I "rossi" contrattaccano d'inverno

Dall'opera L'URSS nella seconda guerra mondiale, frutto del lavoro d'équipe di storici ed esperti militari sovietici, basata su vasto materiale inedito: fonti d'archivio, documenti, memorie di combattenti tra cui vari alti ufficiali dell'Armata rossa protagonisti degli eventi. Volume 2°, 1942 dalla ritirata a Stalingrado, traduzione italiana, C.E.I (Compagnia Edizioni Internazionali), 1966







Gli sviluppi e i limiti della controffensiva invernale 1942 dopo la vittoria di Mosca

Perché fallì l'obiettivo della liberazione di Leningrado

I paracadutisti sovietici in azione - 29 divisioni semiaccerchiate - La Wehrmacht perde 97.000 uomini

I tedeschi cominciano ad assaggiare le vie della ritirata, retrocedendo da 100 a 350 kilometri

Liberati dall'Esercito Rosso 150.000 km. quadrati di territorio nazionale

La leggendaria impresa della costruzione della strada militare sul lago Ladoga ghiacciato che salvò Leningrado dalla fame.

All'inizio del 1942, il Quartier generale sovietico valutata la situazione al fronte e all'interno del paese, decise di sviluppare l'offensiva in tutte e tre le direzioni strategiche. Le truppe dei fronti di Leningrado e di Volkhov e quelle dell'ala destra del Fronte nord-occidentale, appoggiate dalla Flotta del Baltico, dovevano battere il gruppo di armate tedesche del Nord e liberare Leningrado dalla morsa dell'assedio. Ai Fronti di Kalinin e occidentale spettava il compito di accerchiare il gruppo di armate tedesche "Centro". I Fronti meridionale e sud-occidentale, dal canto loro, dovevano sconfiggere il gruppo d'armate naziste del "Sud" e liberare il Donbass. Infine, il fronte del Caucaso e la flotta del Mar Nero avrebbero dovuto liberare la Crimea.

Per raggiungere gli obiettivi prestabiliti, tuttavia, occorreva un notevole spiegamento di forze e di mezzi. In realtà il 1° gennaio 1942, le forze antagoniste erano circa pari per quanto riguarda la fanteria e l'artiglieria. I sovietici avevano una superiorità, di circa il 50% solo nella aviazione e nei carri armati. Comunque le truppe sovietiche non erano in vantaggio sulle tre direzioni dell'offensiva, poiché le forze e i mezzi erano distribuiti in eguale misura lungo tutto l'arco del fronte. Malgrado queste condizioni non del tutto favorevoli, le truppe dei Fronti di Leningrado e di Volkhov, fra il gennaio e l'aprile 1942 passarono all'offensiva contro il grosso della XVIII armata tedesca. L'obiettivo finale di liberare Leningrado dall'assedio però fallì. Le armate sovietiche tentarono di accerchiare le truppe naziste nelle zone di Kiris, Liuban, e Ciudov e di tagliare la punta di Minsk. Si inflissero al nemico gravi perdite in uomini e mezzi, ma non si riuscì a raggiungere gli obiettivi prestabiliti. E l'assedio di Leningrado continuò. Tra le cause della mancata vittoria, oltre all'assenza di forti reparti d'assalto, si notò anche la penuria di munizioni. Particolarmente precaria era la situazione delle truppe del Fronte di Leningrado. Le fabbriche della città assediata non riuscivano a produrre secondo le necessità; le vie di comunicazione col centro del paese erano interrotte. Come vedremo dettagliatamente appresso soltanto i trasporti lungo la rotabile militare, che traversava il lago Ladoga ghiacciato, alleggeriva un po' la crisi dei rifornimenti a Leningrado.

