle più grandi città industriali furono il punto di partenza della grande ondata di movimento popolare di massa nelle città, nelle campagne e nell'esercito, al quale la monarchia non potè resistere. L'instancabile, eroica lotta della classe operaia contribuì ad accentuare sempre di più il carat­tere popolare della rivoluzione, malgrado tutti i tentativi di frenare e soffocare il movimento delle masse fatti dalla bor­ghesia, dai capi repubblicani e persino dal partito socialista. La classe operaia della Spagna ha il grande merito storico di avere opposto al fascismo la prima barriera con lo sciopero generale e con la lotta armata dei minatori asturiani nelle giornate indimenticabili dell'ottobre 1934; la classe operaia fu ed è tuttora il centro d'organizzazione e l'asse del Fronte popolare antifascista.

Ma una delle caratteristiche della rivoluzione spagnola consiste innanzi a tutto nelle condizioni particolari in cui si realizza l'egemonia del proletariato nella rivoluzione. Le forze della classe operaia spagnola sono divise, come in tutti gli altri paesi capitalistici, ma la scissione ha in Ispagna delle carat­teristiche particolari.

In primo luogo, la classe operaia spagnola è giunta sino all'abbattimento della monarchia, nel 1931, senza possedere un vero partito comunista di massa. Fu solo da quel momento che un vero partito comunista incominciò a formarsi, con una ideologia rivoluzionaria e una solidità organizzativa. In secon­do luogo, il proletariato della Spagna, sino a che non si fu formato un partito comunista di massa nel corso della rivolu­zione, rimase sotto l'influenza predominante del partito socia­lista; e questo partito fu per decenni un veicolo dell'influenza della borghesia e per più di un biennio, dopo la caduta della monarchia, fece una politica di coalizione con la borghesia. Il Partito socialista spagnolo aveva nella classe operaia delle po­sizioni molto più forti di quelle che avevano, per esempio, i menscevichi russi nel 1905 e nel 1917. In terzo luogo, - e qui ci troviamo di fronte a un fatto che distingue la Spagna da tutti gli altri paesi dell'Europa, - in seno al proletariato spagnolo, accanto al partito comunista e al partito socialista, esistono delle organizzazioni di massa anarco-sindacaliste. L'ideologia e la pratica di queste organizzazioni ostacolano assai spesso il prevalere dello spirito di organizzazione e della disciplina che sono proprie del proletariato.

L'anarchismo spagnolo è un fenomeno particolare, conse­guenza dell'arretratezza economica del paese, nonché dell'arre­tratezza della sua struttura politica, della dispersione delle forze della classe operaia, della esistenza di una massa di ele­menti déclassés e, infine, del particolarismo regionale. Esso è, cioè, l'espressione di un gruppo di fatti caratteristici di un paese ricco di sopravvivenze feudali. Nel momento attuale, mentre il popolo spagnolo tende tutte le sue forze per respin­gere l'assalto della bestia fascista, mentre gli operai anarchici si battono eroicamente al fronte, esistono molti elementi i quali, mascherandosi dietro i principi dell'anarchismo, mettono in pericolo la solidità e la compattezza del Fronte popo­lare con i loro progetti avventati e prematuri di «collettiviz­zazione» forzata, di «soppressione della moneta», con la predicazione dell' «indisciplina organizzata», e così via.

L'enorme merito del partito comunista della Spagna con­siste nel fatto che esso, lottando infaticabilmente e in modo conseguente per superare la scissione della classe operaia, ha lottato e lotta per creare il massimo di condizioni favorevoli alla realizzazione della egemonia del proletariato, premessa fondamentale per la vittoria della rivoluzione democratico-bor­ghese. La realizzazione del fronte unico tra il partito socialista e il partito comunista, la creazione di una sola organizzazione della gioventù lavoratrice e di un partito unico del proleta­riato nella Catalogna e, infine, - fattore più importante di tutti, - la trasformazione dello stesso partito comunista in un grande partito di massa, con una autorità e una influenza enormi e sempre crescenti: tutto ciò costituisce una garanzia del fatto che la classe operaia riuscirà ad esercitare in modo sempre migliore la propria egemonia, ponendosi alla testa di tutto il movimento rivoluzionario e portandolo alla vittoria.

Tale è la posizione della classe operaia.


Proletariato agricolo e contadini


Qual è la posizione dei contadini?

