Questi sono, in sostanza, i principali errori del teorico
dell'opposizione di destra - Bukharin - sulle questioni fondamentali
della nostra politica.
C'è chi dice che Bukharin è il teorico del nostro partito. Certamente
egli è un teorico e non dei minori. Senonchè non gli va tutto bene nel
campo teorico. Ciò è dimostrato se non altro dagli errori ch'egli ha
accumulato sulle questioni della politica del partito, errori che ho appena
finito di caratterizzare. Non è possibile che tutti questi errori, circa i
problemi dell'Internazionale comunista, la lotta di classe, l'inasprimento
della lotta di classe, i contadini, la Nep, le nuove forme d'alleanza, -
non è possibile che tutti questi errori siano dovuti al caso. No, questi
errori non sono fortuiti. Questi errori di Bukharin derivano dal suo
orientamento generale sbagliato, dalle sue lacune teoriche. Sì, Bukharin è
un teorico, ma un teorico non completamente marxista, un teorico che
deve ancora completare la sua formazione, per diventare un teorico
completamente marxista.
C'è chi si richiama alla nota lettera del compagno Lenin su
Bukharin come teorico. Leggiamola, questa lettera:
«Tra i giovani membri del Comitato centrale, - dice Lenin, - voglio dire
qualche parola su Bukharin e Piatakov. Essi, secondo me, sono (tra i più giovani) le
forze che spiccano di più e nei loro riguardi bisognerebbe tener presente quanto segue:
Bukharin non è solo il teorico più stimato e più forte del partito, ma è pure considerato
legittimamente come il beniamino di tutto il partito; però è molto dubbio che le sue
concezioni teoriche possano essere considerate interamente marxiste, dato che in lui c'è
qualcosa di scolastico (egli non ha mai studiato e, credo, non ha mai compreso
interamente la dialettica)»
(Stenogramma dell'Assemblea plenaria del Comitato
centrale del luglio 1926, fasc. IV, p. 66). [ II corsivo è mio. G. St.].
Dunque: teorico senza dialettica. Teorico scolastico. Teorico di cui
«è molto dubbio che le concezioni teoriche possano essere considerate
interamente marxiste». Tale è la caratteristica della fisionomia teorica di
Bukharin data da Lenin.
Comprenderete voi stessi, compagni, che un simile teorico ha
ancora bisogno di completare la sua formazione. Se Bukharin comprendesse
che egli non è ancora un teorico completo, che ha ancora
bisogno di completare la propria formazione, che, come teorico, non ha
ancora assimilato completamente la dialettica, mentre la dialettica è
l'anima del marxismo, se egli comprendesse questo, sarebbe più modesto
e il partito non avrebbe che da guadagnarci. Ma il male è che Bukharin
non pecca per eccesso di modestia. Il male è che non solo egli non pecca
per eccesso di modestia, ma pretende dar lezioni al nostro maestro Lenin
su tutta una serie di questioni e prima di tutto sulla questione dello Stato.
Ecco dov'è il male, compagni.
Permettetemi di richiamarmi, a questo proposito, alla nota discussione
teorica svoltasi nel 1916 fra Lenin e Bukharin, circa la questione
dello Stato. La cosa è importante per noi, per mostrare quanto siano fuori
luogo le pretese di Bukharin di voler dar lezione a Lenin, e quali siano le
radici delle sue debolezze teoriche su questioni così importanti come la
questione della dittatura del proletariato, della lotta di classe, ecc. Com'è
noto, nel 1916 apparve sulla rivista «L'Internazionale giovanile» un
articolo di Bukharin, firmato Nota Bene e diretto, in sostanza, contro il
compagno Lenin. In questo articolo Bukharin scrive :
«... È assolutamente falso cercare la differenza fra i socialisti e gli anarchici nel
fatto che i primi siano partigiani e i secondi avversari dello Stato. In realtà la differenza
consiste nel fatto che la socialdemocrazia rivoluzionaria vuole organizzare una nuova
produzione sociale come produzione centralizzata, cioè tecnicamente più progressiva,
mentre la produzione anarchica decentralizzata non sarebbe che un passo indietro verso
la vecchia tecnica, la vecchia forma di azienda...»
«... La socialdemocrazia che è, o almeno deve essere, l'educatrice delle masse,
adesso più che mai deve sottolineare la sua ostilità di principio verso lo Stato... La
guerra attuale ha dimostrato come le radici dello statalismo siano penetrate
profondamente nell'animo degli operai ».
