Enver Hoxha
Discorso alla conferenza
dei Partiti Comunisti e Operai

Mosca 16/11/1960

La conferenza, a cui parteciparono 81 partiti comunisti e operai, si tenne a Mosca dal 10 novembre al 1° dicembre 1960. L'intervento di Enver Hoxha, a nome del CC del Partito del Lavoro di Albania, è reperibile in italiano in rete in molti siti. Il testo è stato confrontato, e in alcuni casi corretto, con la versione inglese in Enver Hoxha, Selected Works, Tirana, 1975, pp. 807-869, ripresa a sua volta da Principal Documents of the PLA, Tirana, 1970. Le note sono dell'edizione albanese.


Cari compagni,
questa conferenza dei partiti comunisti e operai è di storica importanza per il movimento comunista internazionale, poiché procede ad un'analisi  minuziosa della situazione politica internazionale, fa il bilancio dei successi e degli errori che possono essersi verificati sulla nostra via e ci aiuta a definire più chiaramente la linea che dovremo seguire d'ora in poi, al fine di mietere nuovi successi a vantaggio del socialismo, del comunismo e della pace.

Al mondo esiste ormai il campo socialista, con alla testa l'Unione Sovietica. Il movimento comunista nel suo complesso si è ampliato, rafforzato e temprato. I partiti comunisti e operai in tutto il mondo sono divenuti una forza colossale, che porta avanti l'umanità verso il socialismo, verso la pace.

Come sottolinea anche il progetto di dichiarazione che è stato preparato, il nostro campo socialista è molto più forte del campo imperialista. Il socialismo si rafforza di giorno in giorno ed è in continua ascesa mentre l'imperialismo si indebolisce, si decompone. Dobbiamo accelerare questo processo con tutti i mezzi e con tutte le forze di cui disponiamo. Vi perverremo se resteremo fermamente fedeli al marxismo-leninismo e lo applicheremo correttamente. Altrimenti non faremo che frenarlo, poiché abbiamo di fronte nemici feroci che dobbiamo vincere e annientare, abbiamo di fronte l'imperialismo con alla testa quello americano.

Noi vogliamo la pace mentre l'imperialismo non la vuole e si prepara a una nuova, terza guerra mondiale. Dobbiamo lottare con tutte le nostre forze per evitare la guerra mondiale e far trionfare nel mondo una pace giusta e democratica. A ciò si giungerà quando costringeremo l'imperialismo a disarmare. L'imperialismo non deporrà le armi di sua propria volontà. Credere ad una possibilità del genere significa illudere se stessi e ingannare gli altri. Dobbiamo quindi opporre all'imperialismo la colossale forza economica, militare, morale, politica e ideologica del campo socialista e al tempo stesso le forze unite dei popoli del mondo intero al fine di sabotare in tutti i modi possibili la guerra che preparano gli imperialisti.

Il partito del lavoro d'Albania non ha mai nascosto né mai nasconderà al proprio popolo questa situazione e la minaccia che gli imperialisti fanno pesare sull'umanità amante della pace. Vi possiamo assicurare che il popolo albanese che detesta la guerra, non si è affatto spaventato di questa giusta azione del suo partito. Non ha ceduto al pessimismo e neppure ha segnato il passo nell'edificazione del socialismo. Esso ha una chiara visione delle prospettive che lo attendono e lavora con piena fiducia, mantenendosi sempre vigile stringendo in una mano il piccone e nell'altra il fucile.

E' nostra opinione che l'imperialismo, con quello americano in testa, deve essere smascherato senza misericordia, politicamente e ideologicamente e che in nessun caso sono ammissibili le lusinghe, le moine e gli incensamenti nei suoi confronti. Nessuna concessione di principio dovrà esser fatta all'imperialismo. Le varie tattiche e i diversi compromessi che da parte nostra ci possiamo permettere, debbono aiutare la nostra causa e non quella del nemico.

Di fronte ad un nemico feroce, la garanzia della vittoria della nostra causa risiede nella nostra piena unità, che sarà realizzata eliminando i profondi dissensi ideologici che si sono manifestati e basando questa unità sui fondamenti marxismo-leninismo, sull'eguaglianza, sulla fraternità, su di uno spirito di amicizia e di internazionalismo proletario. Il nostro partito ritiene che non solo non debba esistere alcuna frattura ideologica, ma che, di conseguenza, dobbiamo altresì adottare un atteggiamento politico unico su tutte le questioni. La nostra tattica e la nostra strategia, di fronte ai nemici, debbono essere elaborate da tutti i nostri partiti e fondarsi sui principi marxisti-leninisti, su giusti criteri politici adatti alle situazioni concrete e reali...

Tutti i popoli del mondo aspirano alla libertà, all'indipendenza, alla sovranità, alla giustizia sociale, alla cultura, alla pace, e si battono per esse. Queste loro sacrosante aspirazioni sono state e vengono soffocate dal capitalista, dal latifondista, dall'imperialista ed è quindi naturale che la lotta di questi popoli sia condotta con grande rigore contro i capitalisti, contro i latifondisti, contro gli imperialisti. E' anche naturale che i popoli del mondo ricerchino i propri alleati in questa lotta per l'esistenza che conducono contro i loro carnefici...

Perciò nella lotta per la pace, per il disarmo, per il progresso sociale nel mondo, il campo socialista non è solo di fronte al campo imperialista, ma si trova in stretta alleanza con tutti i popoli progressisti del mondo, mentre gli imperialisti si trovano isolati di fronte al campo socialista.

Viviamo in un'epoca in cui si assiste al crollo totale del colonialismo, alla liquidazione di questo flagello che ha soppresso interi popoli. Nuovi Stati stanno nascendo in Africa e in Asia. Paesi dove regnavano il capitale, la frusta e il fucile, scuotono il giogo della servitù e i popoli prendono il loro destino nelle proprie mani. Ciò si è realizzato e si realizza grazie alla lotta di questi popoli e all'appoggio morale che prestano loro l'Unione sovietica, la Cina popolare e gli altri paesi del campo socialista.

Traditori del marxismo-leninismo, agenti dell'imperialismo e intriganti del tipo di Josip Broz Tito si sforzano in mille modi, ordendo piani diabolici, di disorientare popoli e giovani Stati, al fine di staccarli dai loro alleati naturali, per legarli direttamente all'imperialismo americano. Dobbiamo tendere con tutte le nostre forze a sventare i piani di questi lacchè dell'imperialismo.

Assistiamo attualmente alla disgregazione dell'imperialismo, alla sua decomposizione, alla sua agonia. Viviamo e lottiamo in un'epoca caratterizzata dell'inarrestabile passaggio dal capitalismo al socialismo. Vengono confermati tutti i geniali insegnamenti di Karl Marx e di Vladimir Ilic Lenin, insegnamenti che non sono assolutamente superati a dispetto di quanto pretendono i revisionisti.

L'imperialismo mondiale sta subendo duri colpi, che dimostrano chiaramente che esso non è più nella sua "età d'oro",  allorché dettava legge quando e come gli piaceva. Ormai l'iniziativa gli è sfuggita di mano ed esso non l'ha certo ceduta di buon grado e di proposito. Questa iniziativa non gli è stata tolta a parole e solo a furia di discorsi, ma esso l'ha perduta in seguito a un lungo processo di scontri e di rivoluzioni cruente, che il capitalismo stesso ha provocato con i suoi sforzi tesi a schiacciare il proletariato e la forza dei popoli che si sollevavano per abbattere il mondo della fame e della miseria, il mondo della schiavitù. E questa gloriosa pagina è stata aperta dalla Grande rivoluzione socialista d'Ottobre, dalla grande Unione sovietica, dal grande Lenin.

L'imperialismo mondiale, con a capo l'imperialismo americano, anche attualmente che vede approssimarsi la propria fine, che si accorge di avere di fronte a sé avversari forti e risoluti, quali il campo del socialismo e la sua grande alleanza con tutti i popoli del mondo, concentra, organizza e arma le sue forze d'attacco. Esso si prepara alla guerra. Chi non vede ciò è cieco, chi invece lo vede, ma lo nasconde, è un traditore al servizio dell'imperialismo.

Il Partito del Lavoro d'Albania ritiene che nonostante le grandi difficoltà che incontriamo sul nostro cammino verso l'instaurazione della pace nel mondo, verso il disarmo e la soluzione degli altri problemi internazionali, non si debba essere pessimisti. Solo i nostri nemici, che subiscono una disfatta dietro l'altra, sono e debbono essere pessimisti. Siamo stati, siamo e saremo vincitori, perciò siamo stati e restiamo ottimisti e siamo convinti che i nostri sforzi saranno coronati dal successo.

Riteniamo tuttavia che l'ottimismo eccessivo, non realistico, lunghi dall'essere benefico, è al contrario nocivo. Chi nega, chi sminuisce la nostra grande forza economica, politica, militare, morale e non ha fiducia in essa, è un disfattista e non merita di chiamarsi comunista. Ma anche colui che, inebriato dalla nostra forza, considera gli avversari alla stregua dei pigmei, crede che il nemico abbia perduto ogni speranza, che sia divenuto inoffensivo e totalmente alla nostra mercé, anche costui non è realista ma inganna, fa assopire la gente, fa assopire i popoli di fronte a queste situazioni complesse e piene di pericoli, che richiedono da parte di tutti la massima vigilanza, che esigono un incremento dell'impeto rivoluzionario delle masse e non la moderazione, la degenerazione, la decomposizione e la quiete. Il nostro saggio popolo che ha molto sofferto dice bene: "l'acqua dorme, ma il nemico non dorme".

Guardiamo dritto in faccia i fatti. L'imperialismo mondiale, con a capo il suo reparto più aggressivo, l'imperialismo americano, orienta la propria economia verso la preparazione della guerra. Esso si sta armando fino ai denti. L'imperialismo americano sta dotando di ogni specie d'arma la Germania di Bonn, il Giappone e tutti i suoi alleati e satelliti. Esso ha organizzato e sta perfezionando le organizzazioni militari d'aggressione, ha creato e sta creando basi militari da ogni parte attorno al campo del socialismo. Esso accresce le sue scorte di armi nucleari, non consente a disarmare, non accetta di cessare gli esperimenti nucleari, lavora febbrilmente e nuove invenzioni di mezzi di sterminio di massa. E tutto questo, perché lo fa? Per andare a nozze? No! Per scendere in guerra contro di noi, per distruggere il socialismo e il comunismo, per ridurre i popoli alla   schiavitù.

Il partito del lavoro d'Albania è dell'opinione che se parliamo e pensiamo diversamente, inganniamo noi stessi e gli altri. Non ci chiameremmo comunisti se ci lasciassimo intimorire dalle difficoltà della vita. Noi, comunisti, detestiamo la guerra. Noi, comunisti, lotteremo fino all'ultimo per far fallire i diabolici piani di guerra dell'imperialismo americano. Però, se ci dichiarerà guerra, noi gli daremo il colpo di grazia, affinché l'imperialismo scompaia per sempre dalla faccia della terra.

Dinanzi alle minacce di una guerra atomica da parte dell'imperialismo mondiale, capeggiato dall'imperialismo americano, noi dobbiamo essere pienamente preparati tanto economicamente, politicamente, moralmente, quanto anche militarmente, per far fronte a qualsiasi eventualità.

Dobbiamo cercare di evitare una guerra mondiale giacché non è fatalmente ineluttabile, ma saremo imperdonabili se ci cullassimo nelle illusioni e se ci lasciassimo sorprendere dal nemico, poiché non è mai successo che del nemico ci si possa fidare, altrimenti non si chiamerebbe nemico. Il nemico è e resterà sempre nemico e perfido. Chi si fida del nemico, presto o tardi perde la partita. L'eroico esermpio di Cuba, la lotta del popolo giapponese e gli avvenimenti in Corea del Sud e in Turchia ne sono la prova migliore.

La politica di pace dei paesi del campo socialista ha influito notevolmente sulla denuncia delle mire aggressive dell'imperialismo, sulla mobilitazione dei popoli contro i guerrafondai, sulla evoluzione della loro gloriosa lotta contro gli oppressori imperialisti e i loro agenti...

Tuttavia molti problemi concreti, messi sul tappeto, come le proposte per il disarmo, la conferenza al vertice [1] ecc., non sono stati risolti e continuano ad essere sistematicamente sabotati dagli imperialisti americani.

Quali conclusioni dobbiamo trarre da tutto ciò? Il Partito del lavoro d'Albania ritiene che l'imperialismo, e in primo luogo l'imperialismo americano, non ha cambiato né la pelle, né il pelo, né la propria natura, è aggressivo e rimarrà aggressivo anche quando gli resterà un solo dente in bocca. Ed essendo aggressivo, è capace di precipitare il mondo nella guerra. Perciò noi, così come abbiamo dichiarato anche nella commissione di redazione, continuiamo ad insistere sulla necessità di rendere ben chiaro ai popoli che l'unica garanzia assoluta di non aver più guerre mondiali è il trionfo del socialismo nel mondo intero o nella maggior parte dei paesi del mondo. Gli americani si esprimono apertamente, non accettano il disarmo, aumentano gli armamenti e preparano la guerra. Perciò dobbiamo essere vigilanti.

Non dobbiamo fare alcuna concessione di principio al nemico nè farci alcuna illusione sull'imperialismo, giacché credendo di aggiustare le cose non faremmo che aggravarle. Il nemico, non soltanto si arma e prepara la guerra contro di noi, ma conduce inoltre una propaganda sfrenata per avvelenare gli animi e disorientare la gente. Spende milioni di dollari per stipendiare agenti e spie, milioni di dollari per organizzare nei nostri paesi attività spionistiche, eversive e attentati. L'imperialismo americano ha profuso e profonde miliardi di dollari ai suoi fedeli agenti, alla banda traditrice di Tito. Tutte queste azioni tendono a indebolire il nostro fronte interno, a dividerci, a debilitare e disorganizzare le nostre retrovie.

Si discute molto sulla questione della coesistenza pacifica, e alcuni dicono a questo proposito delle assurdità, affermando che la Cina popolare e l'Albania sarebbero contro la coesistenza pacifica. Penso che sia necessario confutare una volta per tutte tali opinioni nocive e erronee. Non può esserci Stato socialista, non può esserci comunista che sia contro la coesistenza pacifica, che sia per la guerra. Il grande Lenin ha, per primo, posto il principio della coesistenza pacifica fra paesi a sistema sociale differente come una indispensabilità oggettiva, fino a che esisteranno, insieme nel mondo paesi socialisti e paesi capitalisti. Il nostro Partito del Lavoro, mantenendosi fedele a questo grande principio enunciato da Lenin, ha sempre reputato e ritiene che la politica della coesistenza pacifica risponde ai fondamentali interessi di tutti i popoli, risponde al fine di un ulteriore consolidamento delle posizioni del socialismo, ed è per questo che esso pone tale principio leninista alla base di tutta la politica estera del nostro Stato popolare.

La coesistenza pacifica tra due sistemi opposti non significa, come pretendono i revisionisti moderni, rinuncia alla lotta di classe. Al contrario, la lotta di classe deve continuare, la lotta politica e ideologica contro l'imperialismo, contro l'ideologia borghese e l'ideologia revisionista, deve rafforzarsi sempre più. Lottando coerentemente per l'attuazione della coesistenza pacifica leninista, senza fare alcuna concessione di principio all'imperialismo, bisogna sviluppare ulteriormente la lotta di classe nei paesi capitalisti, nonché il movimento di liberazione nazionale dei popoli nei paesi coloniali e dipendenti.

Secondo il nostro punto di vista i partiti comunisti e operai dei paesi capitalisti devono lottare affinché si instauri la coesistenza pacifica tra i loro paesi, dove domina ancora il sistema capitalista, e i nostri paesi socialisti... Ma il loro compito non finisce qui. Bisogna che in questi paesi si sviluppi, cresca e si rafforzi la lotta di classe e che le masse lavoratrici, guidate dal proletariato di ciascun paese, con il partito comunista in testa, alleate con tutto il proletariato mondiale, rendano la vita impossibile all'imperialismo, scalzando le basi del suo apparato di guerra e della sua economia, strappandogli a viva forza il potere economico e politico per avviarsi verso la distruzione dell'antico potere e instaurare il nuovo potere del popolo. E tutto ciò si farà con la violenza o con la via pacifica e parlamentare?

Questa questione era chiara ed era inutile che il compagno Krusciov la ingarbugliasse al XX Congresso, come ha fatto, con la più grande soddisfazione degli opportunisti. Che bisogno c'era di parodiare in questo modo le chiare tesi di Lenin e della Rivoluzione socialista di Ottobre? Il Partito del Lavoro d'Albania ha sempre considerato del tutto chiari gli insegnamenti di Lenin a questo proposito ed è sempre rimasto fedele ad essi. Sino ad ora nessun popolo, nessun proletariato, nessun partito comunista od operaio si è impadronito del potere senza spargimento di sangue e senza violenza.

Alcuni compagni si allontanano di fatto dalla realtà quando pretendono di aver preso il potere senza spargimento di sangue; essi dimenticano che il glorioso Esercito sovietico ha versato fiumi di sangue per loro durante la seconda guerra mondiale. 

Il nostro Partito ritiene, a proposito di tale questione, che dobbiamo prepararci  per ambedue le vie e prepararci bene, soprattutto per la presa del potere con la violenza, poiché se ci prepariamo bene per questa eventualità, aumentiamo le nostre possibilità di successo per l'altra. La borghesia vi permette certo di blaterare, ma poi vibra un colpo di forza fascista e vi spezza, per il fatto che non avete preparato né i quadri "d'assalto" né il lavoro nella clandestinità, né luoghi dove nascondervi e lavorare, né gli strumenti di lotta. Dobbiamo prevenire questa tragica eventualità.

Il Partito del Lavoro d'Albania, si è battuto, si batte e si batterà per la coesistenza pacifica secondo la linea marxista-leninista che ci indica Lenin e che è definita dal Manifesto di Mosca per la Pace. Esso è sempre stato, è  e sarà per il disarmo generale e lotterà attivamente per l'attuazione di questo disarmo. In nessun caso e neanche per un attimo il Partito del Lavoro d'Albania cesserà di combattere politicamente e ideologicamente le manovre dell'Imperialismo e del capitalismo nonché l'ideologia borghese, come non cesserà di condurre una lotta accanita, continua e intransigente, contro il revisionismo moderno e contro il revisionismo titino jugoslavo in particolare. Può darsi che alcuni compagni ci accusino, noi albanesi, di essere testardi, permalosi teste calde, settari, dogmatici e tutto ciò che si vuole, ma noi respingiamo queste false accuse e dichiariamo loro che non ci sposteremo dalle nostre posizioni perché sono posizioni marxiste-leniniste.

