I
La lotta politica e di classe negli anni 1944-48 nell'Europa dell'Est

La Polonia

Accademia delle Scienze dell'URSS, Storia Universale, volume XI
edizione italiana, Teti editore, Milano 1978, pp. 62-73


In Polonia, paese che aveva sofferto relativa­mente più di qualsiasi altro a causa dell'ag­gressione hitleriana, il potere popolare fu in­staurato in condizioni difficili. Nelle tremen­de fabbriche della morte, quali erano state Auschwitz, Majdanek e decine di altri campi di concentramento, nelle pubbliche esecuzioni in massa, nelle prigioni della Gestapo e nel­la lotta armata contro gli invasori, perirono oltre 6 milioni di uomini, il 22 per cento del­la popolazione del paese. Sono morti o diven­tati invalidi anche parte dei 2 milioni e mez­zo di uomini mandati dagli invasori ai lavori forzati in Germania. Centinaia di migliaia di uomini hanno perduto nel periodo di occupa­zione la loro capacità lavorativa.

In Polonia è stato distrutto circa il 30 per cento della proprietà privata e più del 38 per cento di quella pubblica: furono distrutte più di 353 mila aziende contadine, oltre un quin­to di quelle esistenti, circa 20 mila stabili­menti industriali, il 60 per cento delle già insufficienti istituzioni sanitarie e più del 63 per cento degli edifici scolastici e degli istituti scientifici. Più di metà delle terre arabili ri­masero inutilizzate. Circa un terzo della popo­lazione rimasta, era senza tetto.

Tra i milioni di morti vi erano molti eminenti scienziati, specialisti e esponenti della cultura, 17.000 insegnanti, circa 6000 medici. Secondo i calcoli degli economisti polacchi, sotto un regime borghese-latifondista per la sola liquidazione delle conseguenze econo­miche dell'occupazione hitleriana e per rag­giungere il volume prebellico della produzio­ne sarebbero stati necessari almeno 50 anni.

Ma il popolo polacco fu salvato da decenni di sofferenze, di privazioni e di fame, di mi­seria e disoccupazione, di schiavitù sociale e di mancanza di diritti grazie al fatto di esser stato liberato dall'Unione Sovietica, e perché il periodo della sua rinascita è coinciso con l'instaurazione del potere popolare, diretto dalla classe operaia, la cui guida nella sua opera ricostruttiva, il Partito operaio polac­co, aveva un chiaro programma di rinascita del paese, sulla base del consolidamento e dell'ulteriore sviluppo delle trasformazioni po­litiche, economiche e sociali già avviate nel corso della liberazione.

Tra le maggiori riforme economico-sociali pra­ticamente realizzate alla fine della guerra ab­biamo al primo posto quella agraria, attuata conformemente ai compiti fissati nel primo at­to del potere popolare, il Manifesto del po­polo polacco, approvato dal Comitato polacco di liberazione nazionale il 22 luglio 1944 sul territorio della cosiddetta vecchia Polonia, cioè il territorio che già prima della guerra face­va parte dello Stato polacco. La terra prima appartenente ai grandi proprietari fondiari fu distribuita a più di 300 mila famiglie, cioè a un milione e mezzo circa di persone.

Contemporaneamente alle radicali trasforma­zioni democratico-rivoluzionarie dei rapporti agrari era cominciato a formarsi, già nel corso della liberazione, un sistema socialista nell'in­dustria. Il potere popolare ha espropriato tut­ti gli stabilimenti costruiti, ricostruiti o am­pliati dagli invasori negli anni di guerra e tutte le proprietà dei collaborazionisti. Con la restituzione alla Polonia dei suoi territori occidentali e settentrionali passò alla proprie­tà dello Stato anche l'industria delle regioni altamente sviluppate come la Slesia, Danzica e Stettino, che era appartenuta ai tedeschi.

Alla fine della guerra lo Stato possedeva qua­si tutti gli stabilimenti dell'industria pesante, molti stabilimenti di altri settori industriali e parte dei grandi latifondi che erano stati in­clusi nella proprietà fondiaria dello Stato. Co­sì, le modificazioni avvenute nel carattere del potere si erano accompagnate a modificazioni nella struttura sociale e nella proprietà dei mezzi di produzione. Il consolidamento della posizione internazionale del nuovo potere po­polare, del governo provvisorio, costituito il 31 dicembre 1944 sulla base del Comitato nazionale polacco di liberazione nazionale ave­va reso possibile poco prima della fine della guerra, il 21 aprile 1945, la firma a Mosca di un trattato di amicizia, mutua assistenza e cooperazione tra la Polonia popolare e l'URSS.


LA FORMAZIONE DEL GOVERNO DI UNITA' NAZIONALE
E LA DELIMITAZIONE DELLE NUOVE FRONTIERE DI STATO

Subito dopo che il paese fu liberato grazie alle vittorie decisive dell'Armata rossa sugli invasori hitleriani, si manifestarono divergen­ze tra il Partito operaio polacco e i partiti che collaboravano con esso nel Fronte nazionale, il Partito socialista polacco, il Partito conta­dino e il Partito democratico, circa i compiti che stavano di fronte al paese. Accanto ai pa­trioti, desiderosi di prender parte alla costru­zione di una nuova Polonia, vi erano elementi che in passato avevano temuto di essere rite­nuti immischiati nel Fronte antihitleriano e ora avrebbero voluto trarre dei vantaggi dalla sua vittoria politica. Si era anche rafforzato l'afflus­so in questi partiti di elementi su posizioni antisocialiste e antisovietiche. Contro il Par­tito operaio polacco e contro il potere popo­lare, d'altronde, continuavano a battersi ban­de armate di fascisti polacchi, le bande del cosiddetto «Esercito insurrezionale ucraino» che era stato costituito nella parte sud-orien­tale del paese, le bande dei «Wehrwolf» (lu­pi mannari) hitleriani e di altri nemici del nuo­vo potere. Persino nel 1946, quando molte di queste bande erano già state distrutte cadde­ro, vittime del terrorismo controrivoluzionario, circa 8000 persone, in stragrande maggioranza membri del Partito operaio polacco.

