I
La lotta politica e di classe negli anni 1944-48 nell'Europa dell'Est

La Bulgaria

Accademia delle Scienze dell'URSS, Storia Universale, volume XI
edizione italiana, Teti editore, Milano 1978, pp. 83-92


La vittoria, il 9 settembre 1944, dell'insurre­zione popolare, la liquidazione della dittatura monarco-fascista e l'instaurazione nel paese del potere dei lavoratori diretto dalla classe operaia e dalla sua avanguardia comunista, dettero inizio alla rivoluzione socialista in Bul­garia.

Il governo del Fronte patriottico al potere dal 9 settembre 1944 era presieduto da Kimon Gheorghiev, noto esponente dell'Alleanza po­polare «Zveno». Inizialmente in questo gover­no il Partito operaio (comunista) bulgaro ave­va solo 4 ministri su 16, ma esso disponeva del­la maggioranza nei comitati del Fronte patriot­tico e aveva un'influenza predominante nella classe operaia. Tra gli alleati del Partito ope­raio (comunista) bulgaro c'era l'Alleanza popo­lare dei contadini bulgari, un partito sostan­zialmente contadino, ma eterogeneo dal punto di vista della sua composizione di classe. L'Al­leanza popolare «Zveno» riuniva una parte de­gli intellettuali borghesi orientati in senso re­pubblicano. La socialdemocrazia aveva in­fluenza su una parte del ceto impiegatizio.

Così, al Fronte patriottico partecipavano parti­ti e raggruppamenti politici di orientamento programmatico diverso: da quello conseguen­temente socialista a quelli democratico-borghe­si antifascisti. Il partito operaio riuscì a far democratizzare l'apparato statale, a far rinno­vare l'esercito, dal quale furono allontanati gli ufficiali filofascisti.

Già nel corso della guerra contro la Germania fascista, dichiarata dalla Bulgaria il 9 settem­bre 1944, grazie all'introduzione del controllo statale e operaio sugli stabilimenti industriali capitalisti, al passaggio alla proprietà popola­re dei beni dello Stato monarco-fascista, alla confisca dei beni dei criminali di guerra, alla liquidazione dei monopoli e dei cartelli pri­vati e a una serie di altre misure, il potere de­mocratico-popolare aveva acquisito importanti posizioni economiche. L'ottava sessione allar­gata del Comitato centrale del Partito operaio (comunista) bulgaro che ebbe luogo a Sofia dal 27 febbraio al 1° marzo 1945, analizzò le esperienze accumulate dal partito nella lotta contro la dittatura monarco-fascista e nei pri­mi mesi di attività legale, come forza dirigente della rivoluzione popolare. La riunione sotto­lineò la necessità di rafforzare ulteriormente il Fronte patriottico e di mobilitare forze per la lotta comune con l'URSS, la Jugoslavia e gli altri paesi della coalizione antihitleriana per la sconfitta totale del nemico. Per aver deter­minato i compiti del partito, averne approvato il nuovo statuto e aver eletto il nuovo Comi­tato centrale, l'Ufficio politico, la segreteria e la Commissione centrale di controllo, la riu­nione aveva di fatto assolto le funzioni di un congresso del partito. A presidente del Comi­tato centrale fu eletto il grande dirigente del movimento comunista bulgaro e internaziona­le, Gheorghi Dimitrov, allora ancora nel­l'URSS. Il Partito operaio (comunista) bul­garo e il Fronte patriottico, che tenne il suo primo congresso nel marzo del 1945, dedica­rono grande attenzione ai problemi della ri­nascita e della riorganizzazione dell'economia nazionale. Poiché, a differenza degli altri paesi dell'Europa centrale e sud-orientale, in Bulga­ria non esisteva il latifondo, il potere popolare andò incontro alle piccole e medie imprese con­tadine con una politica fiscale di classe, con il sistema di distribuzione dei prodotti industriali e una politica creditizia conforme agli inte­ressi dei lavoratori. Utilizzando e sviluppando le tradizioni del movimento cooperativistico, il potere popolare, sulla base di una legge ap­provata nel marzo 1945, incoraggiò la forma­zione di imprese cooperative agricole di lavo­ro. Alla fine del 1945 vi erano già 382 di que­ste cooperative, comprendenti 14 mila aziende e 146 mila ettari di terra. Così la Bulgaria si era messa sulla via della riorganizza­zione del­l'agricoltura praticamente socialista, prima de­gli altri paesi che nel corso della seconda guer­ra mondiale avevano imboccato una nuova via di sviluppo. Nelle cooperative agricole di la­voro era stata trovata anche la forma di coope­razione produttiva delle campagne meglio ri­spondente agli interessi dei contadini medi.

Veniva conservato il diritto di proprietà pri­vata della terra, per il cui uso veniva corri­sposto un canone d'affitto. Il settore coope­rativo ha avuto una funzione tutt'altro che tra­scurabile anche in alcuni rami dell'industria, del commercio e del credito.


