Partito Comunista Cecoslovacco
LO SVILUPPO DELLA SOCIETÀ DOPO IL XII CONGRESSO.
LA CRISI POLITICA E IL SUO SUPERAMENTO
/1962-1970/

Da "Il compendio storico del Partito Comunista Cecoslovacco", Agenzia di Stampa Orbis, Praga 1980, a cura dell'Istituto del marxismo-leninismo del CC del PCC e dell'Istituto del marxismo-leninismo del CC del PCS, capitolo X, pp.275-299.

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Mutamenti nel rapporto di forza a li­vello internazionale negli anni sessan­ta.
Lo sforzo dei paesi socialisti per creare un sistema di sicurezza colletti­va e di cooperazione in Europa

Negli anni sessanta si rafforzavano le posizioni del so­cialismo mentre si andava approfondendo la crisi generale del capitalismo; continuava intanto la rovina del sistema imperialista coloniale. A Cuba aveva vinto la rivoluzione popolare. Aumentava la forza economica e militare e l'influenza politica del sistema mondiale socialista. Per merito dello sforzo costante dell'Unione sovietica e degli altri paesi socialisti, all'inizio degli anni sessanta si arrivò a una certa distensione internazionale. Nel 1961 venne risolta la crisi di Berlino e nel 1962 quella dei Caraibi. Venne concluso un trattato che vietava tutti gli esperimenti nucleari atmosferici, spaziali e subacquei.

Contemporaneamente si era risvegliata la reazione imperialista. Gli imperialisti, consapevoli della forza e della crescente importan­za del sistema socialista mondiale e soprattutto dell'importanza della sua unità, minacciavano di dividere i singoli paesi socialisti dall'URSS e di provocarne la distruzione interna. Fedeli ai loro mutamenti di tattica, ma senza rinunciare ai loro obiettivi strate­gici, essi rafforzavano i loro piani eversivi nei paesi socialisti per indebolire l'unità politica e morale del popolo e la sua com­pattezza attorno ai partiti comunisti.

Il risveglio della reazione imperialista nella seconda metà degli anni sessanta determinò una nuova tensione internazionale. L'ina­sprimento della guerra americana in Vietnam, l'aggressione di Israele contro i paesi arabi nel 1967, il potenziamento dell'imperialismo e del revanscismo nella RFT, il colpo di stato reazionario in Ghana nel 1966 e in Grecia nel 1967, lo schieramento razzista in Sud Africa, l'arbitrio dei dittatori reazionari nei paesi dell'Ame­rica Latina, le provocazioni dei paesi della NATO contro Cipro dimostravano che la distensione e l'applicazione dei principi della coesistenza pacifica si svolgevano non senza difficoltà. La pace in Europa veniva minacciata soprattutto dall'imperialismo della Germania occidentale.

Questa strategia e tattica globale della reazione imperialista e la sua crescente aggressività chiedevano ai paesi del sistema mondiale socialista e a tutto il movimento comunista internazionale di fare il passo decisivo per riunire le loro forze.

La riunione del comitato politico consultivo dei paesi del Pat­to di Varsavia, tenutasi nel 1966 a Bucarest, e l'incontro dei rap­presentanti dei partiti comunisti operai e dei governi della Bul­garia, Cecoslovacchia, Jugoslavia, Romania, Ungheria, Repubblica Democratica Tedesca, Polonia e Unione sovietica nel 1967 a Mosca, si schierarono decisamente in difesa della Repubblica Democratica Vietnamita e delle nazioni arabe.

Alla conferenza dei partiti comunisti operai europei, organizzata nel 1967 a Karlovy Vary, le 24 delegazioni approvarono la mozione in cui si invitavano gli stati europei a creare un sistema di sicurez­za collettiva, fondata sulla coesistenza pacifica degli stati a diverso regime politico. Essa invitava i paesi occidentali a concludere un accordo sulla rinuncia all'uso della forza e all'intervento negli af­fari interni degli altri paesi, a normalizzare i rapporti con la RDT e a concludere un accordo sulla sospensione delle armi nucleari.

Per la politica estera cecoslovacca ebbe un significato fonda­mentale lo sviluppo nella Germania federale. Il rafforzamento del­le tendenze revansciste e militariste nella RFT si era manifestato con lo sforzo di produrre armi nucleari. L'unica garanzia di di­fesa contro la minaccia d'aggressione da parte dell'imperialismo tedesco era assicurata al nostro paese dall'alleanza con i paesi so­cialisti e soprattutto con l'Unione sovietica.

La proroga del trattato di alleanza cecoslovacco-sovietico per altri vent'anni, firmato nel novembre del 1963, confermò e raffor­zò la posizione politica internazionale della Cecoslovacchia e la sua politica nell'Europa centrale. Esso garativa la sicurezza allo Stato e la sua sovranità, creando condizioni per il loro sviluppo socia­lista.

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Tra il XII e il XIII Congresso del PCC

Il processo di costruzione socialista dopo il XII Con­gresso incontrò alcune difficoltà. Il crescente soggettivismo e la scelta di obiettivi astratti si manifestarono anche nella determinazione degli obiettivi economici del terzo piano quin­quennale; durante la sua realizzazione, si arrivò alla rovina dell'economia cecoslovacca negli anni 1962-1964. Nel 1963 si ve­rificò persino una diminuzione del reddito nazionale realizzato. Il non rispetto della proporzionalità dello sviluppo economico na­zionale e il ribasso della sua dinamicità portarono di conseguenza ad alcuni provvedimenti che ebbero riflessi negativi sul livello di vita della popolazione.

Nel campo della direzione dell'economia nazionale si rinunciò allo sforzo intrapreso nel 1958 di migliorarla complessivamente. L'attività di direzione si dedicava sempre di più, alla soluzione di compiti operativi. L'economia nazionale veniva organizzata solo attraverso piani annuali. Grazie ai provvedimenti a breve sca­denza e allo spiritto di sacrificio dei lavoratori si riuscì gradual­mente a superare la stagnazione e a rinnovare lo sviluppo dell'e­conomia nazionale. Le difficoltà dei primi anni del sessanta non vennero tuttavia superate del tutto.

La gravità delle difficoltà costrinse il partito a conoscerne le cause e soprattutto ad elaborare provvedimenti complessivi per garantire uno sviluppo dinamico dell'economia nazionale, basato sulla pianificazione a lunga scadenza su basi scientifiche e sul perfezionamento del sistema direttivo. Dall'impulso proveniente dal partito iniziò la preparazione del sistema direttivo dell'econo­mia nazionale. Questo sforzo scaturiva dall'attività analoga degli altri paesi della comunità socialista e soprattutto dalle esperienze dell'Unione sovietica.

La ricerca di nuove strade e l'elaborazione del sistema direttivo si collegava con una forte differenziazione di idee nel campo della teoria e della prassi economica, nel lavoro degli organi centrali e nella direzione stessa del partito. Lo sforzo creativo su base mar­xista-leninista venne indirizzato verso l'elaborazione di tali vie di sviluppo socialista che, rispettando i principi della direzione socialista e della pianificazione dell'economia nazionale, corrispon­devano al grado di sviluppo delle forze produttive e dei rapporti di produzione. Parallelamente a questa corrente esercitavano una loro influenza le opinioni opportunistiche di destra e revisioniste e le posizioni rigide che frenavano i tentativi di applicare alla nostra economia i cambiamenti necessari nella direzione e nella pianinificazione.

Dopo molte discussioni e analisi il CC del PCC, nel gennaio 1965, approvò i principi del sistema perfezionato della direzione pianificata e le rispettive risoluzioni che partivano dal principio di sviluppo pianificato dell'economia socialista, dai principi del centralismo democratico, dal ruolo guida del partito nell'economia e dagli altri principi socialisti nella direzione. Nella risoluzione del CC del PCC fu tra l'altro stabilito di sfruttare i vantaggi con­cessi dalla direzione centrale dello sviluppo economico, l'impegno di realizzare un collegamento organico della pianificazione in tutti i settori della società utilizzando rapporti socialisti di merce e mo­netari, estendere la competenza e la responsabilità delle singole aziende a sviluppare l'attività dei lavoratori.