Si dice che noi vogliamo la guerra e che ci opponiamo alla coesistenza. Il compagno Kozlov ci ha persino posto, noi albanesi, davanti a questa alternativa: o la coesistenza come lui la concepisce, o una bomba atomica degli imperialisti sull'Albania, una bomba che ridurrebbe i paesi in cenere e non lascerebbe vivo neanche un albanese. Il popolo albanese non si era mai sentito rivolgere fino ad oggi una simile minaccia atomica da nessun rappresentante dell'imperialismo americano. Ma ecco che questa minaccia gli viene da un membro del Presidium del Comitato Centrale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica, e a chi è indirizzata ? Ad un piccolo, eroico popolo che ha lottato per secoli contro nemici feroci e innumerevoli e non si è mai piegato, ad un piccolo popolo che ha combattuto con un eroismo senza pari gli hitleriani e i fascisti italiani, la indirizza ad un Partito che testimonia una fedeltà coerente e instancabile al marxismo-leninismo. Però, compagno Frol Kozlov, vi siete sbagliato di grosso, non potete intimorirci nè piegarci alla vostra volontà distorta e noi non confondiamo affatto il glorioso Partito di Lenin con voi e con il vostro comportamento così ostile e vergognoso verso il popolo albanese e il Partito del Lavoro d'Albania. Il Partito del Lavoro d'Albania appoggerà tutte le proposte giuste e pacifiche dell'Unione Sovietica e dei paesi del campo socialista come quelle degli altri paesi che amano la pace, e lotterà per vederle attuate.

Il Partito del Lavoro d'Albania impiegherà tutte le sue forze, userà tutti i suoi diritti e assolverà tutti i suoi compiti al fine di consolidare l'unità del campo socialista, la sua unità marxista-leninista. Sarebbe assurdo pensare che la piccola Albania socialista possa staccarsi dal campo socialista e vivere al di fuori di questo campo, al di fuori della fratellanza dei nostri popoli socialisti. La sua appartenenza al campo socialista, l'Albania non l'ha ricevuta in dono da nessuno, ma sono il nostro stesso popolo e il Partito del Lavoro d'Albania che l'hanno conquistata con il sangue, con la loro fatica e il loro sudore, con i sacrifici che hanno fatto, con il sistema di governo che hanno instaurato e con la linea marxista-leninista che seguono. Ma che nessuno pensi che l'Albania, essendo un piccolo paese, il Partito del Lavoro d'Albania, essendo un piccolo Partito, debbano fare quel che piace a qualcuno se sono convinti che questo qualcuno sbaglia. 

Come ho detto prima, il Partito del Lavoro d'Albania, ritiene che il nostro campo socialista, che persegue un obiettivo unico e che è guidato dal marxismo-leninismo, deve anche avere una strategia e una tattica sue proprie e queste devono essere elaborate in comune dai nostri Partiti e dai nostri stati del campo socialista. In seno al nostro campo noi abbiamo creato alcune forme di organizzazione del lavoro, ma è giusto dire che esse sono rimaste in qualche modo puramente formali, o, per meglio dire, che esse non funzionano in modo collegiale. Tali sono in particolare gli organi del trattato di Varsavia e quelli del Consiglio di Mutua Assistenza Economica. Intendiamoci bene. Non solleviamo qui il problema di sapere se anche noi dobbiamo essere consultati o meno. Naturalmente nessuno ci nega il diritto di essere consultati, ma allora bisogna che ci siano riunioni in cui consultarsi. Ne facciamo una questione di principio e affermiamo che queste forme di organizzazione debbono funzionare regolarmente, che è lì che bisogna porre i problemi, prendere le decisioni e poi anche controllarne l'esecuzione.

Lo sviluppo e l'ulteriore potenziamento dell'economia dei paesi socialisti sono sempre stati e sono tuttora una delle prime preoccupazioni dei nostri Partiti e dei nostri Governi, uno dei fattori determinanti della potenza invincibile del campo socialista.

L'edificazione del socialismo e del comunismo progredisce impetuosamente nei nostri paesi. Ciò è dovuto ai grandi sforzi compiuti dai nostri popoli e all'aiuto reciproco che si prestano...

La Repubblica Popolare d'Albania non ha fornito assistenza economica ad alcuno fino ad ora, primo perché siamo poveri, e secondo perché nessuno ha bisogno del nostro aiuto  economico. Però, nei giusti limiti, noi abbiamo compiuto e compiamo ogni sforzo per aiutare con le nostre esportazioni, per quel poco che ci è possibile i paesi amici e fratelli. Siamo stati aiutati dai nostri amici e in primo luogo dall'Unione Sovietica...

Da questo aiuto dell'Unione Sovietica e degli altri paesi a democrazia popolare, il Partito del Lavoro d'Albania e il governo della Repubblica Popolare d'Albania hanno tratto il miglior profitto per il massimo vantaggio per il popolo albanese. Il nostro popolo sarà per sempre riconoscente di questo aiuto ai popoli sovietici e ai popoli dei paesi a democrazia popolare. Questo aiuto l'abbiamo concepito, lo concepiamo e lo concepiremo non come un aiuto datoci come elemosina, ma come un aiuto fraterno, come un aiuto internazionalista.

Il nostro popolo, come popolo che ha conosciuto una estrema miseria, che ha combattuto con eroismo, che è stato massacrato e spogliato, aveva il dovere di sollecitare l'aiuto dei suoi amici e dei suoi fratelli più grandi ed economicamente più ricchi di lui. E i suoi amici avevano e ancora hanno il dovere internazionalista  di venirgli aiuto. Così bisogna rifiutare ogni concezione tenebrosa e antimarxista che potrebbe eventualmente manifestarsi quanto al carattere e ai fini di questo aiuto. Le pressioni economiche nei confronti del Partito del Lavoro d'Albania, del governo albanese e del nostro popolo non avranno mai successo.

Desidero proporre qui che gli aiuti che i paesi economicamente più forti forniscono a quelli economicamente più deboli, com'è il caso del nostro paese, siano più consistenti. Il popolo albanese non pensa affatto di incrociare le braccia e di aprire la bocca per farsi nutrire dagli altri. Non ha questa abitudine. Il nostro popolo non pretende neanche che il livello di vita del nostro paese raggiunga immediatamente il livello di vita di parecchi altri paesi a democrazia popolare. Però un aiuto più sostanzioso deve venire fornito al nostro paese per l'ulteriore sviluppo delle sue forze produttive. Noi reputiamo che i paesi economicamente forti del campo socialista debbano accordare crediti anche ai paesi capitalisti neutrali, anche ai popoli appena affrancati dal colonialismo, purché i dirigenti di tali paesi capitalisti si oppongano all'imperialismo, appoggino la politica di pace del campo socialista e non ostacolino nè contrastino la lotta legittima delle forze rivoluzionarie. In primo luogo, però, bisogna considerare con maggior attenzione e sopperire alle necessità dei paesi del campo socialista. Certamente l'India ha bisogno di ferro e di acciaio, ma ne ha bisogno in misura maggiore e più sollecitamente l'Albania socialista; certo l'Egitto ha bisogno di essere irrigato e fornito di energia elettrica, ma ne ha bisogno di più e più presto l'Albania socialista.

Su molti problemi politici d'importanza primaria, i punti di vista all'interno del nostro campo socialista sono stati e sono identici. Però, per il fatto che il sistema delle consultazioni collegiali non è divenuto pratica corrente, si è spesso osservato che alcuni paesi del nostro campo socialista prendono iniziative politiche (non che noi si sia in via di principio contrari a che si prendano iniziative) che molto spesso coinvolgono anche altri paesi del campo socialista. Alcune di queste iniziative non sono corrette, soprattutto quando non vengono adottate in modo collegiale dai membri del Trattato di Varsavia.

E' il caso dell'iniziativa del governo bulgaro, che ha informato il governo greco, senza tenere alcun conto dell'Albania, che i paesi a democrazia popolare dei  Balcani sono disposti a disarmare se il governo greco accetterà anch'esso di farlo. Dal nostro punto di vista, questa iniziativa è sbagliata, perché, anche se  la Grecia avesse accettato una tale proposta, il governo albanese non l'avrebbe accettata. L'Albania aderisce alla proposta sovietica fatta da Nikita Krusciov nel maggio del 1959, [2] ma non alla proposta bulgara che tende a disarmare i paesi dei Balcani, senza toccare l'Italia. I compagni bulgari hanno forse dimenticato che l'Italia borghese e fascista ha attaccato a più riprese l'Albania nel corso di questo secolo?

Si può consentire ai compagni bulgari di proporre al governo greco, senza minimamente consultare il governo albanese al quale sono legati da un trattato di difesa, un trattato di amicizia e di non aggressione mentre la Grecia mantiene lo stato di guerra con l'Albania e nutre mire territoriali nei confronti del nostro paese? Azioni unilaterali di questo tipo ci sembrano pericolose.

Ma la giusta e legittima opposizione da parte nostra ha forse indotto i compagni bulgari e concludere che noi Albanesi non abbiamo una giusta concezione della coesistenza, che vogliamo la guerra, ecc. Questi sono punti di vista sbagliati.

Azioni analoghe sono state compiute dai compagni polacchi all'ONU, dove il compagno Gomulka ha presentato unilateralmente davanti all'Assemblea generale una proposta della Polonia a favore del mantenimento dello status quo per quel che concerne la collocazione attuale delle forze militari nel mondo e in particolare contro la creazione di nuove basi militari, ma per il mantenimento delle basi esistenti, contro l'installazione di nuove rampe missilistiche, ma per il mantenimento del segreto sulla bomba atomica da parte degli stati che la fabbricano e contro la cessione di questo segreto ad altri stati. Una simile proposta, a nostro avviso, è contraria agli interessi del nostro campo. Che non s'installino più rampe missilistiche? Ma chi si indirizzerebbe questo divieto e in quali paesi si applicherebbe? Tutti i membri della NATO, ivi comprese l'Italia, la Germania occidentale e la Grecia, sono provvisti di missili. Che non si riveli il segreto della bomba atomica? Ma a chi? L'Inghilterra, come la Francia o la Germania occidentale, ne sono in possesso. E' chiaro che se una tale proposta fosse accettata, noi, i paesi a democrazia popolare, saremo obbligati a non installare rampe missilistiche e nessun paese del campo socialista, eccetto l'Unione Sovietica, potrebbe possedere la bomba atomica.

Noi poniamo la questione: perché la Cina comunista non dovrebbe avere la bomba atomica? Riteniamo che la debba avere, e quando la Cina disporrà della bomba atomica e di missili, vedremo allora quale sarà il linguaggio dell'imperialismo americano, vedremo se si continuerà a negare alla Cina i suoi diritti nell'arena internazionale, vedremo se gli imperialisti americani oseranno brandire le loro armi come fanno oggi.

Qualcuno potrebbe chiedere: la Cina riavrà i suoi diritti a dispetto degli USA perchè avrà la bomba e la potrà sganciare? No, nè la Cina nè l'Unione Sovietica faranno mai uso di quest'arma, se non saranno attaccati da quelli che hanno l'aggressione e la guerra nel sangue. Se l'Unione sovietica non possedesse la bomba atomica, l'imperialismo userebbe nei nostri confronti un altro linguaggio. Noi non saremo mai i primi ad impiegare le armi atomiche, noi siamo contro la guerra, siamo per la distruzione delle armi nucleari, ma abbiamo bisogno della bomba per difenderci. "La paura è il miglior guardiano della vigna", come dice un proverbio del nostro popolo. Gli imperialisti devono aver paura di noi, e anche molta paura.

Il Partito del Lavoro d'Albania, basandosi sul marxismo-leninismo nonché sulla Dichiarazione di Mosca e sul Manifesto sulla pace, ha seguito una corretta linea di condotta marxista-leninista nelle questioni di politica internazionale e negli importanti problemi dell'edificazione socialista. Nelle relazioni internazionali, la linea del nostro Partito ha condiviso la politica del campo socialista e e ha seguito la direzione della politica di pace dell'Unione Sovietica.

Il Partito del Lavoro di Albania ha considerato, considera e considererà l'Unione Sovietica come il paese che ha salvato il nostro popolo e ritiene la sua grande esperienza di portata universale e necessaria e indispensabile per tutti. Il Partito del Lavoro d' Albania ha seguito, praticato e adottato questa grande esperienza senza riserve in tutti i campi e ha avuto successo. Siamo riusciti a formare e rafforzare la nostra industria, a collettivizzare l'agricoltura a sviluppare l'istruzione e la cultura, che hanno fatto grandi progressi, e a costruire lo Stato e il Partito. Il nostro Partito ha raggiunto ormai maturità e una ricca esperienza nel lavoro in questa direzione.

Il Partito ha educato, educa e continuerà a educare il nostro popolo con grande amore e lealtà verso i popoli e il Partito Comunista dell'Unione Sovietica. Questo amore è stato temprato e lo sarà ogni giorno di più perchè è sigillato col sangue, perchè si è sviluppato sulla base del marxismo-leninismo e dell'internazionalismo proletario. Abbiamo amato e tuttora amiamo il popolo sovietico dal profondo del cuore così come il popolo sovietico da parte sua ha amato e ama il popolo e il Partito del Lavoro d'Albania. E' un'amicizia tra popoli e tra partiti marxisti-leninisti, per questo fiorirà sfidando il tempo e non morirà. Questa è la convinzione inrollabile dei comunisti albanesi, convinzione che essi hanno piantato e continueranno a piantare profondamente tra la nostra gente. Senza questa amicizia, come abbiamo sempre detto e ora riaffermiamo, il nostro popolo non avrebbe potuto avere la libertà. Questo è il frutto del leninismo.

I grandi problemi del nostro tempo hanno coinvolto il Partito del Lavoro d'Albania e il nostro piccolo popolo.  La nostra Repubblica popolare è stata ed è tuttora geograficamente accerchiata da Stati capitalisti e dai revisionisti jugoslavi, e abbiamo dovuto essere molto vigilanti, impegnare uomini e considerevoli fondi per assicurare la difesa delle nostre frontiere, per difendere la libertà e del nostro paese dagli innumerevoli attacchi degli imperialisti, dei loro satelliti e dei loro servi.

Siamo un piccolo paese e un piccolo popolo, abbiamo sofferto moltissimo ma abbiamo anche molto combattuto. Per la libertà di cui oggi godiamo non siamo in debito con nessuno perchè l'abbiamo conquistata col nostro sangue. Abbiamo sempre davanti agli occhi, giorno e notte, i nostri nemici imperialisti, le loro mene contro il campo del socialismo e contro il nostro paese in particolare, perciò non abbiamo nutrito e non nutriremo alcuna illusione circa la possibilità che esse mutino la loro natura e le loro mire nei riguardi dei popoli, del nostro campo e dell'Albania socialista in particolare. Il nostro Partito è per la pace e lo sarà sempre e lotterà senza posa a fianco dell'Unione Sovietica, della Repubblica Popolare Cinese, degli altri paesi del campo socialista e di tutti i popoli progressisti del mondo in difesa della pace...

Gli imperialisti americani e inglesi accusano noi albanesi, di essere "feroci e bellicosi". E' comprensibile, perché il popolo albanese ha infranto i loro reiterati tentativi di asservirlo e ha annientato i loro agenti che hanno complottato contro il Partito del Lavoro d'Albania e il nostro regime di democrazia popolare.

La cricca di Tito, quella degli sciovinisti manarchico-fascisti greci e i governanti di Roma ci hanno accusati e ci accusano di essere guerrafondai e di mettere a repentaglio la pace nei Balcani perchè, senza esitazione, li abbiamo sempre colpiti duramente e sempre lo faremo per le mire che hanno avuto, hanno e sempre avranno di dividersi tra loro l'Albania e ridurre il nostro popolo in schiavitù.

Non crediamo che ci sia bisogno di dimostrare qui, in questa conferenza, che la guerra è estranea ai paesi socialisti, ai nostri partiti marxisti-leninisti, ma rimane il problema: perché gli imperialisti e i loro agenti accusano la Cina e l'Albania di essere fautori della guerra e ostili alla coesistenza pacifica? Prendiamo il caso dell'Albania. A chi farebbe la guerra l'Albania e perché? Sarebbe ridicolo stare a rispondere a questa domanda. Ma coloro che ci accusano di ciò, lo fanno per smascherare le loro mire aggressive nei confronti dell'Albania.

Rankovic vorrebbe trasformare le nostre frontiere in osterie a due porte, da cui entrino ed escano senza visto armi e agenti jugoslavi, italiani o greci, per portarci "la loro cultura di tagliagole", affinchè Tito possa realizzare il suo sogno di fare dell'Albania la settima repubblica jugoslava, o la borghesia reazionaria italiana metta in atto per la terza volta le sue mire spoliatrici verso l'Albania, o i monarchico-fascisti greci realizzino il loro sogno insensato di impadronirsi dell'Albania del sud. Siccome noi glielo abbiamo impedito e glielo impediremo sempre, ci accusano di essere "guerrafondai". Essi sanno benissimo che se toccano le nostre frontiere dovranno combattere contro di noi e contro tutto il campo socialista.

Il loro obiettivo perciò è stato e resta quello di isolarci dal nostro campo e dai nostri amici e ci accusano di essere "bellicosi e selvaggi" e di essere contrari alla coesistenza pacifica perchè non apriamo loro le nostre frontiere affinchè possano scorazzare liberamente sul nostro territorio. Ma per l'ironia del destino ci sono compagni che si prestano al gioco dei revisionisti e danno credito alle calunnie contro il Partito del Lavoro d'Albania. Naturalmente noi siamo contrari a una coesistenza così concepita, per amor della quale noi albanesi dovremmo fare concessioni territoriali e politiche a Sofocle Venizelos. [3] No, i tempi in cui le terre d'Albania servivano da merce di scambio, sono tramontati per sempre. Noi siamo contro una coesistenza con lo Stato jugoslavo che implicherebbe la rinuncia alla lotta ideologica e politica contro i revisionisti jugoslavi, questi agenti dell'imperialismo internazionale, questi traditori del marxismo-leninismo. Noi siamo contro una coesistenza con gli imperialisti inglesi o americani, in nome della quale dovremmo riconoscere, come essi pretendono, le vecchie concessioni politiche, diplomatiche e commerciali loro accordate dal regime di re Zog.