Anche l'offensiva sul Fronte nord-occidentale in direzione di Staraia Russa fallì. La XVI armata tedesca fu battuta, tre divisioni furono annientate ed altre sette accerchiate nella zona di Demiansk. Ma i combattimenti per eliminare le truppe accerchiate si prolungarono troppo, permettendo al comando nazista di fare affluire sul posto forze fresche. Nella seconda metà di aprile, attaccando contemporaneamente dall'esterno e dall'interno della sacca, i tedeschi riuscirono ad aprirsi uno stretto corridoio nel dispositivo sovietico e a stabilire un collegamento con le truppe accerchiate. L'offensiva sovietica si arenò e il fronte, localmente, si stabilizzò in queste condizioni per parecchio tempo. Combattimenti ancora più aspri si svolgevano intanto nella direzione occidentale. Fra il gennaio e l'aprile 1942, le forze dei Fronti di Kalinin e occidentale di concerto con quelle dell'ala sinistra del Fronte nord-occidentale e della ala destra del Fronte di Briansk; lanciarono l'offensiva contro il gruppo di armate tedesche del "Centro". Furono impiegati anche reparti di paracadutisti. Nel settore di Zhelanie l'aviazione lanciò due battaglioni paracadutisti per un totale di 1.640 uomini e nel settore di Ozerecnia ne furono lanciati altri duemila. Manovrando e attaccando l'Esercito rosso riuscì a far retrocedere il nemico di 250 chilometri in direzione di Vitebsk, di 80-100 chilometri in direzione di Gzhatsk e Iukhnov, e di quasi 150 chilometri in direzione di Roslavl. I sovietici si impadronirono dell'importante linea ferroviaria Viazma - Briansk, minacciando alle spalle il grosso delle forze nemiche.

Ma anche in questo caso i tedeschi riuscirono a evitare l'accerchiamento completo. Il comando nemico rafforzò il Gruppo "Centro" con dodici divisioni fresche di fanteria e due brigate della guardia.

L'avanzata delle truppe sovietiche fu arrestata e, in alcuni punti, l'Esercito rosso dovette ripiegare.

Cadde quindi la possibilità di liberare Rzhev, Gzhatsk e Viazma. Inoltre il Fronte occidentale e quello di Kalinin non riuscirono a congiungersi. Tuttavia, il nemico venne a trovarsi in una posizione difficile.

Alle sue spalle operavano nutriti contingenti di truppe sovietiche e formazioni partigiane. Circa 29 divisioni tedesche vennero a trovarsi in stato di semi-accerchiamento nelle zone di Olenino, Rzhaev, Sicevka, e Iukhnov. Se i risultati strategici non furono raggiunti, le perdite tedesche in questo settore furono però rilevanti, ammontando a circa 16 divisioni. In base ai dati del generale nazista Guenther Blumentritt, nei soli mesi di febbraio e marzo 1942, i tedeschi persero in questo settore 97.000 uomini, fra soldati e ufficiali.

Una viva inquietudine si diffuse tra le file nemiche: "La paura del futuro — ricorda lo stesso Blumentritt — guadagnò non solo una parte delle truppe, ma anche molti di coloro che facevano parte del Comando. Alla crisi che insidiava il morale dei soldati si aggiunse così quella di chi occupava i posti di comando ».

Per quanto riguarda il settore sud-occidentale, sul fronte di Briansk, fra il mese di gennaio e il mese di marzo i sovietici non ottennero grossi successi. Solamente lungo le ali, la difesa nemica potè essere sfondata. La breccia aperta da tre corpi di cavalleria permise alle truppe sovietiche, verso la fine di gennaio, di incunearsi profondamente nello schieramento nemico. Si crearono così le condizioni favorevoli per un accerchiamento futuro delle forze nemiche concentrate a Kharkov e nel Donbass. Ma anche qui la offensiva si arrestò. Il comando nazista gettò nella battaglia notevoli riserve e nel mese di febbraio, il fronte si stabilizzò anche in questo settore. Anche sul Fronte del Caucaso, nel gennaio del 1942, furono impegnati aspri combattimenti nella penisola di Kerch. Ma i sovietici, dopo averla riconquistata, dovettero ritirarsi nuovamente da Feodosia che era stata occupata dai paracadutisti sovietici il 29 dicembre 1941. Fra il febbraio e l'aprile 1942, le truppe sovietiche del Fronte di Crimea tentarono varie volte di scatenare una offensiva per liberare la Crimea, ma senza risultato.