Il Comitato Centrale in questa occasione sottolineò di nuovo il significato e il compito del piano dell'economia nazionale in quan­to strumento principale della direzione dell'economia socialista. Metteva in guardia contro le opinioni secondo le quali gli stru­menti economici del nuovo sistema direttivo dovevano automati­camente regolare lo sviluppo dell'economia.

Le conclusioni della seduta di gennaio del CC del PCC nel 1965 corrispondevano alle condizioni economiche e sociali e agli obiettivi dello sviluppo dell'economia socialista e ai principi della sua direzione. I lavoratori accettarono favorevolmente i nuovi principi della direzione.

I provvedimenti per il perfezionamento della direzione piani­ficata dell'economia nazionale contribuirono alla mobilitazione delle riserve dello sviluppo economico. Gradatamente aumentava l'attenzione rivolta alle questioni della produttività, del livello tec­nico e della qualità dei prodotti. Lo sforzo rivolto all'applicazione coerente e complessiva dei nuovi principi di direzione, nello spi­rito della risoluzione del CC del PCC, era tuttavia condizionato dal loro sviluppo sulla base delle proprie esperienze e degli altri paesi socialisti. Il partito era consapevole del fatto che si stavano percorrendo strade nuove, non ancora verificate. Perciò anche nella risoluzione del CC del PCC venne sottolineato il fatto che l'applicazione del sistema perfezionato di direzione doveva avere un processo graduale e essere realizzato secondo le condizioni po­litiche ed economiche.

Le prime esperienze dimostrarono che era giusto adattare il sistema della direzione alle nuove necessità in modo che corrispon­desse a un dato livello dello sviluppo e ai nuovi bisogni del passag­gio dallo sviluppo estensivo a quello intensivo. I provvedimenti accettati svolsero, soprattutto nel periodo iniziale, una certa influenza positiva sullo sviluppo dell'economia. Nello stesso tempo, tuttavia, aumentavano tendenze revisioniste che si riflettevano anche in campo economico e sfociavano soprattutto nella rivendi­cazione di un urgente inserimento dei temi teorici, non verificati e spesso incerti, nella prassi dell'intera economia nazionale. Anche l'acceleramento della ristrutturazione dei prezzi del commercio all'ingrosso per il 1° gennaio del 1967, deviò dalle intenzoni ori­ginarie ed aveva causato difficoltà e complicazioni nella direzione dell'economia. La corrente revisionista, che si stava formando, in­fluenzava sempre di più i provvedimenti economici del partito e del governo e ostacolava la soluzione pratica dei compiti collegati con il perfezionamento della direzione e della pianificazione.

Lo sforzo del partito di trovare una soluzione dei problemi ma­turati nel campo della direzione economica si scontrava sempre più spesso con le diverse tendenze e opinioni revisioniste, masche­rate da una fraseologia rivoluzionaria e radicale. Il loro pericolo era in continuo aumento per il fatto che potevano contare su al­cuni membri del Comitato Centrale del PCC e sulla possibilità di controllare i mezzi di comunicazione. La realizzazione del perfe­zionato sistema di direzione pianificata divenne perciò fin dall'ini­zio oggetto di una aspra lotta contro la destra. La causa principale del mancato superamento di queste tendenze revisioniste fu la politica incoerente e sterile adottata dalla direzione del partito, che nonostante le rifiutasse verbalmente, non le contrastava nei fatti. L'accettazione di una serie di decisioni prive di contenuto, la fissazione a metodi superati, dava spazio ai revisionisti, soprat­tutto poi dava a loro la possibilità di fingere di correggere le ca­renze esistenti.

Le forze marxiste-leniniste nel partito cercarono di perfezio­nare la direzione, la pianificazione e lo sviluppo dell'economia so­cialista, ma ai revisionisti e alle forze di destra importava solo, come venne dimostrato dagli avvenimenti successivi al gennaio 1968, privare il partito del suo ruolo guida, abolire gradatamente la proprietà socialista, creando fabbriche isolate l'una dall'altra, in quanto singoli "soggetti di mercato". La direzione centrale pia­nificata dell'economia doveva essere sostituita da un meccanismo automatico di mercato, che avrebbe visto l'intervento dello Stato nel caso in cui il meccanismo di mercato avesse fallito. L'econo­mia cecoslovacca doveva essere gradualmente staccata dall'area socialista e legata al massimo all'economia dell'occidente capita­lista.

Sul problema dello sviluppo della democrazia socialista, del consolidamento del potere dellla classe operaia e del compito delle organizzazioni sociali, alcune decisioni del partito si caratterizzavano per la concezione idealistica sul grado di sviluppo della so­cietà socialista, della sua maturità ideologica e della sua unità mo­rale e politica. Nella prassi questo si manifestava con l'indeboli­mento del ruolo degli organi direttivi statali e della loro autorità, con la diminuzione del potere della legislatura, con un interpreta­zione unilaterale dei diritti e dei doveri dei cittadini e soprattutto con l'indebolimento del ruolo guida della classe operaia e del par­tito, sua avanguardia rivoluzionaria.

Nemmeno i crescenti problemi nazionali vennero risolti tem­pestivamente. Era opinione diffusa che con l'istaurazione della dit­tatura del proletariato e con la parificazione economica venivano automaticamente risolte le questioni costituzionali e i rapporti tra le nazioni ceca e slovacca. L'atteggiamento poco sensibile di fronte alla soluzione di alcuni problemi della costituzionalità cecoslovacca aumentava la tensione interna della società.

I complicati processi di sviluppo nei rapporti internazionali e anche nella vita interna della Cecoslovacchia nel periodo tra il XII e il XIII Congresso del PCC, si riflettevano nella coscienza sociale. Sorgevano atteggiamenti piccolo borghesi, che intaccaro­no la fiducia del popolo nella politica del PCC e nella forza del regime socialista. Si stava creando uno spazio per l'attività delle forze revisioniste che sfruttavano il ritardo con cui gli organi del partito e dello Stato risolvevano i problemi, proponendo loro stessi delle soluzioni.

La direzione del partito dichiarò guerra al liberalismo piccolo borghese e al revisionismo, che cercavano di indebolire il conte­nuto di classe della politica di partito, sottolineando il significato crescente dell'attività teorica e ideologica. Questo sforzo tuttavia non si basava né su un'analisi complessiva né su provvedimenti effettivi e tempestivi. Convinti ormai che in Cecoslovacchia si stesse concludendo il processo della rivoluzione culturale, che si fosse ormai vicinissimi al comunismo e che nella società ceco­slovacca non si manifestasse più la lotta di classe, si arrivò in breve al disarmo politico e ideologico del partito.

Tra i problemi politici più sentiti della società cecoslovacca c'era la questione, finora irrisolta, delle persone ingiustamente condan­nate. Il Comitato Centrale del PCC discusse nella seduta di aprile 1963 la revisione dei processi politici degli anni 1949-1954. Sulla base del rapporto della commissione speciale raccomandò agli organi predisposti di riabilitare giuridicamente i comunisti ingiu­stamente condannati. La maggioranza di essi fu riammessa nel PCC. Nel dicembre 1963 il Comitato Centrale decise di rivalutare tesi ingiuste, sorte all'inizio degli anni cinquanta, sul nazionalismo borghese nel PCS. Esso non fu però coerente nello stabilire la responsabilità dei processi e dell'immotivata indecisione nella fase di riabilitazione dei condannati ingiustamente.

Poiché la direzione del partito non risolveva i problemi attuali e scottanti dello sviluppo sociale e non sviluppava tempestiva­mente la lotta ideologica contro le opinioni errate, c'era il pericolo che, sotto il pretesto della lotta contro il dogmatismo, nascessero concezioni liberali borghesi e revisioniste che avrebbero dato ai problemi irrisolti una risposta antimarxista e antisocialista.

Nei giorni 31 maggio - 4 giugno 1966, si tenne il XIII Con­gresso del Partito Comunista Cecoslovacco. Alle discussioni con­gressuali parteciparono 1.477 delegati che rappresentavano 1.698.000 fra iscritti e candidati al partito. Il congresso approvò il rapporto sull'attività del Comitato Centrale e sui futuri compiti del partito, il rapporto sull'attività della Commissione di revisione e di controllo, il rapporto sulla discussione delle tesi e dei cambia­menti nello statuto del PCC. Accettò inoltre le risoluzioni che sta­bilivano i compiti per i singoli settori della vita sociale, la risolu­zione per le questioni urgenti dello sviluppo della cultura socialista, quelle riguardanti le questioni del movimento internazionale comunista e la dichiarazione contro l'aggressione USA nel Viet­nam.

