La lotta contro l'opportunismo

Dal rapporto di attività dal III al IV congresso presentato dal Comitato centrale al congresso di Colonia dal 14 al 21 aprile 1931 riportiamo la parte relativa alla lotta contro l'opportunismo. Da "Da Gramsci a Berlinguer...", op. cit. pp. 496-498


Nelle tesi del Congresso di Lione si prevedeva che, in un determinato momento, il pericolo dell'opportunismo sarebbe diventato il pericolo più grave. A Lione, del resto, già si era visto Bordiga unirsi con Tasca sopra le questioni sindacali, cioè sovra uno dei problemi più impor­tanti per l'attività del Partito.

   La lotta contro i residui bordighiani continuò, nel corso del 1926, con successo. Si ebbe qualche episodio di frazionismo, combattuto con energiche misure di organizzazione, ma, nella loro grande maggioranza, gli elementi proletari che erano ancora sotto l'influenza dell'estremismo bordighiano lavorarono disciplinati sulle direttive stabilite dal Congresso e dal CC. Nel 1927 e in seguito questo processo di assorbimento e assimilazione dei vecchi elementi bordighiani si accentuò, favorito da tutta la situazione. Una frazione di estrema sinistra si ricostituì nella emigrazione, in Francia, dove iniziò un lavoro di disgregazione delle file del Partito, per cui si dovettero prendere contro i membri di essa delle severe misure di organizzazione (settembre-ottobre 1927). Da allora un piccolo gruppo di cosiddetti «sinistri» bordighiani ha continuato ad esistere, in Francia e nel Belgio, dove pubblica un giornale in lingua italiana: «Prometeo». Questo gruppetto difende le vecchie posizioni e la tradizione del bordighismo. Internazional­mente tende a differenziarsi da tutti i gruppi sedicenti estremisti che esistono fuori dell'IC e lottano contro di essa, pure simpatizzando con il trotzkismo. Per ciò che si riferisce al giudizio della situazione italiana e dei compiti del partito esso ha però una posizione schiettamente opportunista, che è l'indice di una mentalità disfattista, e contro-rivoluzionaria. Il suo giorna­le si dedica regolarmente alla diffamazione della IC e del PCI, ma il seguito ch'esso ha è ormai scarso e tende continuamente a diminuire.

   Amadeo Bordiga è stato espulso dal Partito, su proposta di una organizzazione di base e per decisione unanime del CC nel mese di marzo del 1930. I motivi della sua espulsione sono stati: a) la adesione aperta al trotzkismo e il tentativo di mobilitare una organizzazione di base sulle posizioni del trotzkismo, contro il Partito e la IC; b) il continuo lavoro di frazione e di­sgregazione fatto nel modo più subdolo e insidioso; c) l'esser venuto meno alla dignità, e ai doveri di un rivoluzionario e di un comunista, nel momento in cui il Partito più aspramente lotta contro il fascismo. Nella sostanza Bordiga si è svelato apertamente come un opportunista di destra e la sua espulsione è stata un episodio della lotta contro l'opportunismo di destra.

   Le condizioni nelle quali, chiusa la lotta contro il bordighismo, il pericolo dell'opportuni­smo è diventato il più grave pericolo pel nostro partito sono già state esposte nei capitoli prece­denti, dove si è indicato come il partito fosse costretto a un arretramento organizzativo e alcuni errori del CC potessero favorire la penetrazione dell'opportunismo nelle nostre file. La lotta con­tro l'opportunismo dovette quindi essere iniziata, a partire dal 1929, con estremo vigore ed essa continua tuttora. Si possono distinguere in essa diversi momenti od aspetti:

   1. La correzione degli errori commessi dal CC. Questa correzione, che era stata una condi­zione perché la lotta contro l'opportunismo potesse svilupparsi ed essere condotta a fondo, fu compiuta nel corso del 1929, particolarmente dopo il x Plenum, nella riunione di CC del settembre 1929;

