Enver Hoxha

Ancora sull'articolo cinese
riguardo la teoria dei «tre mondi»

(3 novembre 1977)

Da Enver Hoxha, Riflessioni sulla Cina 1973-1977 (II) pp. 317-328


Si tratta di un articolo antimarxista, perché nega la rivoluzione proletaria e prende le difese dell'imiperialismo, della borghesia e della reazione internazionale. Con questo articolo si predica l'unità del proletariato con il capitalismo e si mira a preparare il terreno per fare della Cina una superpotenza. La tesi dominante dei cinesi è, anche in questo articolo, l'opposizione al socialimperialismo sovietico, ma, per demagogia e per meglio ingannare i lettori della loro stampa o i radioascoltatori in buona fede, essi accanto al socialimperialismo sovietico hanno posto anche l'imperialismo americano. Se i cinesi fanno questo, è perché hanno visto che la loro tesi secondo cui «l'imperialismo americano si è ridotto allo stato di un topo ... » non ha avuto buona accoglienza ed è stata smascherata.

In quest'articolo risulta che il «topo» non è più un topo, ma una superpotenza, dotata di un'economia solida e di un grande potenziale militare, che tende a compiere un'ampia espansione economica in tutto il mondo. Anche l'Unione Sovietica presenterebbe le stesse caratteristiche, ma, secondo i revisionisti cinesi, questa sarebbe più aggressiva dell'altra superpotenza.

L'attenta analisi di questo articolo rivela che i revisionisti cinesi si sforzano di porre sulla bocca di Mao Tsetung alcune frasi sulla assoluta necessità di rafforzare la compattezza con i paesi socialisti, con il proletariato mondiale e le nazioni oppresse, ecc. Mentre in realtà essi stanno operando in senso completamente inverso rispetto a quello che dichiarano, visto che non adempiono a nessuno di questi compiti nei confronti dei paesi socialisti e del proletariato mondiale. Al contrario, tutta la loro politica mira a distruggere l'unità con il proletariato mondiale e a scindere l'unità con i paesi socialisti. Di fatto i revisionisti cinesi non sono e non possono essere per l'unità con i paesi socialisti, dal momento che essi li inquadrano nel «terzo mondo».

Un'altra questione che emerge dall'articolo è quella «delle belle frasi» sulla assoluta necessità di lottare contro tutte le manifestazioni di sciovinismo di grande potenza nelle relazioni internazionali, che i revisionisti cinesi, non a caso, non mancano di ripetere a proposito e a sproposito. La pratica delle nostre relazioni con la Cina ci ha fatto vedere, spinto all'estremo, lo sciovinismo di grande Stato cinese e noi, albanesi, ci rendiamo bene conto che queste frasi sono da capo a fondo un bluff. Come noi la pensano anche molte altre nazioni e Stati nel mondo.

I revisionisti cinesi pretendono che la situazione internazionale, nei vari periodi, debba essere analizzata in modo scientifico. Questa tesi viene da loro più volte ribadita, poiché con ciò essi desiderano, da una parte, persuadere gli altri che la loro analisi sarebbe esatta, adeguata ai tempi e, dall'altra, giustificare in certo modo la loro deviazione strategica e le loro tattiche non proletarie, pseudomarxiste, desiderando dunque nascondere la loro deviazione dal marxismo-leninismo. Questi slogan, sebbene siano usati spesso, non possono mascherare il tradimento dei revisionisti cinesi.

Secondo i revisionisti cinesi la teoria dei «tre mondi» sarebbe stata inventata dal presidente Mao Tsetung. Essi affermano che è stato Mao colui che, «esaminando in modo realistico la situazione generale contemporanea di classe su scala mondiale, ha difeso e sviluppato questa tesi fondamentale del marxismo-leninismo». I revisionisti cinesi hanno fatto molto bene a rivendicare la paternità di questa tesi, perché così diviene evidente il loro eccessivo zelo nel far proprie le idee dei nemici del marxismo-leninismo. In realtà i «tre mondi» non li ha concepiti la mente di Mao Tsetung. Questo termine era noto nel mondo prima che lo usassero i cinesi, vale a dire prima del 1974. Il mondo capitalista, ostile a Marx e a Lenin, ha usato il termine di «terzo mondo» per mostrare che, oltre ai paesi grandi e molto grandi, esistevano anche altri paesi appena liberati. I revisionisti cinesi hanno copiato questo prodotto del vocabolario capitalista, che si riferisce solo al livello di sviluppo economico di questi paesi, e lo hanno definito come una «grande forza motrice» avente, secondo loro, come base il marxismo-leninismo! L'affermazione dei propagandisti di Pechino secondo cui la teoria dei «tre mondi» è una «definizione marxista dell'attuale situazione mondiale» non è accettabile.

In questo articolo si sostiene che le manifestazioni della vita politica internazionale contemporanea verrebberro esaminate dai cinesi partendo dalle posizioni del materialismo dialettico, partendo dalla realtà, e i cinesi predicano anche agli altri di fare altrettanto. Per «confermare» la loro teoria antimarxista, gli autori di questo articolo fanno uso di citazioni mutilate di Lenin e di Stalin i quali molto giustamente hanno detto che dobbiamo considerare i problemi nazionali e internazionali su scala mondiale e non in modo isolato. Questi insigni marxisti e dirigenti del proletariato mondiale consideravano il mondo nell'ottica della rivoluzione proletaria, nell'ottica dell'alleanza del proletariato con i popoli oppressi. I revisionisti cinesi, in flagrante contrasto con gli insegnamenti di Lenin e di Stalin che citano, non considerano i problemi nazionali e internazionali nell'ottica di classe né dalle posizioni del materialismo dialettico e storico, ma in modo idealistico e metafisico. Essi trattano queste questioni nell'ottica dello sviluppo che attualmente interessa alla Cina per assumere la leadership dei paesi che essa definisce del «terzo mondo». Questo è uno dei loro obiettivi.

