Sul programma economico
e sulla posizione politica reazionaria di Sun Yeh-fang

Da Hongqi (Bandiera rossa), 1966, in italiano da "Le due vie dell'economia cinese",
antologia di scritti cinesi a cura di Emilio Sarzi Amadè, Milano, 1971, Franco Angeli Editore, pp.47-63.


In Cina esiste una grave ed acuta lotta di classe nel settore dell'eco­nomia così come in altri settori ideologici. Per un lungo periodo il settore è stato dominato da una linea nera contraria al partito, al so­cialismo ed al pensiero di Mao Tse-tung. Un certo numero di rappre­sentanti reazionari della borghesia, celandosi sotto le vesti accademiche e innalzando le insegne di «scienziati» e di «autorità» hanno usato le posizioni culturali ed ideologiche nelle quali essi si sono trincerati per lanciare attacchi sfrenati e ripetuti contro il nostro rispettato e amato presidente Mao, il comitato centrale del partito e il nostro grande sistema socialista. Uno dei capi di questa linea nera è Sun Yeh-fang, l'ex direttore dell'Istituto di economia dell'Accademia cinese delle scienze...

... Egli è un rappresentante della borghesia che si è infiltrato nel partito. Egli nutre un odio inveterato per il sistema socialista. Nel 1956, non molto tempo dopo il XX congresso del PCUS, egli visitò l'Unione Sovietica, dove attinse abbondantemente al mercato nero revisionista di Khrushchov. Tornato in Cina egli coordinò le sue azioni con la corrente avversa del revisionismo internazionale e con gli elementi di destra bor­ghesi all'interno, innalzando apertamente nel settore dell'economia la bandiera nera della opposizione al partito, al socialismo ed al pensiero di Mao Tse-tung. Nei suoi due articoli «Partire dal 'valore della produ­zione totale'» e «Basare la pianificazione e la statistica sulla legge del valore» pubblicati in quell'anno, egli attaccò violentemente il siste­ma socialista, e propose misure intese alla restaurazione del capitalismo, come quella di mettere il profitto al comando e di abolire l'economia pianificata. Sun Yeh-fang è, in realtà, un elemento di destra che riuscì ad eludere la lotta del 1957 contro gli elementi borghesi di destra.

Nel 1958 e nel 1959 l'intero popolo cinese, sotto la brillante guida del comitato centrale del partito capeggiato dal presidente Mao, levò alta la grande bandiera rossa della linea generale per la costruzione del socialismo, realizzò un grande balzo in avanti su tutti i fronti e orga­nizzò su vasta scala le comuni popolari. Fu allora che Sun Yeh-fang produsse in successione le due grandi erbe velenose «Per capire l'eco­nomia bisogna imparare un po' di filosofia» e «Sul valore». In questi articoli egli attaccò la grande tesi del presidente Mao sulle contraddi­zioni, le classi e la lotta di classe nella società socialista, si oppose stre­nuamente a porre la politica proletaria al comando e si oppose alla linea generale del partito, al grande balzo in avanti e alle comuni popolari. Sun Yeh-fang è un opportunista di destra al cento per cento.

Nel periodo in cui la nazione si trovò di fronte a temporanee difficoltà economiche, i nemici di classe all'interno e all'estero non tra­lasciarono occasione per lanciare attacchi sfrenati contro il nostro par­tito e il sistema socialista. Considerando questo il momento opportuno per restaurare il capitalismo, Sun Yeh-fang divenne attivissimo, spar­gendo veleno dovunque e, insieme ad altri demoni e mostri in Cina, alimentò energicamente i venti malvagi del «farcela da soli» (cioè di restaurare l'economia individuale) e di «annullare le precedenti deci­sioni sbagliate»; egli fece propaganda in favore dell'allargamento degli appezzamenti di terra destinati ad uso individuale, dell'espansione dei mercati liberi, dell'aumento del numero delle piccole imprese respon­sabili di perdite e profitti, della fissazione delle quote di produzione sulla base delle famiglie contadine. In questo periodo Sun Yeh-fang visitò due volte l'Unione Sovietica, dove ebbe ampi contatti e nume­rose conversazioni segrete con i revisionisti sovietici. Tornato in Cina scrisse in rapida successione un gran numero di «relazioni di ricerca destinate alla circolazione interna», propose un programma economico revisionista generale, reclamò una aperta «discussione» sulle sue pro­poste, e chiese con arroganza «esperimenti» generalizzati, tutto nel vano tentativo di restaurare nel nostro paese il capitalismo. Sun Yeh-fang è un revisionista controrivoluzionario.

I molti crimini di Sun Yeh-fang nell'opporsi al partito, al socialismo e al pensiero di Mao Tse-tung erano noti da lungo tempo. Tuttavia, protetto da certe persone in posizione di autorità nel partito che ave­vano preso la via del capitalismo, egli non venne mai criticato e non venne mai fatto oggetto di lotta come si sarebbe meritato. Ora, sotto la guida diretta del comitato centrale del partito capeggiato dal presi­dente Mao, si sta vigorosamente e rapidamente sviluppando in profon­dità una grande rivoluzione culturale proletaria senza paralleli nella storia, e l'impetuosa corrente della rivoluzione sta inondando le posi­zioni ideologiche e culturali nelle quali la borghesia e le residue forze feudali sono ancora trincerate. Sun Yeh-fang, questo membro della sinistra banda controrivoluzionaria che si è nascosta per lungo tempo nel partito, è stato smascherato. Noi dobbiamo tenere alta la grande bandiera rossa del pensiero di Mao Tse-tung e sistemare i conti fino in fondo con Sun Yeh-fang, per i suoi odiosi crimini di opposizione al partito, al socialismo e al pensiero di Mao Tse-tung.