È noto che la maggioranza dell'esercito, composto essen­zialmente di figli di contadini, trascinato dagli ufficiali, si schierò, nei primi giorni della ribellione, nel campo dei ne­mici del popolo. La responsabilità del fatto che gli ufficiali fascisti riuscirono a trascinare dalla loro parte gruppi relati­vamente numerosi di soldati risale ai partiti repubblicani, ai socialisti e agli anarchici che per lunghi anni trascurarono le rivendicazioni dei contadini, mentre le possibilità di parteci­pazione attiva dei contadini spagnoli alla rivoluzione erano e sono enormi.

Esistono nelle campagne spagnole due milioni di salariati agricoli; e malgrado il fatto che in molte delle regioni setten­trionali essi si trovino ancora in parte sotto l'influenza dei proprietari terrieri e dei clericali, i salariati agricoli sono stati anche nelle province più arretrate un elemento di fermento rivoluzionario. Questo forte strato di proletariato agricolo apre alle organizzazioni operaie delle larghe possibilità di influenzare le masse contadine, di attirarle alla lotta attiva contro il fasci­smo, di consolidare l'alleanza della classe operaia con i conta­dini e rafforzare la funzione dirigente del proletariato in que­sta alleanza. La rimanente massa di tre milioni di contadini è composta nella sua maggioranza di contadini poveri, che sono da secoli spietatamente oppressi e sfruttati ed attendono dalla rivoluzione la libertà e la terra. Questa massa di contadini, liberatisi dai pregiudizi monarchici e sulla via ormai di libe­rarsi gradualmente dall'influenza della Chiesa, simpatizza, senza alcun dubbio, per la repubblica, ma, per quanto le unità della milizia già comprendano dei gruppi contadini compatti, pur non di meno le riserve di milioni di contadini non sono an­cora entrate attivamente in lotta contro i ribelli fascisti. Non esiste ancora, ad eccezione della Galizia, un vasto movimento di partigiani. Le retrovie contadine non danno ancora un grande fastidio ai ribelli. Ma è inevitabile che in esse si sca­teni una lotta. Le riserve di milioni di contadini stanno met­tendosi in movimento e faranno presto sentire la loro voce in modo decisivo.

Le masse contadine analfabete della Spagna hanno vissuto per anni ed anni all'infuori di ogni vita politica. Una caratte­ristica della Spagna consiste appunto nel fatto che i contadini spagnoli sono entrati nella rivoluzione senza possedere un loro proprio partito su scala nazionale. L'unico tentativo di creare un partito contadino venne fatto in Galizia da un sacerdote, Basilio Alvarez, il quale costituì un partito agrario galiziano, con un programma di lotta contro i privilegi feudali locali, chiamati foros. Questo partito si disgregò nel 1934-35, ma è interessante osservare che la Galizia è la sola regione nella quale i contadini si sono levati in massa contro i ribelli con le armi alla mano, ed organizzano una lotta di partigiani nelle retrovie dei banditi reazionari. Anche l'organizzazione catalana dei rabassaires (mezzadri) ha alcuni dei caratteri di un partito politico ed è ugualmente caratteristico il fatto che nelle cam­pagne catalane, dove questa organizzazione ha una influenza, i fascisti non hanno avuto nessun successo.

Il solo partito che ha difeso con tenacia tanto le rivendi­cazioni immediate dei contadini quanto la rivendicazione della confìsca senza indennità a favore dei contadini di tutta la terra dei grandi proprietari, della Chiesa e dei monasteri è stato il partito di classe del proletariato: il partito comunista. Disgra­ziatamente, esso non era abbastanza forte per attirare a sé e dirigere le grandi masse contadine.


