Palmiro Togliatti

I compiti del partito
nella situazione attuale

Discorso pronunciato a Firenze il 3 ottobre 1944, pubblicato nella col­lana di opuscoli «Politica comunista», Roma, Società editrice l'Unità, 1945. Ripreso da: Palmiro Togliatti, Opere scelte, Editori Riuniti, Roma, 1974, pp. 340-369.


Compagne e compagni di Firenze, trovandoci, o per meglio dire, ritrovandoci fra compagni, come noi oggi ci ritroviamo, non abbiamo bisogno di farci reciprocamente dei complimenti. Ci conosciamo da un pezzo. Io però non vi nascondo la mia commozione e la mia gioia nel ritrovarmi oggi fra i quadri dell'organizzazione comunista fiorentina. Io sono incaricato dal Comitato centrale, dalla direzione del partito, di portarvi il saluto della direzione ed il saluto di tutte le nostre orga­nizzazioni che già lavorano, funzionano e si sviluppano, nell'Italia libe­rata; di portare questo saluto a voi, quadri militanti della nostra orga­nizzazione di Firenze, a voi che avete dato un esempio così grande, un cosi bello, indimenticabile esempio del modo come i comunisti com­prendono in questo momento i loro doveri. I comunisti comprendono oggi che il loro dovere fondamentale nell'Italia ancora occupata dai tedeschi e dai traditori fascisti, è quello di prendere le armi e di mettersi alla testa di tutto il popolo, per liberare il nostro paese e schiacciare per sempre il fascismo; che il loro dovere, liberata la propria città, liberata la propria regione, è quello di continuare questa lotta a fondo, per riuscire a distruggere tutti i residui del fascismo ed a creare le condizioni in cui possa essere costituito in Italia un regime il quale corrisponda alla profonda volontà, alle profonde aspirazioni di tutta la massa lavoratrice, di tutto il popolo italiano. Voi avete saputo com­piere con le armi alla mano il vostro dovere, e, grazie a voi, essenzial­mente grazie a voi comunisti, la città di Firenze ha dato un esempio a tutta l'Italia.

  Noi siamo certi che quest'esempio sarà seguito; noi siamo convinti che tra poco si schiereranno a lato di Firenze le nostre grandi città popolari e proletarie: Bologna, Milano, Torino, Genova; noi siamo certi che, anche nelle altre città, il nostro partito saprà essere alla testa di tutto il popolo, contro il tedesco e contro i fascisti.

  Io vi ho detto che non posso nascondervi la commozione che provo nel ritrovarmi qui, in mezzo a voi. Forse ci sono tra voi alcuni - o parecchi - che sì ricordano dell'ultima volta che ci siamo visti, nel 1924, quando tenemmo un congresso della nostra federazione fioren­tina, in una villa qui vicino, congresso che non passò senza qualche disturbo da parte della polizia. Ma allora eravamo un piccolo partito, eravamo, qui a Firenze, nonostante che avessimo già delle solide radici nel popolo, un piccolo partito, ed i pochi gruppi di compagni si sfor­zavano di tenere in piedi un'organizzazione, di collegarla con le masse, di indicare agli operai ed alle classi lavoratrici la via della resistenza contro la dittatura e la tirannide fascista, in piena offensiva contro la classe operaia.

  Oggi io ritrovo a Firenze, grazie al vostro lavoro, un'organizzazione in grande, un grande partito, il quale è già stato in grado, non soltanto di dare l'esempio nella lotta di avanguardia da parte di piccoli gruppi, ma di raccogliere nelle proprie file, inquadrare nelle proprie organizza­zioni strati intieri di operai, come è indispensabile che oggi sia fatto se vogliamo essere in grado di adempiere i nostri compiti.

  Il compagno segretario della vostra organizzazione, nel presentarmi a voi, ha concluso accennando al fatto che, nel vostro lavoro e nella vostra attività organizzativa, vi sarebbero ancora lacune e difetti. È probabile, è possibile, è certo, anzi, perché lo ha detto il vostro segre­tario, il quale rappresenta la vostra volontà. Ma io vorrei attirare la vostra attenzione su di un punto fondamentale, che sarà il tema di tutta la mia esposizione.

  Perché esistono ancora oggi nella vostra organizzazione ed in tutte quelle che il partito ha costituito nell'Italia liberata, questi difetti, que­ste lacune? Io ritengo che sarebbe uno sbaglio, pensare che questo dipenda dal fatto che i compagni non vogliono lavorare o non sanno lavorare. La questione è molto più ampia e deve essere esaminata da un punto di vista più largo.

  La realtà è che noi comunisti in Italia, primi forse fra i comunisti di tutta l'Europa occidentale, ci troviamo di fronte ad un problema nuovo, quale non si era posto mai a noi negli anni passati, e che non si pose mai negli anni della legalità e tanto meno in quelli duri dell'il­legalità e della persecuzione.

  Noi comunisti italiani, primi fra i comunisti di tutta l'Europa oc­cidentale, ci troviamo di fronte al nuovo e grave compito di creare un partito comunista, in condizioni completamente nuove, con compiti completamente nuovi e diversi da quelli che si ponevano in passato al nostro partito. Non si tratta quindi soltanto, compagni, del passaggio dalla illegalità alla legalità. Voi sapete meglio di me che questo pas­saggio è sempre una cosa molto difficile.

  Nell'illegalità i compagni contraggono determinate abitudini, le quali vanno dal modo di lavorare, fino al modo di parlare e di pre­sentarsi.

  Si è abituati al lavoro nei piccoli gruppi, ci si deve incontrare nel minor numero possibile, tutti i collegamenti devono essere organiz­zati in modo da esporre l'organizzazione ai minimi rischi, tutti gli ele­menti che aderiscono all'organizzazione devono essere vagliati, esami­nati, secondo criteri particolari in modo che l'organismo illegale non venga esposto a pericoli dalla penetrazione di elementi non soltanto nemici ma anche incerti, perché basta l'incertezza a compromettere tut­to. In questo modo, dunque, si contraggono determinate abitudini di lavoro.

  Quando si passa alla legalità bisogna cambiare profondamente tutte queste abitudini.

  Questo passaggio è una cosa molto difficile a farsi, ma se i compa­gni, specie quelli che hanno il compito di inquadrare le masse, non sono in grado di cambiare profondamente il loro modo di lavorare, il partito non si sviluppa. Il partito può riuscire a tenerle insieme, ad inquadrarle, a dirigerle, e se dopo un po' di tempo il partito non corregge questo suo difetto, potrebbe anche darsi che le grandi masse aderenti rimangano passivamente aderenti al partito, indifferenti alla vita interna politica del partito stesso.

  Questa è una difficoltà che io riconosco, che voi stessi riconoscete, e a cui so che avete dedicato un'attenzione particolare domenica, in una imponente adunata, alla quale mi scuso di non esser stato presente per circostanze non dipendenti dalla mia volontà. Ma questa difficoltà non è la sola, e soprattutto non è essenziale, e noi commetteremmo un grave errore se di fronte a tutti i difficili problemi che si presentano adesso al nostro partito, nell'attuale situazione politica, fossimo legati soltanto al problema del passaggio dall'illegalità, dal lavoro clandestino alla legalità, per il funzionamento della nostra organizzazione e del no­stro partito.

  Non si tratta soltanto di questo. Ed io voglio lasciare da parte questo problema, che è problema pratico-tecnico, sia pure di grande importanza, per concentrare invece l'attenzione vostra su altre questioni di politica e di organizzazione molto più profonde.

  La questione è questa: oggi, non soltanto in Italia, ma in tutta l'Europa, in tutti i paesi in cui avverrà il crollo del fascismo e di tutta l'impalcatura reazionaria, creata dalle vecchie classi dirigenti fasciste o semifasciste, la classe operaia si troverà, essa sola, di fronte a compiti completamente nuovi che nel passato non le si posero mai.

  Ricordatevi quello che noi eravamo in passato, nel periodo dell'il­legalità: ricordiamoci anche quello che noi fummo in passato, quando eravamo un partito legale. Noi sorgemmo a Livorno come partito com­pletamente legale, e godevamo, in un certo ambito, di una legalità ab­bastanza grande. Quali erano, allora, i nostri compiti fondamentali? Noi facevamo della propaganda per diffondere i nostri principi generali in mezzo alla classe operaia ed in mezzo ai lavoratori. Noi cercavamo di far fronte all'offensiva reazionaria del fascismo, costituendo le nostre squadre, i nostri gruppi, i quali poi erano sempre piuttosto isolati in mezzo alle masse. E per quello che si riferisce ai problemi generali politici della vita del paese, esercitavamo solo un'attività di critica e di opposizione. E lì ci fermavamo.

  Nel nostro partito ricorderete che vi erano anche degli elementi che ritenevano fosse un errore far parte del parlamento, sia pure alla opposizione, che ritenevano fosse persino un errore andare nei consigli comunali e fare un lavoro di amministrazione, insieme agli altri parti­ti popolari.

  Vi era questa tendenza che noi combattemmo. Però è un fatto che l'orientamento del nostro partito era soltanto di un'associazione propagandistica, la quale faceva poco nell'ambito dello Stato, e che svol­geva una attività essenzialmente di critica e di opposizione.

  Possiamo noi continuare oggi in questa posizione? Questo è il problema fondamentale.

  Se noi oggi ci limitassimo a svolgere un'attività di questo genere, noi verremmo meno ai compiti che la storia pone di fronte a noi, alla classe operaia e lavoratrice nel momento presente.

  Quali sono questi compiti? La realtà è questa: la classe dirigente, borghese, possidente, reazionaria, che ha governato l'Italia durante i vent'anni della tirannide fascista, e prima dei vent'anni della tirannide fascista, ha dimostrato, nel corso di tutta questa evoluzione storica, di aver fatto completo fallimento.