Come conclusione generale, il Partito del Lavoro d'Albania è pienamente convinto che la nostra grande causa, la causa della vittoria del socialismo e della pace, trionferà. Le forze unite del campo socialista con a capo l'Unione sovietica, del movimento comunista e operaio internazionale e di tutti i popoli e gli uomini che amano la pace, possono di costringere gli imperialisti ad accettare la coesistenza pacifica ed evitare così la guerra mondiale. Allo stesso tempo però rafforzeremo vieppiù la vigilanza rivoluzionaria affinchè i nostri nemici non possano mai prenderci alla sprovvista. Noi siamo convinti che la vittoria, in questa nobile lotta per la pace nel mondo e per il socialismo, sarà nostra. Il popolo albanese e il Partito del Lavoro d'Albania si adopreranno, come hanno fatto finora, a contribuire con tutte le loro forze al trionfo della nostra causa comune. Come sempre, andremo avanti in una ferrea unità con tutto il campo socialista, con l'Unione sovietica, con tutto il movimento comunista e operaio internazionale.

Cari compagni,
l'unità del movimento comunista e operaio internazionale costituisce il fattore decisivo per la realizzazione del nobile obiettivo che è il trionfo della pace, della democrazia, dell'indipendenza nazionale e del socialismo. Questo punto è sottolineato in particolare modo tanto nella Dichiarazione di Mosca del 1957, quanto nel progetto di dichiarazione preparato  per la presente riunione. La Dichiarazione del 1957 sottolinea che

"i partiti comunisti e operai hanno una responsabilità storica estremamente seria per i destini del sistema socialista mondiale e del movimento comunista internazionale. I partiti comunisti e operai che partecipano alla conferenza dichiarano che non risparmieranno gli sforzi per consolidare la loro unità e collaborazione fraterna nell'interesse di una più stretta unità della famiglia degli Stati socialisti, nell'interesse del movimento operaio internazionale, nell'interesse della causa della pace e del socialismo".

Bisogna dire che, specialmente negli ultimi tempi, nel movimento comunista internazionale e nelle relazioni reciproche tra alcuni partiti sono sorti profondi dissensi ideologici e politici, la cui accentuazione non può che pregiudicare la nostra grande causa. Perciò il Partito del Lavoro d'Albania ritiene che, per poter andare avanti uniti verso nuove vittorie, bisogna condannare gli errori e le manifestazioni negative che si sono manifestate e porvi rimedio.

Vogliamo soffermarci qui sulla questione della riunione di Bucarest in cui il nostro Partito, come è noto, si astenne dall'esprimere il suo punto di vista riguardo ai dissensi sorti fra il Partito Comunista dell'Unione Sovietica e il Partito Comunista Cinese, ma si riservò sin d'allora il diritto di farlo a questa conferenza dei rappresentanti dei partiti comunisti e operai. Il Partito del Lavoro d'Albania fu accusato allora dai compagni sovietici e da alcuni compagni di altri partiti fratelli di ogni possibile e immaginabile misfatto, ma nessuno si è dato la pena di riflettere un attimo e domandarsi perchè questo partito avesse adottato un atteggiamento contro corrente, perché questo partito, che si è sempre mantenuto fedele fino in fondo al marxismo-leninismo e alla Dichiarazione di Mosca, venisse improvvisamente accusato di "opporsi al marxismo-leninismo e alla Dichiarazione di Mosca", perché questo partito, così strettamente legato all'Unione Sovietica e al Partito Comunista dell'Unione Sovietica, si opponesse tutto a un tratto alla direzione dell'Unione Sovietica.

Adesso che tutti i compagni hanno in mano sia i materiali d'informazione sovietici, sia quelli del Partito Comunista Cinese, riflettano essi stessi su questo problema. Da parte nostra abbiamo letto e studiato sia i documenti sovietici she quelli cinesi, li abbiamo discussi attentamente con gli attivisti del partito e ci presentiamo così a questa riunione con il punto di vista unanime di tutto il Partito.

Come è a tutti noto, il 24 giugno scorso, in occasione del Congresso del Partito Operaio Romeno, inaspettatamente e senza il minimo preavviso, almeno per quel che concerne il nostro Partito, su iniziativa dei compagni della dirigenza del Partito Comunista dell'Unione Sovietica venne organizzata la Riunione di Bucarest. Questa riunione, invece di servire a uno "scambio di idee" e a stabilire la data dell'attuale conferenza, concordata con le lettere del 2 e del 7 giugno, [4] fu dedicata a un altro argomento e cioè all'accusa ideologica e politica lanciata contro il Partito Comunista Cinese sulla base del "materiale di informazione sovietico". Sulla base di questo materiale, che fino ad alcune ore prima della riunione non conoscevamo affatto, venivano sollecitati a pronunciarsi a favore del punto di vista del CC del PCUS i delegati dei Partiti comunisti e operai fratelli che si trovavano a Bucarest per un'altra questione e che non avevano alcun  mandato (almeno per quel che concerne la delegazione del nostro Partito) da parte dei rispettivi partiti per discutere, e ancor meno per decidere, su una questione così importante del comunismo internazionale.  Non si poteva certo discutere seriamente su questo materiale, che conteneva accuse gravissime contro un altro partito marxista-leninista, dal momento che nè i delegati, nè soprattutto le direzioni dei partiti comunisti e operai, avevano avuto la possibilità di studiarlo sotto tutti gli aspetti e che alla parte sotto accusa non si dava il tempo di presentare il suo punto di vista nelle stesse forme utilizzate dalla parte accusatrice. Il fatto è che la direzione sovietica aveva come prima preoccupazione di far rapidamente approvare le accuse contro il Partito Comunista Cinese e di farlo condannare ad ogni costo.

Era questo che premeva al compagno Krusciov e agli altri compagni sovietici a Bucarest e non le questioni di politica internazionale che interessavano il nostro campo e in genere tutto il mondo dopo il fallimento della conferenza al vertice di Parigi.

Il nostro Partito sarebbe pienamente d'accordo circa la convocazione di una conferenza internazionale  dei partiti comunisti e operai, sarebbe d'accordo anche con qualsiasi altra conferenza, con qualsiasi ordine del giorno, che potesse essere stabilito, a condizione che queste conferenze siano regolari, che esse ricevano l'approvazione di tutti i partiti, che l'ordine del giorno ne sia chiaramente e preventivamente definito, che siano forniti ai partiti comunisti e operai i materiali necessari e sia dato loro un tempo adeguato per studiare i materiali per prepararsi e avere l'approvazione degli uffici politici dei partiti e, se necesssaria, dei plenum dei loro Comitati centrali per le decisioni che potrebbero essere prese in queste conferenze. Le conferenze devono quindi svolgersi conformemente alle norme leniniste che regolano i rapporti fra partiti comunisti e operai, devono prevedere un piano di completa parità fra i partiti, in uno spirito di fraternità comunista e internazionalista e di alta morale comunista.

La riunione di Bucarest non rispettava queste norme e così il nostro Partito, benché vi abbia partecipato, l'ha denunciata come una riunione irregolare che ha infranto le norme leniniste.

Noi riteniamo che la riunione di Bucarest abbia reso un pessimo servizio alla causa del movimento comunista internazionale, della solidarietà internazionale dei lavoratori, del rafforzamento dell'unità del campo socialista e alla possibilità di stabilire un modo esemplare marxista-leninista di comporre le dispute ideologiche, politiche e organizzative che possono sorgere in seno ai partiti comunisti e operai e che vanno a detrimento del marxismo-leninismo. La responsabilità di tutto ciò ricade sui compagni della direzione del Partito Comunista dell'Unione Sovietica che hanno organizzato la riunione e hanno scelto quelle forme applicando in questa occasione norme non marxiste.

Il loro scopo era far condannare dal movimento comunista internazionale il Partito Comunista Cinese per colpe ed errori immaginari e infondati. Questa è la profonda convinzione del Comitato centrale del Partito del Lavoro d'Albania, acquisita con lo studio dei fatti e dei materiali sovietici e cinesi di cui ora il nostro Partito dispone e sulla base di una analisi minuziosa della situazione internazionale e delle posizioni ufficiali del Partito Comunista dell'Unione Sovietica e del Partito Comunista Cinese.

Il Partito del Lavoro d'Albania è unanime nel ritenere che i compagni sovietici abbiano commesso a Bucarest un grave errore quando hanno condannato ingiustamente il Partito Comunista Cinese che avrebbe deviato secondo loro dal marxismo-leninismo e non si sarebbe attenuto alla Dichiarazione di Mosca del 1957 ma se ne sarebbe allontanato, e lo hanno accusato di essere "dogmatico", "settario", "favorevole alla guerra" e "contrario alla coesistenza pacifica" e di "pretendere una posizione privilegiata nel campo socialista e nel movimento comunista internazionale", ecc.

I compagni sovietici hanno commesso un grave errore anche quando, approfittando dell'affetto e della grande fiducia che i comunisti hanno per l'Unione Sovietica e per il Partito Comunista dell'Unione Sovietica, hanno cercato di imporre agli altri partiti comunisti e operai il loro punto di vista sbagliato nei confronti del Partito Comunista Cinese.

Per il Partito del Lavoro d'Albania era chiaro, sin dai primi momenti, sin da quando ebbero inizio le febbrili e inammissibili pressioni sui compagni della nostra delegazione a Bucarest da parte dei compagni della delegazione sovietica, che i compagni sovietici, mediante argomentazioni infondate e ricorrendo a indebite pressioni, volevano attirare la delegazione del Partito del Lavoro d'Albania nella trappola che stavano preparando, facendola allineare alle proprie distorte concezioni.

La cosa importante per il compagno Krusciov, (e il compagno Andropov lo disse chiaramente al compagno Hysni Kapo) era sapere "se ci saremmo allineati con la parte sovietica oppure no". Questa preoccupazione il compagno Krusciov la espresse anche in altre forme nel corso dei suoi interventi contro il nostro Partito alla riunione di Bucarest. La cosa fu confermata anche da molti atteggiamenti ingiustificati e ostili della dirigenza sovietica e del personale dell'ambasciata sovietica a Tirana dopo la riunione di Bucarest, ma di questo parlerò più avanti.  Ai compagni dirigenti sovietici non importava il punto di vista di un partito marxista-leninista come il nostro, ma solo che ci allineassimo a Bucarest alla posizione presa dal Comitato centrale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica.

Il Partito del Lavoro d'Albania non era stato minimamente avvertito dal Partito Comunista dell'Unione Sovietica, organizzatore dell'incontro di Bucarest, del fatto che, in occasione del Congresso del Partito Operaio Romeno, il Partito Comunista Cinese sarebbe stato accusato di alcuni, a loro dire, gravi errori nella linea seguita. Questi attacchi furono per il Partito del Lavoro d'Albania del tutto inattesi. Ora, apprendiamo che gli altri partiti del campo socialista, ad eccezione del Partito del Lavoro d'Albania, del Partito Comunista Cinese, del Partito del Lavoro di Corea, del Partito dei Lavoratori del Vietnam, erano al corrente che si sarebbe organizzato un incontro a Bucarest per mettere sotto accusa la Cina sotto. Se così è stato, allora è ben chiaro che la questione diventa molto più seria e assume la forma di una frazione di carattere internazionale.

Nondimeno il nostro Partito non è stato preso alla sprovvista e non ha allentato la sua vigilanza, e questo perché rispetta costantemente le norme leniniste nei rapporti con gli altri partiti, perché ha un profondo rispetto marxista per il Partito Comunista dell'Unione Sovietica, per il Partito Comunista Cinese e per tutti gli altri partiti comunisti e operai, perché rispetta il concetto dell'uguaglianza fra i partiti, concetto che altri partiti dovrebbero rispettare nei confronti del Partito del Lavoro d'Albania, indipendentemente dalla sua ridotta consistenza numerica.

Alla riunione di Bucarest, il nostro Partito ha visto fin dal principio che tutte queste norme venivano violate e per questo ha adottato la posizione a voi ben nota, che riteneva e tuttora ritiene essere l'unica giusta di fronte allo sviluppo assunto dagli avvenimenti.

Alcuni dirigenti dei partiti fratelli ci hanno dato l'epiteto di "neutralisti", altri ci hanno accusato "di esserci allontanati dalla giusta linea marxista-leninista" e sono arrivati al punto di gettare il discredito su di noi in seno ai loro partiti. Noi respingiamo tutte queste manovre con disprezzo, perché sono calunnie, sono disoneste e incompatibili con la morale comunista.

Noi domandiamo a quelli che hanno intrapreso queste biasimevoli azioni contro il Partito del Lavoro d'Albania: ha oppure non ha un partito il diritto di esprimere liberamente la sua opinione, così come ritiene che sia giusto? Quale opinione il Partito del Lavoro d'Albania ha espresso a Bucarest? Abbiamo espresso la nostra fedeltà al marxismo-leninismo e questa fedeltà è attestata da tutta la vita e da tutta la lotta del Partito del Lavoro d'Albania; abbiamo espresso la nostra fedeltà alle decisioni della Dichiarazione di Mosca e al Manifesto della pace del 1957 e questo atteggiamento è confermato dalla linea seguita con coerenza dal Partito del Lavoro d'Albania; abbiamo espresso il nostro attaccamento all'unità del campo socialista e abbiamo difeso tale unità e ciò e confermato da tutta la lotta del Partito del Lavoro d'Albania; abbiamo espresso il nostro affetto, la nostra fedeltà nei confronti del Partito Comunista dell'Unione Sovietica e del popolo sovietico, e ciò è confermato da tutta la vita del Partito del Lavoro d'Albania. Ci siamo rifiutati di giudicare "gli errori" del Partito Comunista Cinese e ancora più di "condannare" il Partito Comunista Cinese senza tener conto in questo apprezzamento dei suoi punti di vista sulle questioni che venivano sollevate così falsamente, affrettatamente e in modo antimarxista contro di esso. Abbiamo suggerito che questa questione d'importanza vitale ed estremamente grave per il comunismo internazionale fosse regolata con ponderazione, con calma e uno spirito da compagni. Questo è stato tutto il nostro "crimine", per cui siamo stati lapidati. Ma noi pensiamo che la pietra, sollevata per colpirci, sia ricaduta sulla testa di quelli che l'hanno scagliata. I giorni che seguiranno non faranno che confermare la fondatezza dell'atteggiamento mantenuto dal Partito del Lavoro d'Albania.

Perché il compagno Krusciov e gli altri compagni sovietici si sono tanto affrettati ad accusare il Partito Comunista Cinese senza fondamento e senza l'appoggio dei fatti? E' permesso ai comunisti, e in particolare ai principali dirigenti di un così grande partito come il Partito Comunista dell'Unione Sovietica, di commettere un'azione tanto biasimevole? Rispondano essi stessi a questo riguardo, ma il Partito del Lavoro d'Albania ha anch'esso il diritto di dire la sua opinione.

Il Partito del Lavoro d'Albania ritiene che non soltanto la Riunione di Bucarest sia stata una iniziativa completamente sbagliata, ma che l'errore commesso è stato coscientemente approfondito. La riunione di Bucarest non deve essere affatto dimenticata, ma deve essere severamente condannata come una macchia nel movimento comunista internazionale.

Non v'è il minimo dubbio che i dissensi ideologici sono stati e sono tuttora grandi; essi sono sorti e si sono sviluppati fra il Partito Comunista dell'Unione Sovietica e il Partito Comunista Cinese. Questi dissensi avrebbero dovuto essere da lungo tempo risolti con il metodo marxista-leninista tra i due partiti.

Nel documento cinese, il Partito Comunista Cinese afferma che questi dissensi di principio sono sorti l'indomani stesso del XX Congresso del Partito Comunista dell'Unione Sovietica e che le questioni controverse sono state sollevate dai compagni cinesi. Alcuni di questi punti sono stati presi in considerazione dai compagni sovietici, altri sono stati respinti.

Il Partito del Lavoro d'Albania ritiene che se questi dissensi non potevano essere risolti fra i due partiti, bisognava cercare di organizzare una riunione dei partiti comunisti e operai, a cui sottomettere tali questioni, in cui discuterne e in cui ciascun partito potesse prendere posizione nei loro confronti. Non è giusto che tali questioni non siano state sollevate, e la colpa di ciò ricade sui compagni sovietici che erano a conoscenza di questi dissensi, ma che non ne tenevano conto, assolutamente convinti come erano della giustezza della loro linea e della sua "intangibilità", ciò che, secondo noi, è un punto di vista idealista e metafisico.

Se i compagni sovietici erano veramente convinti della giustezza della loro linea e della loro tattica, perché non organizzarono in tempo utile una riunione di questo ti

po per risolvere quei dissensi? Erano così secondarie le questioni sollevate, dalla condanna di Stalin alla grande questione della controrivoluzione ungherese, alla questione delle vie per prendere il potere, senza parlare di tante altre questioni molto importanti sorte in seguito? No, non erano affatto irrilevanti. Tutti abbiamo i nostri punti di vista su questi problemi, poiché riguardano tutti noi come comunisti, e se tutti i nostri partiti hanno assunto una responsabilità dinanzi ai loro popoli, sono responsabili anche difronte al comunismo internazionale.

Per condannare il Partito Comunista Cinese per colpe e peccati immaginari, il compagno Krusciov e gli altri dirigenti sovietici avevano un grande interesse a presentare la questione come se si trattasse di dissensi fra la Cina e tutto il comunismo internazionale, ma sulle questioni del tipo di quelle a cui ho accennato, il compagno Krusciov e i compagni a lui vicini si sono arrogati il diritto di giudicarle da soli, ritenendo inutile che fossero dibattute collettivamente in una riunione di rappresentanti di tutti i partiti, eppure si trattava di grandi problemi di rilievo internazionale.

C'è stata la controrivoluzione in Ungheria, ma sui problemi sorti è calato il silenzio. Perché questa tattica dei compagni sovietici di far calare il silenzio quando non fa loro comodo mentre se pensano di trarne un vantaggio non soltanto organizzano riunioni come quella di Bucarest, ma fanno tutto il possibile per imporre agli altri il loro punto di vista secondo cui la Cina "va in direzione opposta alla linea di tutti i partiti comunisti e operai del mondo"?