La complessità della situazione politica inter­na e la volontà di farla finita con le specula­zioni occidentali sul «problema polacco», cioè con la politica che contrapponeva al po­tere popolare il «governo» in esilio di Lon­dra, spinsero il Partito operaio polacco ad ac­cettare, alla fine della guerra, l'ingresso nel Parlamento nazionale popolare e nel governo provvisorio di elementi politici, anche prove­nienti dall'emigrazione, che in passato erano stati contro il potere popolare, ma che si era­no impegnati a realizzare il programma for­mulato nel manifesto del luglio 1944. Il 28 giugno 1945, sulla base del governo provvi­sorio, fu fondato il governo di unità nazio­nale. Capo del governo rimase Edward Osubka-Morawski, vicepresidente il segretario del Comitato centrale del Partito operaio polacco, Wladyslaw Gomulka, secondo vicepresidente e ministro dell'agricoltura fu nominato Stanislaw Mikolajczyk, esponente dei circoli di de­stra del movimento contadino, già capo del «governo» in esilio di Londra dal luglio 1943 al novembre 1944. Il compromesso con parte degli uomini politici borghesi mirava ad atti­rare al Fronte nazionale i contadini e i ceti medi urbani, ancora esitanti, e ad aprire la via a una rapida liquidazione del «problema polacco» nei rapporti internazionali, senza cambiare per niente il carattere del potere in­staurato nel paese.

Poiché la creazione del governo di unità na­zionale corrispondeva alle richieste formulate alla conferenza di Yalta delle tre potenze, dal­la Gran Bretagna e dagli USA, queste si vi­dero costrette ad allacciare con esso relazioni diplomatiche e a cessare i rapporti con l'ex «governo» in esilio di Londra.

Gli USA e la Gran Bretagna contavano di po­ter ottenere il distacco della Polonia dal­l'URSS e la liquidazione del potere popolare nel paese, grazie ai loro rappresentanti diplo­matici a Varsavia e agli esponenti che face­vano parte del governo polacco con i quali erano legati.

Nel luglio del 1945, su proposta dell'URSS, la conferenza di Potsdam delle tre potenze riconobbe che gli ex territori tedeschi ad est dei fiumi Oder e Neisse, così come parte del­la Prussia orientale e il territorio dell'ex città libera di Danzica si trovavano sotto l'ammi­nistrazione dello Stato polacco. In questo mo­do le nuove frontiere occidentali e settentrionali, già riacquistate di fatto, ottenevano un riconoscimento legale internazionale. Nel cor­so delle trattative di Potsdam i governi dei paesi occidentali, in particolare quello britan­nico, cercarono di ingerirsi negli affari interni della Polonia, condizionando il loro accordo sulle frontiere a una rapida indizione delle elezioni al Parlamento, eccetera. Molte richie­ste delle potenze occidentali erano ispirate dal Mikolajczyk. Ma la Polonia, sostenuta dal­l'URSS, respinse ogni tentativo di ingerenza nei suoi problemi interni.

Il 16 agosto 1945 fu sottoscritto a Mosca il trattato polacco-sovietico sui confini di Stato, con il quale fu riconosciuta la frontiera del­l'amicizia e di buon vicinato tra i due Stati alleati. In questo modo veniva a costituirsi la Polonia come paese comprendente tutte le ter­re polacche.

Forza dirigente del processo che ha portato alla riacquisizione dei territori occidentali e settentrionali e della loro annessione organica alla patria, così come di tutto il processo di formazione di una nuova Polonia popolare, è stato il Partito operaio polacco. Le sue pri­me organizzazioni sui territori occidentali e settentrionali erano sorte già nella primavera del 1945. Nel giugno del 1945 il Comitato centrale del partito aveva preso la decisione di inviare in quei territori almeno 25 mila militanti. Questi assunsero il peso fondamen­tale non solo della rinascita e dell'integrazio­ne di queste regioni alla restante parte della Polonia, ma anche della lotta contro i «Wehr­wolf» e le bande dei fascisti polacchi, che per un certo tempo si erano sentiti relativa­mente tranquilli nelle località scarsamente abi­tate. Grazie all'attività instancabile delle or­ganizzazioni del Partito operaio polacco, la li­berazione di questi territori procedette con rapidità e vi affluirono numerosi i nuovi abi­tanti: soldati e ufficiali dell'Esercito polacco smobilitati, contadini per i quali non era ba­stata la terra della riforma fondiaria nei luo­ghi di residenza, polacchi rimpatriati dalla Germania o dall'emigrazione, eccetera. Le sole persone trasferite in modo pianificato nei nuo­vi territori dallo Stato ammontavano, alla fi­ne del 1947, a 2 milioni 346 mila. Grazie a forti investimenti di capitali, in questi ter­ritori cominciò una rapida ricostruzione e un ampliamento dell'industria.


LA POLITICA DI CONSOLIDAMENTO DELLE FORZE RIVOLUZIONARIE.
FORMAZIONE DEI PARTITI DEMOCRATICI

Subito dopo il ritorno nel paese e l'ingresso nel governo di Mikolajczyk e dei suoi seguaci, il 28 agosto 1945 era stato fondato il Par­tito contadino polacco che esprimeva gli in­teressi della borghesia rurale, la quale cerca­va di sfruttare i risultati della liquidazione della classe dei latifondisti. Questo partito esprimeva anche gli interessi della borghesia urbana che mirava ad arrestare, e in parte anche a liquidare, le trasformazioni sociali. Il Partito contadino polacco si schierò contro l'egemonia politica della classe operaia e con­tro l'alleanza degli operai con i contadini. Es­so presentava gli operai come la parte «demo­ralizzatrice» della società, che viveva alle spal­le dei lavoratori dei campi e, dichiarando di voler difendere gli interessi di tutti i conta­dini, chiedeva una revisione della riforma agra­ria, intesa alla creazione di imprese «sane» di non meno di 15 ettari ciascuna e all'aboli­zione delle aziende agricole statali. I dirigenti di questo partito vedevano la futura Polonia come un paese di contadini agiati, con un'in­dustria limitata a soddisfare i bisogni dell'agri­coltura. Tutto questo «agrarismo» in politi­ca interna corrispondeva nel Partito contadi­no polacco alla speranza di ottenere «aiuti» economici dagli USA e dalla Gran Bretagna, e di poter contrapporre la Polonia all'Unione Sovietica.