In conclusione, nel corso di tutta l'offensiva sui tre fronti nell'inverno 1941-1942, l'Esercito non riuscì a liquidare completamente nessuno dei principali raggruppamenti nazifascisti. Le operazioni imposte con questo obiettivo nelle tre direzioni strategiche fondamentali, rimasero così incompiute. All'origine dell'insuccesso strategico fu, indubbiamente un errore di calcolo del Quartier generale che aveva sopravvalutato le reali possibilità dell'Esercito rosso all'inizio del 1942 e gli aveva assegnato obiettivi irraggiungibili. D'altra parte, benché scosso, l'esercito tedesco continuava ad essere molto forte e numeroso. Basti dire che all'inizio del 1942 la Wehrmacht impegnava sul fronte russo 182 divisioni (fra cui 17 divisioni corazzate e 15 motorizzate) e 25 brigate. Senza contare 8 divisioni e 6 brigate di riserva. Per isolare e distruggere forze così imponenti sarebbe stato necessario all'Esercito rosso trovarsi in fortissimo vantaggio. Il che, invece non era. Va anche detto che la situazione era peggiorata dal fatto che le truppe sovietiche non disponevano di grosse formazioni meccanizzate e corazzate. Ciò ridusse di molto la loro capacità penetrativa e ritardò l'avanzata. Influì negativamente anche una notevole insufficienza in mezzi, armi e munizioni. Ma vi è di più. Il successo mancato dell'offensiva di inverno del 1941-1942 si spiega anche col fatto che il Comando sovietico non aveva alcuna esperienza in materia di offensive strategiche di vasta portata. Tutti questi motivi insieme fanno comprendere perché i sovietici non poterono sfruttare a fondo i vantaggi in cui erano venuti a trovarsi dopo i primi successi sotto Mosca. Detto questo, va anche rilevato tuttavia che l'offensiva conseguì risultati notevolissimi. La potente macchina bellica tedesca subì la prima grave crisi, dalla quale non riuscì più a riprendersi completamente. Il fatto fu ammesso in seguito dallo stesso avversario: « ... L'esito della campagna invernale 1941-42 — ricorda Werner von Tippelskirch - ex generale nazista e storico della Seconda guerra mondiale — ebbe conseguenze disastrose sul corso ulteriore delle azioni belliche... » Inoltre in quattro mesi, l'Esercito rosso costrinse i nazisti ad indietreggiare da un minimo di 100 ad un massimo di 350 chilometri. Furono liberate completamente le regioni di Mosca, Tuia e Riazan, molte zone delle regioni di Leningrado, Kalinin, Smolensk, Orlov, Kursk, Kharkov, Donets e la penisola di Kerch in Crimea. La superficie del territorio sovietico riconquistato fu complessivamente di 150.000 chilometri quadrati. Nel corso della controffensiva sovietica, vennero sconfitte circa 50 divisioni nemiche, più del 50% degli uomini e delle armi. Secondo i dati forniti dal Capo dello Stato Maggiore tedesco, le perdite d'insieme ammontarono a oltre 400.000 uomini. Per compensare i vuoti, il comando tedesco fra il dicembre 1941 e l'aprile 1942 dovette fare affluire sul fronte russo circa 800.000 uomini e trasferirvi dall'Occidente 39 divisioni e 6 brigate. Quindi, fu solo indebolendo il proprio contingente nell'Europa occidentale, dove erano in corso azioni militari, che i tedeschi riuscirono a salvarsi dalla catastrofe. Con la controffensiva dell'Esercito rosso si dileguò inoltre la mortale minaccia che incombeva su Mosca. L'offensiva tedesca sferrata contro la capitale dai raggruppamenti più potenti e agguerriti dell'esercito di Hitler (alle operazioni presero parte, fra l'altro, i tre quarti delle formazioni corazzate e motorizzate della Wehrmacht) fallì completamente. Fallì così 1' "Operazione Barbarossa", nella quale si era materializzata l'idea hitleriana della "guerra lampo". La spacconesca dichiarazione di Adolf Hitler, secondo cui egli avrebbe conquistato nuovi territori in Europa a spese della Russia, grazie alla spada germanica, si rivelò una bolla di sapone, esattamente come il mito del suo genio militare, tanto decantato dalla propaganda di Goebbels. Quanto fossero ambiziose le speranze dei tedeschi lo si può dedurre anche dal fatto che, in Germania ed in tutti i territori occupati, era già stato messo a punto un programma di solenni festeggiamenti in occasione della caduta di Mosca. Alcuni documenti tedeschi caduti in mano dei sovietici nel 1944 contengono la descrizione delle feste per la caduta di Mosca che avrebbero dovuto svolgersi a Cracovia e in altre località. Oltre ad una manifestazione sulla piazza Adolf Hitler (così i nazisti avevano ribattezzato la piazza del mercato di Cracovia) con la partecipazione di unità della Wehrmacht, delle SS, della polizia ecc., erano in programma fuochi artificiali, concerti di bande militari sulle piazze e nelle vie, spettacoli cinematografici gratuiti per i soldati tedeschi, programmi radiofonici speciali, edizioni straordinarie dei giornali, manifesti, cinegiornali, e così via. "Tedeschi issate le bandiere! Mosca è conquistata!" era scritto sui manifesti, già pronti. Una grande mappa particolareggiata descriveva l'ingresso delle truppe naziste a Mosca. Fra l'altro, era previsto che l'annuncio della vittoria finale sarebbe stato dato dallo stesso Führer, a Mosca, sulla Piazza Rossa. Ma, per circostanze estranee alla volontà di Hitler, tutto questo bel programma rimase sulla carta. E così rimasero sulla carta i piani del comando tedesco, che contava di concludere vittoriosamente con la conquista di Mosca la guerra-lampo contro l'Unione Sovietica. Il fallimento del piano di "guerra-lampo" contro l'URSS pose i capi della Germania nazista di fronte alla ineluttabilità di una guerra lunga e sfibrante, con tutti i relativi problemi di natura politica, economica e strategica.