LE ELEZIONI PER L'ASSEMBLEA NAZIONALE

In applicazione delle raccomandazioni del pri­mo congresso del Fronte patriottico, il gover­no approvò il 6 giugno 1945 una legge relati­va alle elezioni per l'Assemblea nazionale. Il di­ritto di voto era stato esteso a tutti i cittadini che avevano compiuto i 19 anni di età, com­prese le donne e i militari. Il 13 luglio veni­va pubblicata la piattaforma elettorale del Fronte patriottico che prevedeva l'amicizia eterna con l'URSS, la lotta contro qualsiasi manifestazione di fascismo e di sciovinismo, e contro la speculazione, lo stimolo alla lavora­zione cooperativa delle terre, lo sviluppo delle forze produttive, della pubblica istruzione e del sistema sanitario. In accordo con questa piattaforma il 29 luglio il governo approvò una legge che introduceva il controllo del mini­stero per l'industria e il commercio sulle im­prese industriali e commerciali private.

Gli elementi di destra, sfruttando le difficoltà economiche, diventate particolarmente sen­sibili nel quadro della situazione internaziona­le, cercarono di ostacolare la stabilizzazione del potere popolare, operando per la scissione del Fronte patriottico, per minare l'alleanza della classe operaia con i contadini, per indebolire in essa la funzione dirigente della classe ope­raia e del Partito operaio (comunista) bul­garo. Le forze dalla reazione interna, appog­giate dagli imperialisti degli USA e della Gran Bretagna, cercarono di ostacolare il consoli­damento della linea rivoluzionaria dello svi­luppo del paese e di impedire il rafforzamento dell'amicizia bulgaro-sovietica. Il 26 luglio 1945 uno dei dirigenti di destra dell'Alleanza popolare dei contadini bulgari, il ministro senza portafoglio Nikolai Petkov, si rivolse alla Commissione alleata di controllo in Bul­garia, alle missioni americana e inglese e agli organi governativi con una lettera con la qua­le chiedeva il rinvio delle elezioni per l'Assem­blea nazionale e il loro svolgimento sotto il controllo delle potenze alleate. Poi, uscito dal governo, Petkov e altri avversari del Fronte patriottico si misero a raccogliere tutte le for­ze antidemocratiche. A far parte del blocco dei sostenitori di Petkov entrarono i socialdemocratici di destra, il Partito democratico, che raccoglieva tutti gli elementi borghesi più reazionari, e così via.

Il 13 agosto 1945 il governo degli USA chiese il rinvio delle elezioni. Il giorno dopo, per il contributo dato dal popolo bulgaro alla scon­fitta della Germania hitleriana, l'URSS decide­va di allacciare relazioni diplomatiche con la Bulgaria e di procedere allo scambio di amba­sciatori. Il governo bulgaro accettò la pro­posta sovietica, considerandola come un atto di decisivo appoggio. Il 16 agosto ebbe luogo a Sofia un grandioso comizio, nel corso del quale oltre 100 mila persone manifestarono la loro soddisfazione per le decisioni del go­verno sovietico.

Nel frattempo, l'opposizione filoimperialista, nel tentativo di complicare la situazione, di­chiarò di non voler partecipare alle elezioni. Il 17 agosto 1945 i ministri dell'opposizione ras­segnarono le dimissioni. I governi degli USA e della Gran Bretagna, minacciando di non fir­mare il trattato di pace con la Bulgaria, chie­sero allora nuovamente il rinvio delle elezioni.

Tenendo conto del fatto che l'opposizione era riuscita a portare dalla sua parte alcuni strati della piccola borghesia urbana e rurale, mal­contenti per le limitazioni economiche imposte, constatate le difficoltà dei rifornimenti alimen­tari, provocate dalla tremenda siccità che ave­va colpito la Bulgaria nel 1945, e non volendo complicare la situazione internazionale del paese, dopo essersi consultato con i sovietici della Commissione alleata di controllo, il 25 agosto il governo decideva di rinviare la data delle elezioni dal 26 agosto al 18 novembre 1945. Con ciò esso dava prova della sua volon­tà di normalizzare le relazioni con le potenze occidentali e rendeva difficile la prosecuzione di una politica antibulgara.

Tutti i partiti del Fronte patriottico decisero di presentarsi alle elezioni con un'unica lista di candidati. In settembre aderì al fronte anche il Partito radicale, che aveva influenza su par­te della piccola borghesia urbana.

Il 4 novembre 1945, poco prima delle elezioni rientrò in Bulgaria Gheorghi Dimitrov, il grande dirigente della classe operaia e di tutto il popolo bulgaro, uno dei maggiori esponenti del movimento comunista internazionale. Il 6 novembre, in un'assemblea solenne dedicata al 28° anniversario della grande rivoluzione socialista d'Ottobre, egli pronunciò il suo pri­mo discorso pubblico, nel corso del quale disse che non vi erano per il popolo bulgaro cose più importanti dell'amicizia con l'Unione Sovietica e la causa del Fronte patriottico. Dimitrov de­nunciò la natura antipopolare dell'opposizione, respingendo le affermazioni secondo le quali il Partito operaio (comunista) bulgaro si sarebbe apprestato a instaurare il governo di un solo partito, la «dittatura dei comunisti».