I compagni sovietici hanno fatto un tentativo di questo genere anche nei nostri confronti. L'agosto scorso, la dirigenza sovietica indirizzò al nostro Partito una lettera in cui, "affinché dalla scintilla dei malintesi non si sprigionasse la fiamma", ci proponeva un incontro di rappresentanti dei nostri due partiti, per far sì che il nostro Partito si allineasse con l'Unione Sovietica contro il Partito Comunista Cinese e che i nostri due partiti si presentassero uniti alla riunione attuale. Naturalmente il Comitato centrale del nostro Partito non accettò la proposta e, nella risposta ufficiale, la qualificò come estranea al marxismo e come un'azione faziosa diretta contro un terzo partito fratello, contro il Partito Comunista Cinese. Naturalmente la posizione corretta e di principio del nostro Partito non era fatta per piacere alla dirigenza del Partito Comunista dell'Unione Sovietica.

E' assolutamente fuor dubbio che tali questioni sono di primaria importanza e che ci riguardano tutti da vicino, ma per il Partito del Lavoro d'Albania è anche fuor di dubbio che le questioni sollevate a Bucarest contro la Cina erano tendenziose e miravano a condannare il Partito Comunista Cinese e di isolarlo dall'insieme del movimento comunista internazionale.

Il Partito del Lavoro d'Albania considerava una tale azione abominevole e inammissibile, non solo perché non era convinto della verità delle accuse, ma anche perché giustamente sospettava che si stesse organizzando un'azione contraria al marxismo conttro un grande e glorioso partito  come il Partito Comunista Cinese, e che mascherato dietro l'accusa di dogmatismo contro la Cina si stesse organizzando un attacco contro il marxismo-leninismo e i principi della Dichiarazione di Mosca e del Manifesto della Pace.

Alla riunione il Partito Comunista Cinese fu accusato di molte colpe. Questo doveva essere rispecchiato nel comunicato. Perché non fu fatto? Se le accuse erano fondate, perché esitare e pubblicare un comunicato che non corrispondeva ai motivi per cui la riunione era stata indetta? Perché non si menzionava il "grande pericolo del dogmatismo" che, a loro dire, minacciava il comunismo internazionale?

No, compagni, la riunione di Bucarest non può essere giustificata. Era un'iniziativa in contrasto con i principi, era finalizzata ad obiettivi precostituiti di cui il più importante, secondo il Partito del Lavoro d'Albania, era quello di nascondere, dietro l'accusa di dogmatismo contro il Partito Comunista Cinese, alcuni gravi errori di linea in cui stanno indulgendo i compagni dirigenti sovietici.

I compagni sovietici avevano bisogno dell'appoggio degli altri partiti su questa questione, perciò tentarono di coglierli alla sprovvista. I compagni sovietici hanno raggiunto così per metà il loro scopo, ottenendo il diritto di porre la condanna della Cina all'ordine del giorno in questi partiti come risultato di una "conferenza comunista internazionale". Nei partiti comunisti e operai, ad eccezione del Partito del Lavoro d'Albania e di qualche altro partito comunista e operaio, si è posto così il problema dei "gravi errori politici del Partito Comunista Cinese", e l' "unanime" condanna della Cina a Bucarest è stata riportata per cercare di influenzare l'opinione dei partiti e tra la gente in questo senso. Anche il Partito del Lavoro di Albania è stato oggetto di condanna in alcune di queste riunioni di partito.

Dopo la riunione di Bucarest, il Comitato centrale del Partito del Lavoro d'Albania decise, giustamente, di analizzare in seno al Partito solo il comunicato, di informare il proprio Partito che fra il Partito Comunista dell'Unione Sovietica e il Partito Comunista Cinese esistono dissensi di principio che debbono essere discussi e risolti alla futura riunione convocata per novembre a Mosca. E così fu fatto.

Ma questa posizione del nostro partito Comunista non è piaciuta ai compagni della dirigenza del Partito Comunista dell'Unione Sovietica e ben presto abbiamo avuto modo di accorgercene. L'indomani stesso dell'incontro di Bucarest fu sferrato un attacco improvviso senza principi ed ebbero inizio il brutale intervento e le pressioni di ogni genere contro il nostro Partito e il suo Comitato Centrale. L'assalto fu iniziato dal compagno Krusciov, a Bucarest, poi ripreso dal compagno Kozlov a Mosca. I compagni dell'Ufficio Politico di passaggio nella capitale sovietica furono sottoposti a varie pressioni, perché si schierassero contro la direzione del nostro partito, col pretesto che "la direzione del Partito del Lavoro d'Albania aveva tradito l'amicizia che univa l'Albania e l'Unione Sovietica", che "la linea seguita dalla direzione del Partito del Lavoro d'Albania era caratterizzata da continui zig zag", che "gli albanesi dovevano decidere se unirsi ai 200 milioni (cioè l'Unione Sovietica) o ai 650 milioni (cioè la Cina popolare )" e infine che "un'Albania isolata era in pericolo, perchè una sola bomba atomica lanciata dagli americani sarebbe bastata per spazzare via completamente l'Albania e tutti i suoi abitanti" e via minacciando . E' chiarissimo che il loro obiettivo era seminar zizzania nella dirigenza del nostro Partito ed eliminare dalla direzione gli elementi che, a giudizio dei dirigenti sovietici, erano di ostacolo alla loro manovra tortuosa e sleale.

Quest'opera disgregatrice ebbe per risultato la capitolazione di Liri Belishova, ex-membro dell'Ufficio Politico del Comitato Centrale del Partito del Lavoro d'Albania, che, cedendo alle adulazioni dei dirigenti sovietici, ai ricatti e alle intimidazioni, si pose in aperta opposizione alla linea del Partito.

Il tentativo dei compagni sovietici di presentare la questione nella lettera indirizzata al Comitato centrale del Partito Comunista Cinese come se in Albania gli amici dell'Unione Sovietica venissero perseguitati è costruito sulla menzogna. I veri amici dell'Unione Sovietica e del suo Partito Comunista, gli amici devoti dei popoli sovietici sono stati, sono e saranno sempre il milione e mezzo di albanesi e il Partito del Lavoro d'Albania, che hanno forgiato e resa di acciaio questa amicizia, temprandola col sangue, non certo i capitolazionisti, gli scissionisti e i deviazionisti di qualsiasi stampo.

Ma non è solo a Mosca che i Sovietici hanno tentato di suscitare dubbi sulla giustezza dell'atteggiamento del nostro partito a Bucarest. Tentativi ancora più pesanti sono stati fatti anche a Tirana dai funzionari dell'ambasciata sovietica e in prima persona dallo stesso ambasciatore sovietico a Tirana.

Come ho detto prima, fino alla riunione di Bucarest legami più stretti, più sinceri e più fraterni fra noi e i compagni sovietici non si potevano immaginare. Non avevamo alcun segreto, fosse di Partito, fosse di Stato, per i compagni sovietici. Tale atteggiamento era stato deciso dal Comitato centrale del nostro Partito. Questi legami riflettevano i vivi sentimenti di affetto e di devozione del popolo albanese per il popolo sovietico, sentimenti che il nostro partito ha temprato col suo sangue versato.

Ma questi sacri sentimenti del Partito del Lavoro d'Albania e del nostro popolo, alcuni elementi malsani, guidati dall'ambasciatore sovietico, li hanno calpestati. Approfittando di questi legami amichevoli e della buona fede dei quadri, si misero febbrilmente e intensamente ad attaccare la linea marxista-leninista  del Partito del Lavoro d'Albania, cercando di disgregare il nostro Partito, di seminare il panico e la confusione tra le sue file, di separare la direzione dal Partito. Le cose arrivarono a un punto tale che l'ambasciatore sovietico a Tirana incitò i generali del nostro esercito a mettere l'Esercito Popolare Albanese contro i dirigenti del Partito del Lavoro d'Albania e dello Stato albanese. Ma non sono riusciti nel loro intento, poiché l'unità del nostro Partito è un'unità d'acciaio. I nostri quadri, temprati nella Lotta di Liberazione Nazionale e nella lotta ad oltranza contro i revisionisti jugoslavi, hanno difeso in modo marxista il loro eroico Partito, e sanno benissimo fare la distinzione fra il Partito Comunista dell'Unione Sovietica, il Partito di Lenin da una parte, e gli scissionisti dall'altra. E infatti hanno messo al loro posto questi denigratori.

E tuttavia i funzionari dell'ambasciata sovietica a Tirana, guidati dall'ambasciatore, usando metodi inammissibili e anti-marxisti, riuscirono a ottenere che il Presidente della Commissione di Controllo del Partito del Lavoro d'Albania, che quindici giorni prima si era dichiarato solidale con la linea seguita a Bucarest dal Comitato Centrale del Partito, cadesse nelle grinfie di questi intriganti e uscisse totalmente dai binari del marxismo-leninismo, opponendosi in modo flagrante alla linea del Partito. E' chiaro che il biasimevole modo di agire di questi compagni sovietici mirava a disgregare la direzione del Partito del Lavoro d'Albania, a staccarla dalle masse del Partito. E questo per punirci del "crimine" che avevamo commesso  a Bucarest, del fatto che ci eravamo permessi di esprimere liberamente il nostro punto di vista, così come ritenevano giusto.

I funzionari dell'Ambasciata sovietica a Tirana si spinsero ancora più oltre su questa via. Si precipitarono verso gli albanesi che avevano fatto i loro studi in Unione Sovietica per incitarli contro i dirigenti albanesi, sperando di trovare in loro elementi disponibili a prestarsi ai loro sinistri disegni. Ma gli albanesi, che abbiano terminato i loro studi nell'Unione Sovietica o li stiano ancora compiendo, e che hanno sempre nutrito un amore ardente, sincero e senza macchia per l'Unione Sovietica e il Partito Comunista dell'Unione Sovietica, sanno bene che gli abietti metodi impiegati dai funzionari dell'ambasciata sovietica a Tirana sono estranei all'Unione Sovietica e al Partito Comunista dell'Unione Sovietica. Gli albanesi sono figli e figlie del loro popolo e del loro Partito, sono marxisti-leninisti e internazionalisti.

Potremmo elencare molti altri esempi, ma per non togliere troppo tempo a questa importante riunione mi accontenterò di citare due altri casi tipici. Le pressioni sul nostro Partito proseguirono anche qui a Mosca durante i lavori della commissione incaricata di redigere il progetto di dichiarazione che ci è stata presentata e i compagni sovietici ci dicevano che dovevamo guardare avanti e non indietro. In quei giorni a Mosca nel corso di una riunione allargata del Capi di Stato Maggiore dei paesi firmatari del Trattato di Varsavia, il maresciallo Malinovski, membro del Comitato Centrale e ministro dell'URSS, attaccò apertamente il popolo albanese, il Partito del Lavoro d'Albania, il Governo Albanese e la nostra direzione. Questo attacco ostile e pubblico ricordava da vicino il tentativo di sabotaggio dell'ambasciatore sovietico a Tirana che cercava di incitare il nostro Esercito Popolare contro i dirigenti del nostro Partito e del nostro Stato. Ma, proprio come l'ambasciatore sovietico, anche il maresciallo Malinovski si sbaglia di grosso. Nessuno può sperare di raggiungere un obiettivo del genere e men che mai di infrangere l'amicizia che unisce il nostro popolo ai popoli dell'Unione Sovietica. La giusta lotta del Partito del Lavoro d'Albania contro questi atti sovversivi rinsalda la sincera amicizia del nostro popolo con i popoli dell'Unione Sovietica e col glorioso Partito Comunista dell'Unione Sovietica. E questa amicizia non può essere infranta neppure dalle stupefacenti dichiarazioni del maresciallo Gretchko, comandante in capo del Trattato di Varsavia, che non solo disse alla nostra delegazione militare che gli sarebbe stato difficile soddisfare le richieste di alcuni armamenti indispensabili per il nostro esercito per la cui fornitura erano già stati firmati i contratti, ma ci disse senza mezzi termini: "Voi fate parte del Trattato di Varsavia solo temporaneamente", lasciando intendere con ciò che il maresciallo Gretchko sarebbe intenzionato ad espellerci. Fortunatamente una tale decisione non è di competenza del compagno maresciallo.

Nell'ottobre scorso il compagno Krusciov dichiarò solennemente ai compagni cinesi: "Tratteremo l'Albania alla stessa stregua della Jugoslavia". Rendiamo note tali dichiarazioni in questa riunione del comunismo internazionale, affinchè tutti possano vedere a che punto siano giunte le cose e il comportamento che si tiene nei confronti di un paese socialista. Quale sarebbe il "crimine" commesso dal Partito del Lavoro d'Albania perché il nostro paese sia trattato come la Jugoslavia di Tito? Si può forse dire che abbiamo tradito il marxismo-leninismo come ha fatto la cricca di Tito?Abbiamo forse abbandonato il campo socialista per metterci a rimorchio dell'imperialismo americano, come hanno fatto i revisionisti jugoslavi? No di certo, e tutto il movimento comunista internazionalee tutta l'attività concreta, politica, ideologica ed economica del nostro Partito e del nostro stato nel corso della Lotta di Liberazione Nazionale e nei sedici anni che sono trascorsi dalla liberazione della nostra patria lo possono testimoniare. E lo afferma lo stesso Comitato Centrale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica che, nella sua lettera del 13 agosto 1960 indirizzata al Comitato centrale del Partito del Lavoro d'Albania, sottolinea: "I rapporti tra il Partito del Lavoro d'Albania e il Partito Comunista dell'Unione, fondati sui principi dell'internazionalismo proletario, sono sempre stati veramente fraterni. L'amicizia tra i nostri Partiti e i nostri popoli non è mai stata oscurata da alcun malinteso o dissenso. Le posizioni del Partito del Lavoro d'Albania e del Partito Comunista dell'Unione Sovietica sui più importanti problemi del movimento comunista  e operaio internazionale e sulla politica estera sono sempre state identiche". In che consiste allora la nostra colpa? Il nostro solo "crimine" è di non avere accettato, a Bucarest, che un Partito Comunista fratello, come il Partito Comunista Cinese, fosse ingiustamente condannato; il nostro solo "crimine" è di avere avuto il coraggio di opporci apertamente, in una riunione comunista internazionale  (non al mercato), all'azione scorretta del compagno Krusciov; il nostro solo "crimine" è di essere un piccolo Partito di un popolo piccolo e povero che, secondo il compagno Krusciov, dovrebbe limitarsi ad applaudire, ad approvare,  senza esprimere una propria opinione. Ma, questo non è né marxista, né ammissibile. Il diritto di dire la nostra opinione ci è dato dal marxismo-leninismo, e nessuno ce lo può togliere, nè con le pressioni politiche ed economiche, nè con le minacce o le calunnie nei nostri confronti. Con l'occasione vorremmo chiedere al compagno Krusciov come mai non ha rivolto la sua contestazione a noi invece di farla al rappresentante di un terzo partito? Forse il compagno Krusciov pensa che il Partito del Lavoro d'Albania non abbia un suo proprio punto di vista e faccia causa comune con il Partito Comunista Cinese senza preoccupazioni di principio per cui si può discutere delle faccende che riguardano il nostro Partito con i compagni cinesi? No, compagno Krusciov, voi continuate a sbagliare e avete una opinione errata del nostro Partito. Il Partito del Lavoro d'Albania ha i suoi punti di vista e ne risponde tanto al suo popolo quanto al movimento comunista e operaio internazionale.

Siamo costretti a informare questo consesso che la dirigenza sovietica è passata di fatto, dalle minacce di trattare l'Albania come la Jugoslavia di Tito, alle azioni concrete. Quest'anno, il nostro paese è stato colpito da una serie di calamità naturali. Dapprima un violento terremoto, poi, in ottobre, le inondazioni, ma soprattutto una tremenda siccità: neanche una goccia di pioggia per 120 giorni di seguito. Quasi tutto il raccolto di cereali è andato perduto. La popolazione era minacciata dalla carestia. Le scarse riserve del paese furono consumate. Il nostro Governo, spiegando la gravissima situazione del paese, chiese d'urgenza di acquistare grano dall'Unione Sovietica. Questo avvenne dopo la riunione di Bucarest. Dovemmo aspettare 45 giorni per ricevere una risposta dal governo sovietico mentre non avevamo riserve che per due settimane. Dopo 45 giorni, e in seguito alle nostre reiterate sollecitazioni ufficiali, il governo sovietico, invece delle 50.000 tonnellate di cereali che gli avevamo chiesto, ce ne accordò solo 10.000, pari al fabbisogno per 15 giorni, e stabilì la consegna per settembre e ottobre. Era una aperta pressione esercitata contro il nostro Partito per piegarlo alla volontà dei compagni sovietici.

In quei giorni difficili, potemmo costatare bene molte cose. Com'era possibile che l'Unione Sovietica, che vendeva cereali al mondo intero, non ne avesse 50.000 tonnellate da fornire al popolo albanese, un popolo fratello, fedele al popolo sovietico, al marxismo-leninismo e al campo socialista, in un momento in cui, per motivi che non potevano essergli imputati, era minacciato dalla carestia? Il compagno Krusciov ci aveva detto in passato: "Non preoccupatevi per il grano, ill grano che voi consumate in un anno da noi lo mangiano i topi". In Unione Sovietica i topi potevano mangiare, il popolo albanese invece doveva morire di fame fino a che la direzione del Partito del Lavoro d'Albania non si fosse piegata alla volontà  della direzione sovietica. Ciò è terribile, compagni, ma è la verità. Se ne fosse a conoscenza, il popolo sovietico non perdonerebbe mai questo modo di agire dei suoi dirigenti, poiché questo comportamento non è né marxista, né internazionalista, né fraterno. E non è fraterno neanche il rifiuto di un accordo di clearing per l'acquisto di cereali che, per comprare dall'Unione Sovietica il pane necessario alla sopravvivenza ci obbliga a impiegare la modesta riserva aurea della Banca nazionale.

Queste azioni sono collegate le une alle altre; non sono affatto casuali. Negli ultimi giorni, in particolare, gli attacchi del compagno Krusciov nei confronti del nostro Partito del Lavoro hanno raggiunto il parossismo. Compagno Krusciov, il 6 novembre avete dichiarato che: "Gli albanesi si comportano con noi proprio come Tito". E ai compagni cinesi avete detto: "Noi abbiamo perso l'Albania, e voi cinesi l'avete vinta", e per finire avete detto che "il Partito del Lavoro d'Albania è il nostro anello debole".