Gli opportunisti cinesi scrivono che la «teoria» di Mao Tsetung sulla divisione in «tre mondi», a prima vista, sembra riguardare solo i rapporti attuali fra paesi e nazioni. Noi non traiamo conclusioni considerando le cose «a prima vista». I rapporti fra i paesi e le nazioni costituiscono una realtà, ma noi, marxisti-leninisti, dobbiamo considerare questi rapporti e le loro prospettive nell'ottica degli interessi della rivoluzione. Ed è proprio questo che non fanno i cinesi, i quali contrappongono alla rivoluzione i loro interessi di grande Stato, gli interessi della loro lotta per guidare il «terzo mondo». La lotta di classe deve svilupparsi anche nei cosiddetti paesi del terzo mondo, ma in quale senso? Noi diciamo nel senso della rivoluzione e dell'abbattimento della borghesia sfruttatrice, del barbaro capitalismo, mentre gli opportunisti cinesi sono per la conciliazione di classe. Costoro, per mostrare di essere in regola, dicono qualche parola sostenendo che questo o quel problema vanno considerati nell'ottica di classe, ma per negare questa visione di classe aggiungono subito che queste questioni sono «estremamente complesse e allo stesso tempo reciprocamente collegate». Con ciò intendono dire che lo sviluppo della lotta di classe, specie nei paesi del «terzo mondo», non sarebbe così facile da comprendere, che molte questioni riguardanti la lotta di classe non possono essere risolte se non con l'aiuto degli «illustri sapienti cinesi», e che bisogna quindi volgere lo sguardo verso la Cina! Essi affermano che per trarre delle conclusioni sui fenomeni della vita politica internazionale e per procedere ad una giusta classificazione delle forze politiche nel mondo, occorre partire dalla lotta di classe su scala internazionale nel suo complesso e analizzare i problemi concreti in relazione al tempo, al paese e a ben definite condizioni. Pur dicendo così, in pratica, in realtà, essi agiscono in modo diverso, fanno il contrario di quello che dicono, interpretando e collegando i fenomeni e i fatti della vita in modo astratto, irreale, congiunturale. I revisionisti cinesi usano i termini «idealista», «metafisico», «astratto», «isolato» ecc., in riferimento a quelle persone e a quei partiti che non accettano i loro sofismi. Essi si rivolgono, con questi slogan, anche a noi, pur sapendo che non siamo noi né gli altri autentici marxisti-leninisti del mondo, ma sono proprio i revisionisti cinesi, sono gli altri revisionisti, ad aver imbastardito nel peggiore dei modi il significato e l'applicazione del marxismo-leninismo sia in teoria che in pratica.

I cinesi dichiarano a gran voce che «i marxisti-leninisti debbono sempre mantenersi sulle posizioni del proletariato internazionale, difendere con perseveranza gli interessi comuni dei popoli rivoluzionari del mondo nella lotta di classe a livello internazionale, sostenere il loro programma massimo e battersi sempre per esso: la sostituzione del sistema capitalista con quello comunista». In generale queste dichiarazioni vengono fatte nell'articolo dei cinesi per demagogia e solo per mascherare i loro atteggiamenti, poiché essi non hanno mai lottato né stanno lottando partendo dalle posizioni del proletariato internazionale, non hanno difeso né stanno difendendo gli interessi dei popoli rivoluzionari. Intrattenere relazioni con la reazione e con i fascisti più sanguinari come Pinochet, Strauss, lo scià dell'Iran e Mobutu, i più grandi vampiri che succhiano il sangue dei popoli, significa non tenere in nessun conto gli interessi del proletariato internazionale, né gli interessi del proletariato di ogni paese che combaciano con quelli del proletariato internazionale. I cinesi non hanno risparmiato frasi altisonanti, ma noi non giudichiamo le loro parole dissociandole dalle loro azioni. Quando si fa il confronto tra le frasi marxiste-leniniste dei cinesi ed i loro atteggiamenti in pratica, allora risulta evidente la falsità delle teorie da loro applicate.

I dirigenti revisionisti cinesi insegnano al proletariato che, nel corso dell'evolversi della sua lotta sul piano internazionale e in determinati periodi storici, deve sforzarsi ad unire tutti coloro che possono essere uniti, in modo da aumentare le forze progressiste. Ma in realtà che posizione hanno tenuto i revisionisti cinesi a questo riguardo? Costoro fanno appello al proletariato internazionale ad unirsi perfino con la reazione più nera!

In questo articolo i cinesi «consigliano» al proletariato di scegliere i suoi alleati a seconda dei vari periodi storici. Essi stessi però deviano da questa giusta tesi, raccomandando al proletariato internazionale di rappacificarsi con la reazione mondiale e di unirsi alle forze politiche reazionarie. Più avanti per «dimostrare» la pretesa giustezza delle loro posizioni, i cinesi continuano a riportare una serie di citazioni di Lenin e di Stalin, mutilandole e distorcendole spudoratamente. Ma quali posizioni vogliono «comprovare» i cinesi? Si tratta delle posizioni che riguardano la loro «analisi realistica» della situazione mondiale, basata, secondo loro, sul marxismo-leninismo. In questa «analisi» i cinesi ricorrono a un gran numero di citazioni di Lenin e di Stalin, che anche noi abbiamo utilizzato nelle nostre pubblicazioni; come ad esempio le parole di Lenin dette nel 1921: «... attualmente esistono due mondi, il vecchio mondo, il capitalismo... e il mondo nuovo che sta nascendo... »; oppure le parole di Stalin: «il mondo si è nettamente e definitivamente diviso in due campi: il campo dell'imperialismo e il campo del socialismo».

Queste due grandi definizioni di Lenin e di Stalin costituiscono il fondamento essenziale dell'analisi di ogni periodo in relazione alla classificazione delle forze politiche del mondo, ma i cinesi, vedendo che con queste citazioiai finisce per crollare la teoria dei «tre mondi», non mancano di sottolineare subito che queste due citazioni «riflettono una nuova contraddizione fondamentale che si è manifestata nel mondo dopo la Rivoluzione d'Ottobre». Dunque, secondo costoro, anche queste due definizioni sarebbero invecchiate, avrebbero fatto il loro tempo!

Hanno così escogitato un «bel ragionamento» per sostenere la loro invenzione dei «tre mondi». I cinesi dicono che «Lenin e Stalin non hanno mai pensato che nel mondo non ci siano altre contraddizioni fondamentali, che non sia possibile dividere in un altro modo le forze politiche mondiali». Questo «ragionamento» è del tutto inutile, serve solo a riempire le righe dell'articolo e a creare l'impressione che si tratti di «ragionamenti» e di «argomenti» a sostegno di questa tesi nella polemica; è del tutto inutile poiché nessuno ha detto che Lenin e Stalin abbiano mai pensato che nel mondo non esistono altre contraddizioni fondamentali. Lenin e Stalin, quali materialisti dialettici, hanno correttamente definito le contraddizioni, mentre gli opportunisti cinesi, essendo eclettici, non definiscono affatto queste contraddizioni nel loro articolo, poiché, se lo facessero, verrebbero a galla la falsità dei loro punti di vista e le distorsioni che essi apportano alle tesi di Marx, Engels, Lenin e Stalin.

