Appello del Comitato esecutivo
per la liberazione delle colonie francesi
del Nordafrica

(20 maggio 1922)

Testo ripreso da Internationale Presse Korrespondenz, 8 giugno 1922, n.84, pp. 649-50, in traduzione italiana da Aldo Agosti, La Terza Internazionale - Storia documentaria, vol I,2, pp.783-785


[Il presidente francese Millerand, che può fregiarsi del titolo di «primo dei socialtraditori», ha recentemente visitato le colonie nordafricane, mentre la sua polizia maltrattava e incarcerava con raddoppiato vigore i comunisti tunisini.]


Per la prima volta dalla conquista del Nordafrica da parte del capitalismo francese gli indigeni gementi sotto il tallone dei grandi piantatori e dei funzionari schiavisti trovano fra i compatrioti dei loro sfruttatori un alleato potente e sicuro che si prende a cuore la loro causa e li sostiene fino al raggiungimento della vittoria: il partito del proletariato, il Partito comunista francese, sezione dell'Internazionale comunista. L'alba della liberazione è spuntata per i proletari arabi vittime dello scandaloso sfruttamento dell'aristocrazia indigena e dei conquistatori francesi. La guerra imperialista ha scatenato a Tunisi e ad Algeri uno spirito di indignazione non meno forte che in Egitto e in India. E contemporaneamente alle pretese nazionaliste si sente sem­pre più parlare di esigenze di classe che si fanno di mano in mano più urgenti.

La sollevazione insurrezionale delle masse musulmane che le mi­sure poliziesche dell'imperialismo inglese non sono riuscite ad intimi­dire e che, dopo ogni misura repressiva, si è rinnovata sempre più forte, non può arrestarsi ai confini della zona di occupazione britan­nica e sta già minacciando l'imperialismo francese.

Le colonie francesi hanno pagato pesanti tributi di sangue durante la grande guerra imperialista. Approfittando dell'ignoranza delle masse a cui imponevano col terrore la loro volontà, i padroni stranieri del paese sono stati capaci di irreggimentare un numero enorme di indigeni che hanno poi abbandonato a versare il loro sangue sui fronti del­l'Europa occidentale e dei Balcani nella difesa delle casseforti borghesi.

A Tunisi, dove già nel 1914 il reclutamento incontrava sensibile resistenza, la ribellione è stata repressa nel sangue. La stampa borghese ha passato sotto silenzio, quasi per tacita intesa, questi tragici avve­nimenti, svelando in tal modo il vero carattere della guerra sedicen­temente condotta «nell'interesse della democrazia e della civiltà».

In Africa la civiltà francese si manifesta con una repressione spietata, con l'imposizione di insostenibili tasse, nella più spaventosa miseria dei proletari contadini e lavoratori. Ultimamente Algeri è stata colpita da una carestia catastrofica. Tunisi da 40 anni soffre sotto un regime zarista che governa nel segno del tricolore repubblicano sotto la cinica denominazione di «protettorato». A Tunisi è addirittura impossibile far uscire un giornale comunista in lingua araba e i comu­nisti francesi e tunisini, fraternamente uniti nella lotta contro la dit­tatura borghese, sono esposti alle stesse persecuzioni. Non contenti di sfruttare fino allo stremo delle energie i lavoratori arabi, ebrei, fran­cesi, italiani e spagnoli che popolano il Nordafrica, gli schiavisti fran­cesi si propongono di reclutare un grande esercito di indigeni, di cui intendono servirsi come principale strumento per la repressione della rivoluzione proletaria in Francia. Si tratta di costituire truppe nere per ricavarne guardie bianche, si tratta di utilizzare i proletari igno­ranti di Algeri e di Tunisi contro i proletari francesi coscienti.

Ma il momento in cui la borghesia francese avrebbe potuto rea­lizzare impunemente questo progetto è passato. Come gli insorti di Tunisi trovano alleati fra gli operai, fra i soldati e i marinai francesi, cosi anche i rivoluzionari di Francia troveranno alleati nei reggimenti coloniali. L'affratellamento degli sfruttati di ogni colore, di ogni reli­gione, di ogni razza che ogni giorno acquistano maggior coscienza dei loro interessi di classe è già incominciato: non si arresterà più. Le rappresaglie che in questo momento a Tunisi raddoppiano di intensità non fermeranno l'impeto della libertà. Al contrario, esse non faranno che allargare il movimento, renderlo più profondo, più irresistibile. I colpi sferrati contro i comunisti rafforzano il prestigio del comunismo, ne raddoppiano l'influenza e pongono il partito comu­nista nella luce di unico difensore dei loro diritti agli occhi delle masse indigene.

Il proletario francese comprende che la causa del proletario afri­cano è la sua propria e come tale egli la difende: quella causa che garantirà la vittoria della rivoluzione nelle colonie e, contemporanea­mente, frustrerà l'attivissima opera del capitalismo francese che aspira ad estendere le sue mire imperialistiche. La lotta per la liberazione di Algeri e di Tunisi è appena comin­ciata, e si arresterà soltanto con il trionfo degli schiavi.

L'Internazionale comunista saluta i compagni perseguitati dalla casta al potere, i compagni francesi e indigeni incarcerati, saluta i com­pagni Louzon, El Kéfi e tutti gli altri. Saluta la Lega comunista tu­nisina e il Partito comunista francese che guidano la lotta contro l'oppressione e garantisce loro tutta la solidarietà del proletariato internazionale.


L'Internazionale comunista si rivolge a tutti gli oppressi e agli sfruttati di Algeri e di Tunisi:
Proletari musulmani, ebrei e cristiani!
Proletari arabi, francesi, italiani e spagnoli! Unitevi contro i vostri sfruttatori sotto le insegne del partito comunista!
Soldati e marinai di Francia! Non sparate sui vostri fratelli al­gerini e tunisini! Affratellatevi col popolo nella lotta per la sua li­berazione!
Proletari francesi! Correte in aiuto al proletariato africano! Viva il Partito comunista francese, viva le associazioni comuniste di Tunisi e di Algeri! Viva la rivoluzione del proletariato delle colonie!