Temendo l'inevitabile sconfitta, l'opposizione dichiarò il «boicottaggio» delle elezioni. Cio­nonostante a esse prese parte l'85 per cento degli elettori e di questi l'88 per cento, cioè 3 milioni 397 mila, votarono per i candidati del Fronte patriottico. La Bulgaria non aveva visto nel corso di tutta la sua storia una così massiccia affluenza alle urne. Nel 1940, con il voto obbligatorio introdotto nel 1920, le astensioni ammontarono al 31 per cento. A presiedere l'Assemblea nazionale, che iniziò i suoi lavori il 15 dicembre, fu designato Vassil Kolarov, membro dell'Ufficio politico del Par­tito operaio (comunista) bulgaro.

Il giorno dell'apertura dell'Assemblea naziona­le fu firmato un accordo tra l'URSS e la Bul­garia con il quale la prima si impegnava a for­nire alla seconda, oltre ai foraggi e ai viveri già procurati, 30 mila tonnellate di granoturco e 20 mila tonnellate di frumento. Successiva­mente, nell'aprile 1946, in considerazione del­l'aggravarsi delle difficoltà alimentari della Bulgaria, l'URSS fornì altre 40 mila tonnellate di grano.

Dopo le elezioni, i rappresentanti delle poten­ze occidentali alla conferenza di Mosca del dicembre 1945 dei ministri degli esteri dell' URSS, degli USA e della Gran Bretagna ten­tarono nuovamente di intervenire negli affari interni della Bulgaria, pretendendo l'inclusione di rappresentanti dell'opposizione nella sua compagine governativa. Ma l'Unione Sovietica si oppose a questa pretesa. Tuttavia, al fine di trovare un compromesso per la ripresa dei lavori per la preparazione del trattato di pace con la Bulgaria, pace che avrebbe consolidato la sua posizione internazionale, l'URSS concor­dò nel raccomandare al governo della Bulgaria l'inclusione di due rappresentanti di ciascun partito di opposizione a condizione che questi si impegnassero a «operare lealmente». La proposta fu comunicata nel gennaio 1946 alla delegazione bulgara, guidata da Kimon Gheorghiev, in visita a Mosca. Ma, come c'era da attendersi, i dirigenti dell'opposizione pose­ro tali condizioni per la loro entrata nel go­verno, tra l'altro quella dello scioglimento del­l'Assemblea nazionale, che fu impossibile per­sino continuare a mantenere i contatti con loro. Il 31 marzo 1946 veniva formato il nuo­vo governo del Fronte patriottico, presieduto da Kimon Gheorghiev, senza i rappresentanti dell'opposizione. Ma USA e Inghilterra non avevano più nessun pretesto per rinnovare le loro pretese.


LA RIFORMA AGRARIA.
LA PROCLAMAZIONE DELLA REPUBBLICA POPOLARE BULGARA.
LA FIRMA DEL TRATTATO DI PACE

Continuando a realizzare le trasformazioni ri­voluzionarie, l'8 marzo 1946 l'Assemblea na­zionale approvò una legge che prevedeva la confisca delle proprietà acquisite dopo il 1° gennaio 1935 con la speculazione o altri mezzi illeciti. Sulla base di questa legge furono con­fiscate 2300 imprese industriali, recando così un colpo considerevole al grande capitale e raf­forzando le posizioni del settore socialista.

Il 12 marzo 1946 fu approvata una legge sulla proprietà terriera lavoratrice, che limitava le dimensioni dei poderi a 20 ettari di terre ara­bili, aumentate a 30 per la Dobrugia meridio­nale. A differenza degli altri paesi dell'Europa centrale e sud-orientale, nei quali esisteva il latifondo, in Bulgaria la riforma agraria fu di­retta soprattutto contro i capitalisti rurali.

Tutte le terre private, degli ordini religiosi, della Chiesa o altre, che oltrepassavano i li­miti stabiliti, furono espropriate mediante un certo indennizzo e comprese in un fondo sta­tale. Da questo fondo, a sua volta, con il pa­gamento di una somma modesta differito fino a 20 anni, furono distribuiti appezzamenti da 5 a 8 ettari alle vittime del fascismo, agli inva­lidi, orfani e vedove, agli ex partigiani e ai contadini senza o con poca terra. Su una su­perficie superiore ai 70 mila ettari furono create aziende agricole statali. Alla fine del 1947, quando la riforma agraria era stata portata a termine, 126 mila famiglie di conta­dini senza o con poca terra avevano ottenuto appezzamenti più o meno grandi, secondo la terra posseduta, che in media si aggiravano su un ettaro ciascuno. Ma il problema agrario poteva essere risolto solo dalla riorganizzazio­ne socialista dell'agricoltura. Il numero delle cooperative agricole si accrebbe costantemente. Già nel 1946 fecero la loro comparsa anche le prime stazioni di macchine e trattori.