I cinesi cercano di «provare» che la teoria dei «tre mondi», la cui paternità attribuiscono in modo assoluto a Mao Tsetung, sarebbe nientemeno che la continuazione delle tesi di Lenin, che già nel 1920, al Congresso della II Internazionale Comunista, diceva:

«La qualità caratteristica dell'imperialismo consiste nel fatto che tutto il mondo... si divide al tempo attuale in un grande numero di nazioni sfruttate e in un numero molto esiguo di nazioni sfruttatrici, che hanno a loro disposizione colossali risorse e un'enorme potenza militare».

Queste opinioni di Lenin sono giuste e nessuno le contesta, ma non dimostrano affatto che il mondo sia diviso in tre parti secondo il gusto dei revisionisti cinesi. Qualsiasi analisi politica ed economica che possa essere fatta del mondo, in base alla teoria leninista, metterà senz'altro in evidenza la caratteristica fondamentale della sua divisione in mondo capitalista e mondo socialista, in caso contrario quest'analisi non può essere leninista. Quest'analisi non si contrappone né nega il fatto che nel mondo esistano nazioni sfruttatrici e sfruttate. Ma citare Lenin per provare che, sulla base delle sue idee, il mondo dovrebbe esser diviso in tre, questo lo possono fare solo i falsificatori del leninismo. E con la loro divisione fittizia del mondo, questi falsificatori del leninismo sono proprio i revisionisti cinesi.

Prendiamo quest'altra citazione di Stalin tolta dalla sua opera «Princìpi del Leninismo» (1924)

a) «il mondo è diviso in due campi: il campo di un pugno di nazioni civilizzate che detengono il capitale finanziario e sfruttano la maggior parte della popolazione del globo terrestre, e il campo dei popoli oppressi e sfruttati delle colonie e dei paesi dipendenti che costituiscono questa anaggioranza».

I cinesi citano questo passaggio per «dimostrare» che nel mondo, oltre alla contraddizione fondamentale alla quale si riferiscono Lenin e Stalin, esistono anche altre contraddizioni che noi, comunisti albanesi, avremmo per così dire dimenticato!

Noi non dimentichiamo queste contraddizioni, al contrario le abbiamo continuamente sottolineate. Tenendo conto del ruolo delle contraddizioni, non dimentichiamo che queste si dividono in contraddizioni principali e secondarie, che nei complessi processi che si notano nelle cose e nei fenomeni del mondo che ci circonda si intrecciano ogni sorta di contraddizioni principali e secondarie, ma, per studiare ed analizzare correttamente questi processi complessi, occore definire qual'è 'la contraddizioni principale, cioè la contraddizione fondamentale che determina lo sviluppo di tutte le altre contraddizioni e dalla cui soluzione dipende la soluzione di tutte le altre contraddizioni. Noi non solo non le abbiamo dimenticate, ma ci atteniamo fermamente alle leggi della dialettica. I revisionisti cinesi vogliono calpestare la dialettica materialistica e mascherarsi con numerose citazioni, raccolte qua e là tra i classici del marxismo-leninismo, che essi separano e congiungono in quest'articolo, in modo che non solo non siano correttamente comprese, ma che siano anche interpretate in un senso contrario a quello espresso chiaramente dai loro autori.

Possono essere autentici comunisti coloro che, come fanno i cinesi, negano, procedendo ad una classificazione generale e concreta delle forze politiche nel mondo in questo o quel periodo, che Lenin e Stalin abbiano analizzato le contraddizioni fondamentali del mondo nel loro complesso? Tutti i marxisti-leninisti del mondo sanno bene che, per definire l'epoca attuale, bisogna analizzare nel loro complesso le principali contraddizioni, per poter definire la contraddizione fondamentale. Sono proprio i cinesi che calpestano questa visione realistica della classificazione delle forze politiche nel mondo. Dividere il mondo in «primo», «secondo» e «terzo mondo», come fanno i cinesi, significa coprire le contraddizioni, significa lasciare da parte una o l'altra delle grandi contraddizioni sociali e non analizzarle nel loro insieme.

I revisionisti cinesi si servono a proposito e a sproposito delle citazioni di Marx e di Engeis, danno ad esse l'interpretazione che serve loro per confermare le loro tesi antimarxiste. Essi citano il famoso appello di Marx ed Engels contenuto nel «Manifesto del Partito Comunista»: «Proletari di tutti i paesi, unitevi!» e poi aggiungono di essere stati loro a dimostrare per la prima volta che la «causa del proletariato internazionale è indissolubilmente legata alla lotta di liberazione delle nazioni oppresse». Tutto ciò è vero e noto a tutti, ma sono proprio i cinesi che dimenticano che Marx ed Engels hanno lanciato questo appello per far conoscere al proletariato mondiale che la contraddizione fondamentale della società umana è ormai quella fra lavoro e capitale, fra borghesia e proletariato, contraddizione che il proletariato risolverà proprio attraverso la rivoluzione. I revisionisti cinesi non parlano affatto del nesso fra la lotta del proletariato e la lotta di liberazione nazionale dei popoli oppressi, né della rivoluzione proletaria, al contrario, essi pongono l'accento sull'unità del proletariato e dei popoli oppressi e sfruttati con i loro più barbari e più feroci oppressori e sfruttatori, con l'imperialismo americano e con la borghesia reazionaria mondiale!

I revisionisti cinesi menzionano nel loro articolo questa citazione di Engels:

«Nessuna nazione può essere libera e nello stesso tempo opprimere altre nazioni. Di conseguenza, la liberazione della Germania non può essere realizzata senza liberare la Polonia dalla oppressione dei tedeschi». (F. Engels. Discorso pronunciato il 29 novembre 1847 al comizio internazionale di Londra, organizzato in occasione del 17° anniversario dell'insurezione polacca del 1830.