   2. La lotta contro Tasca e la espulsione di Tasca dal Partito. Negli organi dirigenti del Partito Tasca dimostrò sempre la tendenza a sostenere delle posizioni opportuniste. Ciò avvenne nel 1927 sul problema d'organizzazione («il partito deve pensare soltanto a durare»), e su alcuni problemi politici («governo caro»); nel 1928, prima del vi Congresso e durante esso, su una serie di problemi internazionali (negazione del processo di radicalizzazione delle masse, del processo di fascistizzazione della socialdemocrazia, dei caratteri del terzo periodo, errori sui problemi della costruzione socialista in Russia). Il CC confutò, nel proprio seno, queste errate posizioni di Tasca e le respinse, senza però porre apertamente, davanti al partito, il problema della lotta contro di esse. Dopo il vi Congresso esso commise l'errore, accontentandosi del vo­to dato da T. alle tesi del Congresso, che egli in realtà disapprovava, di porlo nel CE dell'IC. Scoppiata la lotta in tutta la IC contro la destra e contro le tendenze conciliatrici, egli prese posizione contro le direttive dell'Esecutivo. Richiamato dal CE egli presentò ad esso un lungo documento politico, il quale è la esposizione di tutta una serie di posizioni opportuniste conse­guenti, su tutti i problemi dell'IC e del PC dell'US (affermazione che la stabilizzazione del ca­pitalismo è solida e duratura, prospettiva disfattista dello sviluppo del movimento delle masse e del movimento comunista, negazione della necessità di una lotta accentuata contro la social­democrazia, capitolazione davanti ai riformisti nei Sindacati, contro il piano di cinque anni contro il rapido sviluppo della industria socialista, per una politica liberale di concessioni con­tinue ai contadini ricchi, contro la direzione bolscevica del partito russo). Questo documento e le posizioni in esso sostenute vennero respinti energicamente e condannati senza alcuna esi­tazione dal CC del Partito (marzo 1929) il quale però non trasse da questa condanna nessuna conseguenza di organizzazione, mantenendo Tasca negli organi di direzione. Questo errore venne corretto soltanto dopo il x Plenum, alla riunione del CC del mese di settembre. In que­sta riunione, Tasca, invitato a ritirare il suo documento del mese di marzo e a rivedere le sue posizioni, non solo rifiutò di farlo, ma sviluppò le sue affermazioni opportuniste, applicando­le anche alla situazione italiana (considerazione del regime fascista come un ritorno al feudale­simo, tattica di accodamento alla democrazia e alla socialdemocrazia). La sua espulsione dal Partito, ebbe quindi il carattere di una difesa elementare della ideologia e della politica del partito contro il più grave pericolo che le minacci, contro lo spirito di capitolazione, contro l'infiltrazione di ideologie piccolo borghesi e borghesi, contro il disfattismo contro­rivoluzionario.

   Nessuna esitazione vi fu nella base ad approvare la espulsione.

   3. La lotta contro i tre e la espulsione di essi. In modo energico ed efficace, che l'Internazio­nale ha pienamente approvato, venne combattuto contro il piccolo gruppo opportunista for­matosi nel CC all'inizio del 1930. Le posizioni di questo gruppo non furono altro che un pro­lungamento delle posizioni di Tasca sul terreno della attività quotidiana del Partito. Punto di partenza delle divergenze furono le questioni di organizzazione. Gli opportunisti negavano la necessità della svolta e impegnarono le loro forze per impedire che essa venisse realizzata. Il dissenso organizzativo aveva però una base politica in un differente giudizio della situazione e delle sue prospettive e, di conseguenza, in una differente determinazione dei compiti del partito. Pasquini formulò per primo questo dissenso politico in modo aperto, in una dichiara­zione presentata al CC. In essa egli sviluppa tra incertezze e confusioni la teoria che il partito deve rimanere alla coda delle masse, attendendo una democratizzazione della situazione ita­liana. I punti di vista contenuti nella sua dichiarazione vennero però sviluppati ampiamente da altri tre compagni del CC. Secondo essi era un errore orientare il partito verso la creazione di una situazione rivoluzionaria, in modo da fargli acquistare a tempo la capacità di far fronte agli avvenimenti. Il partito avrebbe dovuto continuare a rimanere sulle posizioni arretrate su cui lo aveva spinto la offensiva reazionaria, accontentandosi di far la parte di retroguardia e attendendo lo sviluppo spontaneo della rivoluzione. I nuovi compiti che il partito aveva deciso di porsi, in tutti i campi, per poter riprendere largamente il suo lavoro e adempiere alla pro­pria funzione rivoluzionaria, vennero da essi indicati come una politica stolta e d'avventura, che ci avrebbe portato alla rovina. Su questo come su tutta una serie di altre questioni, i «tre» cadevano in pieno nell'opportunismo più smaccato.