  Questa classe ha fatto fallimento, non soltanto, diciamolo pure, in materia di difesa immediata degli interessi della classe lavoratrice, ma ha dimostrato a tutto il popolo di non essere in grado di dirigere il paese che essa ha portato alla catastrofe a cui oggi tutti noi assistiamo, ed ha fatto fallimento proprio nel suo compito di classe dirigente na­zionale.

  E badate, io coinvesto in quella responsabilità, non soltanto i fa­scisti, non soltanto Mussolini e la sua banda, non soltanto i gerarchi, non soltanto coloro che mangiavano in regime fascista e furono sti­pendiati dal regime fascista; noi coinvolgiamo in questa responsabilità anche quelli che hanno portato il fascismo al potere, nonché quelle classi dirigenti, quei gruppi sociali, quelle istituzioni le quali hanno diretto in Italia, prima della instaurazione del regime fascista, la propria politica in modo tale da provocare e da rendere inevitabile l'avvento del fascismo. Noi coinvolgiamo nello stesso atto d'accusa tanto i fascisti quanto quelli che hanno aperto la strada del potere al fascismo, tanto i fascisti quanto quelli che hanno messo e mantenuto al potere per tanti anni la tirannide fascista.

  Noi consideriamo, tanto gli uni quanto gli altri, corresponsabili della catastrofe dell'Italia.

  Ed allora si presenta questo grande problema politico: possiamo noi oggi affidare il compito di portare a termine là liberazione dell'Ita­lia e la ricostruzione del nostro paese, possiamo noi fare riprendere la direzione politica del nostro paese agli stessi uomini ed agli stessi metodi i quali portarono l'Italia fascista alla catastrofe attuale?

  Voi sapete già qual è la risposta: è evidente che non si può. Questa coscienza della necessità di un cambiamento profondo, radicale, nella direzione politica dell'Italia, è sentita dal popolo. Tutti, anche coloro che non sono in grado di formulare la questione in modo chiaro e preciso, tutti coloro che sono uomini onesti e sinceri: operai, contadini, lavoratori, impiegati, intellettuali, sentono che è necessario operare un cambiamento profondo nella nostra vita nazionale, sentono che è ne­cessario che vi sia una trasformazione nella direzione politica del paese, che vi siano dei gruppi sociali e dei gruppi politici nuovi, i quali si mettano alla testa nell'opera di rinascita e di ricostruzione dell'Italia.

  Questo problema si presenta in un momento in cui l'Italia è, in parte, ancora occupata dai tedeschi e tenuta sotto la tirannia dei tradito­ri fascisti, nel momento in cui si svolge, sul territorio italiano, una guerra condotta dai paesi anglosassoni, dai paesi democratici, che fanno parte di un grande blocco cui partecipa anche l'URSS, il paese del socia­lismo, contro le armate tedesche e contro i fascisti. Noi dobbiamo tener conto di tutte queste condizioni e dobbiamo determinare la nostra politi­ca, il nostro atteggiamento fondamentale, come partito in vista di questa nuova situazione creatasi oggi in Italia. Oggi in Italia si deve operare un profondo rinnovamento della vita del paese affinché l'Italia non debba essere un'altra volta portata a subire la vergogna di una tirannide reazionaria ed una catastrofe nazionale come quella che ha già subito.

  È evidente che, posto il problema in questi termini, i compiti del nostro partito cambiano rispetto a quelli che erano una volta.

  Noi non possiamo essere più soltanto una associazione di propagan­disti degli ideali del comunismo, di una società socialista. Non possiamo limitarci soltanto a fare questo. Sarebbe assurdo che noi, partito comu­nista, rinunziassimo a fare la propaganda delle nostre idee, anche per quello che concerne gli avvenimenti più lontani, che non vediamo oggi immediatamente realizzabili ma che si realizzeranno, e per i quali con­tinueremo la lotta fino in fondo. Quindi è giusto svolgere la propaganda dei nostri principi, delle nostre dottrine, dei nostri ideali. Ma noi oggi ci troviamo di fronte ad un altro ben più vasto problema: salvare il paese dalla catastrofe, e salvarlo in modo tale che questa catastrofe possa essere evitata per l'avvenire.

  È evidente, dunque, che i problemi politici del paese si presen­tano oggi in maniera diversa da come si presentavano una volta, è evidente che noi ora abbiamo, di fronte a questi problemi politici del nostro paese, una posizione profondamente diversa da quella che ave­vamo prima. E qui io voglio sottolineare tre punti, che devono essere ben chiari dinanzi al nostro partito.

  1 ) Il carattere speciale, l'impronta nazionale che prende il nostro partito;

  2) La possibilità che si è aperta al nostro partito di partecipare al governo, e che cosa significa questa partecipazione al governo;

  3 ) Il carattere di massa e popolare che deve avere il nostro partito.


  Quando noi avremo ben compreso questi punti fondamentali, tutti i problemi pratici del nostro lavoro si presenteranno molto più facili, perché avremo già compreso qual è la linea fondamentale sulla quale dovremo indirizzarci per realizzarli.

  I punto: Carattere nazionale del nostro partito. Da che cosa deriva questo carattere nazionale del nostro partito? Credo di non aver biso­gno di spendere molte parole per spiegarvelo, perché vedo in mezzo a voi dei reduci di quelle Brigate garibaldine che hanno lottato contro l'invasore tedesco e contro il traditore fascista, in modo eroico, così nella Toscana come nella città di Firenze, che hanno bagnato del loro sangue le vie della vostra città. Questi uomini hanno realmente dimo­strato coi fatti che cosa vuole dire oggi, per il popolo italiano e per la sua avanguardia (perché essi sono veramente l'avanguardia del popolo italiano), hanno dimostrato cosa vuole dire oggi essere un partito nazionale.

  Le vecchie classi dirigenti reazionarie pensavano una volta di essere loro le depositarie di questa idea della nazione. Per questo accusavano noi di essere antinazionali. Voi ricordate tutta la propaganda del fasci­smo, che tentava di metterci al bando della vita politica - e ci mise per più di venti anni - accusandoci di essere antinazionali, di non comprendere gli interessi del popolo italiano nel suo complesso e non solo della classe operaia, ma dell'intiera comunità. Ebbene, proprio que­ste classi reazionarie le quali ci accusavano di essere antinazionali, e ci mettevano al bando della vita politica del paese, hanno dimostrato, facendo una politica perfettamente egoistica, di difesa dei loro interessi esclusivi e particolaristici, una politica di oppressione e di tirannide, di essere loro antinazionali finendo col portare alla rovina la nazione italiana. Queste classi dirigenti, questi gruppi reazionari, i quali ritene­vano di essere depositari del principio di nazione, hanno in realtà dimo­strato di essere i traditori della nazione e del paese. Questa è la realtà di fronte alla quale si trova oggi il popolo italiano.

  E badate, quando io parlo di nazione, che cosa intendo? Cosa intendiamo noi marxisti, quando parliamo di nazione? Noi intendiamo la classe operaia, la classe contadina, la massa degli intellettuali, la massa dei lavoratori del pensiero e non soltanto quelli del braccio: impiega­ti, professionisti. Noi escludiamo dalla comunità nazionale soltanto quei gruppi egoistici, quelle classi possidenti, reazionarie, le quali non sono capaci, nella loro politica - e lo hanno dimostrato a tutta l'Italia ed a tutta l'Europa continentale - di elevarsi al disopra della considera­zione dei loro gretti interessi e di mettere questi al disopra degli inte­ressi generali del popolo del loro paese.

  Questa è la situazione di fronte alla quale noi ci troviamo ora. Per questo, se oggi la classe operaia, diretta dal suo partito, non si facesse avanti e non dicesse: «Siamo noi, oggi, che sappiamo difendere contro tutti, gli interessi generali del paese, cioè della nazione», non vi sarebbe in Italia un'altra classe in grado di fare questo.

  E questo profondo spostamento che avviene nell'impostazione del problema nazionale, determina in Italia e determinerà fra poco in tutti i paesi d'Europa, una situazione politica completamente nuova, in cui la classe operaia rivendica il diritto di essere la forza che conduce in modo conseguente la lotta per la difesa degli interessi di tutto il popolo e attorno a cui si devono riunire tutte le forze che hanno coscienza dell'interesse generale del popolo e del proprio paese.

  Ecco la modificazione profonda che è avvenuta nella posizione politica della classe operaia del nostro paese. Ed ecco la modificazione profonda, di conseguenza, anche nella politica del nostro partito. Il nostro partito considera oggi come una delle sue principali attività e come proprio vanto di fronte a tutta l'Italia, il fatto che le sue organiz­zazioni, costituite a nord della linea del fronte, nell'Italia settentrionale, nelle grandi città industriali, sono state le organizzazioni che si sono messe alla testa del movimento, per creare delle Brigate partigiane, delle divisioni Garibaldi, che si sono armate e si sono gettate nel com­battimento contro l'invasore tedesco e contro il traditore fascista.

  I grandi industriali reazionari, i grossi proprietari di terre, i residui della classe dirigente fascista, reazionaria, conservatrice, non hanno sa­puto adempiere a questa funzione. Una parte di loro, i fascisti, hanno chiamato in Italia i tedeschi, per opprimere il popolo italiano, per mas­sacrarlo, calpestarlo, al fine di poter mantenere intatta la loro sangui­nosa tirannide: mentre gli altri, anche quelli che non erano apertamente fascisti, quando si sono trovati di fronte a questo schieramento - da una parte la classe operaia, il popolo, con le formazioni armate, e dall'al­tra i tedeschi - si sono messi a fianco degli oppressori perché le loro fabbriche e le loro industrie continuassero a funzionare sia pure al ser­vizio dello straniero. Essi si sono schierati dalla parte del nemico del paese, mentre il popolo faceva sacrificio della propria esistenza per di­fendere il proprio paese contro gli invasori stranieri.

  Questa è la posizione presa dal nostro partito, ed essa corrisponde al profondo mutamento della situazione politica del paese, mutamento del quale noi, partito all'avanguardia della classe operaia, dobbiamo essere coscienti.