Ma che cosa vogliono dimostrare i cinesi con questa citazione di Engels? Essi cercano a tutti i costi di «provare» che il proletariato sovietico non può pretendere di combattere per la liberazione degli altri popoli dal momento che egli stesso li ha asserviti e per lo stesso motivo il proletariato dei paesi dell'Europa Occidentale, il proletariato americano, il proletariato dei paesi capitalisti del «terzo mondo» non meriterebbero di lottare per la liberazione dei vari popoli. E allora chi sarebbe degno di lottare per la liberazione dei popoli? Secondo l'articolo cinese solo la Cina avrebbe il diritto di condurre questa lotta. Essi collocano questa giusta affermazione di Engels in qualche parte del loro articolo, senza fare alcuna distinzione fra il proletariato russo e quello degli altri paesi, da una parte, e i suoi oppressori, dall'altra; essi non fanno appello al proletariato, di sollevarsi nella rivoluzione contro i suoi oppressori e contro una guerra imperialista. In ogni paese dove è oppresso, il proletariato deve sollevarsi in lotta insieme ai suoi alleati naturali per adempiere alla sua missione storica. Se la citazione di Engels, viene considerata nel modo in cui la interpretano i revisionisti cinesi, e non nel suo vero senso, allora non si può sperare nella rivoluzione proletaria. I «commenti» dell'articolo cinese alle giuste tesi di Marx e di Engels combaciano perfettamente con i punti di vista antimarxisti dei revisionisti cinesi.

Marx ed Engels attribuivano grande importanza alla liberazione dei popoli della Polonia, dell'Irlanda, della Cina, dell'India, poiché questi popoli erano fra i più oppressi. Oggi anche il proletariato francese, spagnolo, russo e americano sono oppressi dalle cricche borghesi al potere. Questo proletariato non deve essere messo in un canto della scena politica, al contrario deve dire la sua parola su tutti gli avvenimenti che si verificano nei paesi capitalisti e revisionisti e su tutto quello che fanno i governanti imperialisti e i traditori socialimperialisti in questi paesi. Perciò gli autentici comunisti devono fare appello al proletariato di questi paesi affinché si sollevi nella rivoluzione e abbatta le cricche borghesi e traditrici che dominano i popoli.

I nostri classici consideravano tutti i movimenti nazionali e le varie forze politiche nell'ottica degli interessi del proletariato internazionale; essi ci hanno insegnato che la rivoluzione può trionfare nell'anello più debole del capitalismo mondiale. I nostri grandi maestri c'insegnano inoltre che l'indipendenza di un popolo, conquistata con la rivoluzione, contribuisce anche alla liberazione degli altri popoli, sia in Europa, in Asia, che in altre regioni del mondo. I revisionisti cinesi però non partono da queste considerazioni marxiste. Al contrario essi considerano i movimenti nazionali e le varie forze politiche nell'ottica dei loro interessi, del loro obiettivo di fare della Cina una superpotenza; ed è per questo che hanno sostenuto e sostengono non la lotta dei popoli per la loro indipendenza, ma le cricche reazionarie che opprimono questi popoli. Questo è il motivo per cui i cinesi predicano al proletariato la pace sociale e la collaborazione con la borghesia.

Per provare la loro tesi secondo cui «il socialimperialismo sovietico è divenuto il principale nemico dei popoli del mondo, che esso è il centro della reazione mondiale e che minaccia il mondo di guerra», i revisionisti cinesi si riferiscono nel loro articolo a Marx ed Engels, citando le idee da questi espresse sin dal lontano 1848 sul pericolo che rappresentava lo zarismo. Non c'è alcun dubbio che lo zarismo è stato il bastione della reazione europea, perciò esso doveva essere combattuto e questa lotta venne condotta da Lenin e dai bolscevici russi, ai quali si unì il proletariato di tutti i paesi del mondo. Ma le idee molto giuste di Marx contro lo zarismo non confermano affatto l'attuale tesi dei cinesi, secondo cui solo il socialimperialismo sovietico sarebbe il principale nemico dei popoli del mondo. Partendo da un'analisi marxista-leninista, noi insistiamo sul fatto che, oltre al socialimperialismo sovietico, nemici dei popoli sono anche l'imperialismo americano insieme a tutta la reazione mondiale. Tutti questi nemici, in unità e in contraddizione fra loro, sono in lotta contro il proletariato mondiale in generale e contro il proletariato di ogni singolo paese. Essi sono tutti in lotta contro i popoli che vogliono la loro liberazione nazionale e sociale, ed è per questo che il proletariato e i popoli devono unirsi in unità d'acciaio per combattere i pericolosi nemici che hanno di fronte.

I revisionisti cinesi ci dicono che Marx ed Engels non solo non dimenticavano la lotta di classe a livello internazionale ma, additando la reazione zarista russa, tenevano presenti anche gli interessi fondamentali del proletariato mondiale. Che demagoghi sono! Dal momento che essi credono a Marx ed Engels, perché non applicano i loro insegnamenti? Perché fanno il contrario e si alleano all'imperialismo americano, all'imperialismo britannico, francese, tedesco ecc.? Studiando Marx si vede che per realizzare le sue aspirazioni il proletariato non deve mai, nello sviluppo della lotta di classe su scala internazionale, unirsi alla più nera reazione internazionale. Non basta «salutare», come fanno i revisionisti cinesi, lo slancio rivoluzionario dei popoli nella lotta di liberazione, ma bisogna saper orientare nel miglior modo questo slancio secondo gli insegnamenti dei nostri quattro grandi classici - Marx, Engels, Lenin e Stalin (e non secondo le idee idealistiche ed eclettiche di Mao Tsetung), i quali hanno ben definito quello che bisogna fare per giungere alla liberazione dei popoli dal giogo del capitale.

Per far credere di essere con Lenin e servendosi del suo nome come di una maschera per nascondere il loro antileninismo, i revisionisti cinesi hanno riempito il loro articolo, tra l'altro, di lunghe citazioni tratte dall'articolo di Lenin «Sui destini storici della dottrina di Karl Marx» in cui egli scrive:

«Gli opportunisti non avevano ancora finito di vantarsi con "la pace sociale" e con la possibilità di evitare le tempeste nelle condizioni della "democrazia", che una nuova fonte di grande tempesta mondiale apparve in Asia. La rivoluzione russa è stata seguita dalla rivoluzione turca, persiana, cinese ... ».

Altrettanto dicasi dell'altra citazione tratta dallo scritto di Lenin del 1916 «Una caricatura del marxismo» e a proposito dell' "economismo imperialistico", secondo cui: «La rivoluzione sociale non può essere effettuata se non sotto la forma di un'epoca che accomuna la lotta civile del proletariato contro la borghesia nei paesi progrediti a tutta una serie di movimenti democratici e rivoluzionari, compresi i movimenti di liberazione, nelle nazioni non sviluppate, arretrate ed oppresse».