La linea nera di Sun Yeh-fang di opposizione al pensiero di Mao Tse-tung. Negava le contraddizioni di classe e la lotta di classe -- Nel suo «Sul modo corretto di risolvere le contraddizioni in seno al po­polo» e in altri scritti, il presidente Mao ha esaminato sistematica­mente e in modo generale le contraddizioni, le classi e la lotta di classe in una società socialista. Il presidente Mao ci insegna che, nell'intero periodo del socialismo, dall'inizio alla fine, la lotta di classe tra il proletariato e la borghesia e la lotta tra la via socialista e quella capitalistica continuano. Questa è la principale contraddizione della società socia­lista, e la forza motrice del suo sviluppo.

Nell'estate del 1958, quando cadde il primo anniversario della pub­blicazione di questa grande opera del presidente Mao, Sun Yeh-fang scrisse: «Per capire l'economia bisogna imparare un po' di filosofia». Questo articolo costituì un velenoso attacco alla grande tesi del presi­dente Mao sulle contraddizioni, le classi e la lotta di classe in una società socialista. Ricorrendo ai consueti trucchi della borghesia e dei revisio­nisti, Sun Yeh-fang tentò di negare le contraddizioni di classe e di negare la lotta di classe ricorrendo alla cosiddetta «contraddizione tra l'uomo e la materia». Egli fece di tutto per affermare il principio che la «con­traddizione tra l'uomo e la materia» costituisce «la più profonda con­traddizione interna dell'economia socialista», «la più profonda radice» di tutte le contraddizioni economiche. Egli sferrò un velato attacco alla esposizione dei problemi economici fatta dal presidente Mao dal punto di vista della lotta di classe e della lotta fra due vie, sostenendo che essa non teneva conto «della contraddizione tra l'uomo e la materia» e qualificandola come «acqua senza una sorgente, un albero senza radici».

È il colmo dell'assurdo sostenere che, nella società socialista, esistono soltanto la contraddizione tra l'uomo e la materia e l'opposizione tra l'uomo e la natura, escludendo qualsiasi contraddizione o lotta di classe. Sun Yeh-fang avanzò questo sofisma al solo scopo di opporsi al comitato centrale del partito ed al presidente Mao, e di opporsi a che la lotta di classe e la lotta tra le vie socialista e capitalistica venissero conside­rate il punto centrale di qualsiasi lavoro. In diretta opposizione a que­sto principio egli affermò che la «questione-chiave» per lo sviluppo di una economia non è l'attuazione della lotta di classe, ma l'affrontare la «contraddizione» nella formula: prodotto/tempo di lavoro che egli esaltò come una notevole «nuova scoperta». «Non solo - egli disse - in questa formula sono contenuti i segreti di tutti i problemi economici», ma «in ultima analisi» la questione di chi vincerà nella lotta tra il socialismo e il capitalismo è «la questione di come ridurre il denomi­natore e aumentare il numeratore». Secondo questa formula di Sun Yeh-fang la rivoluzione proletaria, la dittatura del proletariato e l'orien­tamento socialista sono tutte cose che dovrebbero essere eliminate; è sufficiente impegnarsi «a ridurre il denominatore e aumentare il nume­ratore».

La lotta di classe rivoluzionaria incute timore a tutti i mostri e fantasmi. Proprio mentre conducono una sfrenata lotta di classe contro il proletariato, essi negano sempre, con un secondo fine, la lotta di classe, nel vano tentativo di smorzare lo spirito rivoluzionario di lotta del po­polo. Revisionisti controrivoluzionari come Sun Yeh-fang e simili, men­tre negano ostentatamente l'esistenza della lotta di classe, in realtà stanno dalla parte della borghesia nel suo attacco al proletariato, cer­cando invano di trasformare la dittatura del proletariato in un ditta­tura della borghesia. La «formula» di Sun Yeh-fang venne avanzata al preciso scopo di servire le esigenze delle classi reazionarie all'interno e all'estero, di fornire loro un'arma «teorica» per un ritorno controri­voluzionario.

Queste assurdità di Sun Yeh-fang non sono nuove. La cricca revi­sionista di Khrushchov, allo scopo di mimetizzare la crudele lotta di classe che essa sta conducendo contro il popolo sovietico, asserisce assurdamente che «una società socialista è una società senza lotta di classe», nella quale «l'unità delle classi ha sostituito la lotta delle classi di altri tempi», e attacca il nostro partito «per essere ordinata­mente andato alla caccia di inesistenti classi sfruttatrici o strati bor­ghesi e della lotta di classe in una società socialista». Cantando lo stesso ritornello della cricca revisionista di Khrushchov, Sun Yeh-fang cercò anche di coprire gli sfrenati attacchi lanciati dai mostri e demoni contro il partito e contro il socialismo, nella vana speranza che i rivoluzionari avrebbero abbandonato la loro vigilanza contro questi attacchi, abban­donato la lotta di classe e permesso al capitalismo di tornare sulla scena.