  Da questo noi dobbiamo saper ricavare tutte le conseguenze poli­tiche ed organizzative; noi, insieme agli altri partiti d'avanguardia, for­meremo veramente la forza capace di condurre tutta la popolazione d'Italia e l'intera nazione alla vera ricostruzione del paese.


  II punto: Il significato della partecipazione al governo del nostro partito. In questa situazione si è imposta a noi la necessità di entrare anche a far parte di un governo, si è imposta al nostro partito la necessità di compiere opera e funzioni di governo. Tali funzioni, in tempi precedenti, mai avremmo sognato che potessero cadere sulle spalle del nostro partito. Io vi parlo della partecipazione al governo nelle zone liberate, ma io dovrei parlarvi allo stesso modo delle funzioni di governo che spettano al nostro partito nelle zone ancora occupate dai tedeschi, funzioni, del resto, cui avete saputo corrispondere e di cui avete avuto coscienza qui, nella stessa Firenze.

  Voi sapete, ad esempio, che esiste nel nord un Comitato di libe­razione centrale dell'Italia settentrionale, che fa capo alla grande massa lavoratrice della città industriale di Milano, il quale ha funzioni di go­verno, nel senso che ad esso spetta di dirigere l'insurrezione del popolo italiano, per cacciare i tedeschi e per distruggere il fascismo.

  Il Comitato centrale dell'Italia settentrionale ha alle sue dirette dipendenze un organismo militare, cioè un organismo del governo che ha sede a Roma. Il nostro partito si trova presente in questo Comitato centrale e nell'organismo militare; perché il nostro partito, soprattutto, si trova sempre là dov'è necessario organizzare il popolo per la realiz­zazione di questa grande lotta di liberazione contro lo straniero.

  Voi dunque comprendete come noi assumiamo già, da una parte e dall'altra, le funzioni di governo. Cioè noi partecipiamo ad organismi i quali sono chiamati, nella situazione attuale, a dirigere la lotta di tutto il paese per la sua liberazione definitiva e per la sua ricostruzione.

  Questo è il secondo punto importante, sul quale io ritornerò per spiegarvi che cosa significa questa nostra partecipazione al governo, qual è il suo carattere, quali sono i suoi limiti, come dovete intenderla e che cosa essa significa per l'azione generale del nostro partito ed anche per il vostro lavoro quotidiano.


  III punto: Il carattere popolare di massa del nostro partito. Proprio nel momento in cui noi assistiamo a questo tradimento delle classi diri­genti reazionarie fasciste e semifasciste, nel momento in cui ci assumia­mo delle responsabilità nell'opera di direzione della liberazione del pae­se, e nel momento in cui noi vediamo che spetta alla classe operaia ed al suo partito di raccogliere attorno a sé tutte le forze produttive del paese e dirigerle alla ricostruzione ed alla rinascita dell'Italia, noi dobbiamo avere la profonda coscienza che non è possibile al nostro partito adempiere a questi compiti, se esso rimane un'associazione più o meno numerosa di propagandisti, i quali si dedicano soltanto alla propaganda dei nostri obiettivi generali ed ideologici.

  Noi dobbiamo riuscire a stabilire che, se vogliamo realizzare la nostra funzione, noi dobbiamo avere un programma preciso, per quanto concerne tutti i problemi della vita nazionale. Noi dobbiamo far cono­scere questo programma a tutto il popolo e dobbiamo immediatamente iniziare il lavoro per la sua realizzazione. Quando, cioè, si presentano i grandi problemi della vita nazionale ed i piccoli problemi della vita provinciale e locale, il problema della lotta contro i tedeschi e contro i fascisti, la futura riorganizzazione della vita civile nelle zone liberate dai tedeschi e dai fascisti, sarebbe assurdo che a coloro che ci chiedono una risposta a questi problemi, che ci chiedono che cosa siamo disposti a fare, noi ci limitassimo a rispondere: «Se vi fosse una società comuni­sta, se vi fosse una società socialista, le cose andrebbero così e così, e non come vanno ora».

  Se noi facessimo questo, evidentemente le grandi masse del popolo ci volgerebbero le spalle, perché la massa del popolo vuole che questi problemi siano risolti oggi e non può contentarsi di una risposta propa­gandistica che preferisce rimandare il soddisfacimento delle sue aspira­zioni al momento in cui tutta l'Italia e l'Europa potrà avere un regime socialista. Noi dobbiamo oggi saper dare una risposta a tutti i problemi che si presentano nella vita della nazione alla grande massa lavoratrice e dobbiamo saper lavorare per risolvere questi problemi.

  Questo significa che dobbiamo avere tali collegamenti con la massa del popolo e con la classe operaia, con i contadini, con i professionisti, con gli intellettuali, che ci permettano di fare arrivare dappertutto le nostre soluzioni, mentre dobbiamo lavorare concretamente per la realizzazione di esse.

  Ecco perché il nostro partito oggi deve diventare un grande partito di masse; ecco perché noi diciamo ai vecchi compagni, i quali avrebbero la tendenza a rimanere un piccolo gruppo, il gruppo di coloro che sono rimasti puri, fedeli agli ideali ed al pensiero, noi diciamo loro: «Voi sbagliate, voi sarete un nucleo dirigente a misura che sarete capaci di fare del nostro partito un grande partito di masse, una grande orga­nizzazione la quale abbia nelle proprie file tutti gli elementi che sono necessari per stabilire dei contatti con tutte le categorie del popolo italiano e per dirigerle tutte verso gli obiettivi che ci propiniamo di raggiungere».

  Ecco quali sono in riassunto i tre elementi nuovi, di carattere nazionale, della nostra lotta e del nostro programma, nel momento pre­sente:

  1 ) Il carattere nazionale del nostro partito;

  2) La nostra partecipazione attiva, non soltanto come critica, ad un governo nazionale;

  3 ) Il carattere di massa e popolare che deve avere il nostro partito.


  Dovete tener presenti questi tre punti, se volete riuscire a com­prendere bene come si devono risolvere tutte le questioni correnti e come deve essere oggi il nostro partito.

  Noi dobbiamo oggi, servendoci di tutto il prezioso materiale accu­mulato in ventidue anni di esistenza, creare in Italia un nuovo partito, che abbia compiti profondamente nuovi e diversi da quelli che aveva in passato, in quanto deve essere un partito che si adegua a questa nuova situazione e deve essere capace di assolvere ai compiti che gli si pongono, nella nuova situazione che esiste in Italia. Permettetemi ora di esaminare più concretamente anche le altre questioni cui ho accen­nato.

  E prima di ogni altra, affronterò la questione che probabilmente interessa di più: quella della nostra partecipazione alla direzione della vita nazionale.


  Molti di voi si saranno meravigliati di veder ritornare uno dei dirigenti del partito, che avevano conosciuto come un perseguitato che tenta di sfuggire alle ricerche della polizia e non sempre vi riesce, di vederlo ritornare, dicevo, in veste ufficiale di membro del governo ita­liano. Queste cose non ci danno affatto alla testa e non devono dare alla testa a nessuno di voi, anche per quello che concerne cariche presso organismi centrali e locali. Dobbiamo, invece, comprendere che cosa significa questa nostra partecipazione e che cosa noi facciamo in questi posti.

  Noi abbiamo un programma che oggi si riassume in due o tre, al massimo quattro punti fondamentali. Noi vogliamo, prima di ogni altra cosa, che si faccia la guerra, per liberare al più presto i nostri fratelli del nord e per portar loro aiuto, perché cessi il loro martirio e la loro sofferenza. E vogliamo che tutti i residui del fascismo vengano distrutti e spazzati dalla vita nazionale.

  Noi vogliamo che oggi, mentre ancora dura la guerra, siano creati in Italia i primi elementi di un regime democratico vero, nel quale il popolo abbia la possibilità di far sentire la propria voce, scegliersi i propri dirigenti e vedere realizzate le sue volontà e le sue aspira­zioni. Questo è il terzo punto: la democratizzazione del nostro paese.

  Il quarto punto è fra i più importanti e potrebbe essere il primo nella considerazione della grande massa popolare. Noi sappiamo che oggi le grandi masse popolari soffrono la fame ed ogni sorta di priva­zioni e di stenti, e sappiamo altresì che esse vanno incontro, nei pros­simi mesi, a sofferenze ancor più gravi, perché, per il momento, non si vede la fine della guerra. Si spera che la guerra possa finire prima dell'inverno, ma affermarlo con sicurezza non è possibile. Un altro in­verno di guerra in Italia, con le distruzioni che esistono, di case, fab­briche, di tutto ciò che è necessario per provvedere ai bisogni della cittadinanza, sarà un inverno terribile, ma sarà terribile anche se la guerra finirà, così terribile, forse, come l'Italia non ha mai vissuto da decine e decine di anni, forse da secoli. Ebbene, in questa situazione noi diciamo: bisogna che tutti i problemi immediati della vita del popolo vengano realizzati con un criterio di solidarietà nazionale, in modo cioè che se noi abbiamo poco, vi sia poco per tutti, e che non si debba più assistere allo spettacolo di coloro che si arricchiscono, si impingua­no, a spese della miseria del popolo che soffre, allo spettacolo di coloro che speculano su questa miseria.

  Noi vogliamo che cessi questa situazione in cui orde di speculatori approfittano della condizione tragica in cui è stata portata l'Italia dal fascismo, per farsi ricchi e per essere domani quelli che pretendereb­bero, seduti sui loro sacchi di monete, di governare il nostro paese.

  Noi esigiamo che tutti i problemi della vita corrente della nazione, partendo dall'organismo più alto, fino all'ultimo villaggio, vengano ri­solti nell'interesse della grande maggioranza dei lavoratori ed in prima linea di coloro che della guerra hanno sofferto di più.

  Queste sono le linee fondamentali del nostro programma. È per lottare per la realizzazione di questo programma che noi partecipiamo alla direzione della vita politica del paese.