Che cosa sono queste accuse mostruose, questi modi di trattare da "mercante" nei confronti del nostro Partito, del nostro popolo e di un paese socialista, come se lo si potesse perdere e vincere come su un tavolo da gioco? Cosa sono questi giudizi su di un partito fratello, che sarebbe, secondo voi, un anello debole del movimento comunista internazionale? Per noi è chiaro e comprendiamo anche troppo bene che la nostra giusta posizione di principio marxista-leninista, il coraggio che abbiamo di dissentire da voi e di condannare le vostre azioni riprovevoli vi spinge ad attaccare il nostro Partito, a mettere in atto ogni sorta di pressioni su di esso a proferire anche le più inverosimili mostruosità al suo indirizzo. Non vi è in questo modo di agire niente di fraterno, niente di comunista. Voi ci paragonate ai revisionisti jugoslavi. Ma tutti sanno come il nostro Partito ha combattuto e continua a combattere i revisionisti jugoslavi. Non siamo noi che agiamo come gli jugoslavi, ma piuttosto voi, compagno Krusciov, che impiegate contro il nostro Partito metodi estranei al marxismo-leninismo. Voi considerate l'Albania come una merce che chiunque può acquisire o perdere. Vi fu un tempo, è vero, in cui l'Albania era considerata così, quando altri pensavano che dipendesse da loro se l'Albania esisteva o meno, ma quel tempo è finito da quando le idee del marxismo-leninismo hanno trionfato nel nostro paese. Voi state ripetendo la stessa cosa quando dite di "aver perso" l'Albania e che qualcun altro l'ha "presa" o che l'Albania non è più un paese socialista, come risulta dalla lettera che ci avete consegnato l'8 novembre, in cui il nostro paese non è menzionato come paese socialista.

Che l'Albania avanzi sulla via del socialismo e faccia parte del campo del socialismo, non siete voi, compagno Krusciov, a deciderlo, ciò non dipende affatto dalla vostra volontà. E' il popolo albanese, con alla testa il suo Partito del Lavoro, che l'ha deciso con la sua lotta, e non vi è forza al mondo che possa farlo deviare da questa strada.

Quanto al vostro giudizio secondo cui il nostro Partito del Lavoro sarebbe l'anello più debole del campo socialista e del movimento comunista internazionale, rispondiamo che i venti anni di storia del nostro Partito, la lotta eroica del nostro popolo e del nostro Partito contro gli invasori fascisti, i sedici anni che sono trascorsi dalla Liberazione e nel corso dei quali il nostro Partito e il nostro piccolo popolo hanno tenuto testa a tutte le tempeste, provano il contrario. Circondata da nemici, come un'isola in mezzo ai flutti, la Repubblica Popolare d'Albania, ha resistito valorosamente a tutti gli attacchi e a tutte le provocazioni degli imperialisti e dei loro servi. Come una roccia di granito ha tenuto e tiene alta la bandiera del socialismo nelle retrovie nemiche. Voi compagno Krusciov, avete levato la mano contro un piccolo paese e il suo Partito, ma noi siamo convinti che il popolo sovietico, che ha versato il proprio sangue anche per la libertà del nostro popolo, e il grande Partito di Lenin non approveranno questo vostro modo di agire. Noi abbiamo piena fiducia nel marxismo-leninismo, siamo certi che i partiti fratelli, che hanno inviato i loro rappresentanti a questa riunione, esamineranno e giudicheranno questa questione con spirito di giustizia marxista-leninista.

Il nostro Partito ha sempre considerato il Partito Comunista dell'Unione Sovietica come un padre, perché è il partito più vecchio, il glorioso partito dei bolscevichi e l'ha considerato tale per la sua esperienza universale, per la sua grande maturità. Ma il nostro Partito non ha mai accettato e non accetterà mai che qualche dirigente sovietico, chiunque egli sia, gli imponga le sue concezioni se le ritiene errate.

La dirigenza sovietica ha affrontato questa importante questione di principio in modo del tutto sbagliato, idealista, e metafisico; si è montata la testa in seguito ai successi colossali riportati dal popolo sovietico e dal Partito Comunista dell'Unione Sovietica e infrange i principi marxisti-leninisti, si considera infallibile, ritiene perfetta e immutabile ogni sua decisione, ogni azione, ogni parola e ogni gesto. Gli altri sì, possono sbagliare, gli altri sono da condannare, essa è al di sopra di ogni critica. "Le nostre decisioni sono sacre, sono inviolabili". "Non possiamo fare nessuna concessione, nessun compromesso col Partito Comunista Cinese", questo hanno detto i dirigenti del Partito Comunista dell'Unione Sovietica ai nostri rappresentanti. Allora perché ci hanno convocato a Bucarest? Certamente con lo scopo di farci votare ad occhi chiusi i punti di vista della dirigenza sovietica. E questo modo di agire sarebbe marxista? Un tale atteggiamento sarebbe normale?

Si possono tollerare atti di sabotaggio da parte di un partito contro un altro partito per spezzare l'unità di quest'ultimo, rovesciare la sua direzione e quella dello Stato? Mai! I dirigenti sovietici hanno accusato il compagno Stalin di aver interferito in altri partiti per imporre ad altri i punti di vista del Partito bolscevico. Noi possiamo testimoniare che in nessuna circostanza mai il compagno Stalin ha agito in questo modo verso il popolo albanese e il Partito del Lavoro d'Albania, ma si è sempre comportato come un grande marxista, un eminente internazionalista, un compagno, un fratello e un amico sincero del popolo albanese. Nel 1945, quando il nostro popolo era minacciato dalla carestia, il compagno Stalin dirottò le navi cariche di cereali destinati al popolo sovietico, che all'epoca soffriva anch'esso di una gravissima penuria di viveri, per inviarle subito al popolo albanese. La direzione sovietica attuale invece si è abbassata a queste azioni ignobili.

Pressioni economiche di questo tipo sono forse ammissibili? E' ammissibile che il popolo albanese venga minacciato dalla direzione sovietica, come è avvenuto dopo l'incontro di Bucarest? No, assolutamente no...

Noi sappiamo che l'aiuto prestato al nostro piccolo popolo, che prima della guerra era immerso in una miseria profonda e generale, a un popolo il cui paese fu messo a ferro e fuoco durante la seconda guerra mondiale ma che senza piegare il capo e sotto la gloriosa guida del Partito comunista d'Albania combatté con grande eroismo fino alla liberazione è un aiuto internazionalista.

Perchè dunque l'atteggiamento della direzione sovietica nei nostri riguardi è cambiato dopo Bucarest, al punto da lasciare che il popolo albanese soffra la fame? I dirigenti romeni hanno agito allo stesso modo, rifiutando di consegnare, nel quadro di un accordo di clearing, anche un solo chicco di grano al nostro popolo, mentre la Romania esportava cereali nei paesi capitalisti e noi eravamo costretti ad acquistarli in Francia pagandoli in valuta straniera.

Alcuni mesi prima della Riunione di Bucarest, il compagno Dej invitò espressamente una delegazione del nostro Partito al preciso scopo di confrontarsi sulle prospettive di sviluppo dell'Albania. Era una iniziativa encomiabile e marxista da parte sua. Il compagni Dej disse alla delegazione del nostro Partito: "Noi, gli altri paesi a democrazia popolare, non dobbiamo più discutere l'ammontare del credito da accordare all'Albania, ma dobbiamo decidere che in Albania vanno costruite determinate fabbriche per portare e mezzi di produzione a un livello più alto, senza preoccuparsi di quanto verrà a costare, perchè questo non ha importanza". "Ne abbiamo parlato anche con il compagno Krusciov - aggiunse il compagno Dej - e ci siamo trovati d'accordo".

Poi ci fu la riunione di Bucarest e il nostro Partito prese la posizione che tutti conoscete. I compagni romeni dimenticarono quello che avevano detto prima e scelsero di lasciare che il popolo albanese soffrisse la fame.

Noi abbiamo messo al corrente ufficialmente il Comitato Centrale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica di queste questioni; non le abbiamo sollevate in una discussione pubblica, non le abbiamo sussurrate all'orecchio di nessuno ma le riveliamo qui per la prima in questa riunione dei partiti. Perché solleviamo queste questioni? Siamo mossi dal desiderio di por fine a queste manifestazioni  negative che, lungi dal rafforzarla, indeboliscono invece la nostra unità. Siamo mossi dal desiderio di veder rafforzati i rapporti e i vincoli marxisti-leninisti fra i partiti comunisti e operai, fra gli stati socialisti, spazzando via ogni manifestazione nociva che sia potuta apparire fino ad oggi. Noi siamo ottimisti e fermamente convinti che i compagni sovietici, come pure gli altri compagni, capiranno in modo giusto le nostre critiche. Esse sono severe ma franche e aperte, e mirano a rafforzare i nostri rapporti. Il nostro Partito e il nostro popolo, nonostante gli atteggiamenti ingiusti e nocivi tenuti nei nostri riguardi, che siamo fiduciosi di vedere cessare in futuro, rinsalderà ancora di più l'affetto illimitato e la lealtà verso il popolo sovietico, il Partito Comunista dell'Unione Sovietica e tutti i popoli e i partiti comunisti e operai del campo socialista; un attaccamento e una devozione che avranno sempre per base gli insegnamenti marxisti-leninisti.

Il nostro Partito concepisce l'amicizia fondata sulla giustizia e sul rispetto reciproco secondo i principi marxisti-leninisti. Questo dice la Dichiarazione di Mosca del 1957 e viene sottolineato anche nel progetto di dichiarazione che ci è stato presentato. Noi dichiariamo con la massima serietà che il Partito del Lavoro d'Albania e il popolo albanese combatteranno risolutamente come hanno sempre fatto finora per rafforzare le relazioni tra i membri del campo socialista, per rafforzare la sua unità e il movimento comunista internazionale.

Il popolo albanese è pronto a gettarsi nel fuoco per i suoi veri amici. Queste non sono parole vuote che escono solo dalla mia bocca, non  faccio che esprimere qui i sentimenti del nostro popolo e del nostro Partito  e sia ben chiaro che se amiamo l'Unione Sovietica e il Partito Comunista dell'Unione Sovietica, non è per i begli occhi di qualcuno, o per far piacere a qualcuno...

Cari compagni,
Nella dichiarazione di Mosca del 1957 come anche nel progetto di dichiarazione che viene sottoposto, si sottolinea che il revisionismo costituisce oggi il principale pericolo nel movimento comunista e operaio internazionale. Nella Dichiarazione di Mosca del 1957 si sottolinea giustamente che l'origine interna del revisionismo è l'esistenza dell'influenza borghese, mentre la capitolazione di fronte alla pressione dell'imperialismo costituisce la sua origine esterna. La vita ha confermato in pieno che il revisionismo moderno, camuffato con slogans pseudo - marxisti e pseudo - rivoluzionari, si è adoperato in tutti i modi per screditare la nostra grande dottrina, il marxismo-leninismo, che esso ha proclamato come "sorpassato" e non più rispondente all'evoluzione sociale. Facendosi scudo dello slogan del marxismo creativo, delle nuove condizioni, i revisionisti si sono sforzati, da una parte, di prostrare lo spirito rivoluzionario del marxismo e di minare la fiducia della classe operaia e del popolo lavoratore nel socialismo, adoperandosi, d'altra parte, con tutti i mezzi ad abbellire l'imperialismo, presentandolo come ammansito e pacifico. I tre anni che sono trascorsi dalla Riunione di Mosca hanno pienamente confermato che i revisionisti moderni non sono che scissionisti del movimento comunista e del campo socialista, servi fedeli dell'imperialismo, nemici giurati del socialismo e della classe operaia.

La vita stessa ha dimostrato finora che il revisionismo moderno ha nei revisionisti jugoslavi, nella cricca traditrice di Tito, i suoi portabandiera, i suoi rappresentanti più aggressivi e più pericolosi. Al tempo in cui venne approvata la Dichiarazione di Mosca, sebbene a parer nostro esistessero già allora dati e fatti sufficienti per farlo, questo gruppo ostile, agente dell'imperialismo americano, non fu pubblicamente denunciato; per di più, in seguito, quando il pericolo che esso costituiva apparve più chiaramente, la lotta contro il revisionismo jugoslavo non fu condotta in modo coerente e continuo, e nemmeno con il rigore necessario per il suo annientamento ideologico e politico. Al contrario. E questa fu ed è l'origine di molti mali e di molti torti registrati nel nostro movimento comunista e operaio. Secondo il nostro Partito la ragione del fallimento nel portare fino in fondo la denuncia del gruppo revisionista di Tito e nel sorgere di "speranze" fallaci su un cosiddetto "miglioramento" e su una "svolta" positiva, di questo gruppo di traditori è stata la la tendenza conciliatrice, la concezione sbagliata e il giudizio falso del compagno Krusciov e di certi dirigenti sovietici riguardo alla pericolosiotà di questo gruppo.

Si è detto che nel giudicare i revisionisti jugoslavi e nell'esacerbare l'atteggiamento adottato nei loro confronti fu Stalin a sbagliare. Il nostro Partito non è mai stato d'accordo con tale punto vista, perché il tempo e la vita hanno dimostrato esattamente il contrario. Stalin aveva fatto una giustissima valutazione del pericolo che rappresentavano i revisionisti jugoslavi, e cercò di risolvere questo problema in tempo utile e con metodo marxista. L'Ufficio d'informazione, in quanto organo collegiale, si riunì a quell'epoca ed essendo stato smascherato il gruppo titino, fu intrapresa contro di esso una lotta senza pietà. E il tempo lo ha dimostrato e continua a dimostrare come quell'azione fu giusta e indispensabile.

Il Partito del Lavoro d'Albania è stato sempre dell'opinione ed è tuttora convinto che il gruppo di Tito è un gruppo di traditori del marxismo-leninismo, un covo di spie dell'imperialismo, un pericoloso nemico del campo socialista e di tutto il movimento comunista e operaio internazionale, e che perciò contro di esso si deve condurre una lotta spietata. Da parte nostra abbiamo condotto e continuiamo a condurre questa lotta perché siamo comunisti internazionalisti e abbiamo sentito e sentiamo ogni giorno sulle nostre spalle il peso dell'attività ostile della cricca revisionista di Tito contro il nostro Partito e il nostro paese. Ma questo atteggiamento del nostro Partito non è piaciuto e non piace al compagno Krusciov, né ad alcuni altri compagni.

Il gruppo di Tito è, da lunga data, un gruppo di trotskisti e di rinnegati. Almeno per il Partito del Lavoro d'Albania si sono rivelati tali sin dal 1942, cioè da 18 anni.

Dal 1942, quando la lotta del popolo albanese si estese, il gruppo trotskista di Belgrado, sotto la maschera dell'amicizia e approfittando della nostra buona fede, si sforzò con tutti i mezzi di impedire lo sviluppo della nostra lotta armata, di ostacolare la creazione di potenti distaccamenti partigiani albanesi d'assalto e, vedendo che non ci riusciva, tentò di prenderne direttamente la guida politica e militare. Questo gruppo cercò di fare in modo che tutte le nostre azioni dipendessero da Belgrado e che il nostro Partito, il nostro esercito partigiano fossero semplici appendici del Partito Comunista jugoslavo e dell'Esercito di Liberazione Nazionale jugoslavo.

Il nostro Partito, sempre preservando l'amicizia che lo univa ai partigiani jugoslavi, contrastò vittoriosamente questi disegni diabolici. Fu allora che il gruppo di Tito si impegnò a gettare le basi di una Federazione balcanica, posta sotto la direzione dei titini di Belgrado, per mettere i partiti comunisti dei paesi balcanici a rimorchio del Partito Comunista jugoslavo, e gli eserciti partigiani di quei popoli alle dipendenze dello Stato maggiore titino. A questo scopo, col pieno accordo degli inglesi, fu intrapreso il tentativo di creare lo Stato maggiore balcanico e di porlo, cioè di porre i nostri eserciti, sotto la direzione degli angloamericani. Il nostro Partito sventò vittoriosamente questi piani diabolici. E quando la bandiera della Liberazione fu issata a Tirana, la banda titina di Belgrado ordinò ai suoi agenti in Albania di screditare i successi del Partito Comunista d'Albania e di organizzare un putsch allo scopo di rovesciare la direzione del Partito, quella stessa direzione che aveva organizzato il Partito, guidato la Lotta di Liberazione Nazionale e condotto il popolo albanese alla vittoria. Fu Tito, con i suoi agenti segreti nel nostro Partito, ad organizzare il suo primo putsch [5] nel nostro paese. Ma il Partito Comunista d'Albania fece fallire questo complotto di Tito.

Nonostante ciò i cospiratori di Belgrado non deposero le armi, e in collusione con il traditore Koci Xoxe, loro principale agente nel nostro Partito, ripresero, sotto nuove forme, l'organizzazione del loro complotto contro la nuova Albania. Il loro scopo era di fare dell'Albania la settima repubblica Jugoslava.

Proprio nel periodo in cui il paese era devastato, annichilito e bisognava ricostruirlo dalle fondamenta, in cui il nostro popolo era senza pane e senza rifugio, ma animato da un morale alto, in cui il nostro popolo e il nostro esercito, armi alla mano, vigilavano contro i complotti della reazione organizzati dalle missioni angloamericane, che minacciavano l'Albania di nuove invasioni, e una grande parte dell'Esercito partigiano albanese aveva valicato la frontiera dell'Albania per andare in aiuto ai fratelli jugoslavi, per combattere a loro fianco e liberare insieme il Montenegro, la Bosnia, l'Erzegovina, il Kosovo e Metohia e la Macedonia; i cospiratori di Belgrado ordivano nuovi piani per asservire l'Albania.

Ma il nostro Partito ha tenuto testa eroicamente a questi agenti camuffati da comunisti. I trotskisti di Belgrado, vedendo che perdevano la partita, che i loro complotti venivano annientati dal nostro Partito, giocarono la loro ultima carta: tentarono di invadere militarmente l'Albania, di soffocare la resistenza, di arrestare i dirigenti del Partito del Lavoro d'Albania e dello stato albanese e di dichiarare l'Albania settima repubblica della Jugoslavia. Il nostro Partito sventò, come gli altri, anche questo diabolico piano. L'appoggio e l'intervento di Stalin in quei momenti furono decisivi per il nostro Partito e per la libertà del popolo albanese.