Le richieste del Partito contadino polacco esercitarono inizialmente una certa influenza su larghi strati di contadini. Una parte con­siderevole dei ceti medi contadini, già forte­mente ancorata alle posizioni dell'alleanza ope­raio-contadina, si mostrò disposta a salire la scala sociale delle campagne. Questo cambia­mento derivava dal fatto che il contadino me­dio, che era stato non solo favorevole alla lotta di liberazione ma anche alla riforma agra­ria, dopo la fine della guerra cercava di sot­trarsi agli obblighi di consegna dei prodotti agli ammassi stabiliti dal potere popolare.

Non solo i contadini ricchi ma anche quelli medi aspiravano al massimo sviluppo di li­beri rapporti mercantili, che avrebbero garan­tito loro redditi consistenti. Le oscillazioni dei contadini medi fecero sì che una parte del Partito contadino passasse nelle file del Par­tito contadino polacco. Verso lo stesso parti­to affluirono anche molti esponenti della clan­destinità reazionaria, che vedevano in esso un comodo strumento per la lotta contro il Fron­te nazionale, per minarlo e isolare il Partito operaio polacco. Il Partito contadino polacco era diventato il baluardo di tutte le forze rea­zionarie, e costituiva una minaccia per l'esi­stenza del potere popolare.

I circoli reazionari del Partito contadino po­lacco cercarono di provocare una scissione nel movimento operaio, utilizzando le forze di de­stra del Partito socialista polacco. Al 26° con­gresso di questo partito, il primo del dopo­guerra, erano prevalsi i sostenitori di una stret­ta collaborazione con i comunisti, di un man­tenimento e ampliamento delle conquiste ri­voluzionarie. Ma nell'attività pratica quotidia­na gli elementi socialisti di destra riuscivano non di rado a contrapporre certe organizza­zioni del partito socialista a quelle comuniste, a escludere i comunisti da alcuni comitati sin­dacali e a svolgere altra attività scissionista.

La situazione si fece più complessa quando, nel novembre del 1945, fu costituito un altro partito, il Partito del lavoro, che cercava di utilizzare, nell'interesse della reazione, l'in­fluenza degli elementi clericali ancora esisten­te in parte della classe operaia. Cercarono di farsi legalizzare anche i residui dei partiti rea­zionari e profascisti dell'anteguerra, come i nazional-democratici, ma i loro tentativi riu­scirono vani.

Le organizzazioni controrivoluzionarie siste­marono i loro uomini meno compromessi ne­gli uffici statali, per poter penetrare nell'ap­parato del potere popolare e ostacolarne il funzionamento. In alcuni settori dell'apparato statale penetrarono sabotatori che cercavano di inasprire le difficoltà del paese distrutto.

Grazie all'«attività» degli elementi estranei al potere popolare nell'apparato statale, si veri­ficarono casi di riprivatizzazione di stabilimen­ti già appartenenti allo Stato e di proprietà terriere già distribuite ai contadini con la ri­forma agraria. Nell'autunno del 1945, in ri­sposta agli atti arbitrari di riprivatizzazione, i comitati di fabbrica e i sindacati, esprimendo la volontà della classe operaia, ottennero che fosse riconosciuto per legge il passaggio allo Stato, di fatto già avvenuto, di tutte le grandi e medie imprese industriali.

Le forze che tendevano a complicare la vita politica, sfruttavano le difficoltà economiche, l'insufficienza di generi alimentari, di abita­zioni e di scuole, attribuendo la grave situa­zione del paese alla responsabilità del Partito operaio polacco e alla sua politica, compresa quella di alleanza e di amicizia con l'URSS, liberatrice della Polonia. La reazione di tutte le tinte sfruttò e attizzò gli stati d'animo antisovietici inculcati nella popolazione negli anni del dominio borghese-latifondista e in quelli dell'occupazione hitleriana.


IL I CONGRESSO DEL PARTITO OPERAIO POLACCO.
LE LEGGI SULLA NAZIONALIZZAZIONE DELLE GRANDI E MEDIE INDUSTRIE

Il Partito operaio polacco ha tenuto il suo primo congresso, quando era in corso una accanita lotta di classe. Il Partito contadino polacco e i clericali svolgevano apertamente un'attività avversa, e la destra socialista ten­tava di indebolire la collaborazione tra i due partiti operai. Subito dopo la fine della guer­ra erano usciti dal Partito operaio polacco quanti non si sentivano di seguire la linea tracciata per gettare le fondamenta di una società socialista. Inoltre, il partito si era libe­rato degli elementi dubbi e dei carrieristi. Così il numero degli iscritti al partito, che nell'a­prile del 1945 ammontava a 300 mila unità, era sceso nel luglio a 190 mila. Ma la linea di principio del partito era sempre meglio compresa dai lavoratori e, a partire dall'au­tunno dello stesso 1945, le sue file comin­ciarono a ingrossarsi, tanto che il primo di­cembre esso contava già 225 mila iscritti.

Il I congresso del Partito operaio polacco, tenutosi a Varsavia dal 6 al 13 dicembre 1945, riconobbe la giustezza della concezione della lotta di liberazione nazionale che il partito aveva fatto propria dal momento della sua costituzione: unità di tutte le forze democra­tico-rivoluzionarie del popolo polacco nel Fronte nazional-democratico antifascista, al­leanza e amicizia con l'URSS. Analizzando i cambiamenti verificatisi in Polonia, il con­gresso constatò che nel paese era stata instau­rata una nuova forma di potere, quella di democrazia popolare, che consentiva il pas­saggio pacifico al socialismo. Il congresso con­statò pure che nei tre anni della sua esisten­za, da piccola organizzazione illegale il partito era divenuto la forza dirigente del paese.