  Alcuni mesi fa si era creata una situazione in cui non esisteva un organismo politico che avesse un minimo di fiducia da parte delle masse popolari e quindi v'era il pericolo che il paese cadesse nello sfacelo, che le sofferenze del popolo italiano aumentassero ancor più, e che, data la presenza in Italia di un organismo di controllo e di governo, instaurato dalle armate alleate, il governo del paese passasse completamente a questo organismo.

  Questa sarebbe stata senza dubbio una grave sciagura nazionale, a parte il modo come questo organismo avrebbe potuto più o meno tecnicamente bene governare, perché il nostro paese avrebbe visto rin­viato ancora, chi sa per quanto tempo, il momento in cui il popolo italiano avrebbe potuto riprendere nelle proprie mani la propria sorte e quella del proprio paese.

  È stato allora che ci siamo detti: siamo disposti a fare sacrifici politici, a rinviare determinate questioni, affinché si possa costituire un governo che abbia qualcosa di democratico nella sua composizione, il quale sia presentato come governo nazionale e possa avere almeno l'adesione popolare.

  Ecco quello che noi abbiamo fatto in conformità con quello che vi dicevo essere il primo punto del nostro orientamento generale e strategico: il carattere nazionale della nostra politica e del nostro par­tito.

  Siamo entrati a far parte di questo governo col nostro programma, ed in esso lottiamo perché questo programma venga realizzato. Contempo­raneamente però diciamo con tutta franchezza, e sono pronto a dirlo di fronte a chicchessia, che il fatto che siamo entrati nel governo non significa e non può significare, e non significherà mai che noi smettia­mo la lotta per realizzare quelli che sono i punti fondamentali del nostro programma in mezzo alle masse popolari.


  Noi sappiamo che nel governo esistono i rappresentanti di diversi partiti, che esistono nel governo i rappresentanti di diversi gruppi socia­li, elementi i quali si lasciano influenzare ancora dai residui delle vec­chie classi dirigenti reazionarie.

  Contro questi elementi dobbiamo combattere, per riuscire a realiz­zare qualcosa almeno di un programma democratico in Italia e la solu­zione di numerosi problemi nell'interesse di tutto il popolo.

  Ma noi riusciremo ad avere successo in questa lotta soltanto nella misura in cui organizzeremo le masse operaie e lavoratrici, nella misura in cui faremo intervenire sulla scena politica italiana gli operai ed i lavoratori italiani organizzati, con le loro rivendicazioni ed in lotta per i loro diritti e per le loro libertà.

  Questa è la posizione che noi prenderemo e su questa posizione io insisto perché ad essa è legato un problema molto serio della vita del nostro partito: quello del finanziamento delle nostre organizzazioni.

  C'è una tendenza che nelle nostre organizzazioni e presso i nostri compagni, oltre che al di fuori del nostro partito, la quale forse è un residuo del regime fascista e di determinate abitudini che sono state diffuse tra il popolo, durante gli anni della tirannide fascista. È la tendenza a pensare che, poiché oggi esiste un governo, al quale parte­cipano dei rappresentanti del nostro partito, perché esistono degli or­ganismi nelle province e nei comuni, questo basta per risolvere con una azione che viene dall'alto tutti i problemi che si presentano di fronte al popolo ed al paese.

  State attenti, compagni, perché questo non è vero. Questo orienta­mento è profondamente sbagliato. Esso sarebbe giusto se noi costituis­simo un governo omogeneo, nel quale fossero rappresentati quei partiti, i quali tutti pensano come noi di essere la parte più rappresentativa della classe operaia. Ma anche in questo caso noi non potremmo realizza­re il nostro programma senza l'azione organizzata da parte del popolo e di tutte le organizzazioni createsi fra le masse medesime ed a contatto delle masse stesse.

  Oggi la situazione è tale che ci troviamo di fronte al fatto che la guerra continua e che non è ancora possibile consultare il popolo e decidere a chi spetta la maggioranza e chi, quindi, deve governare il paese; ci troviamo di fronte ad un blocco che rappresenta le correnti politiche che fanno parte dei movimenti dei Comitati di liberazione.

  Ma è evidente che fra questi elementi non tutti si avvicinano alla nostra posizione. Vi sono fra di loro, specialmente nell'Italia meridiona­le - molto meno nell'Italia ancora occupata dai tedeschi - elementi che si lasciano influenzare da determinati gruppi reazionari, da residui di vecchie classi dirigenti possidenti. Ed allora come facciamo noi a rompere questa resistenza, ad andare avanti, nella realizzazione dei punti fondamentali del nostro programma, se noi non abbiamo un'azione or­ganizzata e disciplinata, la quale venga dal basso, da tutte le grandi masse del popolo che noi dobbiamo chiamare a riorganizzarsi il più rapidamente possibile? E tale riorganizzazione deve essere fatta su scala nazionale.

  Voi dovete rendervi conto che si tratta di un fatto molto importan­te. Il fascismo aveva distrutto tutte le organizzazioni dei lavoratori; distrutto i sindacati, bruciato le Camere del lavoro, bruciato le case del popolo, distrutto le cooperative, le mutue, tutte le organizzazioni che erano una manifestazione di forza della classe operaia.

  Ma il fascismo non ha distrutto le organizzazioni delle classi di­rigenti. C'è stato perciò bisogno, per noi, di lavorare mesi e mesi per ricostruire un movimento sindacale ed è stato un lavoro durissimo, in quanto dovevamo rompere e superare una serie di innumerevoli dif­ficoltà, resistenze, intrighi, per creare un grande movimento sindacale.

  Siamo riusciti a crearlo al centro, ove abbiamo gettato le basi fon­damentali di un grande movimento sindacale a carattere unitario, nel quale dovranno entrare operai e lavoratori di tutte le tendenze politiche (comunisti, socialisti, cattolici). Questa grande vittoria è una conquista della classe operaia. Ma è stato un lavoro durissimo ed altro dovremo svolgerne. È passato quasi un anno dal crollo del fascismo e tanto c'è voluto perché noi ottenessimo questo risultato. Per quanto riguarda l'organizzazione industriale, essa non ha mai cessato di esistere e di funzionare, dal 25 luglio fino ad oggi, ed esiste ancora. Voi ve la trovate di fronte; ed anche qui in Firenze, quando avete stipulato i contratti di lavoro per varie categorie di operai, vi siete trovati immediatamente dinanzi all'organizzazione dei padroni, i quali non avevano affatto do­vuto discutere per il riconoscimento della loro organizzazione.

  Badate, questo fatto esiste in tutta l'Italia. Finché non arriveremo all'organizzazione della Costituente, noi ci troveremo di frante a questa situazione. Ed allora, se noi, partito della classe operaia, ci acconten­tiamo di un'azione dall'alto invece di organizzare le nostre forze dal basso, avverrà che ci troveremo privi delle armi e degli strumenti che sono necessari per far trionfare le nostre opinioni ed il nostro pro­gramma.

  Dovete dunque combattere, nel partito e fra i lavoratori, la ten­denza a considerare che tutte le questioni possono essere risolte oggi con azioni dall'alto. Non è vero: questa azione dall'alto c'è, interviene ed è un'azione delicata, complicata, difficile, che si svolge nelle parti­colari condizioni create dalla guerra da un lato e dalla presenza di un'am­ministrazione alleata dall'altro, ma quest'azione dall'alto non riuscirebbe mai o quasi mai a risolvere, nell'interesse delle masse lavoratrici, i loro problemi, se non ci fosse dal basso una larga azione di movimento basata sui sindacati ricostituiti, sulle cooperative, sulle mutue, su tutte le vecchie organizzazioni della classe operaia che dobbiamo fare risor­gere con spirito e contenuto nuovi.

  Ho voluto insistere su questo punto perché so che vi sono a questo proposito nel nostro partito, delle incomprensioni e dei difetti che bi­sogna superare e correggere, delle lacune che bisogna colmare.

  Quindi, per riassumere e precisare bene: noi partecipiamo al gover­no, ma in pari tempo noi ci riserviamo tutto il diritto di criticare l'azio­ne del governo, quando essa non corrisponda al nostro programma ed alle necessità del popolo ed alle aspirazioni delle grandi masse.

  Naturalmente questa critica, data la presenza della commissione e dell'amministrazione alleate, la dobbiamo fare, e la facciamo, in manie­ra che non possa creare situazioni che non sono ammissibili finché c'è la guerra, che viene condotta per l'interesse di tutto il popolo italiano, fino alla vittoria ed allo schiacciamento completo della Germania. Na­turalmente noi cerchiamo di fare avanzare il più rapidamente possibile la soluzione dei vari problemi.

  Io non ho nessuna difficoltà a dirvi che vi sono dei sindacati e delle organizzazioni del partito che, in determinati momenti, si sono trovati di fronte a situazioni così difficili, che non hanno potuto fare a meno di dare ordine di interrompere il lavoro, per riuscire ad ottene­re il soddisfa­cimento delle sacrosante rivendicazioni delle masse. In li­nea generale, finché c'è la guerra, dobbiamo cercare di evitare la crea­zione di inutili disordini, ma quando si tratta di fare valere rivendica­zioni sacrosante dei lavoratori, le quali non vengono soddisfatte perché dall'altra parte si trovano i residui del fascismo e la resistenza dovuta all'egoismo delle classi dirigenti padronali, allora occorre fare interve­nire nella lotta la classe operaia nelle sue forme tradizionali di lotta: interrompendo cioè il lavoro.

  Ogni questione deve essere decisa di volta in volta, secondo che essa si presenti alle singole organizzazioni di partito e nelle singole località. Ma è soprattutto necessario che noi organizziamo i sindacati per riuscire a difendere gli interessi degli operai; che organizziamo delle cooperative per riuscire ad avere organismi che possano lavorare ed agire per la soluzione del problema dell'alimentazione, vietando e com­battendo la speculazione, appoggiandosi ai grandi organismi di massa, per riuscire a realizzare i primi punti del nostro programma.


