Premessa

Il 14 ottobre del 1926, a nome dell'Ufficio Politico del PCdI, Antonio Gramsci invia a Mosca, direttamente a Palmiro Togliatti, una lettera indirizzata al partito bolscevico sul dibattito interno al partito.

La lettera di Gramsci, come ben si evidenzia dal testo, tende a richiamare il partito comunista bolscevico, e in particolare la direzione espressa da Stalin, al senso di responsabilità che deve avere di fronte alle masse che seguono con simpatia la rivoluzione sovietica, evitando di minarne il prestigio con uno scontro interno portato a livelli estremi.

Nella lettera, inviata alla vigilia della XV conferenza del PCR, Gramsci sostiene che i comunisti italiani non hanno più la certezza, contrariamente al passato, che l'unità si ricomporrà, e sono perciò "irresistibilmente angosciati" e convinti che "l'attuale atteggiamento del blocco delle opposizioni e l'acutezza delle polemiche nel Partito bolscevico esigano l'intervento dei partiti fratelli". Questo è dunque il motivo dell'invio della lettera alla vigilia della XV conferenza del partito. La lettera di Gramsci, ricevuta da Togliatti e da questi consegnata a Bucharin per farla arrivare alla direzione del partito russo, suscita un'immediata risposta, il 18 ottobre, da parte di Togliatti, che ne contesta con molta asprezza polemica i contenuti. Gramsci replicherà il 26 ottobre esprimendo molta amarezza per ciò che Togliatti aveva scritto.

Che cosa obietta in sostanza Togliatti a Gramsci? Innanzitutto che nella lettera dell'Ufficio Politico si parla "indifferentemente di tutti i compagni dirigenti russi", senza fare distinzione tra maggioranza e opposizione interna e sul ruolo che quest'ultima stava svolgendo rispetto alle scelte del partito bolscevico. Al contrario, sostiene Togliatti, bisogna approfondire la conoscenza dei problemi russi in modo da poterli giudicare seguendo la linea dei principi e delle posizioni politiche. Dice ancora Togliatti: "vi è senza dubbio un rigore nella vita interna del PC dell'Unione. Ma vi deve essere. Se i partiti occidentali volessero intervenire presso il gruppo dirigente per far scomparire questo rigore, essi commetterebbero un errore assai grave. Realmente in questo caso potrebbe essere compromessa la dittatura del proletariato".

D'altronde, aggiunge Togliatti, nel passato il più grande fattore di unità è stato "l'enorme prestigio e l'autorità personale di Lenin". Ora però "la linea del partito sarà fissata attraverso discussioni e dibattiti. Noi dobbiamo abituarci a tenere i nervi a posto e a farli tenere a posto ai compagni di base".

Certamente, la vulgata antitogliattiana giudicherà la posizione di Togliatti come il classico adeguamento alle direttive di Stalin, ma quello che conta sono le motivazioni contenute nella polemica tra i due dirigenti del PCdI.

Quanto all'approfondimento delle questioni, è importante che questa polemica venga letta alla luce dell'analisi sulla natura dei contrasti all'interno del partito russo che Togliatti, a pochi mesi dalla polemica con Gramsci e dopo il suo arresto, pubblicò a firma Ercoli su Lo Stato Operaio n°2 nell'aprile del 1927 con il titolo Direttive per lo studio delle questioni russe. Il titolo è molto eloquente: non si tratta in questo caso di una valutazione sull'opportunità della risoluzione dell'Ufficio Politico inviata a Mosca da Gramsci. Togliatti entra nel merito delle questioni russe e analizza la natura dello scontro tra Stalin.e i suoi oppositori, Trotsky, Zinoviev e Kamenev. Con estrema lucidità Togliatti coglie la sostanza delle loro posizioni e, nonostante la diversità apparente di argomentazioni, le accomuna a un'unica impostazione teorica della socialdemocrazia. Trotskj perchè di fatto nel suo appello allo sviluppo internazionale della rivoluzione come condizione per la sopravvivenza del paese dei soviet non crede che questa possa realizzarsi in uno stato di isolamento. Mentre Zinoviev e Kamenev sempre sulla stessa questione avevano riaperto lo scontro essendo convinti, come alla vigilia dell'ottobre, quando denunciarono pubblicamente la preparazione dell'insurrezione, che era necessario il completamento della rivoluzione democratica prima di passare alla fase socialista.

In ambedue i casi non si trattava di una cosa di poco conto. Dall'esito dello scontro sarebbe dipeso il futuro del socialismo nell'URSS e questo andava ricordato, sostiene Togliatti, a chi attribuiva alla durezza di Stalin il modo con cui lo scontro politico si andava sviluppando nel partito russo.

L'altro punto su cui insiste Togliatti è la questione della natura del partito. Difatti, lo scontro interno mette in luce concezioni diverse del partito ed è Stalin a difendere il punto di vista leninista della sua necessaria omogeneità, unità e compattezza.

Le posizioni che si andavano esprimendo nel partito russo, in opposizione a Stalin, riproducevano la classica impostazione socialdemocratica del partito aperto, mentre il corso della rivoluzione esigeva il consolidamento dello strumento che doveva guidare, allo stesso tempo, la costruzione del socialismo e lo schieramento di classe su cui essa poggiava.