Associazione Stalin

La divisione del movimento comunista internazionale
Le spinte oggettive
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La via occidentale al socialismo

Uno dei punti principali del rapporto Kruscev al XX congresso del PCUS e su cui più accesa è stata la polemica (vedi "Le divergenze tra il compagno Togliatti e noi" [qui]) ha riguardato la possibilità della conquista pacifica del potere da parte dei comunisti.

Già all'epoca della II internazionale, basandosi su uno scritto di F. Engels (*) c'era stato il tentativo di accreditare, da parte della socialdemocrazia tedesca, la tesi che per via elettorale fosse possibile arrivare al socialismo. Ma questa posizione non si ritrova negli scritti di Marx nè in quelli di Lenin che hanno posto la questione in modo ben diverso. Marx parlando di rivoluzione (e tale è la rivoluzione socialista) la definisce una espropriazione violenta del potere di una classe contro un'altra, mentre Lenin, nel corso stesso della Rivoluzione d'ottobre scrive uno dei suoi testi più importanti, "Stato e rivoluzione". Marx, inoltre nella sua La guerra civile in Francia coglie ed esalta tutti gli aspetti essenziali di quella che è stata la prima esperienza rivoluzionaria del proletariato.

Dunque sul piano della definizione teorica e dei princípi non era possibile rifarsi ai testi del socialismo scientifico per motivare la tesi della conquista pacifica del potere da parte dei comunisti. Peraltro Engels già nel 1846, nella lettera del 23 ottobre al Comitato comunista di corrispondenza di Bruxelles precisava che l'unico mezzo per raggiungere gli obiettivi del movimento era la rivoluzione violenta. E inoltre, sempre Engels (nel ventesimo anniversario della Comune di Parigi, 1891) nella sua commemorazione sostiene che "il filisteo socialdemocratico recentemente si è sentito preso ancora una volta da salutare terrore sentendo l'espressione dittatura del proletariato. Ebbene signori, volete sapere come è questa dittatura? Guardate la Comune di Parigi. Questa fu la dittatura del proletariato".

L'approccio di Kruscev non poteva a questo punto che essere diverso e a sostegno della sua tesi egli cercò di dimostrare che i mutati rapporti di forza tra capitalismo e socialismo avevano aperto orizzonti nuovi. Anche se, proprio nel 1956 anno del XX congresso del PCUS, si registravano avvenimenti cone la controrivoluzione in Ungheria e l'attacco anglo-franco-israeliano all'Egitto.

Ma Kruscev, nonostante l'evidenza, aveva un bisogno assoluto di garantire ai suoi interlocutori occidentali e in particolare agli USA un 'nuovo corso' per sterzare a destra e questo consentì anche nei partiti comunisti dei principali paesi capitalistici di far crescerei tendenze che negli anni successivi ne avrebbero modificato gli indirizzi strategici.

Fino alla morte di Stalin queste tendenze erano state tenute sotto controllo. Da una parte veniva mantenuto fermo il punto strategico dell'URSS come riferimento centrale, dall'altra i partiti comunisti dell'occidente europeo, principalmente il PCI e il PCF, articolavano la tattica in modo da tener conto delle esigenze della lotta politica e sociale nazionali, ma sempre nel quadro di una linea internazionale unitaria.

Nel caso della situazione italiana il partito comunista, nelle sue scelte 'nazionali', aveva però introdotto già da tempo punti che contenevano in nuce i germi della sua trasformazione. Il 'partito nuovo' di Togliatti, pur mantenendo una struttura centralizzata, introduceva una variazione sostanziale rispetto alla concezione leninista del partito e questo preparava il terreno alle successive svolte. Un partito di massa e non di quadri era sostanzialmente permeabile all'ingresso di una militanza non basata su una formazione rivoluzionaria. Su questo la direzione togliattiana cercava di mistificare la situazione mettendo di fatto sullo stesso piano leninismo e settarismo, mentre la questione del rapporto con le masse e la tattica da seguire nella lotta politica e sociale erano essenziali nel pensiero leninista. Ma, come sosteneva appunto Lenin, una tattica senza strategia è votata al trasformismo e all'opportunismo.

Le premesse per la trasformazione genetica del PCI, dal punto di vista dell'organizzazione e degli obiettivi strategici (da non confondere con la retorica degli 'ideali socialisti') erano già latenti dunque prima del 1956.

Basti riflettere su un punto della strategia togliattiana che, peraltro aveva registrato la sua sconfitta all'epoca dei governi De Gasperi. Questa strategia era fondata sull'idea che in Italia ci fosse bisogno di un secondo Risorgimento, dopo la lotta armata antifascista, per completare una fase storica iniziata nell'800 che non si era compiuta per le caratteristiche del blocco sociale realizzatosi attorno ai Savoia.

L'indicazione che si dava dunque era appunto quella di fare dell'Italia un paese di democrazia avanzata e con caratteristiche sociali, ma quali forze erano in grado di realizzare una rivoluzione democratica di questo tipo? Il 1947 dimostrò quale fosse la natura degli alleati 'democratici' del PCI e se il partito non avesse retto sul terreno sociale e di classe e non avesse avuto il fronte comunista internazionale come riferimento non avrebbe certamente tenuto all'urto della guerra fredda e dell'offensiva anticomunista. Non è un caso che la Carta Costituzionale sia rimasta, nella sua sostanza sociale e democratica, carta straccia.

Il PCI già nel dopoguerra aveva dunque una testa teorica democratica e un corpo operaio e internazionalista e questa contraddizione prima o poi doveva essere sciolta. Il 1956 è stata la levatrice di questo evento.