Dopo la battaglia di Mosca, per esempio, in tutti i paesi occupati dai nazi-fascisti riprese con violenza la lotta partigiana e si intensificò il movimento di resistenza contro il regime. I tedeschi si erano già trovati di fronte a difficoltà di questo genere alla fine del 1941, ma, in seguito, il fenomeno continuò ad assumere proporzioni sempre più vaste.

Con la sua vittoria presso Mosca, inoltre, l'Esercito rosso sfatò la leggenda della "invincibilità" dell'esercito germanico e della straordinaria abilità strategica dei suoi capi, a cominciare dallo stesso "geniale" Führer. Si vide, al contrario, che la macchina bellica tedesca riusciva a raggiungere obiettivi decisivi solo quando non incontrava una effettiva resistenza e una decisa volontà di lotta da parte dell'avversario. La distruzione del "fiore" della Wehrmacht a Mosca, scosse il morale e diminuì la capacità combattiva dell'esercito tedesco nel quale si diffusero per la prima volta dell'inizio della guerra il panico e il disfattismo, si allontanò la disciplina e si insinuò la demoralizzazione. Anche ai vertici si manifestarono acuti dissensi sia nella valutazione delle cause della sconfitta di Mosca sia sulla strategia da adottare in futuro. Per dissimulare i propri errori di calcolo e scaricarsi della responsabilità del fallimento del piano di "guerra lampo" Hitler cercò, come sempre, di addossare tutte le colpe ai suoi feldmarescialli e ai generali che occupavano le posizioni più in vista. Nel corso dell'inverno 1941-1942 furono sostituiti quasi tutti i membri del comando supremo delle forze terrestri! 35 generali furono rimossi dai rispettivi posti. «Una simile strage di generali — ha scritto J. Fuller — non si era più vista dai tempi della battaglia della Marna» Fu esonerato il comandante in capo delle forze terrestri, feldmaresciallo Walther von Brauchitsch. La stessa sorte toccò al comandante del gruppo di armate del "Centro", feldmaresciallo Fedor von Bock, ai comandanti della II e della IV armata corazzata e della IX armata da campagna (Guderian, Hoepner, Strauss). Hitler, che era già Comandante supremo, assunse anche le funzioni di Comandante in capo delle forze terrestri, estendendo così ancora di più i propri poteri dittatoriali.