Criticando queste concezioni di Bukharin, Lenin risponde, in un articolo speciale, pubblicato nel 1916:
«È falso. L'autore pone il problema della differenza tra la posizione dei socialisti
e degli anarchici verso lo Stato, ma risponde non già a questa questione, bensì a
un'altra, alla questione della differenza tra le loro posizioni rispettive verso la base
economica della società futura. Certo, si tratta d'un problema necessario e molto
importante. Ma da ciò non deriva che si possa dimenticare l'essenziale nella differente
posizione dei socialisti e degli anarchici verso lo Stato. I socialisti sono per
l'utilizzazione dello Stato moderno e delle sue istituzioni nella lotta per l'emancipazione
della classe operaia, e ritengono pure necessario utilizzare lo Stato come forma originale
di transizione dal capitalismo al socialismo. Tale forma transitoria, che è pure Stato, è la
dittatura del proletariato. Gli anarchici vogliono „abolire” lo Stato, farlo „saltare”
(sprengen) come si esprime in un certo punto il compagno Nota Bene, attribuendo a
torto questa concezione ai socialisti. I socialisti, - l'autore ha qui citato,
disgraziatamente in modo troppo incompleto, le corrispondenti parole di Engels, -
riconoscono che lo Stato si estingue, „si spegne” „gradualmente” dopo l'espropriazione
della borghesia»...
«Per „sottolineare” ,,1'ostilità di principio” verso lo Stato bisogna comprenderla
realmente in modo „chiaro”, ma ciò che manca all'autore è proprio la chiarezza. La frase
sulle „radici dello statalismo” è assolutamente confusa, non è nè marxista nè socialista.
Non è lo „statalismo” che s'è urtato alla negazione dello statalismo, ma è la politica
opportunista (cioè sono le posizioni opportuniste, riformiste, borghesi verso lo Stato)
che s'è urtata alla politica rivoluzionaria della socialdemocrazia (cioè alle posizioni
rivoluzionarie della socialdemocrazia verso lo Stato borghese e all'utilizzazione dello
Stato contro la borghesia per rovesciarla). Sono cose del tutto diverse»
(«L'Internazionale giovanile», Vol. XIX, p. 296 ed. russa).
Mi pare sia chiaro di che cosa si tratta e in quale pantano di
semianarchismo è caduto Bukharin!
Sten: Lenin allora non aveva ancora formulato in modo completo la
necessità di «far saltare» lo Stato. Bukharin, facendo degli errori
anarchici, si avvicinava alla formulazione di questo problema.
Stalin: No, adesso non si tratta di questo, ma della posizione verso
lo Stato in generale, si tratta del fatto che secondo Bukharin la classe
operaia deve essere in linea di principio ostile a qualunque Stato, compreso
anche lo Stato della classe operaia.
Sten: Lenin allora parlava solo dell'utilizzazione dello Stato, senza
dir nulla, nella critica a Bukharin, del concetto di «far saltare» lo Stato.
Stalin: Vi sbagliate. Posso assicurarvi che qui si tratta del fatto che
gli operai debbono sottolineare, secondo Bukharin (e secondo gli
anarchici), la loro ostilità di principio verso lo Stato, e quindi anche verso
lo Stato del periodo di transizione, verso lo Stato della classe operaia.
Cercate un po' di spiegare ai nostri operai che la classe operaia deve
penetrarsi di una ostilità di principio verso la dittatura del proletariato,
che è essa pure uno Stato. La posizione di Bukharin, esposta nel suo
articolo dell'«Internazionale giovanile», è una posizione di negazione
dello Stato nel periodo di transizione dal capitalismo al socialismo. A
Bukharin è sfuggita qui una «inezia», e precisamente gli è sfuggito tutto
il periodo di transizione, in cui la classe operaia non può far a meno del
suo proprio Stato, se vuole schiacciare realmente la borghesia e costruire
il socialismo. Questo, in primo luogo. In secondo luogo, è falso che
Lenin, nella sua critica, non abbia detto niente allora della teoria che
parla di «far saltare», di «abolire» lo Stato in generale. Lenin non solo ha
parlato di questa teoria, come si vede dai passi che ho citato, ma l'ha pure
criticata come una teoria anarchica, opponendole la teoria della creazione
di uno Stato nuovo dopo l'abbattimento della borghesia e, precisamente,
dello Stato della dittatura proletaria. Infine, non si può confondere la
teoria anarchica che parla di «far saltare» lo Stato, con la teoria marxista
che parla di «demolire», di «spezzare» la macchina dello Stato borghese.