Furono adottate anche altre misure come la ri­duzione dei debiti ipotecari, il miglioramento delle pensioni contadine, la riduzione dei prez­zi per i prodotti industriali destinati all'agri­coltura, eccetera. Il governo andò anche incon­tro ai contadini, colpiti nuovamente dalla sicci­tà nel 1946, aiutandoli a mettersi con sempre maggior decisione sulla via della cooperazione di lavoro, per migliorare radicalmente le loro condizioni.

Nel 1946, vincendo molte difficoltà, i lavo­ratori bulgari riuscirono a conseguire notevoli successi nello sviluppo industriale del paese.

Questi successi rafforzarono il potere popola­re e maturarono le condizioni perché anche le forme del potere potessero adeguarsi al suo carattere. Il 16 luglio 1946, in una riunione dell'Ufficio politico del Partito operaio (comu­nista) bulgaro, Dimitrov propose di abolire la monarchia e di indire le elezioni per una Grande assemblea nazionale. Questa proposta fu approvata dal Comitato nazionale del Fron­te patriottico e dal governo. Il 26 luglio l'As­semblea nazionale approvava una legge con la quale veniva indetto un referendum sulla abo­lizione della monarchia, la proclamazione del­la Repubblica popolare e la convocazione della Grande assemblea nazionale. Al referendum, effettuato l'8 settembre 1946, partecipò il 92 per cento degli elettori. 3 milioni 832 mila, cioè il 92,7 per cento, votarono per la procla­mazione della Repubblica e solo 175 mila, il 4,2 per cento, per il mantenimento della mo­narchia. Il 15 settembre 1946 l'Assemblea na­zionale proclamò solennemente la Bulgaria re­pubblica popolare. Si trattava di un importan­te avvenimento per lo sviluppo della rivoluzio­ne socialista in Bulgaria.

Le elezioni per la Grande assemblea nazionale si svolsero il 27 ottobre 1946. Come nelle ele­zioni precedenti, i partiti del Fronte patriotti­co presentarono un'unica lista di candidati. A differenza delle altre elezioni, però, gli elettori ricevettero schede di diverso colore secondo i partiti e l'elettore aveva la possibilità di ma­nifestare le proprie preferenze per ciascuno dei partiti facenti parte del Fronte. Alle schede del Partito operaio (comunista) bulgaro, di co­lore rosso-scuro, andarono 2 milioni 260 mila voti, cioè il 53 per cento. Il partito ottenne al­la Grande assemblea nazionale 278 seggi, pari al 60 per cento. L'opposizione, sfruttando il malcontento originato dalle difficoltà alimenta­ri e da alcune limitazioni che queste avevano imposto, era riuscita a ottenere più di un quar­to dei voti e 99 mandati.

Il 22 novembre fu formato il terzo governo del Fronte patriottico, presieduto da Dimitrov. Pur disponendo della maggioranza assoluta dei seggi alla Grande assemblea nazionale, il Par­tito operaio (comunista) bulgaro cercò di tro­vare la via della cooperazione con gli altri partiti e le altre organizzazioni che appoggia­vano la linea dell'ulteriore trasformazione del paese. Del nuovo governo facevano parte 10 comunisti, 5 membri dell'Alleanza popolare dei contadini bulgari, 2 socialdemocratici, 2 esponenti dell'Unione nazionale «Zveno» e un indipendente. Kimon Gheorghiev fu nomi­nato vicepresidente e ministro degli esteri.

Le elezioni per la Grande assemblea nazionale coincisero con l'ultima fase della preparazione dei trattati di pace con gli Stati già satelliti della Germania hitleriana. Poiché, tra questi Stati, la Bulgaria era quello che era andato più avanti sulla via del progresso politico e socia­le, dello sviluppo verso il socialismo, i paesi occidentali praticarono nei suoi confronti con la più grande ostinazione una politica discri­minatoria: la Bulgaria fu l'unico ex alleato della Germania con il quale USA e Gran Bre­tagna non stabilirono relazioni diplomatiche. I loro uomini di paglia reazionari, al governo in Grecia, furono spinti ad avanzare nei con­fronti della Bulgaria rivendicazioni territoriali e pretese in materia di riparazioni. USA e Gran Bretagna si rifiutarono di riconoscere la Bulgaria come cobelligerante. Malgrado ciò, il 10 febbraio 1947, a Parigi, fu firmato il trat­tato di pace che riconosceva la sovranità e l'in­tegrità territoriale della Bulgaria. Così gli im­perialisti occidentali e i loro alleati reazionari bulgari furono privati della possibilità di uti­lizzare le questioni ancora in sospeso della si­tuazione internazionale della Bulgaria per eser­citare pressioni e intervenire nei suoi affari in­terni. Tutto ciò era dovuto alla politica estera conseguente dell'URSS, sostenuta in tutte le sedi internazionali dalla Polonia, dalla Ceco­slovacchia e dalla Jugoslavia.