Al congresso furono messe in luce le cause che avevano portato la Polonia alla catastro­fe, fu denunciata la politica antinazionale del­le classi reazionarie polacche nel periodo del­l'occupazione hitleriana e furono precisati i compiti da assolvere nella lotta contro le for­ze reazionarie che ostacolavano lo sviluppo della Polonia popolare. Sottolineata la neces­sità di un'azione conseguente intesa al raf­forzamento dell'alleanza con l'Unione Sovie­tica e dell'unità della classe operaia, al raffor­zamento del blocco delle forze democratiche e dell'alleanza operaio-contadina, il congresso propose l'elaborazione di un efficace program­ma d'azione per l'eliminazione delle conse­guenze dell'invasione hitleriana e la creazio­ne di solide premesse per la rinascita dell'e­conomia nazionale e per il miglioramento del benessere materiale e del livello culturale del popolo polacco. Queste premesse furono in­serite nel piano triennale di ricostruzione e di sviluppo del paese per gli anni 1947-1949.

La nazionalizzazione dell'industria e il pas­saggio all'economia pianificata avrebbero do­vuto creare le condizioni per l'attuazione del piano triennale e per la successiva edificazio­ne delle basi del socialismo.

In conformità a queste decisioni congressuali, sostenute da tutti i partiti del Fronte nazio­nale, fu sottoposto all'esame del Parlamento popolare nazionale un progetto di legge sul­la nazionalizzazione di tutte le grandi e me­die industrie e delle imprese dei trasporti, bancarie e commerciali. Poiché le grandi in­dustrie erano state in passato di proprietà te­desca e di altri capitalisti stranieri, la lotta si sviluppò soprattutto attorno al concetto di «media industria». La gerarchia cattolica cercava di far apparire la nazionalizzazione come «immorale» e il Partito polacco dei contadini, presentando emendamenti al pro­getto di legge, chiese che invece di naziona­lizzare le imprese che impiegavano 50 operai per turno, come proponeva il governo, si na­zionalizzassero quelle che ne occupavano 100.

Questa modificazione perseguiva l'obiettivo di conservare la proprietà privata alla mag­gior parte dei capitalisti polacchi e di ripriva­tizzare largamente tutte le aziende che, di fatto, erano già gestite dallo Stato.

La rigida posizione del Partito operaio po­lacco e l'appoggio datogli dal Partito sociali­sta e dagli altri partiti democratici, tuttavia, costrinsero il 3 gennaio 1946, i rappresentanti del Partito polacco dei contadini a votare, per considerazioni tattiche, il progetto gover­nativo, assieme ai partiti del Fronte nazio­nale.

La nazionalizzazione dell'industria, delle ban­che e degli altri settori economici, operata sulla base dell'esproprio dei capitalisti da parte del potere popolare diretto dalla classe operaia, aveva risolto, praticamente e giuridi­camente, il principale problema economico della rivoluzione socialista. Così, nello svilup­po della democrazia popolare in Polonia si sono intrecciate trasformazioni rivoluzionarie e democratiche radicali, quali la liquidazio­ne dei grandi agrari e la distribuzione delle loro terre ai contadini lavoratori, e trasfor­mazioni radicali socialiste, quale l'esproprio dei grandi e medi capitalisti.


IL REFERENDUM NAZIONALE
E LE ELEZIONI ALL'ASSEMBLEA LEGISLATIVA

Dopo la nazionalizzazione, il centro della vita politica del paese divenne la prepara­zione delle elezioni all'Assemblea legislativa, il Sejm. Il Partito operaio polacco, fin dal settembre del 1945 aveva proposto la forma­zione di un unico blocco elettorale di tutti i sei partiti operanti nel paese. Il Partito po­lacco dei contadini aveva condizionato la sua adesione al blocco alla attribuzione alla sua parte, «in quanto rappresentante delle cam­pagne», del 75 per cento dei seggi nel futu­ro Sejm e all'effettuazione di riforme nell'am­ministrazione, corrispondenti ai suoi punti di vista. Era una posizione che indicava come questo partito si fosse posto ormai aperta­mente contro le forze democratiche, e le sue richieste furono respinte. A far parte del Bloc­co democratico, che aveva deciso di presen­tare un'unica lista di candidati, entrarono il Partito operaio polacco, il Partito socialista polacco, il Partito democratico e il Partito contadino, che incominciava a riprendersi dal­la crisi provocata dalla fondazione del Partito polacco dei contadini. Stavano dalla parte op­posta a quella del blocco, il Partito polacco dei contadini e il Partito del lavoro, soste­nuti dalla Chiesa cattolica.

Nel marzo del 1946 per aiutare i più vasti strati di elettori a capire quelli che erano gli obiettivi reali del Partito polacco dei conta­dini e staccare da questo gli strati dei con­tadini medi, e anche per verificare l'effettiva dislocazione delle forze politiche e intensifi­care l'attività politica di tutta la popolazione, il Partito operaio polacco propose di indire un referendum prima delle elezioni al Sejm.

Il 27 aprile del 1946 il Consiglio nazionale popolare approvava una legge per l'effettuazione del referendum, presentata dai partiti del Blocco democratico. I cittadini che ave­vano compiuto i 21 anni dovevano rispon­dere a tre domande: 1. Erano favorevoli alla sostituzione del sistema bicamerale della Polonia d'anteguerra, con un sistema unicamera­le e la conseguente soppressione del Senato? 2. Erano d'accordo con la riforma agraria e la nazionalizzazione dei settori fondamentali dell'economia, con la conservazione dell'ini­ziativa privata? 3. Erano d'accordo con le nuove frontiere della Polonia sull'Oder e Neisse? Quest'ultima domanda rivestiva una particolare importanza in relazione a un di­scorso pronunciato da Winston Churchill a Fulton, nel quale l'ex primo ministro ingle­se, nel far appello alla «guerra fredda» con­tro l'URSS e i paesi di democrazia popolare, pretendeva in special modo che fossero rivi­sti i confini occidentali della Polonia popo­lare.