La posizione della piccola borghesia e della borghesia


Per quanto riguarda la piccola borghesia delle città, essa è nella sua grande maggioranza per la democrazia e per la rivo­luzione, contro il fascismo. Elementi decisivi sono, in questo campo, l'aspirazione alla libertà e al progresso, l'odio per il passato di abiezione, di oscurantismo, di miseria. Per questo motivo il fascismo spagnolo non ha la possibilità di crearsi una base di massa nella piccola borghesia, nella misura che il fascismo ha fatto in altri paesi capitalistici. La demagogia so­ciale del fascismo cozza in Ispagna contro il fatto che il pic­colo borghese, l'artigiano, l'intellettuale, lo scienziato e l'arti­sta veggono avanzare al lato dei capi fascisti gli odiati proprie­tari feudali, i caciques, i vescovi, tutti coloro che hanno con­dannato il popolo alla fame e all'ignoranza, vedono al lato dei capi fascisti gli uomini politici venduti alla Lerroux, i ban­chieri corrotti e corruttori alla Juan March. È vero: i rappre­sentanti della piccola borghesia spagnola non ebbero sin dal­l'inizio della rivoluzione spagnola un atteggiamento giacobino. Tentennarono. Dopo la caduta della monarchia seguirono il cammino della coalizione con la borghesia. Anche dopo essere entrati nel movimento del Fronte popolare si rifiutarono osti­natamente di includere nel programma del Fronte popolare la rivendicazione della confisca della terra. Persino dopo il 16 febbraio, il governo di Azaña, che si appoggiava sui partiti del Fronte popolare, si mostrò indeciso nell'epurazione del­l'apparato governativo e dell'esercito. Molti rappresentanti della piccola borghesia cercarono il compromesso, tentando di sfuggire alla lotta aperta contro il fascismo.

Ma il tradimento e l'attacco aperto dei generali fascisti contro il governo legale provocò uno scoppio di indignazione nella piccola borghesia cittadina ed annientò una parte note­vole delle sue esitazioni. I capi repubblicani, spinti dagli av­venimenti stessi, si posero sulla via della lotta conseguente e decisa contro i ribelli fascisti.

«Che cosa ci rimaneva da fare - ha dichiarato Azaña - nel momento in cui una gran parte dell'esercito rompeva il giuramento di fedeltà alla repubblica? Dovevamo noi rinun­ciare alla difesa e sottometterci alla tirannide? No. Dovevamo dare al popolo la possibilità di difendersi».

In questo modo la piccola borghesia passò all'impiego dei metodi plebei nella lotta contro il fascismo, acconsentì a dare le armi agli operai e ai contadini, sostenne l'organizzazione dei tribunali rivoluzionari che procedono con non minore energia del Comitato di salute pubblica ai tempi di Robespierre e di Saint-Just. Ciò significa che la piccola borghesia cittadina ha, oggi, nella Spagna una parte sostanzialmente diversa da quella che ha avuto, per esempio, in Germania e in Italia all'andata al potere del fascismo; e questo pure è un elemento caratteri­stico di cui bisogna tener conto nel definire la tappa attuale della rivoluzione spagnola.

Viene, ultima, la borghesia. Avendo interesse alla limita­zione dei privilegi feudali, la borghesia prese una parte abba­stanza attiva all'abbattimento della dittatura di Primo de Ri­vera e della monarchia. La borghesia attendeva dalla repub­blica condizioni più favorevoli allo sviluppo dei propri affari. I partiti borghesi però cercarono di raggiungere questo obbiet­tivo attraverso il compromesso con le caste feudali e semifeu­dali privilegiate, e, malauguratamente, trascinarono per questa strada, per più di due anni, la piccola borghesia repubblicana e persino il partito socialista. La politica di coalizione dei pri­mi governi repubblicani creò tra le masse una grande delu­sione, e il fascismo utilizzò l'indebolimento delle posizioni della democrazia e passò all'attacco, raccogliendo attorno a sé e mobilitando tutto ciò che il paese aveva di più reazionario. Il rafforzamento del fascismo genera nelle masse la coscienza della necessità di sbarrargli la strada e le masse insorgono (ottobre 1934) in difesa della repubblica. Allora si accentua il processo di differenziazione della borghesia e si inizia una crisi dei partiti borghesi tradizionali. Il partito radicale di Lerroux, per esempio, questo partito della corruzione politica, espressione di tutte le debolezze e di tutte le tare della bor­ghesia spagnola, si disgrega rapidamente e scompare dalla sce­na politica dopo le elezioni del 1936. Dal partito di Lerroux si stacca, però, un gruppo che, sotto la direzione dell'attuale presidente delle Cortes, Martinez Barrios, partecipa all'orga­nizzazione della resistenza contro il fascismo ed entra nel Fronte popolare. Il notevole successo riportato dal partito di Martinez Barrios nelle ultime elezioni non si può spiegare altri­menti che con l'orientamento antifascista di una parte della borghesia, non interessata alla realizzazione dei piani reazionari dei fascisti e del loro alleato Lerroux. Martinez Barrios ha partecipato attivamente al Fronte popolare sin dalla sua costi­tuzione e in un momento di grande tensione al fronte, dopo la presa di Toledo, ha presieduto la sessione di ottobre delle Cortes, completamente dedicata all'organiz­zazione della difesa di Madrid.