Fu precisamente in quel momento che la cricca di Tito venne smascherata dall'Ufficio di Informazione. L'Ufficio d'Informazione fece fallire i complotti della cricca di Tito non solamente in Albania, ma anche negli altri paesi a democrazia popolare. Mascherati da comunisti, Tito e la sua banda, questi rinnegati e agenti dell'imperialismo, tentarono di rompere l'amicizia e l'alleanza di lotta che univano i paesi a democrazia popolare dei Balcani e dell'Europa centrale all'Unione Sovietica, di distruggere i partiti comunisti e operai dei nostri paesi e di trasformare i nostri Stati in riserve dell'imperialismo angloamericano.

Chi non conosceva e non vedeva allora in azione questi piani ostili dell'imperialismo e del suo fedele servitore Tito? Tutti ne erano a conoscenza, tutti ne furono informati e tutti approvarono unanimemente le giuste decisioni dell'Ufficio d'Informazione, tutti, senza eccezione, approvarono le risoluzioni dell'Ufficio d'Informazione  che, secondo il nostro punto di vista, erano e sono rimaste giuste.

Coloro che non vollero vedere e comprendere le azioni di questa banda, provarono per la seconda volta, con la controrivoluzione in Ungheria e con gli incessanti complotti in Albania, che il lupo cambia il pelo ma non il vizio. Tito e la sua banda possono ricorrere agli  inganni, possono mettersi la maschera, ma restano pur sempre traditori e agenti dell'imperialismo, assassini degli eroici comunisti internazionalisti jugoslavi. Essi rimarranno tali, finché non verranno annientati.

Quanto alle decisioni prese contro il gruppo rinnegato di Tito dall'Ufficio d'Informazione, il Partito del Lavoro d'Albania non le considera adottate personalmente dal compagno Stalin, ma da tutti i Partiti che facevano parte dell'Ufficio d'Informazione, e anche dai Partiti Comunisti e Operai che non ne facevano parte. Tale questione, concernente tutti i partiti comunisti e operai, toccava di conseguenza anche il Partito del Lavoro d'Albania, che, avendo ricevuto e studiato la lettera indirizzata da Stalin e Molotov al Comitato centrale del Partito Comunista jugoslavo, si dichiarò pienamente concorde con quella lettera e con le decisioni dell'Ufficio d'Informazione.

Perché allora il "cambiamento della posizione" riguardo ai revisionisti jugoslavi operato dal compagno Krusciov e dal Comitato centrale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica nel 1955 non ha dato luogo ad una consultazione regolare con gli altri Partiti Comunisti e Operai, ma è stato concepito e messo in atto in modo così ostile e unilaterale? Quella era una questione che riguardava tutti. O i revisionisti jugoslavi si erano opposti al marxismo-leninismo e ai partiti comunisti e operai del mondo, oppure essi non l'avevano fatto; o avevano torto loro, oppure eravamo noi che avevamo commesso un errore nei loro riguardi, e non soltanto Stalin. Questa faccenda il compagno Krusciov non poteva, né doveva risolverla da solo, a modo suo. E' comunque ciò che egli fece, rilanciando con un voltafaccia i rapporti con i revisionisti jugoslavi nel suo viaggio a Belgrado. Questa iniziativa ebbe l'effetto di una bomba per il Partito del Lavoro d'Albania ed esso vi si oppose immediatamente in maniera categorica.  Prima della partenza, nel maggio 1955, del compagno Krusciov per Belgrado, il Comitato centrale del Partito del Lavoro d'Albania indirizzò al Comitato centrale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica una lettera nella quale veniva espressa l'opposizione del nostro Partito a questo viaggio e si sottolineava che la questione jugoslava non poteva essere risolta unilateralmente, ma che doveva essere discussa in una riunione dell'Ufficio d'Informazione, alla quale il Partito del Lavoro d'Albania chiedeva di partecipare come invitato. Era in quella sede che tale questione doveva essere decisa dopo un approfondito e giusto dibattito.

Certo, dal punto di vista della forma, non spettava a noi decidere se il compagno Krusciov dovesse fare o no questo viaggio a Belgrado, per cui  non insistemmo più in merito ma, nella sostanza, noi avevamo ragione e il tempo ha confermato che la questione jugoslava non doveva essere risolta così affrettatamente. Si lanciò lo slogan degli "interessi che si sovrappongono", la seconda risoluzione dell'Ufficio d'Informazione fu rapidamente annulata, si inaugurò "l'epoca della riconciliazione" con "i compagni jugoslavi", si revisionò il caso dei cospiratori, che furono riabilitati, non si fece che parlare con calore dei "compagni jugoslavi", e i "compagni jugoslavi", completamente assolti, alzarono la cresta, si misero a strombazzare che la loro "giusta causa" aveva trionfato, che era stato "Stalin, quel criminale" ad ordire tutte quelle accuse contro di loro, e si creò così una situazione in cui chiunque rifiutasse di condividere questa nuova linea veniva trattato da "stalinista" e doveva essere eliminato.

Il nostro Partito si oppose all'adozione di una simile linea conciliatrice ed opportunista. Esso si mantenne sulle giuste posizioni ideologiche marxiste-leniniste, sulle posizioni della lotta ideologica e politica contro il revisionismo jugoslavo. Il Partito del Lavoro d'Albania restò fermo sulla sua convinzione che il gruppo di Tito era un gruppo di traditori, rinnegati, trotskisti, agenti eversivi al soldo degli americani, e che il Partito del Lavoro d'Albania non si era sbagliato nei suoi riguardi.

Il Partito del Lavoro d'Albania restò fermo sulle sue convinzioni secondo cui il compagno Stalin non si era sbagliato su tale questione; che i revisionisti, seguendo la loro linea di tradimento, avevano tentato di asservire l'Albania, di distruggere il Partito del Lavoro d'Albania e che, tramando contro il nostro paese una serie di complotti internazionali in collusione con gli imperialisti angloamericani, essi cercavano di coinvolgere l'Albania in conflitti internazionali.

D'altra parte il Partito del Lavoro d'Albania era favorevole a stabilire con la Repubblica Popolare Federativa di Jugoslavia rapporti statali di buon vicinato, relazione commerciali e culturali, purchè le norme della coesistenza pacifica tra stati e regimi differenti fossero state rispettate, perché per il Partito del Lavoro d'Albania la Jugoslavia di Tito non è mai stata, non è e non sarà mai un paese socialista, fintanto che essa avrà alla sua testa un gruppo di rinnegati e di agenti dell'imperialismo.

Nessun tentativo aperto o mascherato poté allontanare il Partito del Lavoro d'Albania da queste giuste posizioni. Inutilmente il Comitato centrale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica, tramite il compagno Suslov, si impegnò a convincerci di non rievocare la questione di Koci Xoxe nel rapporto di attività che noi dovevamo presentare al nostro III Congresso nel Maggio 1956, il che avrebbe significato, da parte nostra, rinnegare la lotta per le nostre posizioni di principio.

In Albania i titini trovarono pane per i loro denti, o come dice Tito, "l'Albania divenne "un bastone tra le ruote" e naturalmente il gruppo traditore titino proseguì la sua lotta contro il Partito del Lavoro d'Albania, credendo di metterci in difficoltà definendoci "stalinisti".

Il gruppo di Belgrado non si limitò a combatterci con la sola propaganda, ma continuò le sue azioni di spionaggio, i suoi atti eversivi, i suoi complotti; inviò bande armate nel nostro paese e si mostrò ancor più attivo di quel che non fosse prima del 1948. Questi sono i fatti. Ma la tragedia sta nel fatto che mentre da un lato il Partito del Lavoro d'Albania, si doveva difendere dagli aspri e incessanti attacchi dei revisionisti jugoslavi, dall'altra parte, l'atteggiamento fermo, di principio, marxista-leninista del nostro Partito si doveva opporre agli atteggiamenti concilianti tenuti nei confronti dei revisionisti jugoslavi dai dirigenti sovietici e da alcuni altri partiti comunisti e operai.

Allora si affermava a gran voce e si scriveva che "la Jugoslavia è un paese socialista, questo è innegabile", che "i comunisti jugoslavi hanno una vasta esperienza e grandi meriti", che "l'esperienza jugoslava merita un maggiore interesse e deve essere studiata più attentamente", che "il periodo dei dissensi e dei malintesi non era stato causato dalla Jugoslavia e che nei suoi confronti era stata commessa una grave ingiustizia" e via di questo passo.  Questi atteggiamenti, naturalmente, rincuorarono la cricca di Tito che credette di aver vinto su tutta la linea; tranne che per quel "bastone tra le ruote" che essa intendeva isolare e in seguito liquidare. E tuttavia questo non solo non portò all'isolamento e tanto meno alla liquidazione del nostro Partito, ma anzi il tempo ha al contrario, i tempi ha confermato che la posizione del nostro Partito era corretta.

A causa della posizione assunta, il nostro partito è stato oggetto di innumerevoli pressioni. La direzione albanese fu giudicata "collerica", "ostinata", fu accusata di "gonfiare" l'importanza di queste controversie con la Jugoslavia, di "provocare ingiustamente" gli jugoslavi, ecc. L'attacco contro il nostro Partito in questa direzione è stato condotto dal compagno Krusciov.

Più sopra ho brevemente rievocato le manovre dei revisionisti jugoslavi contro il nostro Partito e il nostro paese, durante la guerra e subito dopo e dopo il 1948; ma mi soffermerò anche, brevemente, sugli avvenimenti che precedettero la controrivoluzione in Ungheria, che fu opera degli agenti jugoslavi. Il gruppo traditore di Belgrado incominciò ad organizzare una controrivoluzione anche in Albania. Se il nostro Partito avesse  commesso l'errore di entrare nel "valzer della riconciliazione" con i revisionisti jugoslavi, come gli si predicava dal 1955, la democrazia popolare in Albania sarebbe stata perduta. Noi Albanesi, non saremmo oggi in questa sala, ma staremmo ancora combattendo sulle nostre montagne.

Il nostro Partito e il nostro popolo, fusi in un'unità d'acciaio, dando prova di una grande vigilanza, scoprirono e smascherarono le spie di Tito infiltrate nel nostro Comitato Centrale, che lavoravano in accordo con la Legazione jugoslava a Tirana. Tito fece sapere a questi traditori che si erano spinti troppo oltre e che avrebbero dovuto attendere sue istruzioni. Questi traditori e spie scrissero anche al compagno Krusciov domandandogli di intervenire contro il Comitato Centrale del Partito del Lavoro d'Albania. Questi sono fatti documentati. Il disegno di Tito era di coordinare la controrivoluzione in Albania con la controrivoluzione in Ungheria.

Qualche tempo dopo il XX Congresso del Partito Comunista dell'Unione Sovietica si doveva tenere il nostro III Congresso. L'agenzia jugoslava di spionaggio in Albania pensò fosse venuto il momento di rovesciare la direzione albanese "ostinata e stalinista" e organizzò il complotto che fu scoperto e schiacciato alla Conferenza di Partito  della città di Tirana nell'Aprile 1956. I cospiratori ricevettero la severa punizione che meritavano.

Altri agenti pericolosi di Tito in Albania, Dali Ndreu e Liri Gega, ricevettero da lui l'ordine di riparare in Jugoslavia poiché "erano in pericolo" e le azioni contro il nostro Partito "dovevano essere organizzate in territorio jugoslavo". Il nostro Partito era pienamente a conoscenza dell'attività di Tito e dei suoi ordini segreti. Vigilava e prese i traditori alla frontiera mentre tentavano di fuggire. Essi furono processati e fucilati. Tutti gli agenti jugoslavi che preparavano la controrivoluzione in Albania furono scoperti e completamente annientati. Con nostro stupore, il compagno Krusciov si erse a difensore di questi traditori e agenti jugoslavi: ci accusò di aver fatto fucilare l'agente jugoslava, la traditrice Liri Gega, mentre era, a suo dire, "in stato di gravidanza", cosa  che "non aveva precedenti nemmeno all'epoca dello zar, e aveva prodotto, una impressione molto negativa presso l'opinione pubblica mondiale". Queste erano calunnie degli jugoslavi, ai quali il compagno Krusciov aveva creduto anziché credere a noi. Beninteso, noi respingemmo queste insinuazioni del compagno Krusciov.

Ma l'atteggiamento ingiusto, contrario ai principi e ostile del compagno Krusciov nei riguardi del nostro Partito e della sua direzione, non si limitò a questo. Panajot Plaku, un altro agente jugoslavo, traditore del Partito del Lavoro d'Albania e del popolo albanese, riparò in Jugoslavia e si mise al servizio degli jugoslavi. Egli organizzò le trasmissioni ostili dalla stazione radiofonica chiamata "Albania socialista", Questi scrisse al rinnegato Tito e al compagno Krusciov, domandando espressamente a quest'ultimo di avvalersi della propria autorità per liquidare la direzione albanese, a cominciare da Enver Hoxha, perché noi saremmo "anti-marxisti" e "stalinisti". Il compagno Krusciov, lungi dall'indignarsi per la lettera di questo traditore, pensò al contrario che costui doveva poter rientrare in Albania senza esservi disturbato o, altrimenti, che avrebbe potuto trovare asilo politico in Unione Sovietica. Apprendendo questo proposito, noi avemmo l'impressione che i muri del Kremlino ci crollassero addosso, perché non avremmo mai potuto immaginare che il primo segretario del Comitato Centrale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica potesse giungere al punto di sostenere gli agenti di Tito e i traditori del nostro Partito, contro il nostro Partito e il nostro popolo.

Ma le nostre divergenze di principio con il compagno Krusciov sulla questione jugoslava raggiunsero il punto culminante quando, di fronte alle nostre insistenze di principio perché fosse smascherata l'agenzia titina di spionaggio di Belgrado, egli si indignò a tale punto, che nel corso delle conversazioni ufficiali dell'Aprile 1957 tra le nostre due delegazioni, ci disse, con collera: "Interrompiamo i nostri colloqui, noi non possiamo intenderci con voi. Voi cercate di riportarci sulla via di Stalin".

Noi, da parte nostra, eravamo disgustati dall'atteggiamento niente affatto amichevole del compagno Krusciov, che cercava di interrompere i colloqui, in altri termini, di inasprire i rapporti con il Partito e lo Stato albanese sulla questione dei traditori del marxismo-leninismo, del gruppo di Tito. Noi non potevamo in alcun modo condividere questo atteggiamento, e pertanto, benché accusati di essere delle teste calde, conservammo la nostra calma perché eravamo convinti di essere noi e non il compagno Krusciov nel giusto, che la linea giusta era quella che noi seguivamo e non quella del compagno Krusciov, che la fondatezza della nostra linea sarebbe stata dimostrata una volta di più dagli avvenimenti, come è successo in effetti molte volte.

Secondo noi, la controrivoluzione in Ungheria fu principalmente opera dei titini. Gli imperialisti americani avevano in Tito e nei rinnegati di Belgrado la migliore arma per disttruggere la democrazia popolare in Ungheria.

Dopo il viaggio del compagno Krusciov a Belgrado nel 1955, la questione dell'attività sovversiva di Tito fu passata sotto silenzio. La controrivoluzione in Ungheria non scoppiò casualmente e improvvisa­mente; essa fu preparata, possiamo dire, molto apertamente e alla luce del sole e nessuno riuscirà a convincerci che essa fosse stata preparata nel più grande segreto. La controrivoluzione  fu organizzata dall'agenzia spionistica della banda di Tito, in collusione con il traditore Imre Nagy, e con i fascisti ungheresi, che, tutti insieme, agivano apertamente sotto la direzione degli americani.

I titini, principali fautori della controrivoluzione ungherese, progettavano di staccare l'Ungheria dal nostro campo socialista, di trasformarla in una seconda Jugoslavia, di associarla alla NATO con la mediazione della Jugoslavia, della Grecia e della Turchia, di assoggettarla all'aiuto degli Stati Uniti d'America e di farle proseguire la lotta contro il campo socialista, unita alla Jugoslavia e sotto la direzione dell'imperialismo.

I controrivoluzionari in Ungheria lavoravano alla  luce del sole. Come mai i loro maneggi non furono notati da nessuno? Noi non possiamo capire come mai in un paese fraterno di democrazia popolare come l'Ungheria, dove il Partito è al potere e dispone delle armi della dittatura del proletariato e dove stazionavano anche truppe sovietiche, Tito e le bande horthyste abbiano potuto lavorare così liberamente.

Noi pensiamo che le posizioni del compagno Krusciov e degli altri compagni sovietici nei riguardi dell'Ungheria non sono state chiare, per il fatto che i loro punti di vista completamente errati sulla banda di Belgrado impedivano loro di avere una giusta visione di tali questioni.

I compagni sovietici si fidavano di Imre Nagy, l'uomo di Tito. E ciò che noi diciamo non sono vane affermazioni. Prima che scoppiasse la controrivoluzione e quando la caldaia ribolliva al "Club Petofi", io fui di passaggio a Mosca e nel corso di un colloquio che ebbi con il compagno Suslov, lo misi al corrente di ciò che avevo visto passando per Budapest; gli dissi anche che il revisionista Imre Nagy stava muovendosi per organizzare la controrivoluzione col "Club Petofi". Il compagno Suslov respinse categoricamente il mio punto di vista e, per dimostrarmi che Imre Nagy era un uomo per bene, tolse da un cassetto, mostrandomela, "l'autocritica fresca fresca di Imre Nagy". Ciò nonostante, io ripetei al compagno Suslov che Imre Nagy era un traditore.

Noi abbiamo anche un altro motivo di stupore e poniamo questa domanda legittima: perché il compagno Krusciov e i compagni sovietici sono andati numerose volte a Brioni per incontrarvi il rinnegato Tito a proposito dell'affare ungherese? Se i compagni sovietici sapevano che i titini preparavano la controrivoluzione in un paese del nostro campo, era forse lecito che i dirigenti dell'Unione Sovietica andassero a intrattenersi con un nemico che fomentava complotti e controrivoluzioni nei paesi socialisti?

Come Partito comunista, come stato a democrazia popolare, come membri del Trattato di Varsavia e del campo socialista, dobbiamo chieder al compagno Krusciov e ai compagni sovietici il motivo di tutti questi incontri a Brioni nel 1956 con Tito, questo traditore del marxismo-leninismo, mentre non si sono incontrati neanche una volta con i rappresentanti dei nostri paesi e non hanno organizzato una sola riunione dei paesi del Trattato di Varsavia.

