DISCORSI AL SESTO CONGRESSO
DEL POSDR(B)

(Luglio-agosto 1917)

Testi pubblicati per la prima volta nel 1919 nel volume Atti del sesto congresso del POSDR(b), edizioni Kommunist.

IlI
Rapporto sulla situazione politica

(30 luglio)

Compagni!
La questione della situazione politica della Russia è la questione del destino della nostra rivoluzione, delle sue vittorie e delle sue sconfitte, nelle condizioni della guerra imperialista. Fin dal febbraio è risultato evidente che le forze fondamentali della nostra rivoluzione sono costituite dal proletariato e dai contadini che, a causa della guerra, vestono la divisa militare. È accaduto che nella lotta contro lo zarismo anche altre forze, la borghesia liberale e il capitale alleato, si trovassero nello stesso campo di quelle forze, quasi come coalizzate con esse. Il proletariato era e continua ad essere il nemico mortale dello zarismo.
I contadini avevano fiducia nel proletariato e, vedendo che non avrebbero ottenuto la terra senza l'abbattimento dello zarismo, hanno seguito il proletariato. La borghesia liberale era stata delusa dallo zarismo e se ne è staccata perché lo zarismo non soltanto non le conquistava nuovi mercati, ma non sapeva neppure mantenere quelli vecchi, avendo abbandonato alla Germania quindici governatorati. Anche il capitale alleato, amico e protettore di Nicola II, è stato "costretto" a tradire lo zarismo, poiché lo zarismo non soltanto non gli garantiva "l'unità del fronte" da esso desiderata, ma preparava apertamente la pace separata con la Germania. Così lo zarismo è rimasto isolato.
Così appunto si spiega il fatto "sorprendente" che lo zarismo "sia morto in modo così calmo e silenzioso". Ma queste forze miravano a obiettivi completamente diversi. La borghesia liberale e i capitalisti anglo-francesi volevano fare in Russia una piccola rivoluzione sul tipo di quella dei Giovani turchi, per suscitare l'entusiasmo delle masse popolari e sfruttarle per fare una grande guerra, mentre il potere dei capitalisti e dei grandi proprietari fondiari sarebbe rimasto fondamentalmente intatto. Una piccola rivoluzione per una grande guerra!
Gli operai e i contadini miravano viceversa a una trasformazione radicale del vecchio regime, volevano quella che da noi si chiama una grande rivoluzione, per far cessare la guerra e garantire la pace, dopo aver rovesciato i grandi proprietari fondiari e domato la borghesia imperialista. Una grande rivoluzione e la pace!
Questa radicale contraddizione stava alla base dello sviluppo della nostra rivoluzione, alla base di tutte le crisi del potere.
La crisi del 20-21 aprile è stata la prima espressione aperta di questa contraddizione. Se nella storia di queste crisi la vittoria è sempre arrisa finora alla borghesia imperialista, ciò è avvenuto non soltanto perché il fronte controrivoluzionario, guidato dal partito cadetto, è organizzato, ma innanzitutto perché i partiti conciliatori, il Partito socialista-rivoluzionario e il menscevico, che pencolano dalla parte dell'impe­rialismo e che conducono ancora dietro a sé larghe masse, rompevano ogni volta il fronte della rivoluzione, passavano nel campo della borghesia e davano così la superiorità al fronte contro­rivoluzionario.
Così è accaduto ad aprile.
Così è accaduto a luglio.
Il "principio" della coalizione con la borghesia imperialista, propugnato dai menscevichi e dai socialisti-rivoluzionari, nei fatti si è dimostrato uno strumento funesto, grazie al quale il partito cadetto dei capitalisti e dei grandi proprietari fondiari, isolando i bolscevichi, ha rafforzato gradualmente le proprie posizioni ad opera degli stessi menscevichi e socialisti-rivoluzionari...
La calma subentrata al fronte nei mesi di marzo, aprile e maggio veniva sfruttata per portare avanti la rivoluzione. Spinta dallo sfacelo generale del paese e stimolata dall'esistenza di libertà di cui nessuno dei paesi belligeranti godeva, la rivoluzione si approfondiva sempre di più, ponendo all'ordine del giorno le questioni sociali.
Essa penetrava nel campo economico, ponendo le questioni del controllo operaio sull'industria, della nazionalizzazione della terra e della consegna delle scorte ai contadini poveri, dell'organizzazione di giusti scambi fra la città e la campagna, della nazionalizzazione delle banche e infine della presa del potere da parte del proletariato e degli strati dei contadini poveri.