Il Partito polacco dei contadini, rendendosi conto dell'impossibilità di chiamare i cittadini polacchi a rispondere negativamente a tutte e tre le domande, decise di verificare le sue posizioni invitandoli a rispondere «no» alla prima domanda, lasciando perdere la seconda e la terza che concernevano gli interessi più sentiti dal popolo. Invitando a votare per il Senato non solamente esso mirava alla sua conservazione, ma indirettamente invitava a votare contro il potere popolare. Questa po­sizione della direzione incontrò l'opposizione delle organizzazioni locali del partito e di una serie di suoi stessi dirigenti. Nel giugno del 1946 il partito si scisse. Ne uscirono parte dei dirigenti, malcontenti della linea reazionaria di Mikolajczyk che crearono una nuova organizzazione: il Partito polacco dei contadini «Nuova liberazione».

I dirigenti del Partito del lavoro assunsero una posizione più flessibile sul referendum, lasciando liberi i loro elettori di esprimersi sul primo punto, e invitandoli a rispondere positivamente sugli altri due.

Al referendum, che si svolse il 30 giugno 1946, presero parte 11 milioni 857 mila elet­tori, l'85 per cento del loro numero comples­sivo. Alla prima domanda rispose «sì» il 68 per cento, alla seconda il 77 per cento e alla terza il 91 per cento dei votanti. Il risul­tato complessivo del referendum aveva dimo­strato che il Partito polacco dei contadini era seguito da non più di un terzo degli elettori e che questi, nella loro stragrande maggio­ranza, appoggiavano il potere popolare e il Blocco democratico, alla cui testa era il Par­tito operaio polacco.

Il referendum aveva predeterminato considerevolmente l'esito delle imminenti elezioni al Sejm, favorevole per le forze democratiche. Ma una parte dei dirigenti socialisti, con il pretesto di salvaguardare l'«unità della nazione», si mostrarono frattanto disposti a far entrare nel Blocco elettorale il Partito polacco dei contadini, garantendogli dal 25 al 40 per cento dei seggi nel futuro Sejm. I socialisti di destra ritenevano di poter avere così nel Sejm la funzione di «terza forza» e di poter condizionare il Partito operaio polacco, contrapponendogli il blocco del partito socialista e del Partito polacco dei contadini.

Gli elementi proletari del partito socialista, sostenuti dal Partito operaio polacco, respinsero l'idea di un tale blocco. Ambedue i partiti operai sostennero, invece, il Partito contadino che, divenuto l'organizzazione di massa dei lavoratori delle campagne, svolgeva in queste una vasta opera di chiarificazione verso i ceti medi contadini per far comprendere loro che la politica del Partito polacco dei contadini non rispondeva agli interessi dei contadini, bensì a quelli della reazione antipopolare. Lo smascheramento dei legami tra la direzione del Partito polacco dei contadini e gli elementi borghesi-latifondisti che agiva­no nell'illegalità, contribuì a far uscire presto da questo partito lo strato di contadini che lo aveva sostenuto. Esso aveva viste indebo­lite le sue posizioni anche perché i suoi soste­nitori occidentali, adottata la politica della «guerra fredda», si erano messi a sostenere i revanscisti tedeschi nella loro campagna con­tro l'integrità territoriale della Polonia. Le potenze occidentali ostacolavano il rimpatrio dei polacchi all'estero, ritardavano il trasfe­rimento alla Polonia dei beni che le appar­tenevano, rifiutavano i crediti già promessi.

La politica chiaramente antipolacca della Gran Bretagna e degli USA disingannò anche mol­ti di coloro che avevano nutrito qualche illu­sione nei confronti di Mikolajczyk e li convin­se che solamente la collaborazione con l'URSS poteva essere una garanzia per l'integrità e l'indipendenza della Polonia. Anche per que­sta ragione molti autorevoli dirigenti del Par­tito polacco dei contadini si schierarono aper­tamente contro Mikolajczyk e gli uomini che lo circondavano. Il partito divenne teatro di acute lotte intestine e ne uscirono decine di migliaia di contadini.

Poco prima delle elezioni, il 20 settembre 1946, il Consiglio nazionale del popolo, mal­grado le posizioni del Partito polacco dei con­tadini, approvò le grandi linee del primo pia­no per lo sviluppo dell'economia della Polo­nia. Il piano, che prevedeva la ricostruzione e lo sviluppo dell'economia per il 1947-1949, si poneva come compito principale l'eleva­mento del livello di vita dei lavoratori, gra­zie alla completa ricostruzione e alla riorga­nizzazione dell'industria, lo sviluppo genera­le delle forze produttive, l'ampliamento del settore socialista dell'economia, la completa unificazione economica dei territori restituiti alla Polonia con il resto del paese.

Nel novembre del 1946 tra il partito operaio e il partito socialista polacchi fu sottoscritto un patto di unità d'azione, al centro e alla periferia. Questo patto rafforzava la funzione dirigente della classe operaia nel sistema della democrazia popolare e rappresentò un impor­tante passo in avanti sulla via del superamento della scissione della classe operaia e del­la creazione di un unico partito proletario, marxista-leninista. Alla fine del 1946, il Par­tito operaio polacco contava 555 mila iscritti e quello socialista 283 mila. Il Partito operaio polacco esercitava la sua influenza sull'Allean­za di mutuo soccorso contadina, organizzazio­ne contadina di massa, non partitica.

Le elezioni del 19 gennaio 1947 si conclusero con una brillante vittoria delle forze demo­cratiche. Il Partito polacco dei contadini ot­tenne solo 28 seggi su 444. I partiti del Bloc­co democratico, con alla testa il Partito ope­raio polacco, ebbero 394 seggi, mentre gli altri seggi andarono ai rappresentanti di di­versi piccoli raggruppamenti. Con l'elezione del Sejm cessava l'attività del Consiglio nazio­nale del popolo.

Il 5 febbraio 1947 il Sejm eleggeva presi­dente della repubblica uno dei più eminenti dirigenti del Partito operaio polacco, Boleslaw Bierut. Su suo incarico Jozef Cyrankiewicz, esponente dell'ala sinistra del Partito socialista polacco, costituiva il governo del quale entravano a far parte i rappresentanti di tutti i partiti del Blocco democratico e an­che quelli del Partito del lavoro, che si era liberato dei dirigenti reazionari. Un po' più tardi, aderivano al Blocco democratico anche i resti del Partito polacco dei contadini.