Il congresso prese atto che le esperienze, alle quali il partito era arrivato nel periodo tra il XII e il XIII Congresso, avevano dimostrato, che gli obiettivi a lungo termine imposti dal XII Congresso, erano giusti e che erano ancora validi. Si trattava soprat­tutto di creare le condizioni per un passaggio graduale dallo svi­luppo estensivo dell'economia nazionale a quello intensivo, per la scientificizzazione della sua direzione pianificata e per la sosti­tuzione dell'attuale sistema direzionale, espressione dello sviluppo estensivo, con i metodi che avrebbero portato allo sviluppo eco­nomico intensivo. Il Congresso sottolineò che la Cecoslovacchia si trovava all'inizio di una fase di sviluppo completo della società socialista e che questa fase si presentava però molto più lunga dell'ipotesi originaria. Ciò riguardava sia lo sviluppo economico della società sia il crearsi di nuovi rapporti sociali, in cui la forza guida rimaneva la classe operaia.

Il Congresso approvò le direttive per completare l'elaborazione del quarto piano quinquennale per gli anni 1966-1970, che do­veva essere indirizzato al riequilibrio dell'economia nazionale, al consolidamento totale e alla creazione delle riserve economiche. Il piano presupponeva che l'agricoltura raggiungesse il livello dell'industria. Esso rivendicava uno sviluppo armonico delle sin­gole regioni del nostro Stato e della rivoluzione tecnico-scienti­fica; la creazione di condizioni per cambiamenti strutturali, decisivi per l'aumento della produttività; l'approfondimento della divisione internazionale dell'industria, in collaborazione con l'Unio­ne sovietica; l'aumento del livello di vita in relazione allo svilup­po della base materiale; la garanzia dell'aumento dei consumi per­sonali in relazione ai meriti di lavoro.

Un'attenzione notevole venne dedicata dal Congresso alla realiz­zazione del ruolo guida del partito e allo stile del suo lavoro. Esso fece alcune rettifiche allo statuto che accentuavano il ruolo guida del PCC nella società, delimitando la posizione e la compe­tenza degli organi di partito nell'apparato statale, economico e nelle organizzazioni sociali rivendicando la partecipazione degli iscritti alla politica, affinché si approfondisse in questo modo l'at­tività ideologica e politica del partito.

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Il blocco delle destre e delle forze anti­socialiste

Il XIII Congresso del PCC assunse una posizione cri­tica verso alcune tendenze dannose nella vita interna del partito, sottolineando la necessità di superarlo. Le conclusioni e le risolu­zioni del Congresso rivendicavano il rafforzamento del ruolo guida del partito e della sua influenza ideologica e politica in tutti i set­tori della vita sociale, il superamento delle carenze nell'attività ideologica del partito e il consolidamento della sua unità ideolo­gica. Si chiedeva alla direzione del partito di creare condizioni politiche per capire giustamente e per realizzare coerente­mente provvedimenti economici e sociali, connessi con l'attuazione del sistema di direzione pianificata nell'economia cecoslovacca. Con­temporaneamente si chiedeva di approfondire a tutti i livelli la funzione conoscitiva e direttiva degli organi di partito, di raffor­zare il ruolo guida del partito e la sua unità col popolo. Agli iscritti si imponeva una partecipazione più attiva e creativa, nello spirito dello statuto, nella realizzazione della politica del partito.

Le risoluzioni in sostanza delimitavano giustamente vasta area di problemi da risolvere. Nemmeno il XIII Congresso, tuttavia, prese posizione verso alcuni urgenti problemi e la linea politica non venne formulata abbastanza concretamente.

Dopo il Congresso gli organi del partito e le organizzazioni par­teciparono alla realizzazione dei compiti, cercando di superare le carenze e raggiungere i risultati positivi nello sviluppo della so­cietà. Questo sforzo venne spesso frenato dall'atteggiamento della direzione del partito. Il soggettivismo, i provvedimenti ammini­strativi, la soluzione illogica dei gravi problemi, la contraddizione tra le parole e i fatti provocarono tensione nel partito e nella so­cietà. Nella vita interna del partito si manifestava sempre di più il formalismo. Si attenuava l'attività e la capacità d'azione, veni­vano tollerate le opinioni inconciliabili con il socialismo anche se espresse in nome del partito.

Aumentava il numero degli iscritti politicamente inattivi che non difendevano e non realizzavano la politica del partito, non lottavano contro le opinioni e le teorie antimarxiste. Si manifesta­vano le conseguenze dell'indebolimento del nucleo operaio del par­tito. L'attività ideologica del partito perdeva le caratteristiche co­muniste. Si abbondonava il criterio di classe, la specializzazione veniva sopravvalutata. Con ciò si dava lo spazio all'influenza ideo­logica borghese e piccolo borghese, al revisionismo, all'opportu­nismo di destra e alle forze antisocialiste e antisovietiche.

Nel paese si ammassavano i problemi non risolti e l'insoddisfa­zione. I singoli individui e i gruppi, che nel passato avevano soste­nuto opinioni revisioniste, si organizzavano e sfruttavano le ca­renze della politica di partito per realizzare i loro obiettivi antisocialisti.

Si manifestavano con più evidenza le tendenze antipartito nei settori delle scienze sociali e della cultura. La direzione del par­tito rifiutava a parole le opinioni antisocialiste, ma senza distin­guere la posizione veramente creativa da quella revisionistica e senza mobilitare le forze per superare le difficoltà dell'edificazione socialista attraverso l'applicazione del marxismo-leninismo. La diminuzione dell'autorità e dell'influenza del PCC permise ai rap­presentanti delle tendenze revisioniste di conquistare gradatamen­te una posizione di predominio su importanti sfere di attività ideologica.

La base comune, su cui questi diversi gruppi e singoli individui si univano, era la piattaforma priva di spirito di classe, antimar­xista e revisionista, che rinnegava l'egemonia della classe operaia, il ruolo guida del Partito comunista nella costruzione del socia­lismo, il ruolo dell'Unione sovietica nella lotta tra il capitalismo e il socialismo, per la pace, per la democrazia e per il socialismo.

Già prima del gennaio del 1968 i gruppi opportunistici di destra dominavano quasi totalmente il campo delle scienze sociali e della cultura. Si erano divise tra loro le sfere di influenza e avevano imposto alle scienze sociali il sistema della revisione del marxismo, che colpiva tutti i settori fondamentali della teoria marxista-leni­nista e i principi fondamentali della società socialista. In misura crescente si esprimevano attraverso una piattaforma d'opposizione fuori del partito, con una critica soggettivistica negavano global­mente tutto ciò che era stato raggiunto negli anni della costruzio­ne del socialismo, risultato di un lavoro condotto con spirito di sacrificio dal partito e da milioni di lavoratori.

Un aperto tentativo per realizzare una piattaforma revisionista, antipartito e antisocialista, fu il IV Congresso degli scrittori ce­coslovacchi nel giugno del 1967. Il rifiuto del ruolo guida del PCC e del marxismo-leninismo fu una sfida a tutto il partito, poiché venne rivendicato il rinnovo della situazione della democrazia borghese e la revisione dell'intera politica estera della Cecoslo­vacchia. Veniva messa in dubbio la politica del partito dopo il febbraio del 1948, mentre si facevano rivendicazioni di totale au­tonomia della cultura e di adesione alla cultura borghese. L'in­tervento delle forze revisioniste a antisocialiste al Congresso degli scrittori era diretto verso la distruzione del regime socialista, verso la negazione degli interessi comuni rivoluzionari della classe ope­raia e degli intellettuali e verso il rifiuto del ruolo guida della classe operaia nella costruzione del socialismo.