Noi pensiamo che il fatto di intervenire o no con le armi in Ungheria sia una questione che non deve essere rimessa al giudizio di una sola persona. Dal momento che noi abbiamo creato il Trattato di Varsavia dobbiamo prendere le decisioni che ci concernono in comune, altrimenti è inutile parlare di alleanze, di collegialità e di cooperazione tra i partiti. La controrivoluzione ungherese è costata del sangue al nostro campo, è costata del sangue all'Ungheria e all'Unione Sovietica.

Perchè si è permesso questo spargimento di sangue e non si sono prese misure per prevenirlo? Noi pensiamo che nessuna misura preliminare poteva essere presa, dal momento che il  compagno Krusciov e i compagni sovietici avevano fiducia nell'organizzatore della controrivoluzione ungherese, nel traditore Tito, e trascuravano completamente le riunioni regolari indispensabili con i loro amici, con i loro alleati, dal momento che giudicavano giuste solo le proprie decisioni sulle questioni che ci riguardano tutti, senza dare la minima importanza al lavoro e alle decisioni collegiali.

Il Partito del Lavoro d'Albania non ha informazioni precise su questa vicenda, su come si sviluppò e come furono prese le decisioni. Mentre i titini tengono colloqui a Brioni con i compagni sovietici e intanto organizzano febbrilmente la controrivoluzione in Ungheria e in Albania, i compagni sovietici non si preoccupano affatto di mettere al corrente la nostra direzione, non fosse che per rispetto della forma, visto che siamo alleati, di ciò che accade e delle misure intendono prendere. Questa non è una questione formale. I compagni sovietici sapevano molto bene quali fossero i piani della banda di Belgrado nei confronti dell'Albania. Infatti, l'atteggiamento dei compagni sovietici non è soltanto biasimevole ma anche incomprensibile.

L'affare ungherese ci è servito da preziosa lezione, per ciò che è successo sia apertamente, che dietro le quinte. Noi pensiamo che la controrivoluzione ungherese provi più che a sufficienza il tradimento di Tito e della sua banda. Sappiamo che numerosi documenti che smascherano la barbara attività del gruppo di Tito nell'affare ungherese sono chiusi nei cassetti e non vengono divulgati. Noi non comprendiamo perché si agisce in questo modo. Quali interessi si nascondono dietro questi documenti che non vengono rivelati ma sono rigorosamente chiusi nei cassetti? Dopo la morte di Stalin si sono cercati i più insignificanti documenti per condannarlo, ma si chiudono nelle casseforti i documenti che smascherano quel vile traditore di Tito.

Tuttavia, anche dopo la controrivoluzione ungherese la lotta politica e ideologica contro la banda di Tito, invece di essere intensidicata, come richiede il marxismo-leninismo, si è andata attenuando verso la riconciliazione, i sorrisi, i contatti, per arrivare quasi agli abbracci. Infatti, i titini, grazie a questo atteggiamento opportunista tenuto nei loro confronti, riuscirono a superare anche quella crisi.

Il Partito del Lavoro d'Albania si oppose alla linea di condotta del compagno Krusciov e degli altri compagni nei confronti dei revisionisti jugoslavi. Il nostro Partito continuò la sua lotta contro i revisionisti con forza ancora maggiore. Numerosi amici e compagni, e in primo luogo i compagni sovietici e bulgari, incapaci di attaccare la nostra giusta linea, ci deridevano, sorridevano ironicamente e con i loro contatti amichevoli con i titini, isolavano ovunque i nostri rappresentanti.
Noi speravamo che dopo il VII Congresso titino anche i ciechi e tanto più i marxisti, avrebbero visto con chi avevano a che fare e che cosa dovessero fare. Purtroppo ciò non avvenne. Non occorse molto tempo, dopo il VII Congresso titino, perché la denuncia del revisionismo si affievolisse, le riviste teoriche sovietiche parlavano di ogni sorta di revisionismo, compreso quello di Honolulu, ma non dicevano praticamente niente del revisionismo jugoslavo. "Cercavano le tracce del lupo, ma ce l'avevano davanti". Si lanciarono messaggi tipo "non parliamo più di Tito e  del suo gruppo, perchè li facciamo solo sentire iimportanti", "non parliamo più di Tito e del suo gruppo perché facciamo torto al popolo jugoslavo", "non parliamo dei rinnegati titini, perché Tito trae vantaggio dalle nostre parole per mobilitare il popolo jugoslavo contro il nostro campo", ecc. Un buon numero di partiti fecero propri questi slogans ma il nostro Partito non li seguì su questa via, e noi pensiamo di aver agito correttamente.

Si creò una tale situazione che la stampa dei paesi amici non accettava di inserire articoli di collaboratori albanesi se non a condizione che non si accennasse ai revisionisti jugoslavi. In tutti i paesi a democrazia popolare europei, ad eccezione della Cecoslovacchia, dove i compagni giudicarono nell'insieme correttamente le nostre azioni, i nostri ambasciatori furono indirettamente isolati, poiché i diplomatici dei paesi amici preferivano conversare con i diplomatici titini mentre detestavano i nostri e non volevano vederli.

Le cose giunsero al punto che il compagno Krusciov fece della questione jugoslava una condizione per la sua venuta  in Albania, alla testa di una delegazione del Partito e del Governo sovietico, nel maggio del 1959. Le prime parole del compagno Krusciov, all'inizio delle conversazioni a Tirana, furono dette per avvertire i partecipanti che non avrebbe parlato contro i revisionisti jugoslavi, cosa che nessuno del resto lo obbligava a fare; ma questa dichiarazione significava chiaramente il suo disaccordo con il Partito del Lavoro d'Albania su tale questione.

Noi rispettammo il suo desiderio, come quello di un'ospite, sintanto che soggiornò in Albania, indipendentemente dal fatto che la stampa titina, che si rallegrava oltre misura di questo atteggiamento, non mancò di dire che Krusciov aveva chiuso il becco agli albanesi. Nei fatti, ciò non corrispondeva alla realtà, ma il compagno Krusciov era molto lontano dal coinvolgerci nelle sue opinioni  su tale questione e i titini appresero chiaramente, dopo la partenza dell'ospite, che il Partito del Lavoro d'Albania non era più legato alle condizioni che Krusciov aveva poste e che esso proseguiva la sua via marxista-leninista.

Il compagno Krusciov, nei suoi colloqui con Vukmanovic Tempo, fra le altre cose, ha paragonato i nostri atteggiamenti dal punto di vista del tono, a quelli degli jugoslavi, ritenendoli identici e dicendo di non essere d'accordo con il tono degli Albanesi. Noi consideriamo errato e riprovevole ciò che il compagno Krusciov ha detto a Vukmanovic Tempo, nemico del marxismo, del campo socialista e dell'Albania. Noi diciamo: "Ciascuno va trattato come merita", e da parte nostra non siamo d'accordo con il tono conciliante del compagno Krusciov nei riguardi dei revisionisti. Il popolo dice che davanti al nemico si deve alzare la voce, e davanti alla persona amata deve scorrere il miele dalle labbra.

Alcuni compagni che hanno idee sbagliate affermano che noi teniamo un simile atteggiamento verso i titini per il  fatto che vorremmo tener noi la bandiera della lotta contro il revisionismo o perché abbiamo una visione limitata di questo problema, considerandolo da un punto di  vista puramente nazionalista, e che perciò ci siamo ingolfati, se non nella "via sciovinista", almeno in quella di un "gretto nazionalismo". Il Partito del Lavoro d'Albania ha considerato e considera la questione del revisionismo jugoslavo nell'ottica del marxismo-leninismo, ha ritenuto tale revisionismo, lo ritiene e lo combatte come il principale pericolo per il movimento comunista internazionale, come il pericolo che minaccia l'unità del campo socialista.

Ma noi, pur essendo internazionalisti, siamo al tempo stesso comunisti di un paese ben definito, l'Albania. Noi, comunisti albanesi, non ci chiameremmo comunisti se non difendessimo con coerenza e con risolutezza la libertà della nostra cara patria dai complotti e dagli attacchi eversivi della cricca revisionista di Tito, miranti a invadere l'Albania, e che oramai sono ben noti a tutti. E' mai possibile e ammissibile che noi, comunisti albanesi, permettiamo che il nostro paese divenga preda di Tito, degli americani, dei greci o degli italiani? No, mai!

Altri ci consigliano di non parlare contro gli jugoslavi. Essi dicono: "Perché avete paura? Vi difende l'Unione Sovietica". Noi abbiamo detto e diciamo a questi compagni che non abbiamo paura né dei trotskisti jugoslavi, né di chiunque altro. Noi siamo marxisti-leninisti e non dobbiamo allentare nemmeno per un  istante la nostra lotta contro i revisionisti e gli imperialisti, fino a che non li avremo liquidati. Affinché l'Unione Sovietica ti difenda, devi anzitutto difenderti tu stesso.

Gli jugoslavi ci accusano di essere "sciovinisti, di ingerirci nei loro affari interni e di ricercare una rettifica delle nostre frontiere con la Jugoslavia". Molti nostri amici pensano e lasciano intendere che noi, comunisti albanesi, abbiamo queste tendenze. Noi dichiariamo a costoro che si sbagliano di grosso. Noi non siamo sciovinisti, non abbiamo domandato né domandiamo alcuna rettifica di frontiera. Ma ciò che chiediamo e chiederemo fino in fondo ai titini è di porre fine ai loro crimini di genocidio contro la popolazione albanesi del Kossovo e della Macedonia, di porre fine al terrore bianco contro gli albanesi del Kossovo, all'espulsione degli albanesi  dai loro territori ed alla loro cacciata in massa in Turchia, noi domandiamo che, conformemente alla costituzione della Repubblica Popolare Federativa di Jugoslavia, la popolazione albanese si veda riconoscere i propri diritti. Tale atteggiamento è sciovinista o marxista?

Queste sono le nostre posizioni in proposito. Ma se i titini, da una parte, parlano di coesistenza, di pace, di rapporti di buon vicinato e d'altro canto organizzano complotti, organizzano bande di mercenari e di fascisti in Jugoslavia per attaccare i nostri confini e per smembrare, d'accordo con la Grecia monarchico-fascista, la nostra Albania socialista, allora siate certi che non solo il popolo albanese della nuova Albania si leverà impugnando le armi, ma solleverà anche il milione di albanesi che vive sotto il giogo di Tito, per fermare la mano al criminale. Questo è marxista e così avverrà, se qualcosa di simile dovesse accadere. Il Partito del Lavoro d'Albania non permette a nessuno di farsi gioco dei diritti del popolo albanese o di sfruttarli a fini politici.

Noi non interferiamo negli affari interni altrui, ma quando, per effetto dell'attenuazione della lotta contro i revisionisti jugoslavi, le cose arrivano al punto che in un paese amico come la Bulgaria si pubblica una carta dei Balcani che include l'Albania nelle frontiere della Federazione jugoslava, non possiamo restare indifferenti. Ci dicono che si è trattato di un errore tecnico commesso da un impiegato, ma perché simili errori non avvenivano in passato?

E questo non è un caso isolato. Ad un comizio, a Sremska Mitrovica, il bandito Rankovic se l'è presa come al solito con l'Albania, qualificandola "un inferno , dove regna il filo spinato  e lo stivale della guardia di frontiera" e pretendeva che la democrazia dei neofascisti italiani fosse più avanzata della nostra.

Le parole di Rankovic non avrebbero alcuna importanza per noi, ma esse sono state ascoltate con la più grande serenità e senza la minima protesta dall'ambasciatore sovietico e dall'ambasciatore bulgaro a Belgrado che partecipavano a questo comizio. Noi abbiamo protestato amichevolmente contro questo atteggiamento presso il Comitato Centrale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica e del Partito Comunista Bulgaro.

Il compagno Jivkov, nella sua lettera di risposta indirizzata al Comitato centrale del Partito del Lavoro d'Albania, ha avuto il coraggio di respingere la nostra protesta definendo positivo il discorso del bandito Rankovic. Non avremmo mai potuto immaginare che il primo segretario del Comitato Centrale del Partito Comunista Bulgaro avesse potuto giudicare positivo il discorso di un bandito come Rankovic, che oltraggia così gravemente l'Albania socialista descrivendola come un inferno. Non soltanto noi rifiutiamo con disprezzo questo oltraggio intollerabile che ci è stato fatto dal primo segretario del Comitato Centrale del Partito Comunista Bulgaro, ma siamo pienamente convinti che il Partito Comunista e l'eroico popolo bulgaro stessi si ribellerebbero se ne venisero a conoscenza. Se permetteremo che simili gravi errori a scapito dell'una o dell'altra parte vengano commessi, è certo che allora le cose non andranno bene.

Noi non possiamo in alcun modo essere d'accordo con il compagno Krusciov, e abbiamo protestato presso di lui in tempo utile, sui colloqui che egli ha avuto con Sofocles Venizelos, a proposito della minoranza greca in Albania. Il compagno Krusciov sa bene che le frontiere dell'Albania sono inviolabili e sacre, che chi le tocca è un aggressore. Il popolo albanese verserà il suo sangue se si toccano le sue frontiere. Il compagno Krusciov ha commesso un grave errore dicendo a Venizelos che aveva visto a Korça greci e albanesi lavorare fianco a fianco come fratelli. A Korça non esiste la minima minoranza greca, ma ciò che esiste sono le bramosie secolari della Grecia sulla questione di Korça, come su tutta l'Albania. Esiste una piccola minoranza greca a Girokaster. Il compagno Krusciov sa che vengono riconosciuti a queste minoranze tutti i diritti e l'uso della lingua greca, che essa ha le proprie scuole e che i suoi membri godono degli stessi diritti di tutti gli altri cittadini albanesi.

Le rivendicazioni dei greci, e particolarmente quelle formulate da Sofocles Venizelos, figlio di Eleutherios Venizelos, che assassinò gli albanesi e mise a ferro e fuoco le regioni albanesi del sud, lo sciovinista greco più rabbioso e padre dell'idea della Grande Grecia, fautore dello smembramento dell'Albania e della sua annessione sotto la copertura dello slogan dell'autonomia, sono ben note. Il compagno Krusciov conosce bene l'atteggiamento del Partito del Lavoro d'Albania, del governo e del popolo albanese su tale questione. In queste condizioni per noi è inammisibile e biasimevole non dare la risposta adeguata, consentirre speranze e illusioni a un agente inglese, a uno sciovinista, a un nemico del comunismo e dell'Albania, e promettergli di trasmettere ai compagni albanesi i suoi desideri.

Abbiamo dato, compagno Krusciov, la nostra risposta a Sofocles Venizelos e pensiamo che dovete esserne venuto a conoscenza dalla stampa. Noi non poniamo alcuna obiezione al fatto che facciate la vostra politica con Sofocles Venizelos, ma non dovete fare politica giocando con le nostre frontiere e con i nostri diritti, perché non l'abbiamo mai permesso, né lo permetteremo mai a nessuno. E non perchè siamo nazionalisti, ma in quanto internazionalisti.

Qualcuno potrebbe considerare fuori posto le mie parole, potrebbe considerarle non all'altezza di questa conferenza. Non mi sarebbe stato difficile mettere insieme un discorso dal tono presuntamente teorico, di presentare una filza di frasi e citazioni di carattere generale, di sottoporvi un'allocuzione generica, per farvi contenti e passare così il mio turno. Ma il Partito del Lavoro d'Albania pensa che non sia il caso di agire in questo modo, e qualcuno giudicherà forse le mie parole come attacchi, mentre sono critiche che già sono state fatte per le vie normali, già sono state formulate a luogo  e tempo debito, conformemente alle norme leniniste; ma, di fronte agli errori che si aggravano, sarebbe sbagliato tacere, perché le prese di posizione, gli atti, la pratica, confermano, arricchiscono e creano la teoria.

Come si è fatto presto ad organizzare la riunione di Bucarest e condannare il Partito Comunista Cinese per il suo "dogmatismo"! Perché dunque non si è organizzata così rapidamente anche una conferenza per denunciare il revisionismo?

Forse che il revisionismo è stato già totalmente smascherato come pretendono i compagni sovietici? Niente affatto. Il revisionismo è stato e continua ad essere il principale pericolo, il revisionismo jugoslavo non è stato liquidato e, dal modo in cui ci si comporta nei suoi riguardi, gli si lascia un vasto campo d'azione sotto ogni aspetto.

E forse che negli altri partiti non vi sarebbe alcun segno inquietante di revisionismo moderno? Chi lo nega non fa che chiudere gli occhi di fronte a questo pericolo, e rischia di avere improvvisamente brutte sorprese. Noi siamo marxisti e dobbiamo analizzare il nostro lavoro come ci insegnava Lenin, come egli stesso faceva nella pratica. Egli non temeva gli errori, li guardava in faccia e li correggeva. E' così che si è temprato il Partito bolscevico, è così che si sono temprati anche i nostri partiti.

Che cosa accade all'interno dei nostri partiti? Che cosa accade nel nostro campo socialista dopo il XX Congresso? Il compagno Suslov può essere molto ottimista a questo riguardo. Questo ottimismo lo ha manifestato nella commissione riunita nello scorso ottobre, accusando la delegazione del Partito del Lavoro d'Albania, il compagno Hysni Kapo, di pessimismo nella visione degli avvenimenti. Noi comunisti albanesi non siamo stati pessimisti neppure durante i tempi più neri della storia del nostro Partito e del nostro popolo e non lo dimenticheremo mai, ma realisti lo saremo sempre.

Si parla molto della nostra unità. Questa unità è indispensabile e noi dobbiamo impegnarci molto per rafforzarla, per cementarla. Ma è anche vero che su molte importanti questioni di principio questa unità non esiste.