Il 19 febbraio 1947 il Sejm approvava una legge costituzionale, detta la piccola Costitu­zione, con la quale venivano definite la strut­tura e la sfera di attività dei massimi organi del potere, e il 23 febbraio veniva approvata la Dichiarazione sui diritti e le libertà civili.

Con l'approvazione di questi due atti legisla­tivi veniva definitivamente consolidato il re­gime di democrazia popolare, già affermatosi nel paese, il potere dei lavoratori, guidati dal­la classe operaia.


LA LOTTA PER L'ATTUAZIONE DEL PIANO TRIENNALE.
LA COSTITUZIONE DEL PARTITO OPERAIO UNIFICATO POLACCO

Stabilizzato il potere popolare, l'iniziativa del popolo intesa al superamento delle conseguen­ze dell'occupazione, allo sviluppo dell'econo­mia, della cultura e della scienza si dispiegò sempre più largamente.

Grazie al lavoro tenace della classe operaia polacca, e all'aiuto dell'URSS, l'economia po­tè essere ricostruita e sviluppata con succes­so. Nel 1946 il livello prebellico era stato considerevolmente superato nel campo della produzione dell'energia elettrica, del cemen­to, del vetro, della ghisa, eccetera. La super­ficie seminata, investita nelle colture cereali­cole fondamentali, aveva raggiunto presso a poco l'80 per cento del livello prebellico, benché la produzione agricola non fosse che al 40 per cento rispetto al 1938.

Il 2 luglio 1947 il Sejm approvò una legge sul piano triennale che prevedeva l'aumento della produzione dei mezzi di produzione di 2 volte e mezzo e di 1,25 quella dei generi di consumo per abitante rispetto al 1938, una larga preparazione di dirigenti per l'eco­nomia, lo sviluppo della pubblica istruzione, l'ampliamento della rete degli istituti scien­tifici e sanitari, l'aumento della produzione agricola, e così via.

A partire dall'estate del 1947, e per iniziativa del minatore Vincenty Pstrovski, membro del Partito operaio polacco, cominciò a svilup­parsi l'emulazione per la attuazione e il supe­ramento degli impegni produttivi. Comincia­rono a entrare in esercizio nuovi settori di produzione, prima inesistenti in Polonia. In particolare, nel 1947 furono fabbricati i pri­mi 152 trattori e la produzione industriale dello stesso anno fu pari al 105 per cento di quella prevista dal piano.

Ma ai successi dell'industria non corrisponde­vano quelli dell'agricoltura: nel 1947, il ge­lo distrusse parte dei seminativi invernali, e in seguito il paese ebbe a soffrire di inon­dazioni, intercalate da periodi di siccità. Le calamità naturali furono accompagnate da dif­ficoltà alimentari e da un nuovo apparire del­la speculazione. Il Partito operaio polacco e l'ala sinistra del partito socialista mobilitaro­no la classe operaia e le organizzazioni gio­vanili e sindacali per una vera e propria «bat­taglia per il commercio», per l'allontanamen­to del capitale privato dalla sfera commerciale.

L'Unione Sovietica prestò un notevole aiuto alla Polonia popolare per il superamento del­le sue difficoltà, facendole avere 500 mila tonnellate di grano. Nel gennaio del 1948 furono conclusi una serie di importanti ac­cordi polacco-sovietici: uno sullo scambio di merci per il periodo 1948-1952, per oltre un miliardo di dollari, e uno sulla fornitura alla Polonia, con un credito di 450 milioni di dollari, di attrezzature industriali per l'allestimento di un grande complesso metallurgico presso Cracovia e di altri stabilimenti. Questi accordi posero su solide basi tecniche e ma­teriali la politica dell'industrializzazione so­cialista della Polonia.

Il consolidamento del potere popolare e lo sviluppo dell'industria socialista posero all'or­dine del giorno i problemi dell'ulteriore svi­luppo della Polonia popolare, dei metodi, del­le forme e dei ritmi delle nuove trasformazioni socialiste, specialmente in agricoltura. Questi problemi furono al centro della vita politica del paese e provocarono vivaci discussioni, che assunsero un tono aspro nell'estate del 1948. In relazione al costante avvicinamento tra partito operaio e partito socialista, l'uscita da quest'ultimo, nell'estate del 1948, del «Comitato delle conferenze socialiste inter­nazionali» di destra e la preparazione dell'u­nificazione dei due partiti sulla base dei prin­cipi ideologici, politici e organizzativi del marxismo-leninismo, ridiedero un certo ca­rattere di attualità anche alla valutazione del­le due correnti esistite nel movimento ope­raio polacco lungo tutto il corso della sua esistenza. Nella discussione di questo, e di altri problemi, si manifestarono diversità di vedute anche nel Partito operaio polacco. La posizione di V. Gomulka e di alcuni altri esponenti del partito, contraria alla coopera­zione di lavoro della massa delle aziende con­tadine e la posizione diversa da quella della maggioranza del partito su una serie di altri problemi, furono condannate dal Comitato centrale, riunitosi tra il 31 agosto e il 3 settembre 1948. Nel discorso pronunciato in questa occasione Bierut affermò che, malgra­do alcune particolarità determinate dallo svi­luppo storico specifico del paese e il fatto che esso aveva iniziato l'edificazione del sociali­smo dopo che questo aveva già vinto nel­l'URSS, la costruzione del socialismo in Po­lonia non poteva allontanarsi qualitativamen­te dalle leggi generali che la regolavano. Il Comitato centrale esonerò V. Gomulka dal­l'incarico di suo segretario generale eleggendo a questo posto B. Bierut. Sotto la direzione di quest'ultimo venne sviluppata una vasta atti­vità politica, ideologica e organizzativa per la soluzione dei compiti dell'unificazione del partito operaio e del partito socialista in un solo partito marxista-leninista della classe operaia polacca.