In seguito a tutto questo il prestigio del partito nella società di­minuiva. Nella metà del 1967 era ormai evidente che nel partito e nella società era in corso una grave crisi. Lo dimostravano anche i risultati di una vasta indagine, condotta dal partito nel 1967, prima della seduta di ottobre del CC del PCC. Le organizzazioni del partito giustamente criticavano la direzione del partito in quanto non risolveva i problemi sociali ed economici che provoca­vano nella società crisi e tensioni, e permetteva che si calunnias­sero il partito e la sua storia, che si diffondessero il nichilismo e le idee piccolo borghesi. Criticandone gli errori, esse cercavano una soluzione, che rafforzasse il ruolo guida del partito della so­cietà. Chiedevano anche sostituzioni all'interno della direzione del partito, come presupposto fondamentale per una applicazione coe­rente dei principi leninisti nell'attività, nella politica del partito e nella soluzione dei problemi.

La situazione nel partito giunse a tal punto che fu necessario prendere provvedimenti contro le carenze e gli errori avvenuti nell'attuazione delle risoluzioni congressuali. La chiave per riu­scire a farlo doveva essere un radicale miglioramento nella dire­zione del partito e nella società, che presupponeva un cambiamento di quadri nella direzione. Alla seduta del CC del PCC di di­cembre del 1967, molti membri del Comitato Centrale criticarono giustamente l'attività di Antonin Novotný e i suoi metodi nella direzione del partito. Proposero di sottoporre ad analisi cri­tica la politica e l'attività del Comitato Centrale del partito, della sua presidenza e segreteria. Si chiesero le dimissioni di Antonin Novotny dalla sua funzione di primo segretario del CC del PCC.

Alla seduta di gennaio del 1968 il Comitato Centrale del PCC approvò la risoluzione politica in cui sosteneva all'unisono le con­clusioni del XIII Congresso. Esso sottolineò l'appartenenza della Repubblica Socialista Cecoslovacca al sistema mondiale socialista e il suo fermo legame con l'Unione sovietica. Chiese di approfon­dire l'unità ideologica e d'azione del partito, di rafforzare il suo ruolo guida, di mantenere le norme leniniste nella vita del par­tito, di rafforzare l'unità dei cechi e degli slovacchi sulla base di una coerente attuazione dei principi leninisti nella politica nazio­nale, di risolvere i problemi urgenti dell'economia nazionale e altri compiti che dovevano garantire la realizzazione delle con­clusioni del XIII Congresso del partito. Il plenum revocò il man­dato di Antonin Novotný come segretario del Comitato Centrale, eleggendo al posto suo Alexander Dubcek.

Il partito aveva davanti a sé compiti difficili:
- raccogliere il consenso spontaneo del partito e del popolo sulla soluzione approvata alla seduta di gennaio del CC del PCC e tra­sformarlo in lotta attiva per il superamento degli ostacoli sulla strada dello sviluppo del socialismo in CSSR;
- non ammettere la strumentalizzazione degli sforzi del partito per correggere i difetti, condurre una lotta ideologica e politica contro posizioni, tendenze e forze opportuniste, revisioniste e an­tisocialiste;
- rafforzare i legami con i paesi socialisti, soprattutto con l'Unio­ne sovietica, affinché la Cecoslovacchia rimanesse un solido anello del sistema socialista mondiale.

La seduta di gennaio del Comitato Centrale doveva rappresen­tare un avvio verso la soluzione della crisi nel PCC.

Una grave mancanza di questa seduta fu rappresentata dal fatto che il Comitato Centrale non aveva definito precisamente una sfera di classe per la linea politica futura e nemmeno orientato il partito allo sviluppo della lotta politica e ideologica contro il crescente opportunismo di destra e contro le tendenze antisocia­liste. Questo compito era tanto più urgente in quanto le forze di destra in Cecoslovacchia si erano risvegliate molto prima del gen­naio del 1968 ed erano sostenute da un gruppo influente del Co­mitato Centrale del PCC orientato verso il revisionismo e sostan­zialmente organizzato in frazione. Il Comitato Centrale non notò questa divisione interna e il possibile pericolo. Il segretario stesso del Comitato Centrale non rappresentava una garanzia alla dire­zione marxista-leninista del partito, in quella specifica situazione.

4
Ascesa delle forze contro­rivoluzio­na­rie e loro sconfitta

Subito dopo la seduta di gennaio del CC del PCC era chiaro che la direzione del partito era incapace, per la sua etero­geneità, la disgreazione politica e la debolezza generale, di realiz­zare i compiti approvati dal Comitato Centrale. Invece di prendere l'iniziativa e dirigere questo processo, l'abbandonò fin dall'inizio alla sua spontaneità, rendendo così possibile l'ascesa della destra. Al partito mancava una direzione chiara e direttiva precisa per poter attuare le risoluzioni della seduta di gennaio del Comitato Centrale.

Nell'aprile del 1968 il Comitato Centrale del PCC approvò il cosiddetto Programma d'azione. Esso conteneva formulazioni an­timarxiste sul compito del partito e della società socialista, sul concetto pluralistico del sistema politico, sull'autonomia della cul­tura, della scienza e sulla direzione dell'economia nazionale. Le prese di posizione revisioniste e la poca chiarezza nelle tesi pro­grammatiche approfon­divano nel partito e nella società l'insicu­rezza ideologica e politica.

Sebbene alla seduta del CC del PCC dell'aprile 1968 si fosse manifestata chiaramente la debolezza e la divisione nella direzione del dopo gennaio e uno spostamento a destra di potere, le forze marxiste-leniniste riuscirono ancora a proporre come presidente della Repubblica il generale Ludvík Svoboda, l'eroe della lotta di liberazione nazionale e insigne rappresentante dell'amicizia e dell'alleanza con l'Unione sovietica, riuscendo a farlo eleggere. La destra tuttavia era riuscita a fare eleggere come presidente del governo, del Fronte nazionale e dell'Assemblea nazionale quadri che progressivamente si rivelarono suoi sostenitori.

Attorno alla frazione di destra nella direzione del partito nel gennaio del 1968, si era formata una corrente d'opposizione. Pe­netrando in misura sempre più vasta negli organi e nelle organiz­zazioni, crearono una loro piattaforma politica ideologica e una struttura organizzativa. Attraverso i mezzi di comunicazione, dove le forze di destra riuscirono gradatamente a occupare posti della massima importanza, il senso e gli obiettivi della seduta di gen­naio vennero interpretati dal punto di vista degli obiettivi politici di destra.

Gli organi direttivi del partito e dello Stato smisero di dirigere il partito e la società. La direzione dello sviluppo politico nel paese venne condizionata sempre di più dalla destra. La teoria revisionista sulla necessità di avere un governo d'élite intellettuale assu­meva forme concrete.

Il popolo all'inizio interpretò la situazione all'interno del partito come uno scontro tra i comunisti cosiddetti progressisti e comu­nisti cosiddetti conservatori, cioè tra coloro che volevano miglio­rare l'andamento della società e coloro che impedivano la realizzazione di nuovi provvedimenti e che erano attaccati dogma­ticamente ai metodi della direzone. La destra usò mezzi di comuni­cazione per fare campagne scandalistiche sui funzionari di partito e dello Stato, per offendere l'apparato di partito e gli organi sta­tali, per paralizzare le basi fondamentali della dittatura del prole­tariato, per ricattare politicamente. Nello stesso tempo creò un'aureola attorno ai suoi rappresentanti più attivi. Questa falsa immagine penetrò nella coscienza popolare tramite i mezzi di co­municazione. Ecco una delle cause principali perché la destra riuscì ad ingannare i numerosi gruppi di comunisti e di onesti lavoratori camuffando la realtà, mentre si trattava della lotta di classe e di un attacco all'esistenza stessa del socialismo. Si veri­ficò una divisione all'interno delle organizzazioni politiche - nel Movimento rivoluzionario dei sindacati e nell'Unione cecoslovacca dei giovani - mentre si andavano formando organizzazioni ille­gali, con una forte inclinazione anticomunista come K 231, il Club degli impegnati non iscritti, e l'Associazione per i diritti umani.

La destra nel partito formò un esteso blocco politico con le for­ze antisocialiste.