IL PIANO ECONOMICO BIENNALE.
LA COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA POPOLARE DI BULGARIA

Nel prendere misure per l'ulteriore elimina­zione del grande capitale, nel febbraio 1947 il governo decise di procedere a una riforma monetaria che avrebbe consentito la stabiliz­zazione del leva bulgaro e avrebbe offerto la possibilità di esercitare un controllo statale sulle accumulazioni degli elementi non dediti ad attività lavorative. Poco dopo, in aprile, fu decretata un'imposta una tantum, grazie alla quale buona parte del denaro accumulato e delle proprietà dei grandi proprietari passava­no allo Stato. Queste misure, dirette alla par­ziale espropriazione della classe dei grandi ca­pitalisti, accompagnate dall'introduzione del controllo statale sul commercio con l'estero, resero possibile il rafforzamento del settore so­cialista dell'economia e crearono le condizio­ni per la sua pianificazione.

Il passaggio all'economia pianificata, che si svolse gradualmente, fu sanzionato dalla legge sul piano economico biennale, approvato dalla Grande assemblea nazionale il 1° aprile 1947, che prevedeva un sensibile aumento degli indi­ci prebellici in tutti i rami dell'economia na­zionale.

I lavoratori bulgari attuarono con entusiasmo i compiti posti dal piano biennale. Una delle premesse per il suo successo fu posta dal nuo­vo accordo commerciale con l'URSS, grazie al quale questa fornì alla Bulgaria una quantità considerevole di attrezzature industriali. Il 23 agosto 1947 l'URSS concedeva alla Bulgaria un grosso credito, sotto forma di investimenti, che le consentì di dare avvio alla costruzione di una fabbrica di concimi chimici, di una se­rie di centrali elettriche e di altre importanti imprese economiche. Tecnici sovietici furono inviati in Bulgaria, dove prestarono assisten­za di ogni genere ai lavoratori bulgari. Nello stesso anno, l'URSS venne nuovamente in aiu­to alla Bulgaria con la fornitura di grano, ri­chiesta dalla rinnovatasi siccità.

Intanto l'opposizione reazionaria nella Gran­de assemblea nazionale stava conducendo una campagna contro l'organizzazione socialista dell'economia, contro il progetto di Costitu­zione in corso di elaborazione, e contro l'esi­stenza stessa del potere popolare. I dirigenti dell'opposizione, non contenti della loro atti­vità aperta, si aggregarono praticamente ai più diversi gruppi di cospiratori e di terroristi e cominciarono a incoraggiare sabotaggi e van­dalismi. Nel corso della lotta contro i contro­rivoluzionari che operavano nell'illegalità ap­parve chiaro che a dirigerli erano Petkov e quanti lo circondavano. Il 26 agosto 1947 la Grande assemblea nazionale approvò un decre­to che vietava ogni attività all'Unione agraria fondata da Petkov, nonché alle organizzazioni a essa collegate. I deputati seguaci di Petkov furono privati del mandato parlamentare.

Lo smascheramento di Petkov e dei suoi so­stenitori portò un colpo decisivo alle posizioni politiche della reazione, ed eliminò ogni osta­colo alla promulgazione della nuova Costitu­zione del paese.

Il progetto di Costituzione, elaborato da una speciale commissione del Partito operaio (co­munista) bulgaro e in seguito dal Comitato nazionale del Fronte patriottico e dagli organi dirigenti di tutti i partiti che ne facevano par­te, fu sottoposto alla discussione popolare.

Al progetto del Fronte patriottico furono con­trapposti altri progetti che insistevano sul principio dell'inalienabilità della proprietà pri­vata, sancivano la fine del controllo statale sul commercio con l'estero ed erano aperta­mente diretti alla restaurazione dei rapporti capitalistici e di un regime borghese. Per que­sto non furono appoggiati dalle masse po­polari.

Il progetto di Costituzione proposto dal Fron­te patriottico, dopo aver avuto il consenso popolare e subíto alcune modifiche, fu appro­vato dalla Grande assemblea nazionale il 4 dicembre 1947.

La Costituzione affermava che la Bulgaria era una repubblica popolare e che tutto il pote­re promanava dal popolo al quale apparteneva. Nel definire le strutture economiche e sociali del paese, la Costituzione dichiarava la pro­prietà sociale baluardo supremo dello Stato, affermava l'appartenenza della terra a coloro che la lavoravano, stabiliva il principio secondo il quale la proprietà privata poteva essere li­mitata o espropriata e lo sviluppo dell'econo­mia assicurato da un piano economico statale.