Gli ex generali hitleriani si sforzarono, e si sforzano tuttora con ogni mezzo di individuare le cause "oggettive" della disfatta tedesca a Mosca. La maggior parte di essi tentano di motivarla con gli errori di Hitler, il quale — secondo loro — non avrebbe ascoltato i giusti consigli dei suoi generali ed avrebbe tardato troppo a sferrare l'attacco contro Mosca. Scrive per esempio F. V. Mellentin: «L'attacco contro Mosca, di cui era fautore Guderian (e che noi invece nel mese di agosto decidemmo di rinviare temporaneamente per conquistare prima l'Ucraina) avrebbe forse portato ad un successo decisivo se fosse stato considerato sempre come l'obiettivo principale, dal quale sarebbe dipeso l'esito di tutta la guerra. La Russia sarebbe stata colpita proprio nel cuore...». In questa maniera pressoché identica hanno tentato di spiegare la disfatta di Mosca von Manstein, von Rendulitsch e von Buttlar. Dal canto loro altri generali nazisti come Hoth, Guderian, Tippelskirch ecc., hanno cercato di dimostrare che la causa principale della sconfitta tedesca a Mosca — insieme, naturalmente, agli errori di Hitler — fu il rigido inverno russo. Questa stessa teoria del "Generale Inverno" fu ripresa, per motivi facilmente comprensibili, anche da Churchill. Il quale, d'altra parte, non potendo negare l'evidenza dei fatti, riconobbe in seguito che fu l'Esercito rosso, e non l'inverno, a ricacciare da Mosca le "invincibili" truppe tedesche.

La realtà è che l'esito della battaglia alle porte di Mosca era già chiaro prima dell'arrivo dei grandi freddi, durante i combattimenti svoltisi nella zona di Mosca in novembre. Fu allora che le truppe naziste, logorate dalla resistenza sovietica, cominciarono a subire enormi perdite e furono costrette a porsi sulla difensiva lungo tutto il fronte del gruppo di armate "Centro". Fu quello il principio della fine della campagna hitleriana contro Mosca. L'inverno russo sopraggiunse più tardi. E a questo proposito va anzi sottolineato il fatto che i grandi freddi del dicembre-gennaio con la neve giocarono anche contro la rapidità di manovra dell'Esercito rosso, resero molto più complicati i movimenti delle truppe e ne frenarono l'avanzata nel corso della controffensiva. In moltissime occasioni furono proprio le condizioni meteorologiche a salvare l'esercito tedesco dal pieno sfacelo.

Del resto i riconoscimenti sul carattere decisivo della battaglia di Mosca non mancarono, anche da parte avversaria. «La offensiva contro Mosca — ha scritto l'ex comandante della II armata corazzata, generale Guderian — fallì. Tutti i sacrifici e gli sforzi delle nostre valorose truppe risultarono vani. Subimmo una grave sconfitta...» Dal canto suo, il generale von Buttlar ha sottolineato che, essendo fallita l'offensiva contro Mosca e non essendosi potuto raggiungere l'obiettivo prestabilito sulla direttrice principale d'attacco, « cominciarono per i tedeschi i giorni più duri ». Anche gli storici anglo-americani hanno dovuto mettere nel debito risalto la sconfitta subita sul fronte russo dall'esercito tedesco. John Fuller, per esempio, ha rilevato che, dopo la sconfitta dell'inverno 1941-42, «l'esercito tedesco non ritrovò più la forza d'un tempo e perse, agli occhi del mondo intero, la sua aureola di invincibilità ».