Questi gruppi, a dire il vero, si differenziavano nella tat­tica ma si trovarono uniti nella soluzione controrivoluzionaria della crisi politica in Cecoslovacchia. Lo loro comune piatta­forma politica diventò opuscolo controrivoluzionario delle "2000 parole" che spingeva anche ad azioni violente e alla distruzione del sistema sociale socialista. Esso minacciava pubblicamente i nostri alleati con un conflitto armato. Queste forze organizzarono manifestazioni e provocazioni pubbliche. Aspiravano allo sciogli­mento delle Milizie popolari - uno dei sostegni del partito e della dittatura del proletariato. Il terrore, l'antisovietismo e l'abuso dei sentimenti nazionali, questa era la piattaforma unificante della destra e della controrivoluzione militante. Contemporaneamente era in corso, all'interno del partito, la lotta contro i frazionisti di destra. Il nucleo marxista-leninista del Comitato Centrale insieme con i comunisti fedeli degli organi minori di partito, conducevano una lotta sempre più difficile per difendere il socialismo e i suoi valori. Nell'atmosfera di aspri conflitti e di lotte intestine all'inter­no del partito, per l'egemonia delle posizioni chiave negli organi regionali e cittadini, si svolsero nel marzo e aprile del 1968 le conferenze del partito. Lanciando la parola d'ordine della cosiddetta democratizzazione, la destra chiedeva l'abolizione del principio le­ninista del centralismo democratico nel partito e la legalizzazione della frazione nel partito.

Alla seduta del Comitato Centrale nel maggio del 1968, la si­nistra tentò di dare una svolta positiva allo sviluppo politico. Essa riuscì a far includere nella risoluzione approvata la formulazione, che il pericolo principale, che minacciava il partito, veniva dalla destra. Per Dubcek, Kriegel, Smrkovský e gli altri rappresentanti della destra questa formulazione fu una manovra di copertura ne­cessaria prima delle conferenze di partito. Essi presupponevano, che avrebbero tranquillizzato quel settore del partito, che con inquietudine seguiva la situazione. Naturalmente nulla venne fat­to per la sua realizzazione.

Questa ipocrita presa di posizione venne sfruttata dalla direzio­ne di destra dell'organizzazione cittadina di Praga; essa elaborò una teoria completa per fondare un Partito Comunista Ceco, che dal punto di vista organizzativo, politico e ideologico coordinava e univa l'attività dei gruppi di opposizione, stabiliva la tattica e le forme della lotta contro il partito. Alla Conferenza cittadina del PCC, svoltasi in luglio a Praga, essa approvò, in contraddizione con lo statuto, la risoluzione della seduta permanente della Confe­renza. Voleva così influenzare le preparazioni e lo svolgimento del congresso staordinario e al momento opportuno prendere in mano la direzione del Comitato Centrale. Alle conferenze regionali del partito, tenutesi in giugno e luglio, dove vennero eletti i delegati al Congresso straordinario, la destra tentò di conquistare la mag­gioranza, il cui compito era legalizzare i suoi progetti revisionisti e il suo potere in seno al partito. In quel periodo anche in Slovacchia gli avvenimenti assume­vano analoghe caratteristiche, benché con alcune differenze rispet­to alla Boemia e Moravia.

La destra riuscì a far eleggere come delegati al Congresso del partito, che doveva svolgersi nel settembre del 1968, molti suoi sostenitori e iscritti incerti; di tutti i delegati solo il 17,7 % erano operai. La destra si era creata così le condizioni per la conquista della maggioranza al Congresso, per controllare gli organi del par­tito e legalizzare i propri obiettivi.

Un ruolo importante nell'approfondimento della crisi sociale in CSSR, l'ebbero le teorie revisioniste e anticomuniste presentate dalla destra come "sviluppo creativo" della dottrina marxista-le­ninista.

In realtà esse smentivano il valore delle leggi universali della costruzione del socialismo e del leninismo, esaltando il nazionalismo borghese e la teoria cosmopolita borghese sulla convergenza del socialismo e capitalismo.

La destra definì la sua concezione di costruzione della società socialista "modello democratico" di socialismo, "socialismo dal volto umano". Una componente di questa concezione era l'aspira­zione a sfruttare l'eredità ideologica del masarykismo e del socialdemocratismo.

Tutte queste concezioni avevano avuto, negli anni della crisi, le loro ragioni ideologiche nella borghesia sconfitta e in alcuni ambienti ex piccolo borghesi. La sostanza di queste concezioni rap­presentava un attacco contro tutti i valori fondamentali e contro i principi del socialismo.

La destra cercava soprattutto di disgregare il partito leninista rivoluzionario, trasformandolo in un partito riformista piccolo borghese di tipo socialdemocratico. Con un attacco serrato, la de­stra riuscì a raggiungere l'obiettivo, vale a dire che il PCC avrebbe dovuto rinunciare, nel 1968, ad avere il ruolo dirigente nella so­cietà socialista.

Allo stesso modo la disgregazione del potere socialista raggiun­geva vaste dimensioni. La linea di A. Dubcek, segretario del par­tito e di O. Cerník, presidente del governo, aveva notevolmente contribuito al graduale disfacimento degli organi di potere dello Stato socialista.

La destra cercò contemporaneamente di trasformare il Fronte nazionale in un gruppo politico pluralistico, in cui il PCC avrebbe perduto il ruolo guida della società. L'istigatore principale di questi sforzi fu il presidente del Comitato Centrale del Fronte na­zionale e membro della presidenza del Comitato Centrale del PCC, F. Kriegel, uno dei personaggi fondamentali della corrente controrivoluzionaria.

La base economica del modello socialista della destra era il si­stema economico elaborato soprattutto da O. Sik. La sostanza era l'eliminazione della proprietà socialista dei mezzi di produzione e dei rapporti di produzione socialisti, che dovevano essere sosti­tuiti dalla proprietà di gruppo e dall'impresa privata. Le aziende dovevano costituirsi come soggetti economici, sulla base di diversi tipi dell'autogestione. La direzione pianificata dell'economia nazio­nale doveva essere sostituita da un sistema di mercato che dove­va fornire le condizioni per la cosiddetta imprenditorialità socialista delle équipes di lavoro. Gli organi direttivi centrali do­vevano essere una cornice generale per l'attività delle aziende.

Dal punto di vista dei piani imperialistici questo modello di "so­cialismo cecoslovacco" doveva svolgere il ruolo di cavallo di Troia nella comunità socialista e negare la validità internazionale della teoria leninista della rivoluzione socialista e dell'esperienza so­cialista sovietica.

Sulla base di tutto ciò doveva essere abolito il socialismo in Ce­coslovacchia. Il nostro paese doveva, in politica estera, orientarsi verso l'occidente capitalista. In seguito a questa attività della de­stra, sorse in Cecoslovacchia il pericolo della controrivoluzione.

I partiti fratelli, e soprattutto il PCUS, con enorme pazienza tentarono di allentare la tensione nei rapporti reciproci e convin­cere la direzione del PCC ad allontanare il pericolo della contro­rivoluzione in CSSR. Essi offrivano aiuto da compagni e il loro appoggio, affinché il partito riprendesse in mano la situazione, avendo esaurito tutte le opportunità politiche dei contatti ufficiali e personali, che potevano essere valide per respingere il pericolo. Negli incontri di Dresda, di Sofia, di Mosca, di Cierna nad Tisou i suoi rappresentanti dimostrarono con fatti concreti che la situa­zione in CSSR sta davanti ad un obiettivo pericoloso. Le forze di destra, sforzandosi di arrestare l'intesa e il rinnovamento della fiducia reciproca tra il PCC e i partiti fratelli dei paesi socialisti, impedirono la presenza della delegazione del PCC all'incontro di Varsavia nel luglio del 1968 e si misero così in rottura diretta con gli alleati.

Migliaia di comunisti, cittadini e interi collettivi di lavoratori, rappresentanti di tutti gli strati della popolazione e delle diverse organizzazioni, membri del comitato centrale del PCC e del go­verno cecoslovacco, deputati dell'Assemblea nazionale, consapevoli delle proprie responsabilità di classe, nazionale e internazionale per il destino del socialismo in Cecoslovacchia, dopo inutili sforzi per concordare le misure per impedire l'intervento scoperto della controrivoluzione e la guerra civile, si rivolsero alle direzioni dei partiti fratelli e ai governi dei nostri alleati affinché concedessero al popolo cecoslovacco, in quel grave momento storico, un aiuto internazionale in difesa del socialismo.