Poiché la nuova Costituzione apportava sensi­bili modifiche all'amministrazione dello Stato, il 9 dicembre il governo si dimetteva. L'11 di­cembre veniva formato il nuovo governo del Fronte patriottico, il quarto, affidato a Dimi­trov. Entrarono a far parte del governo 14 comunisti, due rappresentanti dell'Alleanza po­polare dei contadini bulgari, due socialdemo­cratici e due membri dell'Unione nazionale «Zveno».


LA NAZIONALIZZAZIONE DELL'INDUSTRIA E DELLE BANCHE
E L'ATTUAZIONE DEL PIANO BIENNALE

L'ulteriore sviluppo dell'economia del paese, il suo progresso, richiedevano che i rapporti di proprietà corrispondessero ai compiti del­l'edificazione socialista. Alla fine del 1947 era­no proprietà popolare (socialista) soltanto il 6,4 delle imprese industriali, mentre circa il 10 per cento apparteneva al settore cooperati­vo. Il 23 dicembre, la Grande assemblea na­zionale decideva la nazionalizzazione e la rior­ganizzazione delle banche e il 24 dicembre la nazionalizzazione delle imprese industriali e minerarie. Con queste leggi e con quelle che stabilivano la nazionalizzazione della grande proprietà immobiliare urbana, dei boschi, e così via, si affermava la vittoria dei rapporti socialisti in Bulgaria. La classe dei grandi e medi capitalisti era così eliminata.

La riorganizzazione dell'industria e la costru­zione di nuovi stabilimenti resero possibile una rapida industrializzazione del paese. Il peso specifico dell'industria nell'economia na­zionale, che nel 1939 era pari al 33 per cento, era salito nel 1948 al 50,7 per cento. Il volu­me complessivo della produzione industriale superava del 71,5 per cento il livello d'ante­guerra. Anche nell'agricoltura il settore so­cialista si era rafforzato. Le aziende agricole statali erano salite alla fine del 1948 a 86, con 77 mila ettari, mentre le stazioni macchine e trattori erano 71. Già nel febbraio 1947 si era svolta la prima Conferenza nazionale dei soci delle cooperative agricole di produzione, che mise in luce i difetti e le debolezze della cooperazione agricola di produzione e ne rese possibile l'ulteriore sviluppo. Alla fine del 1948 esistevano già 1100 cooperative conta­dine che univano 76 mila aziende con 300 mi­la ettari di terra. Tuttavia, le famiglie compre­se nel movimento cooperativo erano solo il 7 per cento del totale e la terra a loro disposi­zione raggiungeva appena il 6 per cento della superficie lavorata. L'acquisto forzoso, nella primavera del 1948, delle macchine agricole dai proprietari privati rese possibile l'ulteriore sviluppo della cooperazione agricola di pro­duzione.

La realizzazione del piano biennale, che si po­neva il compito della ricostruzione e dello sviluppo dell'economia nazionale, aveva crea­to le premesse per edificare nel paese larghe basi economiche per il socialismo.

I passi in avanti compiuti dalla Bulgaria nel suo sviluppo economico, politico e sociale fu­rono accompagnati da una serie di modifiche nella struttura politica della società.

Il XVII congresso dell'Alleanza popolare dei contadini bulgari, tenutosi nel dicembre del 1947, respinse con fermezza ogni residuo di concezioni «corporativistiche» che contrap­ponevano gli interessi dei contadini e quelli della classe operaia. Il congresso si pronunciò in modo inequivocabile per la costruzione del socialismo e il rafforzamento dell'alleanza con la classe operaia, riconoscendo a questa e alla sua avanguardia comunista una funzione diri­gente nell'alleanza.


IL V CONGRESSO DEL PARTITO OPERAIO (COMUNISTA) BULGARO
E L'INIZIO DELLA LOTTA PER L'ATTUAZIONE DEL PRIMO PIANO QUINQUENNALE

Con la crescente funzione del Partito operaio (comunista) bulgaro e la nuova dislocazione delle forze di classe, era sorta la necessità di procedere alla riorganizzazione del Fronte pa­triottico. Il 2° congresso del fronte, tenutosi nel febbraio 1948, accogliendo le proposte contenute in un discorso di Dimitrov, decise di trasformare il fronte da organizzazione che conservava gli elementi di una coalizione in una grande organizzazione unitaria politico-sociale, democratica e antimperialista del po­polo bulgaro, con adesioni individuali o col­lettive. Queste ultime si riferivano alle orga­nizzazioni sociali apartitiche come l'Unione ge­nerale dei sindacati operai, l'Unione della gio­ventù popolare, l'Unione popolare femminile bulgara, l'Unione dei combattenti antifascisti, eccetera. Il nuovo programma del fronte ne determinava i compiti, indicandoli in quelli di un'organizzazione chiamata a educare le masse popolari nello spirito dell'attaccamento alla de­mocrazia popolare e alle tradizioni di libertà del popolo bulgaro, della lotta per l'edifica­zione delle basi economiche, politiche e so­ciali del potere popolare e per l'elevamento del livello materiale e culturale dei lavoratori. Il Fronte patriottico così riorganizzato divenne in breve la maggiore organizzazione di massa. Nel giugno 1948 esso contava già circa un mi­lione di aderenti.