L'unificazione fu decisa dai congressi ordi­nari dei due partiti, tenutisi nel dicembre 1948. Dal 15 al 21 dicembre si tenne il I con­gresso del nuovo partito, il Partito operaio unificato polacco.

La costituzione del nuovo partito, che met­teva fine alla scissione del movimento operaio polacco, che risaliva agli anni Novanta del XIX secolo, rappresentò una vittoria delle posizioni rivoluzionarie e internazionaliste nel movimento operaio polacco. La «Dichiara­zione ideologica» approvata dal congresso di unificazione sottolineò la funzione storica del­la classe operaia nella lotta per una effettiva indipendenza del paese e per il socialismo, e l'importanza, per la Polonia, dell'alleanza e dell'amicizia con l'URSS.


L'ATTUAZIONE DEL PIANO TRIENNALE

Uno dei maggiori risultati della costituzione del Partito operaio unificato polacco fu il rafforzamento della funzione dirigente della classe operaia nella società. Sotto la sua dire­zione venne superata la scissione anche nel movimento contadino. Sotto questo rapporto ha avuta una grande importanza la riforma compiuta nel 1948 dei rapporti agrari sulle terre occidentali e settentrionali riavute dalla Polonia. Qui ai contadini furono assegnati 4 milioni e 4 mila ettari di terra. Assieme alle terre degli agrari precedentemente distribui­te, alla fine del 1948 i contadini lavoratori si erano visti assegnare 5 milioni 994 mila ettari. Questa terra era stata divisa tra 981 mila famiglie contadine, 747 mila delle quali, cioè circa il 23 per cento del totale delle aziende contadine del paese, risultavano di nuova formazione come imprese agricole. Nel novembre 1949 ebbe luogo il congresso di unificazione del Partito contadino e del Par­tito polacco dei contadini, liberatosi di Mikolajczyk, fuggito all'estero già nel 1947, e dei suoi seguaci. Il congresso approvò una dichia­razione ideologico-programmatica che impe­gnava il nuovo partito unificato dei contadini a rafforzare l'alleanza degli operai e dei conta­dini, sotto la direzione della classe operaia e del Partito operaio unificato polacco. Presi­dente del partito fu eletto Wladislaw Kowalski, che aveva già diretto la corrente radicale del movimento contadino polacco, orientata verso l'alleanza con la classe operaia e la sua avanguardia, il partito comunista, tra le due guerre.

Il Partito democratico rafforzò le sue posizio­ni di rappresentante degli interessi dei ceti medi urbani, schierandosi dalla parte del po­tere popolare. Esso dichiarò solennemente di voler «andare assieme alle masse popolari verso il socialismo». Molti esponenti e molte organizzazioni del Partito del lavoro passa­rono al Partito democratico.

Il miglioramento generale della situazione rese possibile la positiva attuazione del piano triennale di ricostruzione dell'economia na­zionale. Nel suo complesso il piano fu attua­to anticipatamente, già nell'ottobre 1949, in due anni e dieci mesi. Nel 1949 l'estrazione del carbone superava di più di due volte quel­la della Polonia d'anteguerra, la produzione di energia elettrica era aumentata nella stessa misura, quella della ghisa di 2,3 volte, e così via. Mentre nel 1946 il volume complessivo della produzione industriale era solo del 79 per cento rispetto al 1937, nel 1949 esso ave­va già raggiunto il 175,7 per cento. La rico­struzione e lo sviluppo dell'economia avevano creato le condizioni per il passaggio all'indu­strializzazione socialista del paese. Nel 1949 aveva avuto inizio la costruzione del com­plesso metallurgico «Nova Guta», che sa­rebbe sorto nei pressi di Cracovia con l'aiuto dell'URSS, mentre si aprivano nuove miniere e si costruivano stabilimenti per la costru­zione di macchine eccetera. La struttura so­ciale della popolazione era mutata: il peso specifico degli operai e degli impiegati (esclu­si quelli occupati nell'agricoltura), che prima della guerra era pari al 18,2 per cento del­la popolazione occupata, era salito al 35,9 per cento.

Lo sviluppo dell'economia fu accompagnato dalla crescita del livello di vita della popola­zione, dalla eliminazione della disoccupazione, da una forte riduzione delle migrazioni delle popolazioni nelle campagne. A partire dal gennaio del 1949 il razionamento fu comple­tamente abolito.

Nell'agricoltura era stato possibile ristabilire i seminativi, aumentare i rendimenti delle col­tivazioni e la quantità dei capi di bestiame. Ciononostante, la produzione agricola era in ritardo rispetto alle necessità di materie pri­me per l'industria e di prodotti alimentari per la popolazione.

Il potere popolare diede ai contadini tutto l'aiuto possibile, in crediti e sementi. Già nel 1947 era stata istituita la cosidetta «assisten­za di vicinato» che faceva obbligo ai conta­dini ricchi di aiutare le imprese prive di forza motrice con animali da tiro, trattori e macchi­ne agricole. Nel 1948 apparvero le prime cooperative agricole di produzione. La spro­porzione registrata tra lo sviluppo dell'indu­stria e quello dell'agricoltura spinse a ricer­care una soluzione nella cooperazione delle aziende contadine. Ma nell'autunno 1949 nel­la Polonia popolare vi erano solo 243 coope­rative agricole di produzione che comprende­vano appena 6 mila aziende.


LA POLITICA ESTERA DELLA POLONIA POPOLARE

La nuova Polonia, popolare, era sorta come uno Stato strettamente legato all'Unione So­vietica della quale doveva essere sempre più profondamente alleato e amico. L'aiuto e il so­stegno dell'URSS avevano sottratto la Polonia alla possibilità che le potenze occidentali in­tervenissero nei suoi affari interni e l'aiutaro­no a fissare equi confini. Essi l'aiutarono an­che a superare le misure discriminatorie delle potenze occidentali, e a sedere tra gli Stati fondatori dell'Organizzazione delle Nazioni Unite. Grazie all'aiuto sovietico in generi ali­mentari, grano, medicinali, materie prime e attrezzature per l'industria, crediti, eccetera, furono create le condizioni che hanno alleg­gerito le condizioni della popolazione polac­ca, ridotta alla disperazione dagli hitleriani.