   L'opposizione dei tre paralizzò, per alcune settimane, il lavoro della direzione del partito. Essi svilupparono infatti una vergognosa attività di frazione e di disgregazione, la quale, so­prattutto data la gravità del momento, era un aiuto diretto dato al fascismo. Vista la gravità della situazione e per evitare che in qualsiasi momento possa sorgere in qualsiasi compagno il dubbio che si sia proceduto in questo caso con leggerezza, tutte le questioni vennero sotto­poste, nel mese di febbraio 1930, al giudizio del Presidium dell'IC, che senza alcuna riserva e nel modo più reciso condannò gli opportunisti, approvò la linea del CC e richiese che essa venisse applicata immediatamente, spezzando ogni resistenza. La lotta degli opportunisti con­tro il partito non si fermò però, continuò dopo il Presidium e dopo il CC di marzo, che aveva preso contro di essi alcune misure di organizzazione, assunse delle forme intollerabili, di una estrema gravità. Gli opportunisti arrivarono, mentre ancora erano nel partito, a stringere un accordo con le formazioni controrivoluzionarie del trotzkismo, le quali dettero i loro mezzi per condurre una infame campagna pubblica contro il Partito. La espulsione dei tre (giugno 1930) si impose quindi e fu approvata dal CC alla unanimità e ratificata dall'IC.

   A questa lotta aperta dei tre contro il partito non prese parte Pasquini, che già al CC di marzo dichiarò di ritirare la sua piattaforma del mese di gennaio. Egli fu quindi solamente escluso dal CC e in seguito, avendo fatto pubblicamente atto di accettazione senza riserve della linea e della disciplina del partito e della IC, e avendo dichiarato di rompere con i tre ogni solida­rietà, fu autorizzato il suo passaggio a un altro partito della IC.

   Espulsi dal partito, i tre fecero ogni sforzo per affermarsi come gruppo di opposizione. Do­po aver aderito alla frazione trotzkista cercarono il contatto con i residui del bordighismo nella emigrazione, e continuarono contro il partito una campagna pubblica. Il loro fallimento fu però clamoroso. Non solamente nell'interno del partito non ebbe luogo nessuno schieramento di forze a loro favore, ma essi furono condannati da tutto il partito senza alcuna esitazione, isolati, messi in condizione di non poter nuocere, cacciati rapidamente nel dimenticatoio, co­me una scoria di cui il partito doveva liberarsi per poter riprendere a svilupparsi ampiamente, ad affrontare con risolutezza i propri compiti;

   4. Episodio secondario della lotta contro l'opportunismo deve essere considerata la espulsio­ne di elementi isolati, già esponenti del nostro movimento, i quali si erano logorati, avevano perduto ogni figura e ogni dignità di rivoluzionari e non potevano più trovar posto nelle nostre file. Da ricordare la espulsione di Graziadei per viltà e tradimento, la radiazione di Buffoni, di Bombacci, ecc. La stessa espulsione di Bordiga, decisa dal CC nel marzo 1930, su rapporto di una organizzazione di base, entra, per una parte, in questo gruppo di provvedimenti;

   5. Nel momento attuale la lotta contro l'opportunismo deve continuare, assumendo la for­ma di lotta contro ogni manifestazione di opportunismo nella pratica, così come essa è stata iniziata dopo la espulsione dei tre. Riflessi di concezioni opportuniste si trovano infatti alla base del partito, in conseguenza di tutta la sua situazione, dei colpi che esso ha subito, delle modificazioni avvenute nella sua composizione. Forme principali di esse sono la resistenza a compiere un vasto lavoro di massa e la incomprensione della funzione del partito nel momento attuale. Queste forme di opportunismo si coprono talora di una maschera estremista (tendenze al terrorismo), fanno talora rivivere alcuni aspetti del settarismo bordighiano, e sono l'ostacolo principale all'adempimento dei compiti del partito. Contro di esse quindi deve essere concen­trata la lotta.