La prima grande vittoria strategica ottenuta dall'Esercito rosso ebbe un grande peso internazionale. Il ruolo preminente dell'URSS nella lotta contro la Germania di Hitler apparve chiaro.

Anche Churchill parlò nelle sue memorie del fatto che il piano di "guerra lampo" di Hitler fallì dopo solo sei mesi di guerra sul fronte russo-tedesco. Dal canto suo, Roosevelt, in un messaggio pervenuto a Mosca il 16 dicembre 1941, scrisse: « Desidero esprimervi il sincero, unanime entusiasmo suscitato negli Stati Uniti dai successi del vostro esercito nella difesa della vostra grande nazione ». I successi militari dell'URSS, naturalmente, rafforzarono anche politicamente i legami per la costituzione di una coalizione internazionale antifascista. Il 1° gennaio 1942 fu sottoscritta una dichiarazione di 26 stati in lotta contro il fascismo. I firmatari — l'Unione Sovietica, la Gran Bretagna, la Cina, ecc. — si impegnavano a impiegare tutte le proprie risorse nella lotta contro la Germania nazista ed i suoi alleati e a non concludere con essi pace o armistizi separati. Dopo la vittoria dell'Esercito rosso presso Mosca, la Resistenza nei paesi occupati divenne più organizzata, più forte, e si sviluppò su scala realmente nazionale. Il rapporto tra i successi dell'esercito sovietico e lo sviluppo delle lotte di liberazione nazionale non sfuggì all'attenzione degli stessi tedeschi. L'ex ambasciatore di Hitler a Parigi, Otto Abetz, rilevò che la resistenza dei patrioti francesi contro il "nuovo ordine" aumentò, nel 1942, in coincidenza col peggioramento della situazione militare della Germania.

La svolta impressa alla guerra dalle prime sconfitte inferte alla Germania, inasprì i contrasti all'interno del blocco fascista. I piani tedeschi volti a far entrare in guerra contro l'URSS il Giappone e la Turchia saltarono; il successo sovietico fu determinante nell'indurre i governi di questi due paesi ad astenersi dall'aggressione, anche se il pericolo non potè considerarsi completamente scongiurato. Le truppe turche e giapponesi continuarono a rimanere concentrate sui confini della Unione Sovietica, il che costrinse il Comando supremo sovietico a mantenere nella Transcaucasia e in Estremo Oriente forze considerevoli. D'altra parte, anche se non in guerra, il Giappone manteneva un atteggiamento ostile all'URSS, tentando di bloccare i porti sovietici in Estremo Oriente, fermando i mercantili russi e pretendendo la sospensione del traffico marittimo attraverso Vladivostok. Il governo sovietico stroncò le mire giapponesi con la massima fermezza inviando a Tokio una nota molto chiara in cui si affermava che «i tentativi di ostacolare lo svolgimento dei normali rapporti commerciali fra l'Unione Sovietica e gli Stati Uniti attraverso i porti russi in Estremo Oriente sarebbero stati considerati dall'URSS come altrettanti atti ostili nei suoi riguardi ». Anche i tentativi della Germania di esercitare un'influenza sull'Iran per utilizzare il suo territorio come base contro la Unione Sovietica furono stroncati dall'URSS con la massima decisione.