Alcuni compagni sono inclini a confondere queste due concezioni
diverse, pensando che esse sono espressioni d'una sola e stessa idea. Ma
questo è falso. È assolutamente falso, compagni. Lenin partiva
precisamente dalla teoria marxista della «demolizione» della macchina
dello Stato borghese, quando criticava la teoria anarchica che parla di
«far saltare», di «abolire» lo Stato in generale.
Forse non sarà superfluo ch'io legga, per maggior chiarezza, uno
dei manoscritti del compagno Lenin sullo Stato, che risale, con tutta
probabilità, alla fine del 1916 o all'inizio del 1917 (anteriore alla Rivoluzione
di febbraio del 1917). Da questo manoscritto si può facilmente
vedere che: a) criticando gli errori semianarchici di Bukharin circa il
problema dello Stato, Lenin partiva dalla teoria marxista della «demolizione» della macchina dello Stato borghese, b) che sebbene Bukharin,
secondo l'espressione di Lenin, sia «più vicino di Kautsky alla
verità», cionondimeno «invece di smascherare i kautskiani, li aiuta con i
suoi errori». Ecco il testo di questo manoscritto:
«Un'importanza straordinariamente grande ha, circa il problema dello Stato, una
lettera di Engels a Bebel del 18-28 marzo 1875.
Ecco il passo fondamentale, per intero:
«... Lo Stato popolare libero si è trasformato in Stato libero. Secondo il senso
grammaticale di queste parole, uno Stato libero è quello che è libero verso i suoi
cittadini, cioè è uno Stato con un governo dispotico. Sarebbe ora di farla finita con tutte
queste chiacchiere sullo Stato, specialmente dopo la Comune che non era più uno Stato
nel senso proprio della parola. Gli anarchici ci hanno abbastanza rinfacciato lo „Stato
popolare”, benché già il libro di Marx contro Proudhon e in seguito „il Manifesto
comunista” dicano esplicitamente che con l'instaurazione del regime sociale socialista
lo Stato si dissolve da sè (sich auflöst) e scompare. Non essendo lo Stato altro che
un'istituzione temporanea di cui ci si deve servire nella lotta, nella rivoluzione, per
schiacciare con la forza i propri nemici, parlare di uno Stato popolare libero è pura
assurdità: finché il proletariato ha ancora bisogno dello Stato, ne ha bisogno non
nell'interesse della libertà, ma nell'interesse dello schiacciamento dei suoi avversari, e
quando diventa possibile parlare di libertà, allora lo Staio come tale cessa di esistere.
Noi proporremmo quindi di mettere ovunque invece della parola Stato la parola
„Comune” (Gemeinwesen), una vecchia eccellente parola tedesca, che corrisponde alla
parola francese „Commune”» (il corsivo è di Engels).
Ebbene, questo è forse il passo di Marx e di Engels più notevole e certamente il
più aspro, per così dire, „contro lo Stato”.
1) Bisogna farla finita con tutte le chiacchiere sullo Stato.
2) „La Comune non era più uno Stato nel senso proprio della parola” (Cos'era
„allora” Una forma di transizione dallo Stato alla società senza Stato, evidentemente!)
3) Gli anarchici ci hanno abbastanza rinfacciato (in die Zähne geworfen, alla
lettera: gettato sul muso) lo „Stato popolare” (Marx ed Engels si vergognavano dunque,
di quest'errore evidente dei loro amici tedeschi; però lo consideravano, e certamente
avevano ragione di considerarlo, nelle circostanze di allora, un errore
incomparabilmente meno grave di quello degli anarchici. Questo è N.B.!!)
4) Lo Stato „si dissolve da sè („si scioglie”) (Nota Bene) e scompare”... (ved.
in seguito: „si estingue”) „con l'instaurazione del regime sociale socialista”...
5) Lo Stato è un'„istituzione temporanea” che occorre „nella lotta, nella
rivoluzione”... (occorre al proletariato, si capisce)...