Contro la politica al comando - Il presidente Mao ci insegna che la politica è il comandante, l'anima. Il lavoro politico è la linfa vitale di qualsiasi lavoro economico.

Sun Yeh-fang considera il principio di porre la politica al comando come sabbia negli occhi. Egli attaccò vigorosamente questo principio, affermando che esso significava «parlare di politica senza tener conto dell'economia, sostituire leggi economiche oggettive con la linea di massa e la politica al comando, sostituire l'approccio economico con un approccio politico, il che non è soltanto un punto di vista idealistico ma anche un modo da fannullone di guardare alle cose economiche». Egli ha raccolto l'arma spuntata che Bukharin aveva già usato contro Lenin, e che Lenin aveva pienamente confutato, per attaccare il prin­cipio del porre la politica al comando, affermando che ciò significava «spiegare il problema solamente in termini politici, non in termini economici», sostenendo che il problema deve essere spiegato «dal punto di vista economico» così come «da quello politico».

Tutto questo è una pura e semplice assurdità.
Il presidente Mao ha detto: «L'economia è la base e la politica è l'espressione concentrata dell'economia». Egli ha anche rilevato che questo è il giudizio fondamentale che noi diamo del rapporto che esiste tra la politica e l'economia. [1] Nella società socialista esistono ancora la lotta di classe, la lotta tra le due vie e il pericolo di un ritorno del capitalismo. Tutte le lotte di classe sono lotte politiche. Per trionfare completamente sulla borghesia nella lotta tra le due vie, il proletariato deve dare il primo posto alla politica e insistere nel porre il pensiero di Mao Tse-tung al comando, altrimenti esso perderà l'orientamento nel corso della dura lotta di classe e ci sarà il pericolo di un ritorno contro­rivoluzionario su scala nazionale, della liquidazione del partito e dello stato e del massacro di decine di milioni di persone. In breve, se la politica non assume il posto preminente, se il pensiero di Mao Tse-tung non viene posto saldamente al comando, non ci sarà dittatura del pro­letariato, non ci sarà socialismo e il popolo non avrà nulla.

Il senso di classe reazionario di Sun Yeh-fang è molto acuto. Egli ha una mortale paura che mettere la politica proletaria al comando mandi completamente all'aria tutto ciò su cui egli ha puntato per man­tenersi a galla, e così egli si è fatto avanti per impedire che la politica venga messa al comando. Egli parla a getto continuo, giorno e notte, di «economia» e di «leggi» come se ci fosse una «economia» stac­cata dalla politica, come se egli soltanto padroneggiasse i segreti delle leggi economiche. In realtà, tutto ciò è solo una maschera per impedire che la politica venga posta al comando. Egli afferma che «il rapporto tra la spesa e il rendimento è costituito dalla minima spesa di lavoro (lavoro vivo e lavoro materializzato) per ottenere il massimo risultato. Non significa ciò porre la politica al comando?». Ancora più vergogno­samente egli disse che il porre la politica al comando «dovrebbe essere incluso nel concetto di risultato economico». Per Sun Yeh-fang «la spesa di lavoro» significa investimento o costi, e «risultato economico» significa profitto. Quando Sun Yeh-fang vuole «includere» la politica al comando nel «concetto» di profitto, in realtà mira ad usare il mi­nimo investimento o costo per ottenere il massimo profitto. È molto chiaro che questo significa mettere, puramente e semplicemente, il profitto al comando, la politica borghese al comando. Nella società di classe, se non si mette al comando la politica di una classe, inevitabil­mente si dà il primo posto alla politica di un'altra classe. Nella società socialista, in tutti i settori del nostro lavoro, se non è la politica prole­taria ad essere al comando, lo sarà la politica borghese. Questa è una legge...

... Tutte le assurdità cui Sun Yeh-fang ha fatto ricorso per attac­care il principio della politica al comando provengono direttamente dal velenoso bagaglio revisionista del suo «maestro» Khrushchov. I revi­sionisti alla Khrushchov attaccano il principio della politica al comando definendola «volontarismo», affermando che così «si ignorano le leggi economiche oggettive». Sun Yeh-fang attaccò anche il principio della politica al comando come «idealismo», come «negazione o disprezzo delle leggi economiche oggettive». I revisionisti alla Khrushchov ci attaccano perché facciamo le cose secondo gli insegnamenti del presi­dente Mao, affermando che «non pensiamo da soli» e che «attuia­mo meccanicamente la volontà di altri». Anche Sun Yeh-fang attac­cò il principio di seguire gli insegnamenti del presidente Mao e di usare il pensiero di Mao Tse-tung per spiegare i problemi, affermando che si trattava di «un modo di pensare da fannulloni». I revisionisti alla Khruschov parlano a vanvera del fatto che «l'anima dell'economia è il confronto tra la spesa e il risultato». Anche Sun Yeh-fang ha parlato a vanvera del rapporto tra spesa e risultato, affermando che ciò signifi­cava porre la politica al comando. Tutto ciò dimostra che Sun Yeh-fang fa eco al revisionismo di Khrushchov.