Il Partito del Lavoro d'Albania ritiene che le cose debbano essere riesaminate alla luce di un'analisi marxista-leninista e che gli errori debbano essere corretti laddove esistono. Prendiamo la questione della critica a Stalin e al suo operato. Il nostro Partito, in quanto Partito marxista-leninista, è pienamente cosciente che il culto della personalità è una manifestazione estranea al socialismo e nefasta per i nostri partiti e per il movimento comunista stesso. I partiti marxisti non devono limitarsi a impedire lo sviluppo del culto dell'individuo, che è di ostacolo all'attività delle masse, nega il loro ruolo, impedisce lo sviluppo della vita stessa del partito e delle leggi che la regolano, ma devono anche lottare con tutte le loro forze per estirpare tale culto quando inizia a manifestarsi o già è apparso in un dato paese. In quest'ottica, noi siamo interamente d'accordo sul fatto che occorreva criticare il culto della personalità di Stalin come manifestazione nociva nella vita del partito. A nostro avviso, però il XX Congresso e in particolare il rapporto segreto del compagno Krusciov, non hanno posto la questione del compagno Stalin in modo corretto, in modo obiettivo marxista-leninista.

Su questo punto Stalin è stato severamente e ingiustamente condannato dal compagno Krusciov e dal XX Congresso.  Il compagno Stalin e la sua attività non riguardano solamente il Partito Comunista dell'Unione Sovietica e il popolo sovietico, ma noi tutti. Come il compagno Krusciov ha precisato a Bucarest che i dissensi esistenti non oppongono il Partito Comunista dell'Unione Sovietica al Partito Comunista Cinese, ma il Partito Comunista Cinese al comunismo internazionale, come si è compiaciuto di dire che le decisioni dei Congressi XX e XXI sono state adottate  da tutti i partiti comunisti e operai del mondo, così egli avrebbe dovuto mostrarsi più aperto e più coerente nel giudizio sull'opera di Stalin, in modo che quel potesse essere adottato in tutta coscienza dai partiti comunisti e operai del mondo intero.

Non vi possono essere due pesi e due misure su tali questioni. Allora, perché il compagno Stalin è stato condannato dal XX Congresso senza che gli altri partiti comunisti e operai del mondo intero fossero preventivamente consultati? Come è successo che, improvvisamente, è stato gettato l'"anatema" su Stalin dinanzi ai partiti comunisti e operai del mondo intero, e che molti partiti fratelli non abbiano appreso questa denuncia se non dopo che gli imperialisti avevano diffuso ai quattro venti il rapporto segreto del compagno Krusciov?

Il mondo comunista e il mondo progressista si videro imporre dal compagno Krusciov la condanna del compagno Stalin. Cosa potevano fare i nostri Partiti in queste condizioni, quando, di punto in bianco, l'Unione Sovietica, usando la sua grande autorità, imponeva loro così in blocco una tale questione?

Il Partito del Lavoro d'Albania si trovò in un grande dilemma. Non era, come del resto non lo sarà mai persuaso della fondatezza della condanna del compagno Stalin, nei modi e nelle forme di cui si avvalse il compagno Krusciov. Il nostro Partito adottò in linea di massima le formulazioni del XX Congresso su tale questione, ma non si attenne alle limitazioni fissate dal Congresso, non si piegò di fronte ai ricatti e alle intimidazioni esterne contro il nostro paese.

Sulla questione di Stalin, il Partito del Lavoro d'Albania si mostrò realista, si mostrò giusto e riconoscente nei confronti di questo glorioso marxista, che, da vivo, nessuno di noi ebbe l' "audacia" di criticare e che viene coperto di fango dopo la sua morte, creando così una situazione intollerabile in cui tutta una gloriosa epoca storica dell'Unione Sovietica, un'epoca che vide il sorgere del primo stato socialista al mondo, che vide l'Unione Sovietica rafforzarsi, riuscire a respingere con successo i complotti imperialisti, schiacciare i trotskisti, i bukariniani, i kulak in quanto classe, mettere trionfalmente in piedi la sua industria pesante, collettivizzare l'agricoltura; in una parola, un'epoca che vide l'Unione Sovietica divenire una potenza colossale, edificare con successo il socialismo e, durante la seconda guerra mondiale, battersi con un eroismo  leggendario e sconfiggere il fascismo, un'epoca che vide la creazione del potente campo socialista, ecc. ecc., questa gloriosa epoca, viene privata del suo esponente più in vista, della sua guida.

Il Partito del Lavoro d'Albania ritiene che non sia giusto, normale e marxista che per tutta quest'epoca vengano cancellati il nome e la grande opera di Stalin, come si sta facendo. Dobbiamo difendere l'intera opera positiva e immortale di Stalin; chi non la difende è un opportunista e un codardo.

Il compagno Stalin, per il suo ruolo personale e in quanto dirigente del Partito Comunista bolscevico, fu nello stesso tempo la guida più eminente del comunismo internazionale dopo la morte di Lenin; egli influì in maniera molto positiva e con la più grande autorità sul consolidamento e lo sviluppo delle conquiste del comunismo nel mondo intero. Tutte le opere teoriche del compagno Stalin sono un'ardente testimonianza della sua fedeltà al maestro geniale, al grande Lenin e al leninismo.

Stalin lottò per i diritti della classe operaia e dei lavoratori del mondo intero, lottò con grande coerenza fino in fondo per la libertà dei popoli dei nostri paesi a democrazia popolare.

Non fosse che per questi aspetti, Stalin appartiene al mondo comunista intero e non soltanto ai comunisti sovietici; appartiene a tutti i lavoratori del mondo e non soltanto ai lavoratori sovietici.

Se il compagno Krusciov e i compagni sovietici avessero analizzato tale questione con questo spirito, i grandi errori commessi avrebbero potuto essere evitati. Ma essi considerarono la questione di Stalin superficialmente, unicamente dal punto di vista interno dell'Unione Sovietica.  Ma dal punto di vista del Partito del Lavoro d'Albania, essi hanno, anche sotto questo profilo, considerato la questione in modo unilaterale, hanno visto solo gli errori, hanno quasi totalmente ignorato la immensa attività di Stalin, il suo grande contributo al rafforzamento dell'Unione Sovietica, alla tempra del Partito Comunista dell'Unione Sovietica, alla creazione dell'economia, delle industrie sovietiche, dell'agricoltura kolkhoziana, alla guida del popolo sovietico nella grande lotta vittoriosa contro il fascismo tedesco.

Stalin ha commesso degli errori? Certo che ne ha commessi. Era inevitabile che un così lungo periodo, pieno di atti eroici, di tentativi, di lotte, di vittorie, comportasse anche degli errori, non solamente personali di Giuseppe Stalin, ma anche della direzione in quanto organo collegiale. Esiste un Partito o un dirigente che si possa considerare esente da ogni errore nel suo lavoro? Quando le critiche sono sollevate nei riguardi della direzione sovietica attuale, i compagni sovietici ci consigliano di guardare avanti, di non rievocare il passato, di mettere fine alle polemiche, ma quando si trattò di Stalin, non solamente essi non guardarono avanti, ma ritornarono indietro, molto indietro, per rovistare soltanto nelle carenze dell'operato di Stalin.

Il culto della personalità di Stalin doveva, certamente, essere superato. Ma si può dire, come è stato fatto, che Stalin stesso ne fu il promotore? Il culto della personalità doveva sicuramente essere superato, ma per ottenere questo, era necessario e giusto che chiunque menzionasse il nome di Stalin fosse immediatamente messo all'indice, segnato a dito, che chiunque citasse Stalin fosse guardato di traverso? Alcuni si affrettarono con zelo a rompere le statue di Stalin, a cambiare il nome delle città a lui dedicate. Vi è forse bisogno di aggiungere altro? A Bucarest, il compagno Krusciov disse ai compagni cinesi: "Voi vi aggrappate a un cavallo morto, se volete potete anche venire a prendervi i suoi resti". E si riferiva a Stalin.

Il Partito del Lavoro d'Albania dichiara solennemente che si è opposto a questi atti e a queste valutazioni sull'operato e la persona di G.V. Stalin.

Perché, compagni sovietici, tali questioni sono state poste in questo modo e sotto forme falsate, quando sarebbe stato possibile mettere in debita evidenza sia gli errori di Stalin sia quelli della direzione e correggere gli errori, evitando di provocare un duro colpo al cuore dei comunisti del mondo intero, che solo per senso della disciplina e di rispetto per l'autorità dell'Unione Sovietica si sono trattenuti dal levare vigorosamente le loro voci?

Il compagno Mikojan ci ha detto che non osammo criticare il compagno Stalin da vivo, perché ci avrebbe tagliato la testa. Noi siamo certi che il compagno Krusciov non ci farà niente di simile se gli indirizzeremo giuste critiche.

Dopo il XX ci furono i noti avvenimenti in Polonia, scoppiò la controrivoluzione in Ungheria, iniziarono gli attacchi al sistema sovietico, molti Partiti comunisti e operai furono in preda allo scompiglio, fino ad arrivare agli avvenimenti attuali.

Ci poniamo un interrogativo: perché sono avvenute queste cose in seno al movimento comunista internazionale, in seno al nostro campo dopo il XX Congresso? Forse accadono per il fatto che la direzione del Partito del Lavoro d'Albania è settaria, dogmatica, pessimista?

Dovremmo essere estremamente preoccupati di questi avvenimenti, cercare l'origine del male e guarirlo. Certamente il male non si guarirà dando manate sulle spalle al rinnegato Tito, e neppure annotando nella Dichiarazione che il revisionismo moderno è stato definitivamente sconfitto come pretendono i compagni sovietici.

L'autorità del leninismo è stata e rimane determinante e deve essere stabilita in modo da spezzare ovunque e completamente tutte le concezioni errate. Per i comunisti non vi è altra via. Se si può e se si deve parlare giustamente, dire le cose così come sono, occorre farlo adesso, finché non è troppo tardi, in questa conferenza. I comunisti devono avere la coscienza tranquilla. Devono adoprarsi per rafforzare la loro unità marxista, senza nutrire in sè riserve, favoritismi o rancori. Un comunista deve dire apertamente ciò che ha nel cuore e le cose devono essere giudicate in modo giusto. Può darsi che l'atteggiamento del nostro piccolo partito non sia gradito ad alcuni, può darsi che il nostro piccolo partito venga isolato, che siano esercitate pressioni economiche sul nostro paese per dimostrare al nostro popolo l'incapacità di coloro che lo guidano, può darsi che il nostro partito sia oggetto di attacchi, e lo è infatti. Mihail Suslov paragona il Partito del Lavoro d'Albania ai partiti borghesi e i suoi dirigenti a Kerenskj. Ma ciò non ci spaventa. Siamo abituati a tali atteggiamenti nei nostri riguardi. Rankovic non ha detto nulla di più sul Partito del Lavoro d'Albania. Tito ci ha trattati da Goebbels; noi non diventeremo meno leninisti per questo e sono loro ad essere trotskisti, traditori, servi e agenti dell'imperialismo.

Tengo a sottolineare che il Partito del Lavoro d'Albania e il popolo albanese hanno provato con i loro atti fino a che punto siano attaccati e fedeli all'Unione Sovietica e al Partito Comunista dell'Unione Sovietica, fino a che punto li rispettino; e quando il Partito del Lavoro d'Albania critica le azioni sbagliate di alcuni dirigenti sovietici, questo non significa che vi sia qualche cosa di cambiato nei nostri orientamenti e nei nostri atteggiamenti. Noi albanesi da marxisti abbiamo il coraggio di criticare questi compagni non perchè li odiamo, ma perchè abbiamo di loro alta stima e perchè stimiamo sopra ogni altra cosa il Partito Comunista dell'Unione Sovietica e i popoli sovietici.

Questo è il nostro modo di amare l'Unione Sovietica, il Partito Comunista dell'Unione Sovietica e i dirigenti sovietici. Con il nostro rigore marxista, noi diciamo loro fraternamente, a cuore aperto, in tutta franchezza ciò che pensiamo perché non siamo mai stati ipocriti e non lo saremo mai. 

Il Partito Comunista dell'Unione Sovietica ci vorrà bene, nonostante il rigore di cui diamo prova, indipendentemente dal fatto che possiamo anche sbagliare, ma per una cosa il Partito Comunista dell'Unione Sovietica e i Partiti Comunisti e Operai del mondo non ci potranno condannare: per il fatto che siamo sinceri, che non mormoriamo dietro le spalle di nessuno e che non seguiamo cento bandiere.

Io vorrei, per finire dire qualche parola sul progetto di dichiarazione che ci è stato presentato dalla commissione di redazione. La nostra delegazione ha preso coscienza di tale progetto, e lo ha studiato attentamente. Nel nuovo progetto, che ci è stato presentato, sono stati apportati dalla delegazione sovietica numerosi emendamenti rispetto alla prima versione che è stata presa come base per il lavoro della commissione di redazione. Con gli emendamenti apportati, il nuovo progetto risulta notevolmente migliorato, sono state rafforzate molte idee importanti, formulate più correttamente parecchie tesi, eliminate nella maggior parte dei casi le allusioni contro il Partito Comunista Cinese.

La delegazione del nostro Partito durante la riunione della commissione di redazione, ha fatto parecchie osservazioni, che in parte sono state accettate. La nostra delegazione benché non sia d'accordo sul mantenimento nel progetto di alcuni punti importanti e di principio, ha dato parere favorevole alla presentazione del documento, riservandosi  il diritto di esprimere nuovamente la propria opinione sui punti che non approva. Soprattutto pensiamo che le cinque questioni che rimangono aperte debbano essere poste in modo che il documento possa venire approvato all'unanimità.

Giudichiamo necessario che la dichiarazione faccia nettamente risaltare l'idea di Lenin, espressa in questi ultimi tempi dal compagno Maurice Thorez e anche dal compagno Suslov nel suo discorso alla riunione della commissione di redazione, secondo la quale il pericolo di guerra non sarà definitivamente scongiurato che quando il socialismo avrà trionfato nel mondo intero, o per lo meno in un certo numero di grandi paesi imperialisti. Inoltre bisognerà eliminare il paragrafo che fa riferimento alle attività frazionistiche e allo spirito di gruppo all'interno del movimento comunista internazionale perchè, come abbiamo spiegato alla riunione della commissione, non giova all'unità ma al contrario la pregiudica. Siamo anche dell'avviso che occorre sopprimere il passaggio che fa il punto sull'eliminazione delle conseguenze nefaste del culto della personalità oppure aggiungervi le parole: "che si è manifestato in parecchi partiti", cosa che corrisponde alla realtà.

Non voglio prendere troppo tempo alla riunione con tali questioni e con altre osservazioni che abbiamo da fare sul progetto di dichiarazione. La nostra delegazione presenterà le sue osservazioni concrete quando il progetto sarà esaminato.

Sarebbe molto salutare e faremo bene in questa riunione a guardare coraggiosamente in faccia i nostri errori e a guarire le ferite, ovunque esse appaiono, poiché esse rischiano di infettarsi e di divenire pericolose. Noi non ci consideriamo offesi per le critiche che i compagni fanno, quando sono giuste e fondate sui fatti, ma non ammetteremo mai di essere trattati gratuitamente da "dogmatici", da "settari", da "nazionalisti estremi", solamente perché lottiamo tenacemente contro il revisionismo moderno e in particolare contro il revisionismo jugoslavo. Se qualcuno considera che la nostra lotta contro il revisionismo sia dogmatismo o settarismo, gli consiglieremo di togliersi gli occhiali revisionisti per vederci chiaro.

Il Partito del Lavoro d'Albania ritiene che questa conferenza rimarrà nella storia perchè si ricollega alla tradizione delle riunioni e delle conferenze leniniste organizzate dal Partito bolscevico per denunciare ed estirpare le concezioni errate e rafforzare e cementare, sulla base del marxismo-leninismo, l'unità del nostro movimento comunista e operaio internazionale. Il nostro Partito del Lavoro lotterà risolutamente anche in  avvenire per rendere d'acciaio la nostra unità e i nostri legami fraterni e rafforzare l'azione comune dei partiti comunisti e operai, perché in quest'unità e in quest'azione comune sta la garanzia della vittoria della causa della pace e del socialism. L'unità del campo socialista guidato dall'Unione Sovietica, l'unità del movimento comunista e operaio internazionale, che ha al centro il glorioso Partito Comunista dell'Unione Sovietica è la cosa più sacra che il nostro Partito vuole custodire come la pupilla dei suoi occhi e rafforzare sempre più giorno dopo giorno.

Note

[1] Nel dicembre 1959, il capo del governo sovietico N. Krusciov, che propendeva per la soluzione degli importanti problemi internazionali unicamente mediante colloqui con i capi dell'imperialismo, prese accordi, attraverso i canali diplomatici, per la convocazione di una conferenza al vertice con la partecipazione dei massimi dirigenti dell'Urss, degli Usa, dell'Inghilterra e della Francia. La conferenza avrebbe dovuto tenersi nel maggio 1960, ma non poté svolgere i suoi lavori a causa del sabotaggio degli imperialisti americani e dell'atteggiamento tentennante e avventuristico di N. Krusciov.
[2] Questa proposta e le note indirizzate il 25 maggio 1959 dal governo sovietico ai governi albanese, bulgaro, jugoslavo, turco, greco, italiano, francese, inglese e statunitense, chiedevano la creazione di una zona denuclearizzata e sprovvista di missili nei Balcani e nel settore dell'Adriatico.
[3] In diverse occasioni il CC del PLA inviò al CC del PCUS note di protesta per le azioni antialbanesi di Kruscev. Una di queste note riguardava il colloquio del Primo Ministro sovietico col politico greco reazionario Venizelos, a cui aveva detto che nel corso della sua visita in Albania avrebbe incontrato la minoranza greca di Korça, avallando così le rivendicazioni scioviniste greche sul territorio albanese.
[4] Con lettera del 2 giugno 1960 il CC del PCUS proponeva per la fine di giugno un incontro dei rappresentanti dei partiti comunisti e operai dei paesi del campo socialista "per uno scambio di opinioni sui problemi della situazione internazionale del momento e per definire una linea comune". Il 7 giugno però il CC del PCUS in una seconda lettera propose che la riunione non si tenesse in giugno ma la data fosse fissata in un incontro preliminare dei rappresentanti dei partiti comunisti e operai dei paesi socialisti in occasione del III Congresso del partito Comunista Rumeno.
[5] Al plenum del CC del PC d'Albania tenuto il 23 novembre 1944 Berat, il delegato del CC del PCJ ordì segretamente, con il concorso di elementi antipartito quali Sejfulla Maleschova, Koci Xoxe e Pandi Kristo, un complotto contro il PC d'Albania. Questo complotto aveva lo scopo di rovesciare la direzione del Partito con alla testa il compagno Enver Hoxha, per sostituirvi una nuova direzione pro-jugoslava.