6) Lo Stato è necessario non per la libertà, ma per lo schiacciamento
(Niederhaltung non vuol dire propriamente schiacciare, ma impedire la restaurazione,
tenere sottomesso) degli avversari del proletariato.
7) Quando ci sarà la libertà, non ci sarà più Stato.
8) „Noi” (cioè Engels e Marx) proporremmo di dire „ovunque” (nel programma)
„Comune” (Gemeinwesen), „Comune” invece di „Stato”!!!
Di qui si vede come non solo gli opportunisti, ma anche Kautsky, abbiano reso
banali, abbiano insozzato Marx ed Engels.
Gli opportunisti non hanno capito nemmeno uno di questi 8 pensieri di una
ricchezza incomparabile!
Essi hanno preso solo la necessità pratica del momento: utilizzare la lotta
politica, utilizzare lo Stato contemporaneo per istruire, educare il proletariato, per
"strappare delle concessioni". È giusto (contro gli anarchici), ma è appena 1/100 di
marxismo, se ci si può esprimere in questo modo aritmetico.
Kautsky ha completamente snaturato (o „dimenticato” o „non compreso”) nel suo
lavoro propagandistico e giornalistico, in generale, i punti 1, 2, 5, 6, 7, 8 e lo
„Zerbrechen” di Marx (in polemica con Pannekoek nel 1912 o nel 1913. Kautsky, -
vedere più avanti a pp. 45-47, - era già caduto interamente nell'opportunismo su questa
questione)...
Dagli anarchici ci distinguono (α) l'utilizzazione dello Stato adesso e (β) durante
la rivoluzione del proletariato (..„dittatura del proletariato”), - punti importantissimi per
la pratica, subito. (Ed è proprio questi punti che Bukharin ha dimenticato).
Dagli opportunisti ci distinguono delle verità più profonde, „più eterne” circa (αα) il
carattere „temporaneo” dello Stato, circa (ββ) il danno di „chiacchierarne” adesso, circa
(γγ) il carattere non completamente statale della dittatura del proletariato, circa (δδ) la
contraddizione fra lo Stato e la libertà, circa (εε) l'idea (nozione, termine
programmatico) più giusta di „Comune” invece di Stato, circa (ζζ) la „demolizione”
(Zerbrechen) della macchina burocratica e militare. Non dimenticare inoltre che gli
opportunisti dichiarati della Germania (Bernstein, Kolb, ecc.) negano francamente la
dittatura del proletariato, mentre il programma ufficiale e Kautsky la negano
indirettamente, facendo il silenzio attorno ad essa nell'agitazione quotidiana e
tollerando l'opera da rinnegati di Kolb e C.
Nell'agosto 1916 si è scritto a Bukharin: «Lascia maturare le tue idee sullo
Stato». Ora, senza lasciarle maturare, egli si è messo a scrivere, firmando „Nota Bene”
e lo ha fatto in modo tale che invece di smascherare i kautskiani li ha aiutati con i suoi
errori!! Nella sostanza, però, Bukharin è più vicino di Kautsky alla verità» (N. Lenin).
Tale è, in poche parole, la storia della discussione teorica circa il
problema dello Stato.
Parrebbe che la cosa sia chiara: Bukharin ha commesso degli errori
semianarchici, è ora di correggere questi errori e di seguire le orme di
Lenin. Ma solo i leninisti possono pensare così. Bukharin, a quanto pare,
non è di questo avviso. Egli afferma, al contrario, che non è lui che ha
sbagliato, ma Lenin, che non è lui che ha seguito o dovrebbe seguire le
orme di Lenin, ma che, al contrario, è Lenin che si è visto costretto a
seguire le orme di Bukharin. Non lo credete, compagni? Ascoltate il
seguito, allora. Dopo questa discussione, che ebbe luogo nel 1916, dopo
nove anni, durante i quali Bukharin è rimasto zitto, un anno dopo la
morte di Lenin, e precisamente nel 1925, Bukharin pubblica nella
miscellanea «La rivoluzione del diritto» l'articolo «Sulla teoria dello
Stato imperialista», che a suo tempo la redazione della «Miscellanea
socialdemocratica» (cioè Lenin) aveva rifiutato, e in una nota all'articolo
dichiara apertamente che in quella discussione non era Lenin che aveva
ragione, ma Bukharin. La cosa può sembrare incredibile, ma è un fatto,
compagni.
Ascoltate il testo di questa nota:
«Contro l'articolo apparso nell'„Internazionale giovanile” scrisse una nota V.I.