In questa situazione l'entrata delle truppe alleate in Cecoslovac­chia, il 21 agosto del 1968, fu un atto necessario di solidarietà internazionale che corrispondeva agli interessi comuni dei lavo­ratori cecoslovacchi, della classe operaia internazionale, della co­munità socialista, e del movimento comunista mondiale. Questa azione internazionale salvò migliaia di vite umane, garantì le con­dizioni interne ed esterne per un lavoro pacifico dell'intero popolo cecoslovacco, rafforzò il confine occidentale del campo socialista e rese vane le speranze dei circoli imperialisti sulla revisione dei risultati della seconda guerra mondiale.

L'entrata delle truppe alleate rese possibile nel partito la for­mazione di forze fedeli al marxismo-leninismo, disposte a difendere con mezzi politici le conquiste del socialismo in Cecoslova­cchia, perché venisse creato un solido retroterra, con un'ampia mobilitazione di lavoratori in lotta per superare la minaccia con­trorivoluzionaria.

5
La lotta delle forze marxiste-leniniste per superare la crisi.
La seduta di aprile 1969 del CC del PCC

Dopo l'arrivo delle truppe alleate A. Dubcek, O. ernik, J. Smrkovský, F. Kriegel, J. Spacek, Z. Mlynár e altri appro­fondirono il loro tradimento nei confronti del partito e del socia­lismo. Contro il principale dissenso e rifiuto del settore marxista-leninista, nella direzione del partito, essi pubblicarono una di­chiarazione antiinternazionalista e priva di una visione di classe, che disorientò i comunisti e il popolo, dando la possibilità alla controrivoluzione di scatenare l'isterismo antisovietico e sciovi­nistico, mascherato con parole d'ordine patriottiche. Gli elementi controrivoluzionari provocavano disordini, confusione, e rivolte.

La destra della direzione del partito e del Comitato cittadino del PCC convocò, all'insaputa del Comitato centrale e in contraddi­zione con lo statuto del partito, una riunione illegale frazionistica, il cosiddetto Congresso di Vysocany, in cui tentò di compiere una svolta nel PCC. La sua piattaforma era lontana dalla missione, dal programma e da tutta la storia rivoluzionaria del PCC.

Seguendo l'esempio del cosiddetto Congresso di Vysocany, no­nostante la resistenza di una parte della presidenza del comitato centrale del PCS, gli opportunisti di destra nella direzione del PCS convocarono un Congresso straordinario a Bratislava. Il Con­gresso si svolse all'inizio in un'atmosfera aspramente nazionalista e antisovietica. Nella seconda fase del dibattito partecipò, dopo il suo ritorno con la delegazione cecoslovacca dalle trattative di Mosca, Gustav Husák, il cui intervento portò il Congresso alla sua svolta fondamentale. Il Congresso del PCS alla fine rinnegò il cosiddetto Congresso di Vysocany, annullò il contenuto relativo alle conclusioni della prima fase delle trattative e, per comune consenso, approvò il protocollo di Mosca, eleggendo Gustav Hu­sák primo segretario del CC del PCS.

Per lo sviluppo futuro nel partito e nella società ebbero un enorme significato le trattative tra i rappresentanti sovietici e ce­coslovacchi svoltesi il 23-26 agosto a Mosca. I risultati delle trattative vennero formulati in un comune protocollo, firmato da tutti i partecipanti presenti. I rappresentanti in questo documento for­mularono la loro decisione di raggiungere la normalizzazione della situazione in Cecoslovacchia sulla base del marxismo-leninismo, rinnovare il ruolo guida del partito e il potere statale della classe operaia, eliminare le organizzazioni controrivoluzionarie dalla vita politica del paese, rafforzare i legami tra la Cecoslovacchia, l'Unio­ne sovietica e gli altri paesi socialisti. Il documento, che rappre­sentava la base per l'attività e la normalizzazione della vita del paese, venne approvato dal Comitato centrale del PCC il 31 ago­sto 1968. Le relazioni impegnative svolte da Gustáv Husák e da Ludvík Svoboda in questa seduta, contribuirono in maniera de­terminante all'approvazione di questo documento. I due compagni furono cooptati nel Comitato centrale del PCC e nella presidenza.

Le forze marxiste-leniniste dall'agosto 1968 all'aprile 1969 con­dussero, nel partito e nella società, una lotta difficile e complessa, caratterizzata dalla graduale soppressione della destra. Esse dove­vano superare la sfiducia e l'incomprensione accumulate. Raffor­zarono le file del partito e poco per volta cominciarono a ricon­quistare quei comunisti e cittadini che nelle giornate dell'agosto si erano dimostrati incerti. La destra manteneva ancora posizioni determinanti nel partito, nell'apparato dello Stato e nei mezzi di comuncazione. Essa portava avanti una politica a due facce. Cer­cava ancora di realizzare le sue intenzioni antisocialiste eludendo gli accordi di Mosca.

Un fattore politico importante per il superamento della crisi fu l'approvazione della legge costituzionale sulla Federazione socia­lista cecoslovacca nell'ottobre del 1968, che entrò in vigore il 1° gennaio del 1969.

La nuova composizione del sistema degli organi rappresentativi ed esecutivi dello Stato risolveva le carenze, fino allora esistenti, nei rapporti costituzionali tra le nostre due nazioni. Facilitava decisamente l'influenza sui processi sociali nello Stato socialista. L'ordinamento federativo di questi rapporti contribuì alla scon­fitta delle forze di destra e controrivoluzionarie, che tentavano di sminuire il significato di questo atto costituzionale che rafforzava la costituzionalità socialista cecoslovacca e il consolidamento della situazione politica interna.

La destra, volendo sfruttare la questione nazionale, rifiutò que­sto nuovo ordinamento nei rapporti tra le nostre nazioni, separò la soluzione dei rapporti nazionali dalla loro base di classe e in­ternazionale e dal loro contenuto socialista, sia nel campo politico sia in quello economico. Essa rifiutava soprattutto il centralismo democratico nello Stato socialista e con esso il compito unificatore degli organi federali socialisti, l'economia socialista integrata e unificata, fondata sulla proprietà socialista dei mezzi di produzio­ne, la pianificazione socialista e il ruolo guida del partito, rinne­gava infine il carattere internazionale del PCC.

Un successo significativo nel superamento della crisi raggiunto dalle forze marxiste-leniniste nel Comitato centrale fu la seduta del Comitato centrale del PCC del 14-17 novembre 1868. I suoi risultati delimitarono notevolmente l'attività della destra. Il Co­mitato centrale approvò la risoluzione in cui veniva smascherato il ruolo delle forze antisocialiste anche prima dell'agosto 1868 e l'opportunismo di destra veniva definito apertamente come il pe­ricolo più grave per il partito. La discussione sui risultati della seduta di novembre accelerò la differenziazione politica all'interno del partito, contribuendo al rinnovamento del suo carattere mar­xista-leninista. La destra mise in dubbio il significato della riso­luzione, attaccandola apertamente. Nello sviluppo successivo del partito, ebbero un ruolo di rilievo i rappresentanti delle forze marxiste-leniniste nell'Esecutivo della presidenza del CC del PCC e nell'ufficio del Comitato centrale del PCC per la direzione dell'attività del partito in Boemia e Moravia, fondate sulla base della decisioni prese nella seduta di novembre del CC del PCC.

Però nemmeno dopo la seduta di novembre del CC del PCC la destra si arrese. Tra il 1968-1969 tentò di trasformare i congressi delle singole unioni sindacali in una forza politica d'opposizione, che rendesse possibile l'approvazione della legge sulle aziende e sui consigli di fabbrica dei lavoratori. Tramite questa legge cercò di eliminare la direzione centrale dell'economia nazionale e, con il pretesto della cosiddetta democrazia diretta della produzione, di introdurre nella sfera economica un particolarismo aziendale, che non rispettava gli interessi di tutta la società ed eliminava il ruolo guida del partito nelle fabbriche.