Attacco alla linea generale, al grande balzo in avanti e alle comuni popolari -- Dal 1958 il popolo cinese, illuminato dal pensiero di Mao Tse-tung e sotto la brillante guida del comitato centrale del partito capeggiato dal presidente Mao, ha levato in alto la grande bandiera rossa della linea generale, realizzato un grande balzo in avanti in ogni campo e organizzato su vasta scala le comuni popolari. Con alto morale e ferma decisione esso ha realizzato successi senza precedenti nella ri­voluzione e nella costruzione socialiste. Di fronte ai nostri grandi suc­cessi, l'imperialismo, il revisionismo moderno, i reazionari di vari paesi, e gli agrari, i contadini ricchi, i controrivoluzionari e gli elementi di destra del nostro paese sono paralizzati dalla paura. Demoni e mostri si sono uniti ed hanno usato i più vergognosi trucchi ed il linguaggio più meschino per insultare il nostro grande partito, attaccare la grande linea generale, il grande balzo in avanti e le comuni popolari. Sun Yeh-fang si è unito, da ogni punto di vista, ai demoni ed ai mostri all'in­terno ed all'estero, ed ha preso parte attiva a questa farsa controrivolu­zionaria.

L'abbaiare dei cani non riuscirà mai ad oscurare la luce del sole. Oggi il mondo intero può vedere che proprio perché noi abbiamo te­nuto alta la grande bandiera rossa del pensiero di Mao Tse-tung, perché siamo rimasti fedeli alla linea generale, al grande balzo in avanti e alle comuni popolari, abbiamo completato il secondo piano quinquennale tre anni prima del termine, superato tre anni di gravi calamità naturali, mandato all'aria le attività di sabotaggio della cricca revisionista di Khrushchov contro la nostra costruzione economica nazionale, costruito i campi petroliferi di Taching liberandoci così della fama di essere un paese «povero di petrolio», prodotto una pressa idraulica da 12.000 tonnellate, ed effettuato con successo tre esperimenti nucleari. I grandi successi della linea generale, del grande balzo in avanti e delle comuni popolari non possono essere assolutamente negati da qualche maledi­zione lanciata da un pugno di reazionari.

Il presidente Mao ci insegna: «È bene se siamo attaccati dal ne­mico, perché questo ci dimostra che abbiamo tracciato una chiara linea di demarcazione tra il nemico e noi. È ancora meglio se il nemico ci attacca selvaggiamente e ci dipinge come completamente neri e senza alcuna virtù, perché ciò dimostra che non solo abbiamo tracciato una chiara linea di demarcazione tra il nemico e noi ma nel nostro lavoro abbiamo realizzato molto» [2]. Questa è una verità inconfutabile. Gli insulti dei nemici di classe all'interno e all'estero contro la linea gene­rale del nostro partito, il grande balzo in avanti, le comuni popolari provano la grandezza e la giustezza della linea generale del nostro par­tito, del grande balzo in avanti e delle comuni popolari, e il fatto che noi abbiamo realizzato grandi successi...

Frenetica «dichiarazione di guerra» al pensiero di Mao Tse-tung -- Sun Yeh-fang nutre un odio inveterato per il pensiero di Mao Tse-tung. Come tutti i revisionisti egli si oppone al marxismo-leninismo, al pensiero di Mao Tse-tung, con la scusa di opporsi al «dogmatismo tra­dizionale». Per anni egli si è atteggiato ad eroe della lotta contro il «dogmatismo tradizionale». Egli dice che il «dogmatismo tradiziona­le» in economia è la «teoria dell'economia naturale».

Sun Yeh-fang afferma che «la teoria dell'economia naturale» è una teoria che «indubbiamente detiene in Cina una posizione di mono­polio».

Egli sostiene anche che il sistema di direzione economica nel nostro paese nei dieci e più anni trascorsi venne elaborato sotto la «guida» della «teoria dell'economia naturale».

Egli sostiene anche che «la teoria e la pratica correnti sono state profondamente influenzate» dalla «teoria dell'economia naturale».

Contro chi è diretto l'attacco di Sun Yeh-fang alla cosiddetta teoria dell'economia naturale?

Tutti sanno che il pensiero che ci guida è il marxismo-leninismo, il pensiero di Mao Tse-tung. La nostra rivoluzione socialista e la costru­zione socialista sono condotte sotto la guida del pensiero di Mao Tse-tung, che ogni giorno penetra più profondamente nei cuori del popolo ed è la bussola che guida tutto il nostro lavoro. È chiaro che il «dog­matismo tradizionale» che Sun Yeh-fang attacca è la teoria economica marxista-leninista, cioè la teoria economica del presidente Mao.

Quando Sun Yeh-fang grida e strepita sulla necessità di fare della «teoria dell'economia naturale» «il nemico», e di «dichiarare guerra a questa teoria dell'economia naturale», egli prende come «nemico» il pensiero di Mao Tse-tung, e «dichiara guerra» al pensiero di Mao Tse-tung. Quali assurde vette ha raggiunto l'arroganza controrivoluzio­naria di Sun Yeh-fang!

Il pensiero di Mao Tse-tung è la nostra bussola nell'attuare la rivo­luzione e la costruzione, mentre l'ideologia borghese, la ideologia re­visionista, è lo strumento usato dai demoni e dai mostri per la restau­razione del capitalismo. Il revisionista controrivoluzionario Sun Yeh-fang ed i suoi simili odiano profondamente il grande pensiero di Mao Tse-tung ed amano profondamente l'ideologia borghese più reazionaria e decadente, l'ideologia revisionista. Nello stesso tempo in cui egli de­finiva «monopolio» la posizione di comando assunta dal pensiero di Mao Tse-tung, Sun Yeh-fang incitava apertamente la gente ad imparare dai «saggi» capitalisti, dicendo che il revisionismo di Krushchov gli aveva dato «la più grande illuminazione», gridando che «noi non dobbiamo dire che respingeremo tutto ciò che i revisionisti fanno», eccetera. Ciò dimostra proprio che Sun Yeh-fang vuole che l'ideologia borghese, l'ideologia revisionista, monopolizzi le posizioni ideologiche, allo scopo di preparare l'opinione pubblica ad un ritorno capitalista...