(cioè Lenin). I lettori vedranno facilmente che io non avevo commesso l'errore di cui mi
si imputava, perchè avevo visto chiaramente la necessità della dittatura del proletariato;
d'altra parte, dalla nota di Ilic si vede che egli allora aveva una posizione sbagliata circa
la tesi che parla di far saltare lo Stato (si capisce borghese), confondendo questa
questione con la questione dell'estinzione della dittatura del proletariato
[il corsivo è
mio. G. St.]. Forse allora avrei dovuto sviluppare di più il tema della dittatura. Ma posso
dire, a mia giustificazione, che allora infieriva una tale epidemia di lodi
socialdemocratiche allo Stato borghese, che era naturale si concentrasse tutta
l'attenzione sulla necessità di far saltare questa macchina.
Quando tornai dall'America in Russia e vidi Nadiezda Konstantinovna (ciò
avvenne al nostro VI Congresso illegale e in quel momento Lenin si teneva nascosto), le
sue prime parole furono: „V.I. mi ha pregato di dirvi che sul problema dello Stato non
ha più, ora, divergenze con voi”. Studiando la questione, Ilic era arrivato alle stesse
conclusioni [Il corsivo è mio. G. St] circa la necessità di „far saltare” lo Stato, ma egli
ha sviluppato questo tema e in seguito ha sviluppato anche la dottrina della dittatura, in
modo che ha fatto epoca nello sviluppo del pensiero teorico in questa direzione».
Così scriveva di Lenin Bukharin un anno dopo la morte di Lenin.
Eccovi un modello delle pretese ipertrofiche di un teorico che ha
ancora molto da imparare!
È possibilissimo che Nadiezda Konstaninovna (Krupskaia) abbia
realmente detto a Bukharin quello che egli scrive qui. Ma che cosa ne
deriva? Ne deriva una sola cosa: che Lenin aveva qualche ragione per
pensare che Bukharin avesse rinunciato o fosse pronto a rinunciare ai
suoi errori. Questo è tutto. Ma Bukharin l'ha capita diversamente. Egli ha
deciso che oramai il creatore o, per lo meno, l'ispiratore della teoria
marxista dello Stato non dev'essere considerato Lenin, ma lui, Bukharin.
Fino ad oggi ci siamo considerati e continuiamo a considerarci dei
leninisti. E adesso risulta che Lenin e noi, suoi allievi, siamo
bukhariniani. La cosa è alquanto comica, compagni. Ma che fare, quando
ci si trova alle prese con le tronfie pretese di un Bukharin!
Si può pensare che Bukharin, nella nota all'articolo già ricordato,
abbia detto, senza volerlo, una sciocchezza e poi se ne sia dimenticato.
Ma evidentemente non è così. Bukharin, evidentemente, ha parlato sul
serio. Ciò risulta, se non altro, dal fatto che la dichiarazione di Bukharin
sugli errori di Lenin e sulla giusta posizione di Bukharin, fatta in questa
nota, è stata nuovamente pubblicata non molto tempo fa, e precisamente
nel 1927, due anni, cioè, dopo il primo attacco di Bukharin contro Lenin,
nello schizzo biografico di Bukharin scritto da Maretski. Ebbene,
Bukharin si è ben guardato dal protestare contro tale ... audacia di
Maretski. È evidente che la presa di posizione di Bukharin contro Lenin
non può essere considerata fortuita.
Risulta, dunque, che avrebbe ragione Bukharin e non Lenin, che
l'ispiratore della teoria marxista dello Stato non sarebbe Lenin, ma
Bukharin.
Tale, compagni, è il quadro delle storture teoriche e delle pretese
teoriche di Bukharin.
E quest'uomo ha il coraggio, dopo tutto ciò, di venir a dire nel suo
discorso che nell'orientamento teorico del nostro partito «c'è qualcosa di
marcio», che nell'orientamento teorico del nostro partito c'è una
deviazione verso il trotskismo! E questo lo dice lo stesso Bukharin, che
commette (e ha commesso nel passato) una serie di errori teorici e pratici
grossolani, che ancora qualche tempo fa era un allievo di Trotski, che
ancora ieri cercava di far blocco con i trotskisti contro i leninisti e
rendeva loro visita per la scala di servizio. Ebbene, non è ridicolo questo,
compagni?