  E vengo ora all'altra parte che riguarda il carattere di massa del nostro partito, e quindi la sua linea politica in generale, che concerne quello che noi dobbiamo fare per riuscire a dare al nostro partito questo carattere di forza d'avanguardia, la quale diriga non soltanto la classe operaia, ma tutto il popolo, alla liberazione del paese ed alla ricostru­zione di un'Italia democratica e progressiva.

  Qui noi commetteremmo un grande sbaglio se considerassimo che il nostro partito può da solo risolvere questo problema che si pone di fronte a noi: il problema della completa eliminazione del fascismo dalla vita nazionale e la creazione di un'Italia in cui il fascismo non possa mai più risorgere, e trionfi, invece, la volontà della maggioranza popolare.

  Noi non potremo da soli risolvere questo problema. Anzi dirò di più: se il nostro partito oggi si isolasse dalle altre correnti proletarie delle masse lavoratrici e dalle correnti democratiche e progressive in Italia, commetterebbe un gravissimo sbaglio, perché noi siamo la forza decisiva, noi siamo in grado di dirigere tutto il paese attraverso l'ade­sione ed i contatti con tutte le altre organizzazioni democratiche e pro­gressive. Se noi rompessimo queste relazioni e questi contatti con le altre forze progressive, tutto lo sviluppo della situazione italiana non sarebbe più nel senso della liberazione e della democrazia, ma diver­rebbe, a poco a poco, uno sviluppo nettamente reazionario.

  Non chiudiamo gli occhi di fronte a questo pericolo. L'Italia è stata vent'anni sotto la tirannide fascista e non c'è stata per caso, ma perché vi sono in Italia dei gruppi reazionari che hanno le loro radici nelle classi possidenti più avide ed egoiste. E questi gruppi sociali e queste classi dirigenti, non sono ancora eliminati dalla vita del nostro paese e se noi ci battessimo da soli per la loro eliminazione, noi cor­reremmo il rischio di essere battuti.

  Noi possiamo invece iniziare il lavoro per condurre la lotta fino alla vittoria, per l'eliminazione dalla vita politica di questi vecchi gruppi reazionari egoistici, avari, antipopolari, antinazionali, purché noi riuscia­mo a costituire un grande fronte il quale rappresenti una forza irresistibile di masse, di popolo; una forza organizzata in modo tale che possa imporre il proprio suggello a tutta la vita nazionale.

  Per questo, prima di tutto, noi lottiamo per l'unità della classe operaia.

  Questo significa che noi dobbiamo avere una politica di stretta collaborazione e di unità col partito socialista, il quale è un partito che getta, come noi, le sue radici nella classe operaia e nella massa lavoratrice. E qui, compagni, permettetemi di dire due parole ai più vecchi fra di voi, a quelli che si ricordano il modo come siamo sorti.

  Noi sorgemmo a Livorno, da una scissione del partito socialista. La scissione fu compiuta con piena coscienza, perché sapevamo che l'unità del partito socialista, sotto la direzione ch'esso aveva allora, com­posta di elementi i quali facevano una politica contraria agli interessi dei lavoratori, una politica che apriva la strada alla reazione ed al fa­scismo, non era possibile, ma anzi dannosa e nociva al popolo italiano.

  Dall'esperienza del movimento operaio italiano e del movimento internazionale, dalla esperienza del dopoguerra italiano, nel periodo tra il 1919 e il 1920, avevamo tratto la convinzione che per guidare la classe operaia e tutto il popolo alla realizzazione delle nostre aspirazioni, era necessario che ci fosse un partito come il nostro, il quale avesse una sua compattezza, una sua unità interiore, che fosse profondamente fedele ai principi dell'ideologia della classe operaia ed il quale sapesse resistere e combattere in tutte le situazioni.

  Per questo noi volemmo la scissione, e ricordate, compagni, che noi non rinneghiamo niente di quello che abbiamo fatto nel '21, quando abbiamo gettato le basi del partito comunista.

  La storia ha dato ragione a noi. Prima di tutto perché noi abbiamo saputo resistere e combattere in questi venti anni, e, quando il popolo italiano si è trovato di fronte alla catastrofe del proprio paese ed ha cercato una guida, un partito, il quale sapesse dire al popolo la parola nuova che doveva essere detta, in questa situazione di fallimento delle classi dirigenti capitalistiche reazionarie, esso ha trovato tutto questo nel partito comunista.

  Noi non rinneghiamo niente di quello che abbiamo fatto quando abbiamo gettato le basi del partito comunista, per creare il quale abbia­mo dato tutta la nostra vita, per il quale si sono sacrificati i migliori combattenti del popolo italiano, per creare il quale ha dato tutte le sue energie e sacrificato la propria esistenza, il capo del nostro partito, il compagno Gramsci.

  Noi sappiamo, compagni, che se io oggi posso porre il problema dell'unità d'azione con il partito socialista; e se sarà possibile probabil­mente domani porre il problema della fusione del nostro partito col partito socialista, è precisamente perché noi abbiamo saputo dare vita a questo grande partito comunista, il quale ha mantenuto fede, attra­verso tante tempeste, ai propri fondamentali principi.

  Oggi noi dobbiamo marciare d'accordo col partito socialista perché, nel momento in cui la classe operaia si trova di fronte alla necessità di adempiere a questa nuova funzione di dirigere la ricostruzione del­l'Italia, di una Italia democratica e progressiva, è necessario che la classe operaia abbia tutte le proprie forze unite, perché, se questo non fosse, nella breccia creata dalla esistenza di questi due partiti i quali possiedono oggi due programmi che su per giù corrispondono, in questa breccia sappiamo che presto o tardi tenterebbe di introdursi il cuneo della reazione e della scissione e ciò significherebbe la vittoria delle forze reazionarie del nostro paese, vittoria di cui noi, oggi, possiamo ben calcolare le conseguenze.

  Senza l'alleanza più stretta col partito socialista, il nostro partito correrebbe il rischio di perdere il contatto con certi strati importanti di lavoratori, con i quali dobbiamo invece combattere. E se il partito socialista, a sua volta, rompesse i contatti con le masse operaie che seguano il nostro partito, diventerebbe a poco a poco il centro di rac­coglimento delle forze reazionarie, e ciò lo porterebbe verso la strada della lotta contro gli interessi della classe operaia, la strada della social­democrazia tedesca nel dopoguerra passato, e che noi abbiamo già co­nosciuta.

  Per questo noi vogliamo una politica di stretta unità d'azione col partito socialista. Ma badate: questa politica non dobbiamo farla sol­tanto alla sommità; essa deve essere fatta soprattutto alla base. Deve essere fatta da ogni federazione, da ogni sezione, da ogni cellula. Voi dovete riuscire, noi dobbiamo riuscire, attraverso questo lavoro del no­stro partito, a far sì che si crei davvero il contatto più stretto, nell'azio­ne e nella lotta comune, delle nostre masse con quelle che seguono il partito socialista in modo che la classe operaia si presenti alla ribalta della nazione tutta unita in un sol blocco, con tutte le sue forze di azione schierate in un solo fronte. Se e quando arriveremo alla fusione col partito socialista, è un problema che oggi abbiamo solo impostato, d'accordo con questo partito, ma che esamineremo via via che la situa­zione italiana si verrà sviluppando.

  Noi non possiamo risolvere questo problema prima che sia liberata tutta l'Italia settentrionale perché dobbiamo vedere su quale orienta­mento si basano ora le masse lontane di Milano, Genova, Torino. Fusione o scissione di partiti non hanno nessuna importanza se alla parola non corrisponde la reale aspirazione della massa lavoratrice. Ma nell'Ita­lia settentrionale io credo che troveremo lo stesso desiderio di unità che esiste in tutta l'Italia. In ogni modo, però, è necessario attendere la liberazione del nord, per tentare di realizzare in Italia la creazione di un partito unico, di masse democratiche e progressive.


  Ma l'unità col partito socialista non basta.

  Vi sono altri due problemi che dobbiamo esaminare, due problemi politici abbastanza difficili. Il primo è quello dei nostri rapporti con la Democrazia cristiana, il secondo è il problema dei Comitati di libera­zione ed i nostri rapporti con i partiti del movimento dei Comitati di liberazione.

  Io non so esattamente quali sono le forze, oggi, qui a Firenze, del partito della Democrazia cristiana, ma l'esperienza di tutta l'Italia liberata ci dice che questo partito è in alcune regioni dopo il nostro, in altre regioni accanto al nostro, il partito più forte di tutti i partiti del Comitato nazionale. Questo corrisponde alla situazione del nostro paese il quale è un paese cattolico. Questo corrisponde al fatto che per venti anni le organizzazioni cattoliche hanno potuto esistere legal­mente, o quasi legalmente in regime fascista e quindi hanno una quan­tità di quadri i quali in questo momento rientrano nella vita politica e possono rapidamente lavorare per l'organizzazione di un grande par­tito. Ora in questo partito, dietro tutti questi elementi, si trovano da un lato uomini che provengono dalle classi possidenti borghesi i quali sono orientati, parte in modo antifascista, e parte in modo conservatore. Ma dall'altra parte si trovano grandi masse di lavoratori, di operai an­che, ma soprattutto di contadini.