Il rovesciamento della situazione militare con il crollo della "guerra lampo" complicò notevolmente anche i rapporti fra la Germania ed i suoi satelliti. Il comando di Hitler, posto di fronte alla ineluttabilità di una guerra prolungata si trovò nell'estrema necessità di rafforzare le proprie truppe. La Germania cominciò ad esigere che l'Ungheria, la Romania, l'Italia e gli altri paesi alleati inviassero in zona operazioni forze fresche ed aumentassero le forniture di materie prime e di viveri alla Germania. Si trattava di richieste pesanti per paesi che avevano già subito gravi perdite e vivevano su un'economia profondamente dissestata. Le richieste tedesche intensificarono il malcontento per la guerra e, con esso, la resistenza passiva contro i "diktat" di Hitler. Anche i rapporti fra Germania e Finlandia subirono un deterioramento. Né le pressioni né la propaganda del governo finnico riuscivano più a soffocare le proteste nella popolazione per la dura guerra, le gravi perdite e lo sforzo sempre maggiore richiesto dai tedeschi all'economia del paese. Di fronte al rafforzarsi della coalizione antifascista, Hitler tentò a sua volta di rinsaldare il blocco nazi-fascista. Il 25 novembre 1941 Hitler ottenne dai suoi alleati una proroga di cinque anni del "patto anticomintern". Ma non si trattò di una misura risolutiva che potesse eliminare le gravi difficoltà sorte dopo la prima grave sconfitta militare della Germania. Mentre sul piano economico e politico Hitler, depredando i paesi occupati ed esercitando pressioni sugli alleati, riuscì a consolidare la sua precaria situazione, sul piano militare la battuta d'arresto fu assai lunga. L'esercito tedesco, dopo la sconfitta presso Mosca, fu costretto a rimanere sulla difensiva per tutto l'inverno e per tutta la primavera e non riuscì più, neppure in seguito, a riprendere la offensiva sull'intero fronte strategico russo-tedesco, come aveva fatto nel 1941. Fu questo elemento, in sostanza che determinò una svolta nelle operazioni mutando la natura stessa del conflitto, ponendo fine alle facili vittorie della "guerra lampo".

Per il popolo sovietico, naturalmente, i successi dell'Esercito rosso ebbero un'importanza decisiva. Gli annunci diramati dall'Ufficio Informazioni sovietico in occasione delle sconfitte delle truppe nazifasciste a TiKhin, nella zona di Mosca, a Rostov, nel Donbass ed in Crimea suscitarono in tutti entusiasmo e rinnovato vigore. La prima terribile prova era stata superata, il nemico non era invincibile. « È grande quel popolo o è forte quel regime — scrisse a quell'epoca il noto giornalista americano H. Kassidy — che riesce a sopportare una simile prova, a conoscere il pericolo e a porsi al disopra di esso. Ciò è accaduto a Mosca... »

La battaglia di Mosca segnò una tappa importante anche per lo sviluppo dell'arte militare sovietica. Fin dall'inizio della controffensiva, l'iniziativa — su tutto l'immenso fronte — fu nelle mani delle Forze Armate sovietiche. Le capacità dell'Esercito rosso risultarono aumentate, le truppe furono meglio dirette. Il Comando sovietico riuscì, per esempio, ad ottenere il passaggio alla controffensiva con una rapidità estrema. Vi fu una perfetta mimetizzazione, una scelta accurata del momento adatto e della forma di concentramento più opportuna. È noto, per esempio, che l'Esercito Rosso passò al contrattacco, presso Mosca, quando ancora l'esercito nemico non era riuscito a mettersi sulla difensiva, e la controffensiva cominciò senza che si avessero pause operative dopo la difesa.

Durante l'offensiva di inverno 1941-42, l'Esercito rosso diede prova di un grande eroismo collettivo. 36.000 soldati e comandanti furono insigniti di onorificenze e medaglie al valore. Intere formazioni si distinsero in combattimento. 14 divisioni, 3 brigate di cavalleria, 2 di fucilieri, 5 brigate corazzate, 9 reggimenti di artiglieria e 6 dell'aviazione, e varie unità speciali ricevettero il titolo onorifico di "Gvardeiski" (della Guardia).