La destra nel 1968 e all'inizio del 1969 era riuscita notevolmen­te a disgregare il sistema socialista della direzione centrale piani­ficata nell'economia e indebolire seriamente il suo sviluppo pro­porzionale. Erano stati alterati nella sostanza i rapporti tra lo Stato e le aziende, come del resto le proporzioni fondamentali tra la creazione e l'uso del reddito nazionale, tra l'incremento della produttività del lavoro e dei salari medi. Era peggiorata sensibil­mente la situazione nel mercato interno del paese, fino a sfociare poi in gravi ritardi nei rifornimenti del mercato. L'incremento in­flazionistico, e naturalmente, dei prezzi, colpiva soprattutto le famiglie numerose e i pensionati. Una tendenza spontanea all'in­flazione si manifestò anche nel piano degli investimenti, aumen­tando il numero delle costruzioni iniziate e non finite. La violazione dell'equilibrio interno si trasferiva anche nei rapporti eco­nomici esterni. La disciplina e la morale era in ribasso in molte fabbriche. Si verificava una fluttuazione spontanea delle forze di lavoro e aumentava la speculazione. Con l'influenza delle forze opportunistiche di destra si disperdevano le possibilità per uno sviluppo intensivo dell'economia nazionale, attuate all'inizio della seconda metà degli anni sessanta, mentre la spontaneità del mer­cato al contrario suscitava, nella nostra economia, il caos causan­do notevoli danni, superati poi non senza difficoltà.

L'attività provocatoria della destra e delle forze antisovietiche continuava. La controrivoluzione era disposta a qualsiasi avven­tura pur di impedire il consolidamento della situazione nel paese. La destra nella direzione di partito boicottava la realizzazione del­le risoluzioni approvate alla seduta di novembre del CC del PCC, organizzando campagne contro la normalizzazione. Per raggiun­gere una svolta decisiva nello sviluppo del partito e della società fu necessario risolvere soprattutto la situazione all'interno della direzione. Affinché il partito e l'intera società finissero di vacilla­re sull'orlo della crisi, fu necessario destituire Alexander Dubcek dalla sua funzione di primo segretario del CC del PCC.

Nello scontro decisivo che doveva decidere il destino del partito e del paese, si arrivò alla seduta del Comitato Centrale del PCC il 17 aprile 1969. Con l'elezione di Gustáv Husák a primo segreta­rio del CC del PCC si aprì una nuova fase, in cui il processo dei cambiamenti nel rapporto di forze all'interno del partito giunse a un livello qualitativamente nuovo.

Con la sostituzione dei quadri nella presidenza e nella segreta­ria del CC del PCC, dopo la seduta di aprile del Comitato Cen­trale, vennero create le condizioni per il superamento della crisi prolungata nel partito e nella società e per l'offensiva contro le forze opportunistiche di destra e antisocialiste. Per questo obiet­tivo fu necessario elaborare una linea politica fondamentale per il periodo immediatamente successivo.

6
I compiti principali e il consolida­mento del partito e della società

Il contributo più significativo della seduta del Comi­tato centrale del PCC, svoltosi 29-30 maggio 1969, fu l'appro­vazione delle direttive per il partito fino al XIV Congresso. Le direttive ponevano cinque principali obiettivi:

a) rinnovare l'unità del partito sulle basi dei principi fondamen­tali della dottrina marxista-leninista e sui principi leninisti dell'e­dificazione e della vita del partito, aumentandone la capacità d'a­zione e la combattività rivoluzionaria ;
b) rinnovare il ruolo guida del partito comunista nella società, soprattutto nelle organizzazzioni sociali e nelle componenti del Fronte nazionale, nel campo economico e culturale;
c) realizzare provvedimenti efficaci senza rinvìi per arrivare alla soluzione dei gravi problemi economici dello Stato;
d) rafforzare la funzione dello Sfato socialista, in quanto organo del potere della classe operaia e del popolo lavoratore;
e) risolvere nello spirito di una solida amicizia i nostri rapporti verso i partiti fratelli dell'Unione sovietica e dei paesi socialisti, poiché da questa base partono i principi fondamentali della poli­tica estera del nostro Stato.

La realizzazione delle direttive proposte dal plenum del Comi­tato centrale, tenutosi in maggio, concretizzate nei documenti della seduta plenaria del CC del PCC del settembre 1969 e del gennaio 1970, diventò il punto di partenza per un processo coe­rente verso il consolidamento della situazione. Essa rappresentò una solida base per la riunificazione del partito sulle posizioni del marxismo-leninismo e dell'internaziona­lismo proletario, per la sta­bilizzazione dello sviluppo socialista della società cecoslovacca e per il rafforzamento della posizione internazionale dello Stato ce­coslovacco.

Il Partito comunista iniziò una grande lotta ideologica e politica contro gli elementi revisionisti e opportunistici di destra, nel cor­so della quale si riunificarono e si risvegliarano le forze marxi­ste-leniniste. Dal partito, dall'apparato dello Stato e dai mezzi di comunicazione venivano eliminati coloro che avevano trascinato il PCC e la società nella crisi politica.

Il comitato centrale del PCC nella sua seduta del 25-26 set­tembre del 1969 annullò la risoluzione del Comitato Centrale del PCC del 19 luglio 1968 riguardante il rifiuto del PCC a parteci­pare al Patto di Varsavia, definendola un grave errore politico e un atto contrastante con gli interessi del socialismo nel nostro paese e con le tradizioni internazio­naliste del partito. Esso annul­lò, inoltre, la risoluzione della presidenza del Comitato centrale del PCC del 21 agosto 1968, in quanto priva di spirito di classe, non marxista e fondamentalmente errata. Sulla base dell'analisi svolta dalla presidenza del Comitato Centrale esso sconfessò anche il cosiddetto Congresso di Vysocany in quanto illegale e in con­trasto con lo statuto del partito, definendolo un risultato dell'inam­missibile attività frazionista di alcuni membri del Comitato centrale del PCC, della maggioranza di destra del comitato cittadino di Praga e delle altre forze opportunistiche. Esso annullò anche il mandato dei delegati del XIV Congresso, stabilendo che i dele­gati al XIV Congresso regolare del partito dovevano essere eletti in conformità allo statuto.

Dopo la seduta del Comitato centrale del PCC anche gli organi regionali e provinciali del partito, le sue organizzazioni, gli organi statali e le componenti del Fronte nazionale, cominciarono ad an­nullare le prese di posizione errate, le risoluzioni e i documenti del 1968.

In relazione ai punti stabiliti nella riunione di maggio del CC del PCC, il partito diede un forte rilievo all'attività ideologica e politica tra le mas­se, partendo dalla convinzione che la maggioran­za dei lavoratori ceco­slo­vac­chi era legata al socialismo, ma era sta­ta temporaneamente diso­rien­ta­ta dalla propaganda revisionista e controrivoluzionaria. Il par­tito spiegava pazientemente la verità sugli avvenimenti del 1968, chiariva il contesto internazionale dello sviluppo in Cecoslovacchia, i principi dell'interna­zionalismo proletario, il significato dell'amicizia e della colla­bo­razione con l'Unione sovietica e con gli altri paesi del sistema socia­lista.

Contemporaneamente con la soluzione dei problemi politici ed ideologici la direzione del partito approvò l'obiettivo di arrestare la rovina economica e lo sviluppo inflazionistico, rinnovando il ruolo guida del partito e la direzione centrale pianificata dell'e­conomia e applicando coerentemente i principi economici socia­listi. Non venne accettata la teoria dell' "economia di mercato" presentata dai suoi sostenitori ancora nell'estate del 1969, poiché la stabilizzazione della nostra economia sarebbe avvenuta soltanto attraverso un aumento dei prezzi, a svantaggio dei lavoratori.

La direzione del partito, al contrario, stabilì che il consolida­mento economico non poteva essere realizzato abbassando il li­vello di vita dei lavoratori, ma rinnovando la dinamicità dello sviluppo economico, assicurando un ritmo reale dell'aumento della produzione mobilitando le riserve interne, rinnovando l'ordine e la disciplina di lavoro. Grazie ai provvedimenti approvati, il pro­cesso inflazionistico si era gradatamente fermato, era stato rinno­vato il rifornimento fluido dei generi alimentari e stabilizzata la situazione del mercato interno; erano migliorati i risultati nel commercio estero ed era stata fermata la crescita delle tendenze negative. A fermare lo sviluppo inflazionistico contribuirono i provvedimenti contro l'aumento dei prezzi e la regolazione delle entrate finanziarie della gente. Il livello di vita della popolazione non solo venne conservato, ma ancora elevato. A realizzare il con­solidamento economico, insieme ai provvedimenti degli organi direttivi, ebbe grande merito la crescente attività dei lavoratori, ma­nifestazione del sostegno dell'attuale politica del partito.