  Ora è certo, e questo ricordatevi che è una delle direttrici fonda­mentali del nostro partito, insegnateci dal nostro compagno Gramsci, che in Italia noi non riusciremo a far fare dei passi definitivi in avanti alla classe operaia verso la realizzazione dei suoi ideali, se noi non riu­sciamo a realizzare una solida alleanza fra le masse operaie e le masse dei contadini. Noi non dobbiamo dimenticare che oggi il nostro paese è ancora un paese prevalentemente agricolo e non dobbiamo inoltre dimenticare un'altra circostanza, frutto della situazione di oggi: che la classe operaia oggi è fortemente indebolita dal fatto che le fabbriche sono distrutte e che una grande quantità di operai attualmente sono, sì degli operai, ma sono degli operai disoccupati. Ed in alcune regioni gli operai i quali non trovano lavoro nelle fabbriche, tendono a ritornare alla campagna. Di qui la necessità che noi dedichiamo un'attenzione particolare ai problemi della campagna e che soprattutto questa massa agricola, la quale non è ancora completamente orientata verso i partiti proletari, la quale è orientata per il partito della Democrazia cristiana, noi riusciamo a tenerla in contatto con la classe operaia, al fine di stabilire fra essa e noi dei rapporti non soltanto di buona vicinanza, come abbiamo con tutti i partiti che sono nei CLN, ma di stretta col­laborazione.

  Questa massa cattolica di lavoratori, sui punti fondamentali del nostro programma, che sono: liberazione del paese, distruzione del fasci­smo e realizzazione delle rivendicazioni delle masse e difesa degli inte­ressi elementari dei lavoratori, è d'accordo con noi, ha le stesse aspira­zioni degli operai e dei contadini che seguono il nostro partito ed il partito socialista. Io posso dire qualcosa di più. Vi sono due questioni fondamentali che oggi non si pongono ancora, ma si porranno domani quando convocheremo l'Assemblea costituente e che sono il problema della terra ed il problema di riuscire a distruggere, nel nostro paese, l'influenza politica dei gruppi plutocratici, il problema di impedire che la plutocrazia diventi un'altra volta padrona dell'Italia con misure par­ticolari di intervento dello Stato nell'organizzazione della vita economi­ca del paese.

  Su questi due problemi esiste una possibilità di accordo con queste masse. Per esempio, assai significativo è il fatto che nell'ultimo con­vegno del partito democratico cristiano sono state approvate risoluzioni in cui, per la prima volta, dopo la liberazione dell'Italia, si pone deci­samente il problema di dare la terra ai contadini. Questo vuol dire che noi vediamo profilarsi la possibilità di un accordo fra le masse e le organizzazioni comuniste e socialiste, e le organizzazioni di massa democratico cristiane, in quanto cominciano a lottare per la realizzazione delle aspirazioni di queste masse di lavoratori.

  Per questo noi abbiamo posto il problema di stabilire con il partito democratico cristiano degli accordi al fine di creare fra i nostri due partiti dei rapporti politici particolari di collaborazione e d'azione co­mune. Per questo noi abbiamo dichiarato apertamente - e nel dichia­rare questo, badate, abbiamo detto una cosa importante - che noi rispettiamo le convinzioni religiose popolari, perché consideriamo che le convinzioni religiose non sono una cosa che il partito si proponga oggi di discutere con dei mezzi politici. E questo crea, non solo il rispetto da parte di tutti gli organismi del partito cattolico, delle nostre convinzioni, ma crea le possibilità di un accordo politico fra il nostro partito ed il partito della Democrazia cristiana.

  Noi ci ricordiamo l'esperienza dell'avvento del fascismo al potere del '20, del '21 e del '22. Noi ci ricordiamo che in quegli anni uno dei motivi per cui le classi dirigenti reazionarie hanno potuto rompere il blocco delle classi popolari e prendere il potere per schiacciarci tutti, uno dopo l'altro, è stato il fatto che non si arrivò ad un accordo fra le organizzazioni proletarie che facevano capo ai partiti socialista e co­munista e le associazioni di contadini che facevano capo al partito popo­lare di quei tempi.

  Se vi ricordate, al congresso che ebbe luogo a Livorno nel 1921, quando noi fondammo il nostro partito, il nostro compagno Terracini, nel discorso politico che fece a quel congresso, accusò i capi del partito socialista, quali capi riformisti e conservatori del partito socialista, di non aver compreso la necessità di venire ad un accordo politico col partito popolare, accordo che avrebbe potuto sbarrare la strada alle forze conservatrici e creare un tale blocco di forze democratiche del paese, per cui il sopravvento del fascismo non sarebbe stato possibile.

  Ricordatevi che questo noi l'avevamo detto nel '21, e quando vi sono alcuni che si stupiscono che adesso Togliatti parli di un accordo col Partito democratico cristiano, ricordatevi che nel '21 non c'era nes­suno che potesse dire del nostro partito che fosse un partito che cercasse dei facili successi politici. Eravamo un partito che sorgeva come un partito abbastanza settario, abbastanza chiuso in sé. Ebbene, proprio nel momento in cui noi sorgevamo, Terracini diceva queste parole al congresso. Credo che parecchi di voi se ne ricordino.

  Ora noi poniamo questo problema e voi dovete aiutare a risolverlo. Questo problema è di ritornare alla questione dell'attività del nostro partito.

  Nei vostri villaggi, nei vostri paesi voi dovete stabilire un contatto con le organizzazioni democratico cristiane. Prima di tutto dovete stabilire un contatto per il lavoro comune nel campo sindacale e poi dovete stabilire un contatto per il lavoro comune anche nel campo poli­tico. Voi dovete elaborare le rivendicazioni che corrispondono a quello che vuole il popolo in quelle località. Se voi siete, per esempio, in una località in cui sono mezzadri socialisti, comunisti e poi cattolici, eb­bene, voi dovete elaborare in comune una rivendicazione per la riforma profonda del contratto di mezzadria. Voi vedrete così che i lavoratori cattolici marceranno insieme a noi per realizzare queste rivendicazioni.

  Voi arriverete in questo modo ad una collaborazione prima sinda­cale e poi politica, ed in questo modo creeremo nel paese una salda alleanza fra gli operai da un lato ed i contadini dall'altro. Una alleanza la quale si estenda alla città fra gli operai, gli artigiani, i professionisti cattolici con idee progressive, con idee antifasciste, democratiche. Noi creeremo, cioè, in seno al movimento generale dei Comitati di libera­zione nazionale, un blocco particolare di forze di lavoratori, cioè creere­mo uno strumento per spingere avanti, fino alla vittoria, con maggiore facilità, la nostra lotta per la democratizzazione dell'Italia e per la di­struzione del fascismo.


  Per quello che riguarda i Comitati di liberazione nazionale, essi esistono dappertutto, ma hanno un carattere un po' diverso nell'Italia del nord e nelle regioni settentrionali. Perché? Perché nell'Italia meri­dionale il movimento dei Comitati di liberazione è sorto dopo la libera­zione. Prima è successo il «25 luglio», dopo è venuto il periodo con­fuso e reazionario dei quarantacinque giorni del governo Badoglio; poi sono arrivate le armate alleate che poco a poco sono arrivate fino alla linea del Garigliano.

  Questo processo è durato circa tre mesi. In questi tre mesi i partiti stavano appena organizzandosi ed avevano preso qualche contatto fra loro, quindi i Comitati di liberazione, nell'Italia meridionale, non hanno preso parte direttiva alla testa del popolo in una lotta armata contro i tedeschi ed in una lotta armata e politica contro il fascismo e per la sua distruzione. Il movimento è sorto dopo, esclusivamente sul ter­reno politico.

  Nonostante questo, il movimento dei Comitati di liberazione nel­l'Italia del sud ha posto alcuni problemi con grande energia ed ha lot­tato, per esempio, per l'eliminazione dei governi reazionari di Badoglio del primo tipo; ha posto chiaramente il problema della necessità che, alla fine della guerra, venga convocata un'Assemblea costituente, e così via fino alla formazione del primo governo di tipo democratico e na­zionale.

  A Roma e nel nord la situazione è diversa perché questi Comitati di liberazione hanno adempiuto ad una funzione diretta nella lotta per cacciare i tedeschi e per distruggere il fascismo. Questo ha dato loro un grande prestigio, una grande autorità di fronte al popolo, ed il fatto che si è dovuto, nel nord ed a Firenze stessa, condurre questa lotta, ha avuto come conseguenza che qui e nel nord, nei Comitati di libera­zione si trovino elementi molto più decisi, molto più energici, cioè dei veri antifascisti, dei veri democratici. Forse ci saranno alle volte delle eccezioni, ma la linea generale è questa.

  Allora è evidente che noi dobbiamo essere contrari a qualsiasi ten­denza non dico di sopprimere il movimento dei Comitati di liberazione, ma di metterlo in disparte. Perché, se questo si realizzasse, il popolo verrebbe privato di uno strumento efficacissimo della sua lotta per la propria redenzione e per la liberazione del paese. Al contrario, noi dob­biamo mantenere in vita i Comitati di liberazione, noi dobbiamo far funzionare i Comitati di liberazione come organismi i quali fiancheggia­no, sostengono, appoggiano tutta l'azione governativa delle organizza­zioni provinciali, l'azione dei comuni, delle giunte che si ricostituiscono qua e là, finché, per lo meno, non sia possibile ricostituire questi orga­nismi sopra una base democratica.

  Inoltre i Comitati di liberazione debbono svolgere un'azione per quel che riguarda l'epurazione, per quel che riguarda la soluzione dei problemi maggiori, e voi comunisti dovete essere, in seno ai Comitati di liberazione, quelli che lottano per questa linea politica, perché il Comitato di liberazione non si limiti ad essere quell'organismo in cui capita di scambiarsi ogni tanto saluti e strette di mano, ma che real­mente abbia un programma, e realmente in ogni città ed in ogni villag­gio, faccia realizzare questo programma.

  Noi abbiamo bisogno di questa unità di forze antifasciste, demo­cratiche, perché il fascismo è ancora vivo, perché vi sono ancora molti residui del fascismo e noi questi li scacceremo tanto più rapidamente quanto più noi riusciremo a realizzare un'unione delle forze democra­tiche per condurre a fondo questa lotta.


  Oltre a questo, compagni, noi riteniamo che è arrivato il momento in cui, nonostante che una parte dell'Italia sia ancora occupata, si deb­bono incominciare a fare dei passi in avanti per democratizzare il paese.