I governi repubblicani formatisi dopo le elezioni del 1936 ebbero tutti nel loro seno degli elementi che non possono es­sere qualificati se non come rappresentanti della borghesia. Ma più di tutto è significativo il fatto che questi elementi, quando scoppiò la ribellione fascista, si schierarono dalla parte della repubblica. José Giral, per esempio, membro della sinistra repubblicana, ministro nel governo attuale, è un proprietario di terra e le sue terre sono cadute sotto le disposizioni della riforma agraria sin dai primi anni della repubblica. Francisco Barnes, Casares Quiroga, Enrico Ramos, Manuel Blasco Garson, tutti industriali e proprietari di terre, facevano parte del governo Giral, cioè di uno dei governi che organizzarono la difesa della repubblica contro i ribelli fascisti. Se gli avveni­menti avessero preso un corso diverso, è possibile che una parte di questi elementi avrebbe cercato un compromesso con la reazione; ma la ribellione fascista, tagliando loro questa strada, mostrò loro la necessità di difendere la repubblica con tutti i mezzi, legò il loro destino al destino delle masse popolari.


Le nazionalità oppresse


In difesa della repubblica si schierano pure numerosi grup­pi di borghesia delle nazionalità oppresse dal feudalismo spa­gnolo. Esistono, infatti, in Ispagna delle regioni dove tutta la popolazione lotta da secoli per spezzare il giogo dell'oppres­sione nazionale: in prima linea la Galizia e le province ba­sche (Euszkadi). La borghesia di queste regioni non può accor­darsi con i fascisti e sostenerli, perché sa molto bene che la loro vittoria significherebbe l'annientamento di ogni sua indi­pendenza o autonomia nazionale, significherebbe il ritorno al vecchio regime di oppressione nazionale.

In Catalogna, la cosiddetta Lega catalana e i suoi capi rea­zionari (Cambò) sono scomparsi dall'arena della lotta. Ma nelle file della sinistra catalana (Esquerra) vi sono ancora molti elementi della borghesia industriale, e ve ne sono stati anche nei governi che si sono succeduti in Catalogna negli ultimi mesi. Se a Barcellona, come in tutta la Catalogna, la ribellione fascista è stata domata più rapidamente che altrove, non vi è dubbio che ciò è avvenuto non solo perché qui sono concentrate le più grandi masse del proletariato spagnolo, ma anche perché alla repressione della ribellione fascista prese parte con entusiasmo quasi tutta la popolazione, ivi compresi alcuni gruppi della borghesia.

Per quanto riguarda le province basche, il Partito nazio­nalista basco, un rappresentante del quale, Manuel Irujo, fa parte del governo di Madrid, prende una parte attiva alla lotta contro i fascisti. Manuel Irujo è un grande industriale, il quale ha sempre combattuto per l'indipendenza nazionale dei baschi. Fu avversario del colpo di Stato di Primo de Rivera e nemico deciso della monarchia. Nei primi giorni della rivolta fascista diresse personalmente le operazioni militari contro gli ufficiali ribelli a Bilbao. Tutti i suoi familiari, ivi compresa la madre settantenne, sono stati presi in ostaggio dai fascisti. Malgrado ciò, questo industriale cattolico difende lealmente la repubblica e dichiara che il suo partito lotta «per un regime di libertà, di democrazia politica e di giustizia sociale». Il Partito nazio­nalista basco, di cui egli è il capo, è un partito di borghesia cattolica che per anni e anni ha combattuto per l'indipendenza della Biscaglia. I suoi quadri sono in gran parte dei sacerdoti. Or non è molto, il reazionario francese De Kérillis si meravi­gliava del fatto che nelle province basche dei rappresentanti del clero si battono eroicamente contro le bande reazionarie del generale Mola. Ma la cosa non può far meraviglia. La fun­zione di questi gruppi di borghesia basca, che con le armi alla mano partecipa alla difesa di Irun, di San Sebastiano, di Bil­bao, è senza dubbio più progressiva della funzione di quei capi del Partito laburista inglese i quali sostengono la politica in­glese di «non partecipazione». A questi gruppi di borghesia basca si può giustamente applicare quello che il compagno Stalin scriveva nel 1924:

«La lotta dell'emiro dell'Afganistan per la indipendenza dell'Afganistan è oggettivamente una lotta rivoluzionaria, mal­grado il carattere monarchico delle opinioni dell'emiro e dei suoi seguaci, poiché essa indebolisce, disgrega, mina l'imperia­lismo... La lotta dei mercanti e della borghesia intellettuale dell'Egitto per l'indipendenza dell'Egitto è, per gli stessi mo­tivi, una lotta oggettivamente rivoluzionaria, malgrado l'ori­gine sociale borghese dei capi del movimento nazionale egi­ziano e il fatto che essi si chiamano borghesi, malgrado il fatto che essi sono contro il socialismo; mentre la lotta del governo laburista inglese per mantenere l'Egitto in stato di dipendenza è, per gli stessi motivi, una lotta reazionaria, malgrado l'origine proletaria dei membri di questo governo e il fatto che essi si chiamano proletari, malgrado il fatto che essi sono "per" il socialismo».


La necessità dell'esperienza politica delle masse


Quale conseguenza bisogna tirare da questa analisi della posizione di questi gruppi della borghesia spagnola?

Non vi è dubbio che la grande maggioranza della borghe­sia spagnola è dalla parte dei ribelli e li appoggia, ma vi sono dei gruppi di borghesia, specialmente tra le minoranze nazio­nali, i quali, benché non abbiano nel Fronte popolare una fun­zione dirigente, ne facevano parte prima della ribellione e con­tinuano tuttora a far parte del Fronte popolare antifascista. Perciò non si possono senz'altro escludere dal calcolo delle forze antifasciste questi gruppi, in quanto essi, con la loro partecipazione al Fronte popolare, ne agevolano l'allargamento, aumentando così le possibilità di vittoria del popolo spagnolo. Il fatto di possedere una larga base sociale è, in momenti di lotta così acuta, una delle garanzie di successo della rivoluzione.

Maestro di strategia rivoluzionaria, il compagno Stalin ha scritto, nel '27, che esistono alcuni principi tattici del lenini­smo, se non si tiene conto dei quali una buona direzione della rivoluzione non è possibile.

«Intendo parlare dei seguenti principi tattici del lenini­smo: a) del principio secondo il quale è necessario tener conto delle particolarità e delle caratteristiche nazionali di ogni sin­golo paese; b) del principio secondo il quale è necessario che i partiti comunisti di ogni paese utilizzino anche la minima possibilità di assicurare al proletariato un alleato di massa, sia pure temporaneo, esitante, non fermo e precario; c) del prin­cipio secondo il quale è necessario tener conto che per l'educazione politica di masse di milioni la sola propaganda e agi­tazione non bastano, che per questo è necessaria l'esperienza politica delle masse stesse».

Guidato da questi principi, il partito comunista della Spa­gna ha lottato non solo per la realizzazione dell'unità d'azione della classe operaia, ma per la creazione di un largo Fronte popolare antifascista. Il Fronte popolare antifascista è la for­ma originale di sviluppo della rivoluzione spagnola nella sua tappa attuale.

Fanno parte del Fronte popolare la classe operaia e le sue organizzazioni: partiti comunista e socialista, Unione generale dei lavoratori, Partito sindacalista di Pestaña. Il Fronte popo­lare gode oggi dell'appoggio degli anarchici della Confedera­zione generale del lavoro. Esso comprende inoltre la piccola borghesia, rappresentata dal partito repubblicano di Azaña e dal partito catalano dell'Esquerra, e dei gruppi di borghesia, rappresentati dal partito di Martinez Barrios e dai nazionalisti baschi. Esso è appoggiato non solo dall'organizzazione cata­lana dei rabassaires, ma da milioni di contadini spagnoli, i quali non posseggono un loro partito politico, ma sono pene­trati di odio antifascista e hanno fame di terra.