I revisionisti cinesi, per non imbrogliarsi di più, fanno un brevissimo «commento» a queste citazioni e concretamente: «Questo punto di vista leninista conserva certamente la sua forza ancora oggi». Ma se dovessimo analizzare l'attuale linea del Partito Comunista Cinese, vedremmo che essa è flagrantemente in contraddizione con questa importante tesi di Lenin e con il leninismo in generale. Lenin non ha mai consigliato ai popoli di dirigere i loro movimenti democratici e rivoluzionari oppure i loro movimenti di liberazione nazionale solo contro i loro nemici esterni imperialisti e non anche contro i loro nemici interni, collaboratori dell'imperialismo, come fanno gli opportunisti cinesi. Costoro «si sono dimenticati di applicare» gli insegnamenti di Lenin sulla lotta del proletariato sia a livello nazionale che internazionale.

Al II Congresso dell'Internazionale Comunista, Lenin ha presentato il rapporto sulla situazione internazionale e sui principali compiti di questa Internazionale. Analizzando gli obiettivi della guerra imperialista e tracciando il quadro della situazione del mondo dopo questa guerra, Lenin dice che una parte della popolazione del mondo vive nei paesi coloniali, un'altra parte vive nei paesi che sono riusciti a conservare la situazione precedente, e infine cita gli abitanti di quei pochi paesi che hanno tratto vantaggi dalla spartizione del mondo. Questo bilancio delle conseguenze della guerra imperialista fatto da Lenin nel luglio del 1920 è completamente giusto, ma non può servire assolutamente a motivare la tesi opportunistica cinese dei «tre mondi» o dei «tre gruppi», come essi dicono. Quando il nostro Partito respinge la teoria antimarxista cinese dei «tre mondi», esso è diretto pienamente dagli insegnamenti di Lenin e tiene presente anche il rapporto di Lenin al II Congresso dell'Internazionale Comunista. I revisionisti cinesi citano invece questa analisi marxista di Lenin per creare l'illusione che la sua opinione sulle cause e gli effetti della guerra imperialista contro i popoli del mondo sarebbe identica a quella dei «tre mondi» di Mao Tsetung e, di conseguenza, le alleanze del proletariato con i popoli oppressi contro la borghesia reazionaria, propugnate da Lenin, sarebbero identiche alle alleanze predicate da Mao Tsetung! Se al II Congresso del Comintern Lenin avesse veramente voluto dire che il mondo è diviso in tre, come piace ai revisionisti cinesi, non avrebbe dichiarato a distanza di un anno, nel dicembre del 1921, al IX Congresso dei Soviet di Russia, che «attualmente nel mondo esistono due mondi», ma avrebbe parlato di tre mondi. Lenin non ha detto né nel 1920, né prima e nemmeno dopo che il proletariato deve unirsi all'imperialismo americano, all'imperialismo inglese. Al contrario egli ha sottolineato la contraddizione fondamentale fra il proletariato e la borghesia ed ha indicato la via della liberazione del proletariato attraverso la rivoluzione proletaria e della liberazione dei popoli oppressi attraverso le lotte di liberazione nazionale. La teoria dei «tre mondi», invece, ignora questi insegnamenti di Lenin e non pone nessun compito per la realizzazione della rivoluzione
.
Per preparare il loro articolo, i cinesi hanno raccolto qua là un gran numero di citazioni di Marx, Engels, Lenin e Stalin.

Queste citazioni sono circa pari ad un terzo di tutto l'articolo e vengono utilizzate per «dimostrare» quello che non può essere dimostrato. Essi staccano dal loro contesto le citazioni mutilandole per adattarle alla loro teoria dei «tre mondi», che, a sentir loro, sarebbe marxista-leninista e basata sugli insegnamenti dei nostri grandi classici! Essi pensano che queste citazioni possono essere interpretate arbitrariamente e in vari modi, se manipolate a piacimento sia dagli elementi di destra che da quelli di sinistra. Questo impiego di citazioni per combinane meccanicamente e senza principio i punti di vista dei classici con i propri punti di vista, è una tipica espressione dell'eclettismo cinese di Mao Tsetung. Costui, come ho detto altre volte, ha affermato che le sue idee saranno utilizzate a piacimento sia dagli elementi di sinistra che da quelli di destra. Un'interpretazione evasiva come questa può essere data alle idee degli opportunisti, di coloro che oscillano fra il materialismo e l'idealismo, alle idee dei sofisti ecc., ma non alle idee dei nostri grandi classici, Marx, Engels, Lenin e Stalin, poiché questi sono i teorici di una grande dottrina scientifica che analizza chiaramente il presente e prevede correttamente il futuro, senza permettere che, nel dinamismo dello sviluppo dialettico degli avvenimenti, si dia una falsa interpretazione ai periodi storici. Le analisi dei nostri classici si basano su verità innegabili e quindi, chi le comprende, può confrontare con esse le proprie azioni per vedere se queste sono giuste o no. Chi distorce le conclusioni tratte da queste analisi, non può giustificare le sue azioni ingiuste con citazioni mutilate e con interpretazioni assurde. Gli autentici marxisti confrontano le proprie azioni con le idee dei classici del marxismo-leninismo, mentre i rinnegati tentano di attribuire ai classici le loro perfide azioni ricorrendo a citazioni mutilate, ad interpretazioni arbitrarie, a falsificazioni ecc.

E' quanto hanno fatto anche i revisionisti cinesi inserendo nel loro articolo un gran numero di citazioni. Hanno agito così perché non sono in grado di comprovare le loro tesi opportunistiche. Prendiamo qualche esempio tanto per illustrare quello che abbiamo detto. Parlando del carattere dei vari movimenti nazionali, Stalin, nella sua opera «Principi del leninismo», giunge alla conclusione che il carattere rivoluzionario o reazionario di un movimento nazionale va giudicato vedendo se questo movimento obiettivamente tende a danneggiare e a distruggere l'imperialismo o a consolidare la sua vittoria.

«La lotta dell'emiro afgano per l'indipendenza dell'Afghanistan - dice Stalin - obiettivamente è una lotta rivoluzionaria».