  Una consultazione generale del popolo per eleggere una Assemblea costituente la quale deve gettare le basi di una vera democrazia in Italia non è possibile farla oggi né sarà possibile farla, finché tutta l'Italia non sarà libera. Ma intanto noi pensiamo, e la stessa posizione hanno i socialisti, che nelle regioni che sono liberate, si possono incominciare a fare le elezioni per eleggere delle amministrazioni comunali le quali corrispondano veramente alla volontà della massa dei lavoratori.

  Questo è necessario per due ragioni. Prima di tutto perché, per quanto noi ci sforziamo, attraverso il governo, attraverso i Comitati di liberazione, di far sì che nelle amministrazioni comunali ci siano veramente degli antifascisti, degli uomini che facciano l'interesse dei lavoratori, noi non riusciamo mai in questo campo ad avere delle vit­torie decisive e dopo un po' di tempo noi vediamo spuntare di nuovo alla testa dei comuni, degli uomini che riconosciamo troppo bene, per­ché sappiamo che se non sono i vecchi podestà, sono però gli amici dei vecchi podestà o i parenti. E gli amici ed i parenti sono gli agenti di quegli stessi governi del tempo reazionario fascista, i quali avevano fatto dei podestà i loro strumenti e potrebbero fare e cercheranno di fare i loro strumenti dei nuovi sindaci. Ebbene, per porre fine a questa situazione e per creare degli organismi municipali i quali realmente siano a contatto col popolo, bisogna incominciare a fare di nuovo delle elezioni amministrative.

  Noi abbiamo fatto questa proposta, i socialisti ugualmente; voi dovete ora agitare questa questione in mezzo al popolo in modo da indirizzare il problema verso la sua soluzione.

  Io ho già parlato a lungo, ma non sono ancora arrivato al problema che debbo porre come conclusione, e che è il problema che ci deve preoccupare tutti. È, in fondo, il problema dei problemi: come deve lavorare il nostro partito per riuscire a risolvere tutte queste questioni?

  Io vi ho già detto qualcosa in generale: noi dobbiamo essere un partito di massa e non bisogna quindi chiudere le porte del partito, non bisogna avere un partito formato solo di vecchi che sono rimasti sempre al loro posto, ma bisogna attirare nel partito tutti gli elementi attivi che sono nella classe operaia ed intellettuale e fare del nostro partito, un partito che abbia carattere di massa. Io so che in questo campo voi siete riusciti già a fare dei progressi considerevoli, ed il fatto che voi avete già a Firenze un'organizzazione fra città e provincia, la quale ha già distribuito più di ventimila tessere ed a cui si richiedono parecchie altre migliaia di tessere, è un notevole risultato, un notevole successo del quale io mi compiaccio con voi.

  Badate, compagni, che questo allargamento del nostro partito ri­marrebbe una cosa inutile e potrebbe persino diventare una cosa dan­nosa, se noi non riusciamo a far funzionare il nostro partito come un partito di massa.

  Voi avevate prima, per esempio, un gruppo di dieci compagni, nel villaggio, nel paese o nel rione della città, il quale funzionava come un gruppo illegale con quei determinati compiti e faceva tutto perché non poteva allargare le file della propria organizzazione.

  Oggi questi dieci hanno distribuito tessere e, supponiamo, ci sono attorno a loro cento o centocinquanta elementi che sono entrati nel partito perché hanno fiducia nel partito o vogliono lavorare per il par­tito. Ora quei dieci, che nell'illegalità facevano tutto il lavoro del par­tito, non debbono continuare ad accentrare su di loro questo lavoro, ma debbono trovare in mezzo ai cento o centocinquanta che hanno aderito al partito, quegli elementi intelligenti, capaci, dotati dell'inizia­tiva, i quali debbono addossarsi tutti gli incarichi di lavoro di partito, in modo che aumenti il numero degli elementi attivi del partito.

  Badate che in un partito come il nostro, comunista, bolscevico, non ci possono essere degli elementi inattivi. Noi non ammettiamo il membro di partito il quale ha soltanto la tessera e non fa niente per il partito. Questo non può esistere. Ha potuto esistere soltanto come una situazione transitoria, perché l'adesione è stata così rapida, così tumultuosa, che prima di aver dato lavoro a tutti, può passare un certo periodo di tempo. Ma se voi vi cristallizzate in una situazione nella quale soltanto un gruppo di compagni lavora e tutti gli altri hanno la tessera in tasca e non fanno nulla, praticamente il nostro partito non sarà quel partito di cui abbiamo bisogno; non sarà un partito di massa, ma sarà una grande organizzazione di simpatizzanti attorno ad un piccolo numero di elementi attivi, i quali si stancheranno, si sfibre­ranno e non riusciranno infine ad adempiere ai compiti che il partito si prefigge.

  Bisogna creare l'organizzazione di massa, bisogna creare i sindacati, le cooperative, le mutue, bisogna avere rapporti con i partiti alleati, con quello socialista, con cui siamo legati da un patto d'unità d'azione, bisogna iniziare il lavoro verso l'organizzazione della Democrazia cri­stiana, bisogna eseguire il lavoro verso tutti i partiti del Fronte di liberazione nazionale; bisogna far funzionare i Comitati di liberazione nazionale; bisogna prendere in mano, dove è possibile, l'amministra­zione comunale, per dar più da mangiare al popolo, e regolare il tra­sporto dei prodotti fra la città e la campagna, e così via per tutte le altre questioni.

  Bisogna organizzare i giovani, bisogna fare un lavoro fra le donne, le quali sono ancora assenti dalla vita politica del paese, e guai se esse continueranno ad esserlo, perché potrebbero costituire una massa che domani si potrà mettere contro di noi, contro il movimento democra­tico.

  Ebbene, voi vedete quanti compiti si presentano ad un'organizza­zione del partito, ad una sezione, ad una cellula. Ed è assurdo che un piccolo gruppo di tre, quattro, dieci dirigenti, pensi di adempiere a tutti questi compiti, mentre gli altri hanno soltanto la tessera in tasca ed ogni tanto vanno a sentire un rapporto. Rapidamente, così facendo, coloro che hanno dato l'adesione, se ne andranno dalle file del partito, oppure rimarranno come un peso morto.

  Quindi il problema fondamentale che si presenta a voi è questo: aumentare il numero degli elementi attivi nei quadri del partito e pro­porsi l'obiettivo di far sì che ognuno dei compagni che sono iscritti al partito abbia un compito di lavoro ed adempia ad un compito di lavoro verso ogni gruppo od insieme con un gruppo. Ora, compagni, se voi non riuscite a fare questo, voi non riuscite a creare un partito bolscevico, voi non riuscirete a creare un partito comunista e non riusci­rete a dirigere tutta la massa del popolo come è necessario che voi dirigiate.

  Quale forma di organizzazione dovete prendere? Questo è il pro­blema che dovete discutere e risolvere voi. So che qui siete organiz­zati in cellule, che al di sopra della cellula avete la sezione e poi avete il comitato federale.

  Il consiglio che io suggerisco è di decentrare il più possibile l'or­ganizzazione; decentrarla e creare il maggior numero possibile di orga­nizzazioni non troppo numerose. Se una cellula ha più di cento compa­gni, sarà difficile a tre compagni soli di farla funzionare. La cellula non dovrà essere troppo numerosa. E al di sopra della cellula voi dovete avere il comitato di sezione nel quale tutti i compagni delle cellule che fanno parte di questa sezione debbono prendere decisioni in modo che voi aumentate l'attività di tutti i compagni e la vita politica di tutti i compagni.

  Ogni cellula deve avere una sua vita politica; dovete discutere nella cellula dei problemi non soltanto di categoria, ma della vita del villaggio e dovete discutere di questi problemi nelle riunioni di sezione, nel comitato di sezione. E nelle riunioni di sezione, quando riunite le cellule nella sezione, il comitato federale non deve concentrare la sua attenzione soltanto ai problemi dell'organizzazione. Questi problemi sono importantissimi, ma il comitato federale deve diventare in una città come Firenze, un organismo il quale abbia autorità politica di fronte a tutta la cittadinanza, di fronte a tutte le autorità, di fronte a tutto il popolo; così come in ogni villaggio, in ogni piccolo paese di provincia il comitato direttivo della sezione deve essere un'autorità. I nostri compagni debbono farsi vedere da tutta la massa del popolo, debbono imparare a parlare al popolo, debbono collegarsi col popolo in tutte le forme possibili, in modo che il nostro partito, dalla sommità fino all'ultima cellula, sia qualcosa in cui il popolo abbia fiducia ed a cui il popolo guardi.

  Per questo si chiede un profondo cambiamento del modo come funziona una gran parte ancora delle vostre cellule e delle vostre sezioni.

  Ma io desidero dirvi un'altra cosa: voi dovete riuscire a dare al nostro partito, un carattere non chiuso in se stesso, come era il carattere che avevamo una volta, sia quando eravamo legali come pure sotto la persecuzione fascista. Dovete dargli un carattere molto ampio, in modo che tutto il popolo senta realmente, non soltanto che il partito esiste, ma senta che il partito si occupa dei suoi interessi e di tutte le cose che interessano il popolo in generale.

  Le sezioni comuniste nei rioni della città e dei paesi, debbono diventare dei centri della vita popolare, dei centri ove debbono andare tutti i compagni, i simpatizzanti e quelli senza partito, sapendo di tro­varvi un partito ed un'organizzazione che s'interessano dei loro problemi e che forniranno loro una guida, sapendo di trovarvi qualcuno che li può dirigere, li può consigliare e può dar loro la possibilità di divertirsi se questo è necessario.

  Insomma dovete diventare un'organizzazione che sta in mezzo al popolo e soddisfa tutti i bisogni che si presentano alla massa del popolo. Questa è la grande trasformazione che dobbiamo far compiere al nostro partito.