Nel luglio 1948 si svolse la XVI sessione del Comitato centrale del Partito operaio (comu­nista) bulgaro. All'epoca Dimitrov era grave­mente malato, ma continuava a tenersi in con­tatto quasi permanente con i più vasti strati di comunisti e di altri lavoratori. Egli richiamò l'attenzione del Comitato centrale sulla neces­sità di estendere la democrazia interna del par­tito, di esercitare la critica e l'autocritica, di migliorare l'attività ideale e teorica. Nel mag­gio 1948, dopo che il partito socialdemocratico si era liberato degli elementi antisocialisti e op­portunisti, si pose praticamente il problema del superamento della scissione del movimento operaio e della creazione di un unico partito della classe operaia. Il Partito operaio (comunista) bulgaro e il Partito socialdemocratico si misero al lavoro per risolvere questo problema, e l'11 agosto, per decisione degli organi dirigenti dei due partiti, questi si fondevano.

Dal 18 al 25 dicembre si svolse il V congresso del Partito operaio (comunista) bulgaro che decise, tra l'altro, di riprendere la vecchia de­nominazione di Partito comunista bulgaro.

Al suo V congresso (il precedente si era tenuto nel 1922) il partito era giunto come l'avan­guardia temprata e di massa della classe ope­raia bulgara, con 496 mila iscritti. Il congres­so, che si svolse quando il piano biennale sta­va per concludersi con successo ed erano già stati ottenuti notevoli risultati nella vita so­ciale, economica e culturale, ebbe un posto eccezionale nella storia della Bulgaria po­polare.

Malgrado l'ulteriore aggravarsi della sua ma­lattia, Dimitrov intervenne al congresso con un grande discorso nel quale, ricordato tutto il cammino percorso dal movimento operaio bulgaro e analizzati particolareggiatamente gli sviluppi del paese negli anni trascorsi dall'in­staurazione del potere popolare, venivano tracciati i compiti fondamentali legati all'edi­ficazione delle basi del socialismo. Nel discor­so di Dimitrov erano contenute numerose con­siderazioni teoriche, che riassumevano l'espe­rienza bulgara e internazionale dello sviluppo della democrazia popolare in quanto Stato che aveva le funzioni della dittatura del proletaria­to. Dimitrov aveva messo in rilievo il fatto che la forma originale del passaggio al socialismo attraverso la democrazia popolare non modifi­cava affatto, e non poteva modificare, le leggi generali che erano state enunciate dalla grande rivoluzione socialista d'Ottobre. Nel discorso di Dimitrov e nella risoluzione approvata dal congresso, veniva posto il compito di creare nel successivo quinquennio le basi del socia­lismo nell'industria e nell'agricoltura e per l'affermazione del marxismo-leninismo nella sfera ideologica e culturale. Il nuovo statuto del partito sottolineava che il Partito comuni­sta bulgaro era parte inscindibile del movi­mento comunista mondiale.

In applicazione della linea del V congresso del Partito comunista bulgaro, il 29 dicembre 1948 la Grande assemblea nazionale approva­va una legge relativa al piano quinquennale 1949-1953 per lo sviluppo dell'economia, che prevedeva la trasformazione della Bulgaria, nel quinquennio, in paese industriale-agrario, con un'industria socialista sviluppata e una agricoltura fondamentalmente cooperativizzata.

Già nel primo anno del piano quinquennale la produzione globale dell'industria superava quella dell'agricoltura. Ciò significava che la Bulgaria stava trasformandosi da paese agricolo-industriale in paese industriale-agricolo.

Contemporaneamente, si era avuta un'esten­sione del settore socialista, e un suo rafforza­mento nell'economia del paese, mentre il set­tore privato era andato restringendosi. La pro­duzione industriale, ormai quasi interamente appartenente al settore socialista, nel 1949 su­perava i livelli del 1939, a prezzi costanti.

L'industrializzazione socialista in via di svi­luppo favoriva l'ulteriore riorganizzazione so­cialista dell'agricoltura. Alla fine del 1949 ope­ravano in Bulgaria 1600 cooperative agricole di produzione. Esse riunivano 156 mila azien­de contadine, pari a 14,2 per cento, avevano a disposizione 551 mila ettari di terra, cioè l'11,3 per cento delle terre lavorate. Con de­cisione del Comitato centrale del Partito co­munista bulgaro del giugno 1949 fu avviato un nuovo sistema di ammassi obbligatori, inteso a stimolare la produttività nell'agricol­tura.

Si verificò anche un sensibile miglioramento del benessere dei lavoratori bulgari, e nel pae­se fu praticamente eliminata la disoccupazione. La sempre crescente unità politica e morale del popolo bulgaro rese inutile l'esistenza del­l'Unione popolare «Zveno» e del Partito ra­dicale. All'inizio del 1949 queste organizza­zioni, considerando che i loro programmi era­no stati completamente assorbiti da quello del Fronte patriottico, decisero di sciogliersi.

