Lettera del Ministero dell'Interno
al procuratore militare di Milano

Da "Il processone", op. cit. pp. 75-82 La direzione generale di P.S, sollecitata dal giudice istruttore militare, gli fornisce il 4 febbraio 1927 informazioni sull'organizazione del partito comunista



Riservato

Ministero dell'Interno - Direzione generale della PS
Div. Aff. Gen. e Ris. - N. 0776 R.


lll.mo Signor Avvocato militare presso il
Tribunale del Corpo d'Armata territoriale di Milano


  Con riferimento alla nota del 14 corrente n. 30, si comunica alla S. V. Ill.ma quanto segue:

   1) In esecuzione delle disposizioni contemplate nella recente legge per la difesa dello Stato, questo ministero impartì telegra­fiche istruzioni ai sigg. prefetti del Regno perché si producesse allo scioglimento di tutti i partiti politici [1], enti od associazioni che svolgessero attività contraria all'ordine nazionale. Il Partito co­munista italiano rientra perfettamente tra i partiti avversi all'or­dine nazionale, e, pertanto, il provvedimento di scioglimento è pienamente applicabile ad esso.

   Senonché, per le considerazioni di cui si dirà appresso, l'esecu­zione degli ordini impartiti e la formale e perfetta esecuzione di essi non si è potuta effettuare in ogni luogo e nello stesso modo.

   Questo ministero richiederà subito ai sigg. prefetti ulteriori precise notizie in merito e non mancherà di riferire alla S.V. Ill.ma.

   2) L'organizzazione del Partito comunista italiano differisce profondamente da quella di tutti gli altri partiti politici sia per la struttura che per le finalità che persegue.

   Bisogna premettere che il PCI è una sezione dell'Internazio­nale comunista ed obbedisce a precise norme fissate nei congressi annuali dell'Internazionale e la cui esecuzione è demandata al Comitato esecutivo sedente a Mosca. Mentre fino al 1925 l'orga­nizzazione del partito era territoriale (gruppi, sezioni, federazioni, ecc.) che, presso a poco, coincidevano colle circoscrizioni territoriali, in seguito al congresso tenutosi nel settembre 1924 a Mosca e per una serie di considerazioni di carattere pretta­mente rivoluzionario, fu deciso di trasformare l'organizzazione del partito da territoriale in cellulare.

   L'organismo base del partito divenne cosi la cellula, l'aggrup­pamento cioè di cinque o più persone che, o per affinità di lavoro, o di abitazione, o di azienda agricola potevano facilmente venire a contatto e svolgere opera di propaganda verso i simpatizzanti o gli indifferenti senza che perciò siano necessarie apposite riunioni.

   In ogni cellula si riproducevano, in piccolo, le grandi divisioni di lavoro che si riscontrano nella centrale del partito (agitazione, propaganda, stampa, soccorso vittime, sezione agraria, organiz­zazione sindacale) ed ogni componente di essa aveva un compito ben definito.

   Organo immediatamente superiore alla cellula è il gruppo e poi il settore (che si riscontra particolarmente nelle grandi città), infine la sezione. Presiede alla organizzazione regionale un segre­tario che estende la giurisdizione a più regioni e che comunica direttamente col Comitato esecutivo del partito.

   Il concetto fondamentale dell'organizzazione comunista è il funzionamento collegiale: non esiste un segretario politico del partito; ma bensì un comitato esecutivo, come non esiste un segretario nell'organismo base del partito, bensì una cellula. L'organizzazione cellulare che si presta magnificamente per lo svolgimento di attività segreta mal si attaglia al temperamento italiano, prettamente individualista, sicché ha avuto fortuna in altri paesi nordici e, specialmente in Germania, non ha dato i frutti sperati in Italia. Sembra, da qualche sintomo, che ora si stiano rivedendo i metodi di organizzazione.

   Com'è noto i comunisti non sono antimilitaristi, ma sono net­tamente contrari al militarismo borghese. E, pertanto, rivolgono particolare cura alla propaganda antimilitarista intesa nel senso suddetto, che si svolge attraverso la diffusione di numerosi gior­naletti stampati alla macchia (La Caserma, La Recluta) che ven­gono portati a conoscenza dei militari attraverso mezzi talvolta ingegnosi (si giovano spesso di donne che frequentano i locali, giardini pubblici, ecc.. ove solitamente si recano i soldati e che non destano - naturalmente - sospetti).