Il fronte popolare antifascista spagnolo, come forma spe­cifica dell'unione di classi diverse davanti al pericolo fascista, si distingue, per esempio, dal Fronte popolare francese. Il Fronte popolare spagnolo agisce e lotta in una situazione rivo­luzionaria, risolve con un metodo democratico conseguente i compiti della rivoluzione democratico-borghese, agisce ed opera in una situazione di guerra civile, cioè in una situazione che richiede delle misure straordinarie per garantire la vittoria del popolo.

Allo stesso modo, il vero carattere del Fronte popolare spagnolo non lo si può spiegare definendolo puramente e semplicemente come «dittatura democratica degli operai e dei contadini». Prima di tutto, il Fronte popolare spagnolo non si appoggia soltanto sugli operai e sui contadini, ma possiede una base sociale più larga; in secondo luogo, spinto dalla guerra civile stessa, esso prende una serie di misure che vanno alquanto al di là del programma di un governo di dittatura democratico-rivoluzionaria. In pari tempo, una delle caratte­ristiche del Fronte popolare spagnolo consiste nel fatto che la scissione del proletariato, il passaggio relativamente lento delle masse contadine alla lotta armata, la influenza dell'anarchismo piccolo-borghese e delle illusioni socialdemocratiche non an­cora completamente superate e che oggi si esprimono nella ten­denza a saltare la tappa della rivoluzione democratico-borghese, tutto ciò crea alla lotta del popolo spagnolo per la difesa della repubblica democratica una serie di difficoltà supplementari.


Un tipo nuovo di repubblica democratica


Ma la repubblica democratica che si crea nella Spagna non rassomiglia a una repubblica democratica borghese del tipo co­mune. Essa si crea nel fuoco di una guerra civile nella quale la parte dirigente spetta alla classe operaia; essa si crea in un momento in cui su una sesta parte del globo il socialismo ha già vinto e in una serie di paesi capitalistici la democrazia borghese conservatrice è stata distrutta dal fascismo. Il tratto caratteristico di questa nuova repubblica democratica consiste nel fatto che in essa il fascismo, sollevatosi contro il popolo, viene schiacciato dal popolo con le armi alla mano: di conse­guenza non rimane più posto, in questa repubblica, per questo nemico del popolo. Se il popolo riuscirà a vincere, il fascismo non potrà più, in questa repubblica, avere la possibilità che gli è data per esempio in Inghilterra, in Francia, negli Stati Uniti di utilizzare la democrazia borghese e i diritti che essa concede per distruggere la democrazia ed instaurare un regime in cui le masse non hanno più nessun diritto. In secondo luogo, in questa repubblica, viene distrutta la base materiale del fasci­smo. Già ora, tutte le terre e le imprese di coloro che appog­giano la rivolta dei fascisti sono state confiscate e messe a disposizione del popolo. Già ora, in relazione con la situazione di guerra, il governo spagnolo è costretto ad introdurre un controllo dell'apparato economico nell'interesse della difesa della repubblica, e quanto più i ribelli si ostineranno a guer­reggiare contro il governo regolare, tanto più questo dovrà progredire sulla via del disciplinamento di tutta la vita eco­nomica del paese. In terzo luogo, questa democrazia di nuovo tipo non potrà, in caso di vittoria del popolo, non essere ne­mica di ogni forma di spirito conservatore. Essa possiede tutte le condizioni che le consentono di svilupparsi ulteriormente. Essa offre una garanzia di tutte le ulteriori conquiste economi­che e politiche dei lavoratori della Spagna. È per questo che tutte le forze della reazione mondiale vogliono la sconfitta del popolo spagnolo.

Il fascismo tedesco e il fascismo italiano non solo hanno organizzato la ribellione dei generali spagnoli, ma ancor oggi danno loro ogni genere di aiuto e vorrebbero poter schiacciare la repubblica. Simpatizzano con i ribelli e sono pronti ad ap­poggiarli tutti i partiti della reazione estrema e della guerra in tutti i paesi capitalistici. In questo modo, il popolo spa­gnolo in lotta per la sua libertà trova di fronte a sé non sol­tanto i generali ribelli, ma il fronte della reazione mondiale. Di qui le difficoltà che si oppongono alla rapida repressione della ribellione. Queste difficoltà diventano ancor più grandi per il fatto che nei paesi capitalistici esistono dei partiti che formalmente sono sul terreno della democrazia borghese, ma di fatto, sotto la maschera della «neutralità», appoggiano l'intervento fascista. Questo secondo campo che comprende, per esempio, i conservatori inglesi e i radicali francesi di de­stra, in realtà è alleato della reazione mondiale, ed è appog­giato di fatto anche dai capi reazionari della socialdemocrazia.