Il 2 luglio 1949 il Partito comunista bulgaro, tutto il popolo bulgaro, tutto il movimento operaio e comunista mondiale subirono la gra­ve perdita della morte di Gheorghi Dimitrov.

Egli era stato un eminente marxista-leninista, un capo provato dei lavoratori della Bulgaria, che portò alle loro grandi conquiste storiche sulla via dell'edificazione della società socia­lista. Amico fedele dell'Unione Sovietica, ar­dente internazionalista, Dimitrov arricchì in modo creativo il movimento rivoluzionario contemporaneo con un ulteriore sviluppo del­la teoria marxista-leninista della rivoluzione socialista e con la sua realizzazione nella pratica.

Al posto di capo del governo, Dimitrov fu so­stituito da Kolarov. La fedeltà agli ideali del marxismo-leninismo è stata dimostrata a Dimitrov dal popolo della Bulgaria nelle elezioni alla Grande assemblea nazionale del 18 dicembre 1949, nelle quali il 97,6 per cento degli elettori votarono per i candidati del Fronte patriottico.


LA POLITICA ESTERA

Dal momento della vittoria della rivoluzione del 9 settembre 1944, alla base della politica estera della Bulgaria è stata posta la più stretta collaborazione con l'URSS e gli altri paesi che avevano imboccato la strada dello svilup­po socialista. La Bulgaria recò un notevole contributo alla lotta per la completa disfatta della Germania hitleriana. Il suo esercito pre­se parte ai combattimenti per la liberazione della Jugoslavia, dell'Ungheria e dell'Austria.

Il governo del Fronte patriottico aveva potuto respingere con successo i tentativi degli USA e della Gran Bretagna di ingerirsi negli affari interni bulgari per sostenere gli elementi rea­zionari e imporre il loro controllo sulle elezio­ni all'Assemblea nazionale, grazie all'appoggio diplomatico, militare e economico dell'URSS.

La posizione dell'URSS alla riunione di Lon­dra dei ministri degli esteri, del settembre e ottobre 1945, aveva fatto fallire i tentativi de­gli USA e della Gran Bretagna di imporre le dimissioni del governo in carica in Bulgaria come condizione per la discussione del proget­to di trattato di pace. Alla terza riunione del consiglio dei ministri degli esteri, che si ten­ne a New York nel novembre e dicembre del 1946, l'URSS ottenne la rinuncia delle pretese territoriali greche verso la Bulgaria, che ri­guardavano circa un decimo del suo territorio. Il 15 settembre 1947 la Bulgaria allacciò rela­zioni diplomatiche con l'Ungheria, interrotte dal 26 settembre 1944. Il 27 novembre 1947 fu firmato il trattato di amicizia, cooperazione e mutua assistenza con la Jugoslavia. In se­guito trattati analoghi sono stati firmati con l'Albania (18 dicembre 1947), la Romania (16 gennaio 1948), la Cecoslovacchia (23 apri­le 1948), la Polonia (29 maggio 1948) e la Ungheria (16 giugno 1948).

I rapporti fraterni tra la Bulgaria e l'URSS furono sanciti ufficialmente dal trattato di ami­cizia, cooperazione e mutua assistenza firmato il 18 marzo 1948.

La Bulgaria prese parte attiva alla Conferenza di Varsavia dei ministri degli esteri dei paesi socialisti del giugno 1948, nella quale fu di­scusso il programma democratico di solu­zione del problema tedesco.

La proclamazione della «dottrina Truman» e lo scatenamento da parte degli USA della «guerra fredda», della quale il «piano Mar­shall» era parte integrante, crearono una mi­naccia diretta per l'indipendenza della Bulga­ria. Continuando nella loro politica ostile nei confronti della Bulgaria, i governi degli USA e della Gran Bretagna ostacolarono la sua am­missione all'ONU e l'accusarono a più riprese di violazione del trattato di pace. Con le note del 22 aprile e del 1° settembre 1949, la Bul­garia respinse con fermezza le accuse infonda­te delle potenze occidentali e i loro nuovi ten­tativi di intervenire nei suoi affari interni. Grazie all'aiuto costante dell'URSS, la Repub­blica Popolare Bulgara sviluppò un'attiva po­litica estera, diretta contro la «guerra fred­da», per la pace e la sicurezza in tutto il mon­do, contro la «dottrina Truman» e il «piano Marshall».

Il 30 novembre 1948 la Bulgaria dichiarò di riconoscere la Repubblica Popolare Democra­tica della Corea e di esser pronta ad allacciare relazioni diplomatiche con essa. Il 17 ottobre 1949 il governo bulgaro decise di allacciare relazioni diplomatiche con la Repubblica De­mocratica Tedesca.

La Bulgaria fu tra i paesi che nel gennaio 1949 presero parte alla creazione del Consiglio di mutua assistenza economica.