   La propaganda antimilitarista fa parte della organizzazione del partito ed è curata, anche sotto forma di vero e proprio spio­naggio, esercitato su vasta scala da un ufficio segreto detto «Ufficio I» alle dirette dipendenze del Comitato esecutivo del partito la cui sede, com'è ovvio, non è mai stato possibile poter stabilire, né i componenti di esso identificare.

   Accanto all'organizzazione del partito esiste quella dei gio­vani, delle donne, quella sindacale, quella del soccorso vittime, e quella agraria.

   L'organizzazione giovanile è foggiata sul tipo di quella degli adulti, per quanto riguarda gli organi basilari. Le sezioni fanno capo alla Federazione giovanile comunista, che, per le direttive politiche, dipende direttamente dall'Esecutivo del partito.

   In passato i giovani comunisti hanno dato segno di grande attività ed audacia e possono con ragione chiamarsi le avanguar­die rivoluzionarie.

   La organizzazione femminile è sul tipo di quella giovanile, è maggiormente sviluppata nel settentrione, com'è logico, e manca quasi del tutto in diverse regioni d'Italia.

   L'organizzazione sindacale si basava sul concetto della con­quista degli organismi operai (leghe, sindacati, ecc.); dal basso col far iscrivere il massimo di operai indifferenti ad ogni forma di organizzazione o tiepidi; dall'alto col far ricoprire cariche direttive ai comunisti meglio qualificati; col fine della conquista della massima organizzazione sindacale, la Confederazione gene­rale del lavoro che a giudizio del partito, non faceva, di fronte al ceto padronale, una politica nettamente classista e non tute­lava sufficiente­mente i diritti dei lavoratori. La propaganda sin­dacale, che si giovava moltissimo dei cosiddetti giornali di fab­brica o di officina, era particolarmente curata in quanto, nel fine mediato, mirava a minare l'economia capitalista attraverso gli organismi più delicati della produzione. Esempio tipico della forma deleteria di tale propaganda fu la costituzione dei «Comi­tati di fabbrica» creati in seguito allo scioglimento delle famose commissioni interne che, nel periodo susseguente all'occupazione delle fabbriche, rappresentavano uno strumento di disgregazione della produzione, oltreché una perpetua causa di disagio spiri­tuale. Nell'esaminare le finalità ed i programmi del partito si renderà più chiara l'importantissima funzione che era riservata al movimento sindacale nella conquista dei postulati del comunismo.

   L'organizzazione del Soccorso vittime (che chiamavasi prima Soccorso Rosso) differisce sostanzialmente dalle altre, in quanto, pur facendo capo - per le linee generali della politica contin­gente - all'Esecutivo del partito, fa parte di un'organizzazione autonoma di carattere internazionale (MOPR) [2] la cui sede è a Mosca. La raccolta dei fondi pro «vittime politiche» è deman­data alle cellule e precisamente al componente di esse designato preventivamente per tale bisogna e che di essa soltanto si occupa. Esistono, poi, dei comitati provinciali, la cui facoltà di erogazione di sussidi è limitata, ed un Comitato centrale che distribuisce la quota per provincia delle somme da distribuire. I soccorsi, non soltanto in denaro, vanno inviati alle cosiddette vittime politiche, alle loro famiglie ed a quanti, anche indirettamente, per ragioni politiche, abbisognano di aiuto. Una particolare forma di assi­stenza, colla formazione di colonie marine, era riservata ai figli dei condannati.

   Gli aiuti venivano integrati con frequenti ispezioni compiute dai deputati comunisti negli stabilimenti penali e che si risolve­vano in una continua opera di propaganda sobillatrice, con grande danno per l'amministrazione della giustizia e con un indiretto incoraggiamento a delinquere.

   L'opera del Soccorso vittime era integrata dal lavoro svolto da un «Ufficio giuridico» che aveva sede in Milano e ramifica­zioni in tutto il Regno e che curava l'assistenza giudiziaria agli iscritti al partito ed anche ai simpatizzanti.