Il programma economico di Sun Yeh-fang per la restaurazione del capitalismo -- L'attacco di Sun Yeh-fang al pensiero di Mao Tse-tung e alla funzione di direzione del partito aveva lo scopo di realizzare la restaurazione del capitalismo nel nostro paese. Questo tentativo crimi­nale ha trovato espressione concentrata nel programma economico com­pletamente revisionista da lui proposto. Il contenuto fondamentale di questo programma è questo: mettere il profitto al comando, autogo­verno delle imprese, mercati liberi, fissare le quote di produzione sulla base delle famiglie contadine e dare il primo posto alla legge del valore.

Ben lungi dall'essere qualcosa di nuovo, queste merci di Sun Yeh-fang, che era come un pappagallo che ripete le parole altrui, erano state prese, dalla prima all'ultima, dal bagaglio dei revisionisti Khru-shchoviani. Sun Yeh-fang non si peritò di affermare che le sue «vedute fondamentali» erano «briciole cadute dai denti dei compagni sovie­tici». Sun Yeh-fang è il Liberman cinese. Egli disse sfacciatamente di essere «in accordo» con Liberman, e di «andare più a fondo» di quanto non facesse questo economista revisionista dell'Unione Sovietica. Quelle che Sun Yeh-fang sosteneva tanto calorosamente erano esatta­mente le scelte attuate nell'Unione Sovietica dai revisionisti Khrushchoviani.

Pubblicità al principio del profitto al comando -- La questione sulla quale Sun Yeh-fang si è più clamorosamente diffuso fin dal 1956 è quella del profitto. Egli ci attaccò accusandoci di essere ossessionati dalla «mania» di considerare «capitale e profitti» come «concetti capitalistici», di «avere una paura del diavolo quando si parla di pro­fitti» portando così al «cattivo risultato» di «non risparmiare né il lavoro né il denaro» e di «disprezzare in generale i risultati econo­mici». Sostenne che era necessario «riabilitare la rispettabilità delle quote di profitto socialista» e «dare un'importanza maggiore al ruolo delle quote di profitto nel sistema di direzione di una economia piani­ficata».

È una bugia ed una calunnia sostenere che la costruzione sociali­sta «non risparmia né il lavoro né il denaro» o che le imprese socia­liste non si curano del profitto. Era con secondi fini che Sun Yeh-fang chiedeva che venisse data una importanza maggiore al «ruolo» dei profitti e venisse riabilitata la loro «rispettabilità».

Sun Yeh-fang affermava che le quote di profitto erano «il punto essenziale dell'intero sistema degli obiettivi pianificati» e che «una ferma comprensione di questo punto può naturalmente attivare tutti gli altri punti vitali». Egli paragonava l'intera economia nazionale ad un «toro», e le quote di profitto al «muso del toro», dicendo che il toro (l'intera economia nazionale) si sarebbe mosso solo se fosse stato guidato dal suo naso (le quote di profitto). Egli attaccò la nostra eco­nomia nazionale definendola un metodo stupido di far camminare il toro sollevandogli le gambe.

Sun Yeh-fang difese il principio secondo cui i profitti costituiscono il solo criterio per stabilire se un'impresa è avanzata o resta indietro. Egli disse che «i profitti sono l'espressione più concentrata» e «l'in­dice più sensibile di una direzione buona o cattiva», che «la percen­tuale di profitto sul capitale sociale medio deve essere raggiunta da ogni impresa; quelle che superano questa percentuale di profitto sono im­prese avanzate, mentre quelle che non riescono a raggiungerla sono arretrate».

Sun Yeh-fang sostenne anche la necessità di utilizzare la profitta­bilità per determinare la direzione dell'investimento sociale. Egli so­stenne che nel quadro dell'intera economia nazionale «l'assegnazione di fondi a settori diversi esige un confronto economico, cioè che venga presa in considerazione la percentuale di profitto sul capitale sociale medio». Ciò significa che l'investimento va fatto in quei settori che abbiano un'alta percentuale di profitto, mentre un investimento mi­nore o nessun investimento vanno assegnati a quelli che hanno un pro­fitto minore.

Questo porre il profitto al comando è merce completamente capi­talistica e revisionista. È vero che, nella società capitalista i profitti sono agli occhi dei capitalisti «l'espressione più concentrata» e «l'in­dice più sensibile» della buona o della cattiva direzione dell'impresa. Il solo scopo dei capitalisti è quello di fare denaro. Gli investimenti da parte dei capitalisti sono determinati esclusivamente dal fatto che il ritmo di profitto sia alto o basso. Se l'economia capitalistica viene paragonata ad un «toro», è vero che i profitti sono il «muso del toro», perché tutte le attività economiche sotto il capitalismo sono governate dal profitto.

Una economia socialista non è assolutamente, e non si può permet­tere che sia, una economia capitalistica.