Ha ragione, poiché questo emiro ha effettivamente fatto strage delle armate inglesi sui valichi del Pamir; di tutto quel grande esercito di invasori inglesi, solo tre persone, tra cui un medico, sono riuscite a riparare in India. I revisionisti cinesi assolutizzano questo esempio di Stalin che a giusta ragione si riferisce ad un caso storico concreto, e così traggono la conclusione di avere l'autorizzazione di Stalin nell'aiutare e sostenere tutti i re e tutti i principi reazionari del mondo, e perfino Mobutu, che non è altro che un agente dell'imperialismo americano, un «moderno» oppressore del popolo congolese.

Nel tentativo di giustificare l'alleanza che attualmente essi predicano fra proletariato e popoli oppressi, da un lato, e l'imperialismo americano e gli altri imperialisti del mondo, dall'altro, contro il socialimperialismo sovietico, i revisionisti cinesi non mancano di citare come «argomento» la grande alleanza antifascista fra l'Unione Sovietica e gli anglo-americani contro la Germania hitleriana durante la Seconda Guerra Mondiale. Questo ragionamento alla cinese è talmente assurdo che non fa altro che smascherare i suoi autori. I fatti e gli eventi storici debbono essere considerati in stretta connessione con le condizioni e le circostanze del loro tempo.

In un mio scritto precedente, ho detto che è vero che Stalin e il governo sovietico hanno proposto agli inglesi e ai francesi un'alleanza per impedire la guerra aggressiva scatenata da Hitler occupando la Cecoslovacchia. A quel tempo, come si sa, l'Unione Sovietica e la Francia avevano concluso un accordo per prestare il loro aiuto alla Cecoslovacchia, qualora questa venisse attaccata da una terza potenza. La Francia non ha tenuto fede alle sue promesse e dopo il tradimento delle «democrazie» occidentali a Monaco, la Cecoslovacchia fu occupata dagli hitleriani. Dopo quest'aggressione le «democrazie» occidentali cercarono di spingere la Germania hitleriana verso l'Est. La Francia e l'Inghilterra, di fronte al pericolo hitleriano. si sforzarono di realizzare una «unità combattiva» con l'Unione Sovietica che si mostrò favorevole a ciò. Ma questa era una ridicola «messa in scena» da parte dell'Inghilterra e della Francia. L'Unione Sovietica e Stalin, valutando correttamente la situazione e consci della minaccia dell'aggressione hitleriana, per guadagnare tempo, firmarono un «patto di non aggressione» con la Germania nazista. Questo fu un atto conforme alla via marxista-leninista. Hitler attaccò la Polonia e così l'Inghilterra e la Francia entrarono in guerra, mentre l'alleanza antifascista fra l'Unione Sovietica e Inghilterra si realizzò solo dopo l'attacco della Germania contro l'Unione Sovietica.

In queste condizioni era del tutto naturale che l'Unione Sovietica si alleasse con questi Stati imperialisti contro il fascismo tedesco che minacciava il mondo. La Seconda Guerra Mondiale è dunque cominciata come una guerra di rapina, ma dopo l'entrata in guerra dell'Unione Sovietica si è trasformata in una guerra di liberazione. Quindi l'iniziativa di Stalin e del governo sovietico di entrare in quest'alleanza antifascista non può essere paragonata all'alleanza, attualmente predicata dalla Cina, con gli Stati Uniti d'America, gli altri imperialisti e con il «terzo mondo», contro l'Unione Sovietica. La storia non può essere falsificata, come cercano di fare i revisionisti cinesi per nascondere il loro tradimento.

La Cina ritiene che ci troviamo di fronte ad una guerra imminente. La guerra imperialista può scoppiare, se non oggi, domani. Ma Teng Hsiao-ping ha dichiarato che non ci sarà guerra nei prossimi 20 anni e quindi, secondo lui e secondo la teoria opportunistica cinese dei «tre mondi», in questi due decenni i popoli non devono sollevarsi nella rivoluzione. Essi non devono lottare contro gli oppressori interni ed esterni, ma devono consolidare le alleanze con gli imperialisti e i loro oppressori e sostenere tutte le alleanze e gli accordi di rapina che sono stati realizzati con l'imperialismo americano e gli altri imperialisti occidentali. Attualmente la Cina predica che nei prossimi 20 anni deve regnare la calma.

Analizzando le posizioni di Stalin prima della Seconda Guerra Mondiale nei confronti del nazismo tedesco e del fascismo italiano, appare chiaro che il paragone che cercano di fare i revisionisti cinesi non può conciliarsi con le tesi del marxismo-leninismo, e si evidenzia anche il motivo per cui essi ricorrono a questo paragone. La ragione per cui la Cina predica l'alleanza con l'imperialismo consiste nel fatto che essa desidera avere l'appoggio dell'imperialismo americano e degli altri paesi capitalisti sviluppati del mondo, per diventare anch'essa una superpotenza. I cinesi, seguendo l'esempio degli americani e dei sovietici, praticano anch'essi il ricatto di una guerra imminente e della bomba atomica, allo scopo di intimorire il proletariato affinché non si sollevi nella rivoluzione, non stringa e consolidi alleanze con le masse contadine povere e con i lavoratori sfruttati del proprio paese, né alleanze sul piano internazionale, ma rimanga tranquillo finché la Cina sia divenuta una superpotenza capace di controbilanciare le altre due potenze, in altre parole finché si sia preparata anch'essa ad una guerra di rapina ed alla conquista di mercati.

Leggendo questo «po' po'» di articolo dei cinesi sulla teoria dei «tre mondi», ognuno potrebbe chiedere: Perché è stato scritto e a chi serve? Ragionando si giunge subito alla conclusione che quest'articolo è diretto contro le tesi rivoluzionarie del 7° Congresso del nostro Partito, contro l'articolo di «Zëri i Popullit» del 7 luglio di quest'anno dal titolo «Teoria e pratica della rivoluzione» e contro altri articoli che abbiamo pubblicato. Le nostre tesi sono giuste, combattive, marxiste-leniniste e si prefiggono l'obiettivo di spiegare correttamente la situazione internazionale e i processi rivoluzionari che la caratterizzano, al fine di dare un'arma ai comunisti albanesi e a tutti coloro che le leggono e le studiano. Queste tesi del nostro Partito che sostengono la necessità di combattere l'imperialismo, sia quello americano che quello sovietico, ed anche gli altri imperialisti e la reazione mondiale, servono alla lotta per la rivoluzione, servono a sollevare i popoli nelle lotte di liberazione nazionale contro il capitalismo all'interno del paese e su scala internazionale. Questi sono gli obiettivi che si prefiggono le tesi che abbiamo avanzato. Invece lo scopo dell'articolo pubblicato dai revisionisti cinesi è molto negativo, perché ignora la questione fondamentale, quella della lotta che debbono fare tutti i popoli del mondo contro i loro principali nemici. In quest'articolo cinese non viene posto nessun compito rivoluzionario, non viene posto il principale compito rivoluzionario, la lotta di liberazione nazionale dei popoli contro i loro oppressori capitalisti, non vengono riflessi gli interessi della rivoluzione mondiale né gli interessi di un particolare paese che costituisca l'anello più debole dell'imperialismo mondiale.