   L'organizzazione agraria - che era particolarmente curata dagli ex deputati Ruggero Grieco e Giuseppe Di Vittorio - a simiglianza di quanto si riscontrava nel Soccorso vittime - faceva capo ad un organismo internazionale, il Krestintern [3], sedente in Mosca, che, pur curando l'organizzazione delle masse contadine, non soltanto comuniste (vedere in argomento il noto libro dell'ex deputato Guido Miglioli [4]) dà un indirizzo nettamente sovietistico e rivoluzionario alle masse. Nel Regno fu costituita la «Associa­zione fra i contadini poveri» [5] con programma comunista e che preparava con lenta e tenace opera di propaganda quella coscienza rivoluzionaria indispensabile per la riuscita di qualsiasi movimen­to di carattere urbano, mentre smussava gli inevitabili antago­nismi fra città e campagna, spianando la via alla costituzione dei comitati di operai e contadini nel molto futuro Stato operaio.

   La propaganda fra le masse rurali si svolse con maggiore intensità; ma con frutti non molto apprezzabili specialmente nel meridione e nelle isole e ad essa il partito dedicò e profuse larghi mezzi di uomini e di denaro.

   La sezione «agit-prop» del partito, politicamente la più im­portante e che era in seno all'Esecutivo, con larghissima dovizie di stampati, di circolari, ecc., irradiava alla periferia, sempre a mezzo di corrieri, ordini ed istruzioni per sfruttare sempre ai fini classisti ogni fatto economico politico o sociale di carattere nazio­nale, locale o internazionale per mantenere sempre fra le masse quello stato di eccitamento e di ipersensibilità utile ai fini rivo­luzionari.

   Il Partito comunista italiano - seguendo anche in ciò le di­rettive internazionali - non ha mai avuto sedi fisse e notorie, sicché ha potuto in generale eludere i provvedimenti di sciogli­mento emanati dalle autorità politiche.

   Tutta l'organizzazione è sempre stata clandestina, i collega­menti che sono duplici nel territorio del Regno - verticali e oriz­zontali - avvenivano ed avvengono esclusivamente a mezzo di corrieri fidatissimi e le corrispondenze sono quasi sempre, ed anche per futilissimi affari, effettuate con scrittura criptografica.

   Per quanto il partito disponesse di un organo quotidiano l'Unità, per evitare sequestri da parte dell'Autorità tutoria, fre­quentemente pubblicavasi un bollettino coll'intestazione «Fuori commercio» e che conteneva notizie attinenti l'organizzazione e la propaganda.

   3) La più rigida disciplina regola i rapporti fra le gerarchie del partito e l'attività di dirigenti e gregari. Questi hanno compiti ben definiti e circoscritti nell'ambito dell'organismo cui appar­tengono (cellula, gruppo, ecc.) compiti che debbono assolvere con assoluta dedizione e con pieno spirito rivoluzionario, contem­plando anche lo statuto del partito, l'espulsione per «inattività»; quelli, pur avendo maggiore latitudine nella opera loro deman­data e pur dovendo curare e personalmente rispondere dell'ese­cuzione degli ordini della centrale del partito, sono anche vinco­lati da obblighi strettissimi di gerarchia e, specialmente, per quanto riguarda le manifestazioni intellettuali, non possono fare opera, non solo contraria, ma neanche difforme dalle direttive fissate dal Comintern. Clamorosi esempi si sono avuti in seno al Comintern nella lotta sferrata dagli elementi moderati contro Zinovieff, Kameneff e Trotski, che pure hanno un passato rivo­luzionario assolutamente inattaccabile e che rappresentano una corrente di sinistra, ed in Italia, contro il noto Amadeo Bordiga, seguace delle teorie dello Zinovieff; lotta che è terminata colla piena sconfitta della tendenza.

   Le specifiche funzioni dei dirigenti e dei gregari posso­no age­volmente desumersi dall'esame dell'organizza­zione del partito.