La rivoluzione doveva affrontare la questione delle trasformazioni socialiste. Alcuni compagni dicono che, siccome da noi il capitalismo è debolmente sviluppato, sarebbe utopistico porre la questione della rivoluzione socialista. Questi compagni avrebbero ragione se non ci fosse la guerra, se non ci fosse lo sfacelo economico, se non fossero scosse le fondamenta dell'organizzazione capitalistica della nostra economia nazionale. La questione dell'intervento nel campo economico si pone in tutti gli Stati come questione che è indispensabile porre in una situazione bellica. La vita ha posto questo problema anche in Germania, dove viene risolto senza la partecipazione diretta e attiva delle masse. Le cose vanno diversamente da noi in Russia.
Da noi lo sfacelo economico ha assunto proporzioni disastrose. D'altra parte nessun altro paese che si trova in guerra gode della libertà di cui godiamo noi. Inoltre si deve tenere conto dell'enorme sviluppo organizzativo degli operai: noi, per esempio, a Pietrogrado abbiamo il 66% dei metallurgici organizzati. Infine in nessun paese il proletariato ha avuto e ha organizzazioni così ampie come i soviet dei deputati degli operai e dei soldati. È comprensibile che gli operai, che usufruiscono della massima libertà e della massima organizzazione, non possano rinunciare a intervenire attivamente nella vita economica del paese per effettuare trasformazioni socialiste, senza compiere un suicidio politico. Sarebbe un'indegna pedanteria esigere che la Russia, per fare delle trasformazioni socialiste, aspetti che cominci l'Europa. Comincia quel paese che ha le maggiori possibilità di cominciare... La rivoluzione, in quanto faceva passi in avanti così grandi, non poteva non risvegliare la vigilanza dei controrivoluzionari, doveva stimolare la controrivoluzione. Questo è il primo fattore che mobilita la controrivoluzione.
Il secondo fattore è costituito dall'avventura iniziata con la politica dell'offensiva e da tutta una serie di rovesci al fronte, che hanno privato il governo provvisorio di qualsiasi prestigio e hanno rianimato la controrivoluzione, che si è messa ad attaccare il governo. Circolano voci secondo le quali comincia da noi un periodo di provocazioni su vasta scala.
I delegati che provengono dal fronte ritengono che l'offensiva e la ritirata, in una parola tutto ciò che è accaduto al fronte, siano state escogitate per disonorare la rivoluzione e per rovesciare i soviet. Io non so se queste voci siano fondate o no, ma è da rilevare che il 2 luglio i cadetti uscirono dal governo, il 3 cominciarono gli avvenimenti di luglio e il 4 arrivarono le notizie dello sfondamento del fronte. Sorprendente coincidenza! Non si può dire che i cadetti siano usciti dal governo per la soluzione del problema ucraino, poiché i cadetti non si erano pronunciati contro la soluzione del problema ucraino.
Esiste un altro fatto che deporrebbe a favore dell'effettivo inizio di un periodo di provocazioni: parlo delle sparatorie in Ucraina.25 Questi fatti dovrebbero chiarire ai compagni che lo sfondamento del fronte costituiva, nei piani della controrivoluzione, uno dei fattori che dovevano demolire l'idea della rivoluzione agli occhi delle larghe masse piccolo-borghesi.
Esiste ancora un terzo fattore che rinvigorisce le forze controrivoluzionarie in Russia: questo fattore è il capitale alleato. Se il capitale alleato, vedendo che lo zarismo cercava di concludere la pace separata, ha tradito il governo di Nicola, nessuno gli impedisce di rompere con il governo attuale, se questo si dimostra incapace di conservare "l'unità" del fronte. Miliukov ha dichiarato in una riunione che la Russia viene valutata sul mercato internazionale come fornitrice di uomini e per questo ottiene ì finanziamenti; ma se risultasse che il nuovo potere, rappresentato dal governo provvisorio è incapace di mantenere l'unità del fronte offensivo contro la Germania, non varrebbe la pena di sussidiarlo. Ma senza denari, senza finanziamenti, il governo è destinato a cadere. Questo è il motivo segreto per cui i cadetti hanno acquistato una grande forza nel periodo della crisi. Kerenski e tutti i ministri sono stati dei burattini nelle mani dei cadetti. La forza dei cadetti è costituita dall'appoggio del capitale alleato.
Due vie si sono aperte davanti alla Russia:
o si cessa la guerra, si rompono tutti i legami finanziari con l'imperialismo, la rivoluzione va avanti, crollano le fondamenta del mondo borghese e comincia l'era della rivoluzione operaia;
oppure si continua la guerra e l'offensiva al fronte, la sottomissione ai bisogni del capitale alleato e dei cadetti e, per conseguenza, la soggezione completa al capitale alleato (a Palazzo Tauride circolavano voci precise secondo le quali l'America avrebbe dato otto miliardi di rubli e avrebbe fornito i mezzi per la ricostruzione economica) e il trionfo della controrivoluzione. Una terza via non esiste.
Il tentativo dei socialisti-rivoluzionari e dei menscevichi di far passare per ribellione armata l'azione del 3-4 luglio è semplicemente ridicolo. Il 3 luglio noi proponevamo l'unità del fronte rivoluzionario per combattere la controrivoluzione. La nostra parola d'ordine era: "Tutto il potere ai soviet!", il che significa che volevamo creare un fronte rivoluzionario unito. Ma i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari, temendo di staccarsi dalla borghesia, ci voltarono le spalle, distruggendo così il fronte rivoluzionario a favore dei controrivoluzionari. Se vogliamo parlare dei colpevoli della vittoria della controrivoluzione, questi colpevoli sono i socialisti-rivoluzionari e i menscevichi. Per nostra disgrazia la Russia è un paese piccolo-borghese che segue ancora i socialisti-rivoluzionari e i menscevichi, i quali si mettono d'accordo con i cadetti. Fino a quando l'idea della conciliazione con la borghesia non creerà più illusioni nelle masse, la rivoluzione procederà zoppicando e inciampando.
Il quadro che ci si presenta è quello della dittatura della borghesia imperialista e dei generali controrivoluzionari. Il governo, che esteriormente lotta contro questa dittatura, di fatto esegue i suoi bisogni e costituisce soltanto lo schermo che la protegge dal furore del popolo. I soviet, resi impotenti e disonorati dalla loro politica di interminabili concessioni, non fanno che completare il quadro e se non vengono eliminati è soltanto perché sono ancora necessari come paravento molto utile, indispensabile.
Pertanto la situazione è radicalmente cambiata. Anche la nostra tattica deve cambiare. Prima noi eravamo per il passaggio pacifico del potere ai soviet; si supponeva allora che bastasse che il Comitato esecutivo centrale dei soviet approvasse la decisione di prendere il potere, perché la borghesia sgombrasse pacificamente il cammino.
Effettivamente nei mesi di marzo, aprile e maggio ogni decisione dei soviet aveva valore di legge, poiché era sempre possibile convalidarla con la forza. La situazione cambiò quando i soviet furono disarmati e ridotti (di fatto) al livello di semplici organizzazioni professionali. Adesso non si tiene conto delle decisioni dei soviet. Adesso per prendere il potere è necessario prima abbattere la dittatura esistente. Abbattere la dittatura della borghesia imperialista: ecco quale deve essere la parola d'ordine immediata del partito.
È finito il periodo pacifico della rivoluzione. È subentrato un periodo di scontri e di esplosioni. La parola d'ordine dell'abbattimento dell'attuale dittatura può essere realizzata solo a condizione di un nuovo potente sviluppo politico in tutta la Russia. Tutto il processo di sviluppo del paese e la circostanza che nessuna delle questioni essenziali della rivoluzione è stata risolta, poiché le questioni della terra, del controllo operaio, della pace e del potere non sono state risolte, rendono inevitabile questo sviluppo.
Le repressioni non fanno che rendere più tesa la situazione, poiché non risolvono nessuna delle questioni poste dalla rivoluzione. Le forze fondamentali del nuovo movimento saranno il proletariato delle città e gli strati dei contadini poveri. In caso di vittoria saranno essi a prendere il potere nelle mani. La caratteristica del momento è che le misure controrivoluzionarie vengono attuate per mano dei "socialisti". Soltanto usando questo paravento la controrivoluzione si può ancora sostenere per un mese o due. Ma, nella misura in cui le forze della rivoluzione si svilupperanno, vi saranno delle esplosioni e verrà il momento in cui gli operai solleveranno e raggrupperanno attorno a sé gli strati dei contadini poveri, innalzeranno la bandiera della rivoluzione operaia e apriranno in Europa l'era della rivoluzione socialista.