Una volta aperta la stura alla via democratica al socialismo, il PCI e con esso, in fasi diverse, i partiti comunisti occidentali, si sono adeguati alla concenzione parlamentaristica della lotta per il socialismo. Rimaneva il concetto della lotta di massa, ma senza che si definissero i livelli delle contraddizioni e le forme con cui affrontarle.

Questo ha consentito al PCI nella fase controrivoluzionaria aperta da Kruscev di diventare il capofila della trasformazione genetica del comunismo occidentale. Già con la famosa intervista di Palmiro Togliatti a Nuovi Argomenti (numero 20, maggio-giugno 1956, [qui]), si chiedeva al PCUS di non rimanere sul terreno della lotta al culto della personalità, ma di andare ben oltre.

In sostanza Togliatti chiedeva ai comunisti sovietici di inquadrare la questione Stalin dentro un processo degenerativo della società, tirando in ballo la questione della democrazia. La denuncia del cosiddetto culto della personalità diventava quindi denuncia delle distorsioni del sistema sovietico, a cui si riconoscevano meriti importanti, senza però, nei fatti, collegarli con la gestione rivoluzionaria del potere.

Nel caso del PCI, la nuova strada per il socialismo aveva come passaggi essenziali non solo la via parlamentare e l'allargamento della democrazia, ma anche le famose riforme di struttura, una modificazione dell'organizzazione economica che avrebbe consentito la trasformazione in senso socialista del sistema.

Sul discorso delle riforme di struttura come strategia di potere si impernia l'VIII Congresso del PCI che si tenne a Roma dall'8 al 14 dicembre del 1956, dieci mesi dopo il XX congresso del PCUS. Si tratta di una novità che modifica la strategia comunista e su cui si apre anche la polemica nel movimento comunista internazionale. Quella che pubblichiamo [qui] è la risposta di Palmiro Togliatti a Roger Garaudy che in un articolo apparso su Cahiers du communisme, rivista teorica del PCF, aveva criticato l'impostazione dell'VIII congresso del Partito comunista italiano.

Oggi una discussione sulla via al socialismo basata sulle riforme di struttura non ha più senso, dal momento che i fatti storici hanno dimostrato l'inconsistenza di questa ipotesi, non solo rispetto alla fine del PCI, ma anche ad avvenimenti più recenti dove si sono tentate vie parlamentari che, mantenendo in piedi il vecchio sistema sociale e le forze che lo rappresentano, portano ad esiti disastrosi, dal Cile al Venezuela.

L'ultimo tentativo di dare dignità a una improbabile terza via è stato tentato da Palmiro Togliatti, nel 1964 a Yalta con il famoso 'memoriale' [qui], finalizzato a discutere con Kruscev i termini della convocazione di una nuova conferenza internazionale dei partiti comunisti. Togliatti morì poche ore dopo averlo scritto, mentre Kruscev era alla vigilia della sua destituzione.

Il memoriale comunque ribadisce l'opposizione non tanto alla convocazione di una nuova conferenza dei partiti comunisti, quanto al fatto che essa dovesse servire alla scomunica dei comunisti cinesi, alla quale il PCI di allora era contrario. Esso sosteneva difatti che la polemica coi comunisti cinesi andava fatta, ma che, data anche la peggiorata situazione internazionale, bisognasse salvaguardare l'unità del fronte antimperialista, dai comunisti ai movimenti di liberazione nazionale.

Al centro delle considerazioni contenute nel memoriale rimanevano non solo il giudizio positivo sul XX congresso, ma anche i due corollari su cui Togliatti e il PCI avevano insistito a partire dal 1956 e cioè la questione della democrazia nei paesi socialisti e le vie parlamentari al socialismo.

Col senno di poi si vede che il PCI rielaborò le posizioni espresse all'VIII congresso del partito andando ben oltre e lo si evince chiaramente da un opuscolo edito da Rrinascita nel 1986, alla vigilia dunque delle grandi svolte e dei crolli del socialismo nell'Europa dell'est.

L'opuscolo, intitolato 'il PCI e la svolta del 1956' porta l'introduzione di Giuseppe Chiarante [qui], intellettuale di area ingraiana. I fumi delle teorizzazioni sulle terze vie si diradano e appare il vero obiettivo che Achille Occhetto realizzerà alla Bolognina.

Chiarante è esplicito nel dire che il XX Congresso del PCUS aveva fallito il suo obiettivo, perchè la democrazia in URSS non era progredita fintanto che all'orizzonte non era apparso Gorbaciov, cioè il liquidatore del sistema socialista.

Ma il PCI, sostiene Chiarante, era comunque pronto alla discontinuità, cioè a diventare 'una grande e moderna forza democratica e riformatrice'. Con Berlinguer fino a Matteo Renzi.


(*) Si tratta della prefazione scritta da Engels a Londra nel 6 marzo 1895 a quattro opuscoli di Marx raccolti e ristampati a Berlino col titolo "Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850" (edizione italiana, Editori Riuniti, 1962, a cura di Giorgio Giorgetti, traduzione di Palmiro Togliatti). Le omissioni mirate dell'organo centrale del partito socialdemocratico tedesco Vorwärts per espungere dal testo il riferimento alla presa rivoluzionartia del potere fecero infuriare Engels, che in realtà sosteneva che la crescita legale del movimento socialista non doveva essere logorata in combattimenti isolati, ma preservata per la lotta decisiva. "Con mia grande sorpresa - scrive Engels a Kautski il 1 aprile - trovo oggi nel Vorwärts un estratto della mia Introduzione, pubblicato senza che io lo sapessi, e così sconciato che io vi appaio come un pacifico fautore della legalità quand même".