Noi dirigiamo le aziende e ci impegnamo nella costruzione per la rivoluzione cinese e per la rivoluzione mondiale, e non per fare denaro. Tutto il nostro lavoro economico deve seguire la politica generale che guida il nostro lavoro economico e finanziario - «sviluppare l'econo­mia ed assicurare i rifornimenti» - come l'ha indicata il presidente Mao. Non dobbiamo comportarci come capitalisti che lavorano esclusi­vamente per i profitti, lavorano duramente quando c'è un grosso pro­fitto, meno duramente quando c'è un profitto scarso e non lavorano per niente quando non ci sono profitti.

Lo stanziamento dei fondi per la costruzione deve essere da noi deciso in linea con i compiti politici del partito e dello stato e con le necessità dello sviluppo dell'economia nazionale e del benessere del popolo. Non dovremo mai stanziare i fondi per la costruzione e deci­dere dove i nostri investimenti debbono essere fatti alla luce del tasso di profitto ed a spese degli interessi fondamentali del proletariato e del popolo lavoratore, come vorrebbe Sun Yeh-fang.

Nell'economia socialista il punto chiave che attiva tutto il lavoro non può essere altro che la politica proletaria al comando. Solo dando il primo posto alla politica proletaria, ponendo al comando il pensiero di Mao Tse-tung e promuovendo la rivoluzionarizzazione dell'ideologia del popolo, è possibile assicurare l'orientamento socialista delle im­prese e dare libero sfogo alla iniziativa ed alla creatività rivoluzionaria delle larghe masse degli operai e degli impiegati, in modo da elevare sia la qualità che la quantità dei prodotti. Il compito delle imprese non è solo quello di confezionare prodotti, ma anche di addestrare perso­nale e ottenere esperienza. Simultaneamente con lo sviluppo della pro­duzione, le imprese devono preparare sia le condizioni materiali che quelle spirituali per la futura società comunista...

... Usare il profitto come il punto-chiave che attiva tutto il lavoro e considerare i profitti come il «muso di toro» dell'economia sociali­sta, come Sun Yeh-fang chiede, minerebbe inevitabilmente l'econo­mia socialista pianificata, portando all'anarchia nella produzione, cau­sando l'involuzione dell'economia socilista in una economia capitali­stica ed una restaurazione generale controrivoluzionaria del capitalismo.

Il sostegno dell'autogoverno delle imprese -- L'autogoverno delle imprese ed i profitti al comando sono gemelli tratti da Sun Yeh-fang dallo stesso velenoso grembo del capitalismo. Per porre i profitti al comando e restaurare il capitalismo è necessario minare la direzione unificata e centralizzata attuata dal partito e dallo stato sull'economia, disintegrare la proprietà di tutto il popolo, trasformare ogni impresa in un regno indipendente. Ecco perché Sun Yeh-fang, come Tito, Khrush­chov e altri rinnegati, ha disperatamente attaccato la direzione unifica­ta e centralizzata del partito e dello stato sull'economia socialista, af­fermando che attuarla significa «mettere le catene alle imprese e porre restrizioni alla loro iniziativa».

Col pretesto di differenziare tra «grande autorità» e «piccola autorità», Sun Yeh-fang si oppose alla direzione unificata e centraliz­zata dell'economia nazionale da parte del partito e dello stato e si battè perché alle imprese venisse data «l'autorità di amministrare indipen­dentemente tutti gli affari economici». Egli disse che le imprese avreb­bero dovuto avere una «piccola autorità» e lo stato una «grande autorità». In termini concreti, ecco ciò che egli intendeva dire con «piccola autorità» : 1 ) le imprese dovrebbero avere il diritto di elabo­rare i loro piani di produzione, e lo stato dovrebbe evitare di fissare obbiettivi pianificati per il genere, la quantità e la qualità dei prodotti; 2) le imprese dovrebbero avere il diritto di liberarsi delle cose svalu­tate, decidere sulla manutenzione e il rinnovo delle installazioni e addi­rittura «comprare o vendere liberamente le installazioni fisse»; 3) bi­sognerebbe abolire il sistema di distribuzione unificata dei materiali da parte dello stato, e le imprese dovrebbero avere il diritto di organizzare in modo indipendente gli acquisti e le vendite, di comprare e ven­dere liberamente i prodotti. In questo modo, la «grande autorità» attribuita allo stato da Sun Yeh-fang sarebbe limitata agli investimenti ed alla raccolta dei profitti.

Secondo Sun Yeh-fang, il rapporto tra lo stato e le imprese dovrebbe essere in realtà ridotto al rapporto che esiste tra il finanziere e gli industriali. Lo stato si occuperebbe degli investimenti e della raccolta dei profitti, mentre le imprese, dopo aver ricevuto il denaro, avrebbero la responsabilità della produzione e della condotta degli affari. Lo stato non dovrebbe interferire. In questo caso, come potrebbero esistere una proprietà socialista da parte di tutto il popolo, ed una economia sociali­sta unificata?