   4) Il Partito comunista italiano, come s'è detto dianzi, è una sezione della Internazionale comunista, il cui programma affer­matosi colla rivoluzione dell'ottobre 1917 e completato nel suc­cessivo marzo 1918 è netto e chiarissimo:

   Abolizione dello Stato borghese e creazione dello Stato operaio. In Italia lo Stato operaio avente per organi e per dirette emana­zioni i «Comitati degli operai e contadini» non può concepirsi senza il mutamento violento della costituzione e senza che una parte degli abitanti insorgano in armi contro i poteri dello Stato. Idealmente l'attuazione del programma comunista presuppone la consumazione di delitti contemplati dal vigente Codice penale e la pratica politica, seguita dal partito, conferma ed attua una continua violazione del diritto. Ed invero, essendo il fine perse­guito la creazione dello Stato operaio, a che servirebbe il minu­zioso lavoro spionistico sulle forze armate dello Stato se non a mettersi in condizione di combatterle colle armi e vittoriosa­mente? O quanto meno ad indebolirne la resistenza di fronte ad un attacco rivoluzionario? A che servirebbe la sottile e tenace propaganda che si svolge nelle fabbriche e che non verte soltanto su questioni sindacali o sull'elevamento della classe operaia, ma che investe in pieno il diritto di proprietà, se non a disarticolare la nazione in caso di offensiva rivoluzionaria con prospettive di successo - negli organi più delicati della produzione - per poi passare alla presa di possesso ed alla gestione diretta? E la propaganda svolta nelle campagne non mira forse alla socializza­zione della terra da ottenere con la violenza? I comunisti in tutte le loro manifestazioni non hanno mai taciuto, anzi hanno espresso con la più grande chiarezza che il loro programma può soltanto attuarsi con la violenza ed hanno sintetizzato la pratica politica nella storica frase di Lenin «che l'unica garanzia per l'operaio e per il contadino è il fucile in spalla».

   La raccolta del giornale del partito e di altri organi periodici, su questo punto potrebbe fornire prezioso materiale perché, come s'è detto dianzi, il programma del partito comunista, nettamente rivoluzionario e fautore deciso della violenza per abbattere lo Stato borghese, non ha mai subito attenuazione e tanto meno deviazioni.

   I numerosi processi che si sono svolti nel decorso quadriennio a carico di dirigenti e gregari del partito comunista e che si sono conclusi generalmente con sentenze di condanna per delitti con­templati dagli articoli 118 -3 in relazione col 134 -2, 120, 126, 135, 247, 251, 255 e dalla legge 19 luglio 1894 n. 315 sono la migliore riprova che l'attività ed il programma del partito comunista sono sempre stati penalmente perseguibili [6].

   Ove fosse ritenuto necessario, potrebbero essere assunte più dettagliate notizie presso le autorità politiche o giudiziarie di Roma, Milano, Firenze, Bologna, Messina, Novara, Forlì, Trieste, Bari, Napoli, ove si sono svolti processi di qualche importanza.


Roma, li 4 febbraio 1927 - Anno V

Per il Ministero
 Suardo

NOTE

[1] Non si attese l'entrata in vigore (6 dicembre 1926) della legge per la difesa dello Stato. Nella notte del 10 novembre (queste probabilmente le «tele­grafiche istruzioni»), le sedi di tutti i partiti antifascisti furono occupate e chiuse dalla polizia (Salvatorelli e Mira. Storia d'Italia nel periodo fascista., p. 359).
[2] Iniziali russe di Mezdunarodnoe Obiedinenie Pòmostcia Revoliuzioneram (alla lettera: Unione Internazionale Soccorso ai Rivoluzionari).
[3] A bbreviazione di Krestianskoe Internazional (Internazionale contadina).
[4]Guido Miglioli, Con Roma e con Mosca.
[5] Dell'associazione che veniva denominata anche «Consiglio italiano contadino» era responsabile Ruggero Grieco. A cura dello stesso Grieco veniva stam­pato il Bollettino del Consiglio Italiano Contadino - Sezione italiana del Krestintern - che uscì per la prima volta a Roma nel settembre 1925. Al «Consiglio» aderì anche l'Associazione naz. di difesa fra i contadini, della quale era segretario Giuseppe Di Vittorio.
[6] Qui il ministero dell'interno dimentica che la magistratura ordinaria si era sempre, in quegli anni, rifiutata di giudicare il PC come associazione sedi­ziosa e cospiratoria. (Sentenze: 13 aprile 1923 sez. di accusa di Napoli, 5 giugno 1923 sez. di acc. di Milano, 30 luglio 1923 sez. di acc. di Roma, 27 settembre 1923 sez. di acc. di Milano, 27 luglio 1925 sez. di acc. di Fiume, 15 febbraio 1926 sez. di acc. di Milano, 17 e 24 febbraio 1926 sez. di acc di Bologna, ecc.).