Questi aiuti permisero al paese di passare alla ricostruzione e alla riorganizzazione del­la propria economia.

I legami tra la Polonia e l'URSS avevano acquistato un carattere sempre più generale, abbracciando la diplomazia, la politica, l'eco­nomia, la scienza e la cultura. L'alleanza con l'URSS era diventata una autentica garanzia per la libertà e l'indipendenza della Polonia popolare, un fattore decisivo per il rafforza­mento delle sue posizioni internazionali.

Le posizioni e gli orientamenti fondamentali della politica estera della Polonia popolare erano stati esposti nel manifesto di luglio del Comitato polacco di liberazione nazionale e in una serie di dichiarazioni governative, e confermate dal I congresso del Partito ope­raio polacco. Nella parte introduttiva dello statuto del partito era detto che il Partito ope­raio polacco «è per una politica di sicurezza collettiva e tende all'alleanza della Polonia democratica con gli altri Stati democratici, e soprattutto al rafforzamento dell'alleanza con l'URSS».

Operando in conformità con i più profondi interessi del popolo polacco e dei popoli di tutti i paesi amanti della pace, la Polonia ave­va attuato una politica estremamente ricca di iniziativa. A cominciare dalla prima sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, apertasi nel gennaio 1946, la Polonia svolse costantemente in questa organizzazione inter­nazionale una intensa attività diretta al raf­forzamento della pace, alla riduzione delle for­ze armate e dei bilanci militari, cioè alla so­luzione delle autentiche questioni più acute del nostro tempo, allo sviluppo di relazioni basate sulla pacifica coesistenza tra Stati a dif­ferente sistema politico e sociale. Wincenty Rzymowski, esponente del Partito democrati­co, ministro degli affari esteri nel governo di unità nazionale, e il suo successore, Zygmunt Modzelewski, del Partito operaio e poi del Partito operaio unificato polacco, nominato nel 1947, si sono battuti energicamente perché l'ONU prendesse la decisione di vietare l'uso dell'energia atomica a scopi non pacifici, di lottare in modo conseguente contro i regimi fa­scisti ancora esistenti, e contro i circoli fasci­sti e revanscisti che operavano sotto la coper­tura delle autorità di occupazione nelle zone occidentali della Germania.

I paesi occidentali non potevano rassegnarsi all'idea che la giovane repubblica polacca aves­se ottenuto frontiere nuove e più eque, né a quella della funzione da essa acquisita nella vita internazionale. La Polonia era diventata uno degli obiettivi fondamentali della pressio­ne diplomatica ed economica dei paesi occiden­tali e dell'attività sovvertitrice dei loro diversi servizi segreti. I governi degli USA e della Gran Bretagna compirono numerosi tentativi di ingerirsi negli affari interni della Polonia. Il segretario di Stato degli USA James F. Byrnes, in un discorso pronunciato a Stoccarda nel settembre 1946, aveva cercato di mettere in discussione il carattere definitivo della fron­tiera polacco-tedesca e, nel corso della confe­renza di Mosca dei ministri degli esteri del­l'aprile 1947, il nuovo segretario di Stato USA, George Marshall, ne propose la revi­sione.

I tentativi di rivedere i confini della Polonia, che furono parte integrante della «guerra fred­da» scatenata dagli imperialisti occidentali e che erano diretti a eliminare una delle basi fondamentali della sicurezza europea, falli­rono. La Polonia respinse categoricamente, nel giugno 1947, il «Piano Marshall», riu­scendo nello stesso tempo a concludere accordi commerciali e di altro genere, basati sul re­ciproco vantaggio, con i paesi occidentali. Men­tre nel 1945 solo 6 paesi avevano relazioni commerciali con la Polonia, nel 1948 essa commerciava già con 37 paesi.

La profonda comunità di interessi dei paesi di democrazia popolare e socialisti sorti dopo la seconda guerra mondiale, li induceva a prati­care una politica che li schierava al fianco dell'URSS e li portava a stringere relazioni re­ciproche molto strette. Già il 18 marzo 1946, la Polonia stipulò un trattato di amicizia, coo­perazione e mutua assistenza con la Jugoslavia.

Il dissidio sulla frontiera polacco-cecoslovacca, nato dal fatto che gli elementi reazionari gui­dati da Mikolajczyk non volevano riconoscere l'illegittimità degli accordi di Monaco, in par­ticolare per quanto concerneva la regione di Teschen, fu risolto nel 1946, e il 10 marzo 1947 i due paesi concludevano un trattato di amicizia, cooperazione e mutua assistenza. In seguito, trattati analoghi vennero firmati con Bulgaria (18 maggio 1948) e Romania (26 gennaio 1949). Il 23 e 24 giugno 1948 aveva luogo a Varsavia la prima conferenza dei mi­nistri degli esteri dei paesi socialisti europei.

Le strette relazioni politiche e economiche al­lacciate dalla Polonia con l'URSS e con tutti i paesi di democrazia popolare furono parte integrante del processo di formazione del sistema socialista mondiale. Queste relazioni acquisirono una nuova qualità quando, nel 1949, fu costituito, con la partecipazione auto­revole della Polonia, il Consiglio di mutua assistenza economica (Comecon).

Nell'ottobre del 1949 la Polonia salutava la proclamazione della Repubblica Popolare Ci­nese, con la quale stabiliva immediatamente relazioni diplomatiche.

Per la Polonia ha avuto una particolare impor­tanza la nascita, ai suoi confini, della Repub­blica Democratica Tedesca, il nuovo pacifico Stato operaio-contadino. Subito dopo la sua costituzione, la Polonia allacciò relazioni di­plomatiche con la RDT.

La partecipazione del popolo polacco alla lotta per il rafforzamento della pace in Euro­pa e per scongiurare il pericolo di una nuova guerra mondiale, è stata apprezzata dalle for­ze progressiste di tutto il mondo. Una dimo­strazione di ciò si è avuta a Wroclaw, il gran­de centro delle terre restituite alla Polonia, do­ve, nell'agosto 1948, si svolse il Congresso mondiale degli uomini di cultura per la pace.