Una economia socialista è una economia pianificata sotto la dire­zione centralizzata ed unificata dello stato della dittatura del proleta­riato. Il presidente Mao ha detto che senza un alto grado di democrazia è impossibile avere un alto grado di centralismo, e senza un alto grado di centralismo è impossibile creare una economia socialista. Anche Lenin ha detto «che senza un controllo ed una gestione generale statale della produzione e della distribuzione delle merci, il potere del popolo lavo­ratore, la libertà del popolo lavoratore, non possono essere mantenute, e un ritorno al giogo del capitalismo sarebbe inevitabile». [3]

Non è assolutamente chiaro che opponendosi alla direzione centra­lizzata ed unificata della economia socialista da parte del partito e dello stato, e sostenendo l'autogoverno delle imprese, Sun Yeh-fang cercava di restaurare il capitalismo?

Esaltazione del libero mercato e della fissazione delle quote di pro­duzione sulla base delle famiglie contadine -- Per nulla rassegnati al fatto che oltre 500 milioni di contadini cinesi hanno preso la strada del socialismo, Sun Yeh-fang ed i suoi simili, allo scopo di mandare all'aria l'economia socialista basata sulla proprietà collettiva dei mezzi di produzione, hanno utilizzato l'Istituto di economia controllato da Sun per organizzare le loro forze per condurre «inchieste», scrivere «relazioni» e organizzare «discussioni» - tutto allo scopo di pro­pagandare il principio della «organizzazione estensiva dei mercati li­beri». Senza nemmeno preoccuparsi di fingere, dicevano: «Che male ci sarebbe se ci fossero acquisti e vendite di carattere speculativo? Al massimo gli speculatori farebbero un po' di denaro». Essi si spinsero al punto da sostenere pubblicamente che il nostro partito dovrebbe «lasciar stare i mercati liberi, e tutto marcerebbe per il meglio».

Il mercato è un settore importante della lotta tra le due vie del socialismo e del capitalismo. Il «mercato libero» che Sun Yeh-fang febbrilmente sosteneva è una cosa totalmente capitalistica. Attraverso il canale del mercato egli cercava di spalancare le porte alla restaurazione del capitalismo. Se questo piano avesse successo, il risultato sarebbe inevitabilmente la «liberalizzazione» borghese e la disintegrazione del­l'economia socialista basata sulla proprietà collettiva dei mezzi di pro­duzione e sulla proprietà da parte di tutto il popolo.

Nel periodo in cui la Cina si trovò di fronte a difficoltà economiche temporanee, il nemico di classe suscitò nelle campagne un vento cat­tivo mirante ad attuare «la fissazione delle quote di produzione sulla base delle famiglie contadine». Nutrendo un odio inveterato per le comuni popolari, Sun Yeh-fang rispose immediatamente a questo vento e, di concerto con l'attacco dei mostri e dei demoni, batté la grancassa in favore di questa idea, in un vano tentativo di rovesciare il sistema delle comuni popolari. Egli gridò: «Se le masse hanno perso la fiducia nel collettivo, non dobbiamo scartare alla leggera forme organizzative come la fissazione delle quote di produzione sulla base delle famiglie contadine, o come l'affittare la terra ai contadini per superare gli anni cattivi».

Sun Yeh-fang parlava fuori dai denti quando diceva che «le masse hanno perso la fiducia nel collettivo»: questo è un grave insulto per le masse contadine cinesi. Le larghe masse dei contadini cinesi, partico­larmente i contadini poveri e medi-poveri, sono profondamente con­vinti, attraverso la loro esperienza personale, che l'economia collettiva è la loro linfa vitale, che le comuni popolari sono la grande strada al comunismo. Essi sanno che pratiche come la fissazione delle quote di produzione sulla base delle famiglie contadine o «il farcela da soli» significano tornare al capitalismo, ad un abisso di miseria e di sofferen­ze. Le «masse» per le quali Sun Yeh-fang si batteva sono in realtà un pugno di agrari, di contadini ricchi, controrivoluzionari, cattivi elementi ed elementi di destra, ed un pugno di persone che ostinatamente pren­dono la via del capitalismo. Sun Yeh-fang pensava che non appena essi, questo pugno di mostri e di demoni, avessero fatto un po' di chiasso, le comuni popolari sarebbero crollate, e che noi saremmo stati costretti a permettere un ritorno del capitalismo. Ma, di nuovo, nella sua valu­tazione della situazione, egli si era sbagliato: aveva riso troppo presto. Il popolo cinese, sotto la brillante guida del comitato centrale del par­tito capeggiato dal presidente Mao, respinse rapidamente il frenetico assalto delle forze capitalistiche e delle residue forze feudali, consolidò l'economia collettiva e sviluppò la produzione agricola, in modo che il nostro invincibile stato socialista divenne più saldo di prima. Questa banda di gente, alla quale Sun Yeh-fang apparteneva, che chiedeva di tornare indietro, di allargare gli appezzamenti per uso privato, di espan­dere i mercati liberi, di avere un maggior numero di piccole imprese responsabili dei profitti e delle perdite, e di fissare le quote di produ­zione sulla base delle famiglie contadine - questa banda di gente, in breve, che fece di tutto per restaurare il sistema capitalistico, non è riuscita ad altro che a rompersi la testa.

La legge del profitto come cosa principale -- Ricorrendo a tutta la sua abilità, Sun Yeh-fang gettò un drappo «teorico» attorno al suo pro­gramma economico per la restaurazione del capitalismo. Questo drap­po è la «teoria» della legge del valore, alla quale egli fece una grande propaganda.