Il campo opposto è quello della classe operaia, della demo­crazia. Al centro di questo campo sta il proletariato internazionale, di cui tutte le simpatie vanno al popolo spagnolo, ma in esso prendono posto tutti gli antifascisti sinceri, tutti i veri democratici, tutti coloro che comprendono che permettere il soffocamento della repubblica spagnola significa permettere che sia dato un colpo a tutto il fronte antifascista internazionale, significa incitare il fascismo a nuovi, ulteriori attacchi contro la classe operaia e contro la democrazia.


Il fascismo calpesta la libertà e prepara la guerra


Il fascismo gioca con il fuoco. Non è più soltanto contro un popolo della lontana Africa, è contro uno dei popoli del­l'Europa che esso mette in movimento la sua macchina di guer­ra. Esso non può più mascherare i suoi piani briganteschi gridando contro Versailles: non è Versailles che il fascismo oggi calpesta, è la libertà e la indipendenza del popolo spa­gnolo, scatenando contro di sé una nuova ondata di odio dei lavoratori. In questo modo il fascismo prepara un nuovo balzo in avanti della lotta antifascista nel mondo intiero. Il fascismo tedesco credeva, con il processo di Lipsia, di terrorizzare i po­poli. Il risultato è stato il contrario di quello che esso credeva. Le atrocità del fascismo in Germania hanno spinto alla crea­zione del Fronte popolare in Francia e in Ispagna, hanno sca­tenato il movimento del Fronte popolare in tutto il mondo.

Ma i fascisti tedeschi e italiani perseguono pure degli scopi di conquista imperialista. Essi vogliono schiacciare la rivolu­zione spagnola per impadronirsi di una parte delle colonie spa­gnole, per occupare una parte del territorio della Spagna e trasformarlo in base militare degli ulteriori attacchi contro i popoli dell'Europa.

I generali ribelli sono agenti dell'imperialismo straniero, che minaccia l'indipendenza e l'integrità del paese.

«Da noi - disse Lenin nel 1919, riferendosi alla pace di Brest-Litovsk, - una difficoltà della situazione consistette nel fatto che dovemmo dar vita al potere dei soviet contro il patriottismo».

La lotta del popolo contro i generali fascisti ribelli ha nella Spagna il carattere di lotta nazionale, in difesa del paese dal­l'asservimento allo straniero, il che allarga ancora di più la base della rivoluzione. Il fronte popolare non è soltanto il continua­tore delle tradizioni rivoluzionarie del popolo spagnolo, esso continua pure le tradizioni delle lotte eroiche combattute dal popolo della Spagna per liberare il paese dall'oppressione e dalla barbarie straniera.

Abbiamo dunque nella Spagna una situazione nella quale la linea politica tracciata dal VII Congresso dell'Internazionale comunista riceve nel fuoco della lotta rivoluzionaria la con­ferma della propria giustezza storica. E la conferma non è data soltanto dallo sviluppo preso dalla lotta antifascista, ma dalla parte che spetta in essa al giovane Partito comunista spagnolo.

Il compagno Dimitrov ha detto al VII Congresso:
«Vogliamo che i comunisti, in ogni paese, traggano e uti­lizzino a tempo tutti gli insegnamenti della loro esperienza di avanguardia rivoluzionaria del proletariato. Vogliamo che essi imparino a navigare il più presto possibile nelle acque tempe­stose della lotta di classe e non rimangano sulla riva come os­servatori e registratori delle onde che si approssimano, in at­tesa del bel tempo».

Nelle onde tempestose della lotta di classe, il partito co­munista della Spagna diventa il fermo pilota di tutto il popolo spagnolo. Di giorno in giorno - con la sua devozione alla cau­sa della rivoluzione, con la sua fedeltà ai principi, con la sua fermezza al fronte e nelle retrovie, con la disciplina dei suoi capi e dei suoi militanti, con la sua profonda convinzione della giustezza della via che si è tracciata - esso conquista tra le masse un'autorità sempre più grande. Organizzatore e anima­tore del Fronte popolare, con piena coscienza della propria responsabilità storica, esso lotta per la vittoria completa del Fronte popolare sul fascismo.