In quest'articolo non si trovano affatto le parole «rivoluzione» e «lotta di liberazione nazionale». Dunque quest'articolo non è stato scritto per incitare i popoli, educarli e indicare loro la via della lotta. Allora, che cosa intendono dimostrare i cinesi al proletariato e ai popoli con quest'articolo? E' chiaro che il loro obiettivo principale è: dimostrare che la teoria dei «tre mondi» di Mao Tsetung sarebbe in se stessa una teoria giusta, sarebbe marxista-leninista, e questo solo per sostenere la loro causa antimarxista. E' in funzione di questo principale obiettivo che è stato scritto quest'articolo.

Altro suo obiettivo è quello di lottare contro di noi e di soffocare la rivoluzione, di soffocare la lotta di liberazione nazionale e di predicare l'alleanza del proletariato e dei popoli oppressi con la borghesia reazionaria, con l'imperialismo americano, con l'imperialismo inglese, francese, giapponese ecc. Insomma, secondo quest'articolo attualmente il proletariato dovrebbe chiudersi nelle scuole per imparare il marxismo-leninismo, perché, secondo i cinesi, i princìpi di questa dottrina sono molto complicati e i cinesi sarebbero gli unici a «conoscerli» e a «comprenderli» (!). Sempre secondo loro, questo è il motivo per cui il proletariato non è giunto al livello necessario per fare la rivoluzione, e deve quindi prima studiare il marxismo-leninismo. I dirigenti cinesi sono famosi per simili follie antimarxiste! Mao Tsetung ha chiamato alla lotta i bambini, gli alunni delle scuole medie, le «guardie rosse», che non avevano la minima idea del marxismo-leninismo, e proprio questi avrebbero dovuto insegnare al partito «marxista-leninista» cinese e al proletariato cinese come doveva essere applicato il marxismoleninismo. Dunque, coloro che non avevano la minima idea del marxismo-leninismo dovevano insegnare al Partito Comunista Cinese e al proletariato cinese il marxismo-leninismo! Questo è il contenuto antimarxista delle tesi maoiste, in base alle quali gli studenti dovrebbero insegnare al proletariato la sua ideologia, insegnargli come va applicata la sua ideologia, e, da quel che si vede, glielo hanno insegnato «così bene», che sono riusciti a smantellare tutto il partito, a liquidare il Partito Comunista Cinese.

Anche la tesi dell'egemonia delle masse contadine nella rivoluzione è antimarxista e revisionista. Di questo genere è il «consiglio», l'unico «consiglio», antimarxista e da cima a fondo revisionista, che la Cina si prende la briga di dare al proletariato mondiale e in particolare a quello europeo, e cioè di imparare prima il marxismo e lanciarsi poi nella rivoluzione. Questa tesi è identica alla «teoria dei quadri» di Anastas Lulo e Andrea Zisi, secondo i quali bisognava prima preparare i quadri, e solo dopo passare alla formazione del Partito e alla rivoluzione. In altre parole, secondo Teng Hsiao-ping, abbiamo 20 anni di tempo, lasciamo che l'imperialismo americano e la borghesia reazionaria si rafforzino in tutti i paesi del mondo, poi vedremo il da farsi. E' proprio quello che ha fatto anche il suo vecchio maestro, il revisionista Liu Shao-chi, che nel 1949 predicava che la Cina non doveva intraprendere l'edificazione del socialismo, ma doveva invece proseguire la via tradizionale e anche 30 anni dopo la liberazione, permettere alla borghesia capitalista e ai kulak di dirigere la Cina, mentre nel frattempo «il proletariato avrebbe acquisito esperienza per poter agire»!

E' dunque evidente che gli obiettivi e le tesi di quest'articolo pseudomarxista cinese non servono né alla rivoluzione né alle lotte di liberazione nazionale, ma servono molto bene, al contrario, all'imperialismo, alla reazione mondiale e alla Cina, che si è ormai incamminata sulla via capitalista e si prepara a trasformarsi in una superpotenza socialimperialista mondiale.

Lenin e Stalin propagandavano la rivoluzione, mentre i revisionisti cinesi dicono in quest'articolo che dobbiamo imparare da Lenin a salutare e a sostenere ardentemente e da leninisti i movimenti di liberazione nazionale delle nazioni oppresse d'Asia, d'Africa, d'America Latina e delle altre regioni del mondo. Secondo loro, dobbiamo limitarci a questo ed applaudire. Ma chi? Naturalmente dobbiamo applaudire tutti coloro ai quali i cinesi consigliano e insegnano a non combattere per la rivoluzione, a non lanciarsi nella lotta di liberazione nazionale, ad accontentarsi di questa pseudolibertà e pseudosovranità che si sono conquistati o che i vari imperialisti hanno loro dato in elemosina. Questa è tutta la «filosofia» che predicano i cinesi.

In questo articolo i revisionisti cinesi si dimostrano sciovinisti anche nell'utilizzazione dei dati. Lenin e Stalin hanno utilizzato i dati per denunciare il numero di uomini asserviti che vivono sotto il dominio e lo sfruttamento dell'imperialismo, ed hanno mostrato loro e ai marxisti-leninisti che cosa devono fare per liberare se stessi e i loro popoli dalla schiavitù. Ma cosa succede con i revisionisti cinesi? Essi continuano a ripetere questi dati e a paragonarli alla grandezza del territorio e della popolazione della Cina per dimostrane che, a sentir loro, l'integrazione della Cina nel «terzo mondo» fa di questo una grande forza numericamente preponderante e che tutto questo «mondo», in quanto entità, costituisce la principale forza motrice della rivoluzione! Questa è una deformazione del significato stesso delle citazioni di Lenin e di Stalin, una deformazione che viene fatta con intenzioni molto cattive, antimarxiste, per ingannare i popoli e il proletariato affinché non si sollevino nella rivoluzione, affinché nutrano nei confronti della Cina di Mao Tsetung, forte di 800 milioni di abitanti, una considerazione spinta all'assurdo. Essi debbono quindi accettare, se non de iure almeno de facto, la sua egemonia sul cosiddetto terzo mondo, poiché utilizzando questi dati e integrandosi nel «terzo mondo» la Cina lascia capire chiaramente che vuole avere un grande peso su questa enorme massa di centinai di milioni di uomini, e pensa che questo «mondo» consideri la sua parola come la parola di dio e che questi popoli la seguano ciecamente sulla via del baratro a cui essa cerca di condurli.