Egli disse: «Possono esserci un milione di leggi, ma la legge del valore è la prima». Egli affermò che la legge del valore «significa l'integrazione della politica, dell'economia e della tecnica». Vale a dire, la legge del valore significa tutto: e il sistema socialista, la direzione del partito, la politica al comando, lo sviluppo pianificato e proporzionale dell'economia socialista, sono tutte cose che possono essere gettate a mare.

Sun Yeh-fang negò il fondamentale principio marxista-leninista di economia politica che la legge del valore è una legge economica della produzione di merci. Prostrato davanti ad essa, egli adorò la legge del valore come un feticcio. Ai suoi occhi la legge del valore ha il «ruolo di stimolare il progresso tecnico e lo sviluppo delle forze della produ­zione», così come «il ruolo di regolatore della produzione» sia nella società capitalistica che in quella socialista, e addirittura in quella co­munista. Egli sostenne che non bisogna negare il «carattere comune» del capitalismo e del socialismo, che «negare il valore significa negare il carattere comune... negare la cosa fondamentale di una società socia­lista». Egli confuse a bella posta i ruoli diversi che la legge del valore ha in due sistemi sociali diversi. L'economia socialista è basata sulla proprietà pubblica dei mezzi di produzione; la legge dello sviluppo pianificato e proporzionato dell'economia nazionale occupa una posi­zione dominante e l'economia si sviluppa in modo pianificato e propor­zionato. Anche se la legge del valore esercita ancora una certa influenza, il suo ruolo è rigorosamente ristretto. Essa non può regolare la produ­zione; e ancor meno può essere «la cosa fondamentale». Affermando che essa è «la cosa fondamentale» in una società socialista, che è il «carattere comune» del socialismo e del capitalismo, Sun Yeh-fang voleva negare il fondamentale antagonismo tra il socialismo e il capi­talismo, in modo da preparare una base «teorica» al suo programma economico per la restaurazione del capitalismo.

Sun Yeh-fang chiese fanaticamente che l'economia socialista piani­ficata venisse «costruita sulla base della legge del valore», che «le imprese venissero governate dalla legge del valore... per produrre auto­maticamente prodotti buoni ed a buon mercato». Egli sapeva benis­simo che elevare la legge del valore ad una posizione dalla quale essa governi e permetterle di svolgere ciecamente e spontaneamente «il ruolo di regolatore» significherebbe giungere alla diffusione incontrol­lata di una economia capitalistica e far ricadere l'intera società nella concorrenza e nell'anarchia, nel pantano della «liberalizzazione» ca­pitalistica, mentre l'economia socialista pianificata cesserebbe di esistere. Questa è, in realtà, la ragione fondamentale per la quale Sun Yeh-fang fece per tanto tempo chiasso sulla legge del valore.

Conclusione -- Sun Yeh-fang confessa che ciò per cui egli si batteva era «la questione del sistema». È proprio vero. È «questione del sistema». La nostra lotta contro di lui è lotta di classe tra il proleta­riato e la borghesia, lotta tra la via socialista e la via capitalistica, lotta tra il persistere nel consolidamento e nello sviluppo del sistema socia­lista e la restaurazione del capitalismo. È una questione di vita o di morte.

Sun Yeh-fang è un rappresentante estremamente reazionario ed ostinato della borghesia. Anche dopo che le sue parole e le sue azioni antipartito e antisocialiste erano state smascherate, egli strillò ancora pubblicamente che avrebbe «accettato la sfida» e che sarebbe «sceso apertamente in battaglia», sostenendo che «più sono coloro che mi sono contrari, più ferma sarà la mia posizione», e che «io sono come un pezzo di ferro. Non mi sposterò di un pollice dalla mia posizione»...

... Il presidente Mao ci ha insegnato: «Tutto ciò che è reazionario è uguale: se non gli date una spinta non cadrà. È come spazzare il pa­vimento: di regola, dove la scopa non arriva, la polvere non se ne va da sola».[4] Noi dobbiamo levare alta la grande bandiera rossa del pensiero di Mao Tse-tung e lottare risolutamente fino in fondo contro Sun Yeh-fang, questo revisionista controrivoluzionario; noi dobbiamo risolutamente stracciare la bandiera nera rappresentata da Sun Yeh-fang nel settore dell'economia, che si oppone al partito, al socialismo e al pensiero di Mao Tse-tung. Noi dobbiamo rovesciare quelle persone in posizione di autorità che stanno prendendo la via capitalistica e le «autorità» accademiche borghesi reazionarie che hanno usurpato posti di direzione nei settori accademico e culturale. Noi dobbiamo riconqui­stare quelle posizioni nel settore dell'economia che sono state conqui­state dalla borghesia e dai revisionisti, e fare in modo che la grande bandiera rossa del pensiero di Mao Tse-tung sventoli per sempre su queste posizioni!


Note


[1] «Sulla nuova democrazia», Selected Works of Mao Tse-tung, Foreign Lan-guages Press, Peking, 1965, vol. II, pag. 340.
[2] Mao Tse-tung. To Be Attacked by the Enemy Is Not a Bad Thing but a Good Thing, FLP. Pek., 1966, pag. 2.
[3] V. I. Lenin, «The Immediate Tasks of the Soviet Government», Col-lected Works, engl. ed., Progress Publishers, Moscow, 1965, vol. 27, pagg. 253-4.
[4] «The Situation and our Policy after the Victory in the War of Resistance against Japan», Sel. Works, 1961, vol. IV, pag. 19.