  In alcune città è ormai evidente che il nostro partito comincia a trasformarsi in questo modo. Per esempio a Napoli. Voi sapete che quando la città è stata liberata, c'erano appena alcune decine di compa­gni, i quali, poi, non riuscivano a mettere insieme una sezione perché litigavano fra di loro. Oggi abbiamo un'organizzazione di 35.000 comu­nisti nella città e provincia di Napoli. Quando ci riunimmo a Livorno, c'erano 42.000 comunisti in tutta Italia. Oggi abbiamo 35.000 comuni­sti soltanto nella città e provincia di Napoli, 30.000 comunisti iscritti alla federazione di Roma e così via.

  Bisogna far sì che non soltanto si leghino permanentemente a noi i nostri iscritti, perché vedono che si fa qualche cosa di buono, ma si leghi a noi una massa di simpatizzanti e di gente senza partito che guardi al partito comunista come ad una grande unità, ad una grande organizzazione che oggi si presenta nella vita politica del paese e pone la sua candidatura a dirigere l'azione non solo della classe operaia, ma di tutti i lavoratori e di tutto il popolo per la propria redenzione.

  Io credo che in questo campo voi dovete ancora fare molto, cor­reggendo probabilmente parecchi difetti che ancora esistono. Io voglio soltanto parlarvi di uno o due di questi difetti.

  Nell'organizzare il partito voi dovete avere un criterio largo nelle ammissioni al partito, ma in pari tempo non dovete compromettere il partito davanti al popolo. Ricordatevelo. Un comunista il quale fu tale nel '21 e nel '22, ma il quale abbia in seguito tradito il partito davanti al popolo, questo comunista noi non lo riprenderemo mai nelle nostre file. Vi è qui un criterio dell'onore del partito al quale non verremo mai meno. Noi riceviamo da tutte le parti d'Italia lettere di alcuni elementi che hanno compiuto atti che noi condanniamo perché contrari alla dignità comunista. Ebbene, noi respingiamo le loro doman­de di ritornare nel partito, anche se si tratta di elementi che oggi dicono sinceramente di essere con noi.

  Vi è poi un'altra questione. È la questione di coloro che provengo­no dal fascismo.

  Qui bisogna fare una grande attenzione. Noi non possiamo rifiu­tare l'ingresso al nostro partito a coloro che sono stati fascisti perché costretti, per esempio gli impiegati ferroviari (io so che nel compar­timento di Roma vi sono stati soltanto 12 ferrovieri che non hanno giurato al governo repubblicano su una massa di circa 15.000). Ebbene, se noi respingessimo tutta questa massa, commetteremmo un errore giacché occorre prima esaminare quali erano le condizioni per cui è stato commesso questo atto. Noi possiamo prendere coloro che sono entrati nel fascismo perché vi sono stati costretti, altrimenti non avreb­bero avuto né da mangiare né da vivere, e sarebbero stati messi al bando della vita politica.

  Se oggi questi elementi dicono che vogliono aderire a noi, noi possiamo ammetterli nel nostro partito, soprattutto se si tratta di gio­vani, perché noi sappiamo che i giovani sono stati ingannati dal fascismo il quale li presentava come una gioventù fascista, mentre si trattava di una gioventù la quale era stata ridotta ad una schiavitù materiale ed ideale.

  Voi dovete prendere il maggior numero possibile di giovani nelle file del partito. Abbiamo ancora troppo pochi giovani nelle file del partito. Io vedo che qui a Firenze avete un movimento giovanile comu­nista che si sta sviluppando ed è più sviluppato che in tutte le altre città d'Italia. Ma voi dovete farlo non solo a Firenze, ma in tutta la Toscana. Quando voi fate entrare i giovani nel nostro partito fate loro capire che noi vogliamo redimere la gioventù da ogni sorta di schiavitù per dare alla gioventù il posto che le spetta nella vita della nazione.

  Ma quando si tratta di elementi che hanno svolto un'attività fa­scista di fronte al popolo, che sono stati persecutori dei lavoratori e protettori di elementi che hanno approfittato del fascismo, che si sono arricchiti col fascismo, per questi elementi le porte del nostro partito sono sbarrate. Ricordatevelo. Anzi, là dove voi vivete in buoni rapporti con gli altri partiti, dove avete dei Comitati di liberazione che funziona­no bene, voi potete anche porre la questione che le porte di tutti i partiti democratici siano sbarrate a questi elementi perché uno dei gravi pericoli che esiste per il movimento di liberazione nazionale è che dei fascisti, più o meno mascherati, entrino nelle file dei partiti democra­tici ed approfittino dalla posizione conquistata in questi partiti per dan­neggiare il Fronte di liberazione nazionale. Badate, su questo punto, noi dobbiamo essere intransigenti.

  D'altra parte, se noi ammettiamo elementi ex fascisti nel partito, noi non diamo però loro, oggi, nessuna carica nel nostro partito, né li poniamo in cariche pubbliche, ma lasciamo passare un periodo di tempo, che vedremo in seguito, se sarà di un anno o di due. Ma non possiamo oggi presentare come portavoce del partito davanti al popolo gli elementi che sono stati fascisti. Possiamo averli nel nostro partito e farli lavorare, ma non diamo loro delle cariche nel nostro partito né delle cariche pubbliche.

  Naturalmente, altra è la questione se si tratta di elementi che erano messi nel partito fascista da noi stessi per svolgere un'opera di disgre­gazione, per realizzare quella penetrazione nel campo avversario che è stata la direttiva fondamentale del nostro partito negli ultimi anni dell'illegalità. Ma questi sono casi particolari, che debbono essere esa­minati concretamente caso per caso dai dirigenti delle organizzazioni. L'essenziale è che voi manteniate la purezza del nostro partito di fronte al popolo e per questo io desidero farvi anche un'altra raccomandazione.

  Nell'ultimo periodo dell'illegalità, quando si è sviluppato il movi­mento dei partigiani, si sono compiuti, da parte dei compagni, da parte di gruppi partigiani, degli atti completamente legittimi e giustificati, diretti contro le proprietà dei fascisti, dei loro protettori, ecc. Questi atti noi li approviamo, perché è stato il nostro partito che li ha organiz­zati. Ma state attenti che il movimento partigiano decadrebbe nella stima, non dico del paese in generale, ma dei lavoratori, degli operai stessi, se oggi si continuasse sulla stessa strada, se cioè nel movimento dei partigiani si introducessero elementi che facessero diventare i par­tigiani una specie di banditi in licenza, i quali compiono atti di violenza per conto proprio. Questa situazione si è creata, per esempio, in una delle province degli Abruzzi, dove una banda di partigiani, la quale aveva lottato molto bene contro i tedeschi, ha dovuto essere sciolta perché commetteva atti di brigantaggio contro la popolazione che non aveva niente a che fare con il fascismo.

  Bisogna mettere in guardia i partigiani contro questo pericolo. Voi dovete intervenire con autorità perché i partigiani si mantengano dei combattenti leali nel grande esercito proletario che si batte per la demo­crazia. Naturalmente noi combattiamo perché tutti i partigiani possano essere ammessi nell'esercito con delle formazioni compatte, con i loro capi. Ma su questo punto non siamo ancora riusciti ad aver ragione ed a far approvare il nostro punto di vista. Speriamo che ci riesca quando sarà liberata l'Italia del nord. Intanto noi oggi diciamo ai parti­giani che, se essi vogliono continuare a combattere, è necessario che una parte di essi, almeno, entri nell'esercito italiano. Questo è necessa­rio anche per evitare che nell'esercito vi entrino elementi fascisti. Anche nel corpo di polizia dobbiamo riuscire a fare entrare elementi prove­nienti dalla lotta partigiana.

  Questi, compagni, sono i problemi principali che io ho posto da­vanti a voi. Io so che vi sarebbero molte altre questioni delle quali noi dovremmo parlare insieme, ma ciò non è possibile perché non mi rimane molto tempo. Io spero però che la breve conversazione che io vi ho fatta sull'esposizione delle linee generali della politica del nostro partito, e soprattutto sulle modificazioni dell'orientamento generale del nostro partito di fronte alla situazione generale dell'Europa, del mondo e del nostro paese in particolare, vi sia riuscita chiara.

  Ricordatevi, compagni, che la bandiera con la quale noi siamo sorti, è sempre la stessa bandiera; quel programma è sempre il nostro pro­gramma, ma ricordatevi che il compito dei comunisti rimane in ogni periodo storico, quello di saper dirigere l'azione della classe operaia, dei lavoratori e dei popoli intieri, entro quel dato periodo.

  Noi ci troviamo oggi veramente in un momento critico della storia mondiale, della storia europea, della storia del nostro paese. Noi dobbia­mo saper comprendere qual è l'obiettivo che oggi si propone il po­polo italiano. L'obiettivo è quello di distruggere completamente il fa­scismo. Questo vuol dire che noi dobbiamo annientare queste forze reazionarie borghesi e che noi dobbiamo creare un regime democratico nel quale esse non possano mai più rialzare la testa.

  Ecco l'obiettivo per il quale noi marciamo oggi, per il quale noi oggi possiamo stringere alleanze, non soltanto in seno alla classe operaia, ma con altri partiti democratici nazionali che marciano insieme con noi, accanto a noi e che comprendono la necessità nazionale di raggiun­gere questo obiettivo.

  Voi dovete essere sicuri che combattere per il raggiungimento di questo obiettivo significa lavorare oggi per la realizzazione di quello che è sempre stato il nostro programma. Oggi noi lavoriamo, combattia­mo ed impegniamo tutte le nostre forze perché da questa guerra esca un'Italia rinnovata, un'Italia in cui il fascismo sia morto per sempre ed in cui il fascismo non possa mai più risorgere.

  E noi siamo convinti che, riuscendo a raggiungere questo obiet­tivo, noi creeremo una situazione in cui la classe operaia ed i lavoratori tutti potranno marciare speditamente con tutto il popolo, per il rag­giungimento, per la realizzazione di tutte le loro aspirazioni, di tutti i loro ideali.