Ho scritto poco fa che quest'articolo cinese è apparso molto tempo dopo lo svolgimento dei lavori del nostro 7° Congresso e la pubblicazione dei nostri articoli che seguirono il Congresso. In questo intervallo gli pseudoteorici cinesi hanno tastato il polso dell'opinione pubblica mondiale, il polso del movimento comunista internazionale nei confronti delle nostre tesi. Noi vediamo come in quest'articolo siano stati fatti sforzi mascherati per mitigare, in un certo modo, la cattiva impressione che le loro false tesi sulla teoria dei «tre mondi» hanno prodotto nel mondo e nel movimento comunista internazionale. Questa è la ragione per cui i revisionisti cinesi nel loro articolo tentano di provare, naturalmente in modo molto scialbo, che l'imperialismo americano è ancora potente, che la sua economia non si è indebolita, che non ha ridotto le sue forze militari, anzi le ha aumentate, che mantiene in tutte le parti del mondo importanti forze militari ecc., ecc., ma, lo strano è che essi non solo non dicono nemmeno una parola contro la NATO, questo trattato d'aggressione contro i popoli, ma non ne fanno neppure menzione, non fanno neppure il minimo ragionamento per ricordare quando e contro chi è stato istituito questo famigerato trattato. Quando la loro strategia non si era ancora impegnata sulla via che segue attualmente, lo stesso Mao Tsetung e i cinesi ne dicevano di tutti i colori contro l'imperialismo americano e contro la NATO. Ora invece mantengono il più assoluto silenzio nei loro riguardi. Questa è una prova della loro alleanza con l'imperialismo americano. Essi hanno compiuto questa «svolta» nel valutare in un modo un po' più realistico il socialimperialismo sovietico e l'imperialismo americano perché ne sono stati costretti. Naturalmente, ciò non li pone in una situazione difficile di fronte agli Stati Uniti d'America, poiché questi hanno ormai fatto l'abitudine a critiche e a slogan di questo genere, che anche Krusciov ha lanciato in abbondanza ed anzi in modo ancora più duro dei cinesi. Gli americani non vengono turbati da queste insulse affermazioni dei cinesi sulla potenza economica o militare dell'imperialismo americano. Né gli Stati Uniti d'America, né gli altri Stati imperialisti si rompono la testa con queste parole dei cinesi, poiché comprendono bene il nocciolo della loro «teoria», hanno chiara la linea che essi seguono e sanno bene che questa linea è stata definita in funzione del loro completo accordo con essi.

Ma i cinesi sono stati costretti a compiere questa «svolta» dalla lotta del Partito del Lavoro d'Albania e dalla loro intenzione di abbellire un pò le loro tesi antimarxiste, dal momento che queste tesi hanno prodotto e continuano a produrre un'impressione eccezionalmente cattiva in tutto il mondo, dato che la gente vede che la Cina difende l'imperialismo americano, che predica l'alleanza con tutti gli imperialisti contro il socialimperialismo sovietico, che predica l'alleanza con la borghesia capitalista oppressiva di tutti i paesi del mondo. I cinesi dovevano quindi prendere alcune posizioni in tal senso e smussare alcuni angoli.

Quest'articolo cerca inutilmente di raggiungere questi obiettivi. Altrettanto inutili sono gli sforzi dei revisionisti cinesi tesi a farsi passare, attraverso quest'articolo, da realisti, nello «spiegare» la teoria dei «tre mondi», che essi hanno lanciato come uno slogan senza nessuna spiegazione teorica, politica e militare. Quantunque essi cerchino di spiegare che in questi paesi del «terzo mondo» vi sono, ovviamente, sia elementi e dirigenti reazionari che dirigenti progressisti, sia agenti dell'imperialismo americano che agenti del socialimperialismo sovietico, ecc., ecc., la falsità della loro «obiettività» appare comunque evidente. Essi assumono questo atteggiamento falso per dare ad intendere ai loro lettori che queste cose sono vere, che anche se non le abbiamo dette, è così che le intendiamo. Ma i cinesi non dicono nemmeno una parola su quello che devono fare i popoli, su quello che deve fare il proletariato contro le cricche che dominano nei vari paesi del mondo, cricche che sono antipopolari ed anzi agenti dell'imperialismo americano o del socialimperialismo sovietico.

Tutto l'articolo del «Renmin Ribao» sui «tre mondi» è privo di qualsiasi valore teorico, non sa affatto di marxismo-leninismo. E' da capo a fondo antimarxista, revisionista. Non c'è in esso nessuna verità, nessun obiettivo rivoluzionario. In quest'articolo tutto è messo al servizio della causa controrivoluzionaria per difendere le potenze imperialiste, per conservare lo statu quo del capitalismo nel mondo. Questo statu quo si prefigge l'obiettivo di consentire, nel frattempo, alla Cina di armarsi con mezzi più moderni e di ricevere aiuti per consolidare la sua economia di guerra.

I dirigenti cinesi pensano che quest'articolo farà colpo sui popoli e sui comunisti del mondo, ma si sbagliano. E di fatto constatiamo che nell'opinione pubblica mondiale, dopo la pubblicazione di questo po' po' di articolo del «Renmin Ribao», ciò non si è verificato. Abbiamo notato, in tutto, solo due o tre notizie e commenti da parte delle principali agenzie di stampa in cui si rileva che la Cina attacca l'Unione Sovietica in un suo articolo redazionale. Mentre dell'articolo di «Zëri i Popullit» del 7 luglio si è parlato in ogni parte del mondo, e non per molte settimane ma per mesi di seguito, e si continua a parlarne ancora e a commentarlo positivamente.