Gradatamente si era rinnovato anche il Fronte nazionale, espressione classista e politica dell'unità degli operai, dei contadini cooperativisti e degli intellettuali. All'interno degli altri partiti politici del Fronte nazionale era in corso una lotta politica contro gli elementi antisocialisti e anche qui a poco a poco prendevano forza i tentativi di stabilizzazione del PCC. Uno sviluppo analogo era in corso nelle organizzazioni sociali e nel campo della cultura in cui l'ostacolo più serio del processo di differenziazione e di sta­bilizzazione politica era rappresentato dai comitati centrali delle singole associazioni culturali e artistiche.

Venne rinnovato e gradualmente rafforzato il carattere socia­lista dello Stato cecoslovacco e la sua funzione organizzativa e edu­cativa, il ruolo direttivo dei suoi organi centrali e delle forze ar­mate in difesa delle conquiste socialiste. Gli organi del partito e dello stato ripresero il controllo della direzione ideologica e poli­tica dei mezzi di comunicazione, da dove vennero gradatamente eliminati gli esponenti di destra.

Il rinnovo della fiducia e dei rapporti di fratellanza con il PCUS e con i partiti comunisti degli altri paesi socialisti, rappresentava per il PCC uno stimolo e una forza necessaria per la soluzione dei problemi connessi con il superamento delle conseguenze della con­trorivoluzione e con il rinnovamento dello sviluppo socialista del paese.

L'influenza delle forze antisocialiste e opportunistiche di de­stra sulla situazione politica del paese e sulle posizioni politiche dei lavoratori diminuiva. Il tentativo degli elementi controrivoluzio­nari di disturbare, nell'agosto 1969, la stabilizzazione, fallì. Con­temporaneamente esso dimostrò che la lotta per il rinnovamento dell'unità ideologica e politica e della capacità d'azione del par­tito stava entrando in una fase nuova e decisiva.

Nell'interesse del rinnovamento e del rafforzamento dell'unità ideologica e politica il partito incominciò il tesseramento del par­tito, accompagnato da un colloquio con ciascuno degli iscritti. Il rilascio della nuova tessera dipendeva dalla valutazione dell'atti­vità e posizione assunta da ogni comunista nel periodo in cui si svolgeva la lotta per difendere il socialismo in Cecoslovacchia. Nel corso dei colloqui, la direzione del partito rifiutò il liberalismo e la conciliabilità così come settarismo e i metodi divergenti dallo statuto del partito e dalle risoluzioni del Comitato Centrale. Nelle organizzazioni di base, negli organi distrettuali, regionali e cen­trali del partito vennero costituite oltre 70.000 commissioni per i colloqui. La maggioranza dei membri di esse erano funzionari usciti dalle file operaie e dei contadini cooperativisti. Nel corso dei colloqui venne deciso il rilascio delle tessere del PCC a 1.100.000 di iscritti. Il partito, rinnovando le tessere, espulse più di un quin­to di iscritti, i quali nel periodo difficile non avevano superato la prova e le cui posizioni non corrispondevano alle esigenze poste sui comunisti.

Con l'epurazione, il partito aveva rinnovato e evidenziato il suo carattere marxista-leninista ed internazionalista. Cominciando dal Comitato Centrale e dai suoi organi fino alle organizzazioni di base, ci furono grossi cambiamenti fra i quadri. Vennero revocati dalle loro funzioni tutti coloro che avevano tradito i principi mar­xisti-leninisti del Partito Comunista, che avevano seriamente dan­neggiato, durante gli anni della crisi, gli interessi del partito e del popolo, e che non erano stati in quel periodo all'altezza dei compiti a loro affidati. Il partito, distaccandosi risolutamente dal­la destra, venne rafforzato politicamente, organizzativamente e ideologica­mente.

Sulla base dell'analisi delle principali cause della crisi del par­tito e della società il Comitato Centrale approvò, nella seduta del dicembre 1970, l' "Istruzione sullo sviluppo della crisi nel partito e nella società dopo il XIII Congresso del PCC". L'Istruzione è diventata un importante documento politico, che riassume la va­lutazione e le conclusioni del periodo della crisi. Essa rappresenta il frutto della conoscenza collettiva e la generalizzazione delle esperienze dell'intero partito. Contrariamente alla negazione oppor­tunistica del passato, essa individua le cause e la sostanza degli er­rori e degli insuccessi come errori degli individui e delle loro decisioni ingiuste. Essa delimita la loro responsabilità personale e indica le vie d'uscita. Chiarisce in tutta la sua estensione il nesso tra la rovina della politica interna e progetti eversivi imperialistici e l'inevitabilità di una stretta cooperazione tra le forze socialiste interne e internazionali in difesa delle conquiste rivoluzionarie del socialismo.

La risoluzione riguardante le questioni attuali dell'unità del par­tito, anch'essa approvata alla seduta di dicembre del Comitato Centrale del PCC, dimostrò concretamente la forza del partito e la responsabilità del PCC per lo sviluppo della nostra società. Essa impostò una concezione chiara dell'attività politica e ideologica nella lotta contro l'opportunismo di destra sottolineando che le fonti della forza del partito e la condizione di tutti i suoi successi era la ferma unità politica, ideologica, organizzativa e d'azione, fondata sui principi marxisti-leninisti e internazionalismo prole­tario, unità che si rinnova, approfondisce e riafferma sistematica­mente nella soluzione di tutte le nuove questioni.

Entrambi i documenti conribuirono significativamente alla riu­nificazione ideologica, politica e organizzativa del partito, al rin­novamento e rafforzamento del suo carattere marxista-leninista, al consolidamento del suo ruolo guida e dell'intera società. Essi ebbero un ruolo estremamente positivo durante la preparazione del XIV Congresso del PCC e nel rinnovamento dei rapporti d'a­micizia con i partiti fratelli comunisti e operai, soprattutto con il PCUS.

Il PCC approvò finalmente le conclusioni delle consultazioni in­ternazionali dei rappresentanti dei partiti comunisti e operai, te­nutesi nel giugno 1969 a Mosca, che stimolarono lo sviluppo di vaste azioni da parte delle forze socialiste, della liberazione nazio­nale e democratica nella lotta contro l'imperialismo, per il pro­gresso rivoluzionario nel mondo. I partecipanti alle consultazioni si impegnarono ad aderire attivamente ad ogni iniziativa diretta al rafforzamento dell'unità d'azione del movimento comunista e ope­raio sulla base del marxismo-leninismo e dell'internazionalismo proletario.

Conformemente alla Direttiva del plenum di maggio del CC del PCC, nella fase successiva, il partito e il governo svilupparono una vasta attività nel campo della politica estera. Vennero piena­mente rinnovati i legami e i rapporti con il Partito comunista dell'Unione sovietica e con gli altri partiti fratelli, con l'Unione sovietica e gli altri paesi alleati. Il 6 maggio 1970 a Praga venne firmato il nuovo trattato d'amicizia, cooperazione e mutua assi­stenza tra la CSSR e l'URSS. Nel trattato venne sancita l'unità le­ninista di interessi e di obiettivi tra i nostri due paesi, il nuovo grado di sviluppo dell'amicizia, dell'alleanza, della cooperazione e la ferma risolutezza del popolo lavoratore di lottare coerentemente per la pace, per la democrazia e il socialismo nel mondo, a fianco dell'Unione sovietica.

I risultati dello sforzo del partito per consolidare la vita socia­le si rivelarono sempre più evidenti anche nel settore economico. I risultati positivi nella stabilizzazione dello sviluppo economico resero possibile la soluzione di alcuni urgenti problemi sociali come l'aumento dei sussidi per la maternità a delle pensioni per i vecchi.

I risultati positivi dei provvedimenti per la stabilizzazione rafforzarono l'autorità del partito e approfondirono la fiducia dei lavoratori nella sua politica. In occasione del XXV anniversa­rio della liberazione della Cecoslovacchia da parte dell'Esercito sovietico, il Comitato Centrale del PCC lanciò un appello di in­cremento dell'attività di lavoro che segnò l'inizio della nuova fase di lavoro volontario e d'impegno nelle imprese, nelle coope­rative nelle città e nei villaggi.