L'esperienza della Terza Internazionale
e il futuro dei comunisti dopo l'89

Il nostro lavoro prosegue, come annunciato, con la sezione sul ruolo dell'internazionale comunista nella storia. Presto pubblicheremo i primi documenti. Di seguito alcune considerazioni sulle motivazioni che ci guidano


Finora, e preliminarmente, ci siamo misurati con la questione della controrivoluzione nell'URSS e nell'Europa orientale perchè senza definire il carattere dello 'stalinismo' e la natura dei fatti legati all'89 non è possibile interpretare in modo corretto il percorso storico del movimento comunista.

Andando avanti nel dibattito e nella ricerca e tenendo conto delle considerazioni fatte sulla crisi e sul suo carattere globale, ci imbattiamo in altre questioni a cui, per definire nuove strategie, i comunisti devono saper dare una risposta. Alla luce delle motivazioni oggettive alla base della stessa controrivoluzione in URSS e dello scontro in Cina sull'accelerazione della marcia verso il socialismo (Rivoluzione culturale e Grande balzo in avanti), è necessario rimettere a fuoco i tempi e i modi del superamento del sistema capitalistico di produzione e andare a una verifica di come le questioni di prospettiva erano state poste non solo dalla Terza internazionale, ma anche dal movimento comunista fino agli anni '60 (si veda la conferenza di Mosca).

Porre oggi tali questioni non è pura accademia, dal momento che abbiamo affermato, giustamente, che la crisi attuale può avere solo due sbocchi: o la guerra o la trasformazione del sistema che genera la politica imperialista nel mondo. Si ripropone insomma l'alternativa tra socialismo e barbarie.

Sciogliere questi nodi con vecchi schemi non è possibile, ma la sostanza di fondo rimane. Per questo riproponiamo la lettura di alcuni testi della Terza internazionale, che sono storicamente datati, ma danno il senso epocale dell'assalto al cielo dei comunisti nel XX secolo.

In questa chiave vengono naturali alcune domande: dove portano le contraddizioni sociali dell'occidente capitalistico? Quale dinamica rivoluzionaria si è prodotta a livello mondiale in conseguenza dello scatenamento della guerra infinita? Qual'è il condizionamento geopolitico dello sviluppo delle iniziative dell'imperialismo e, infine, qual'è la dinamica dell'economia ad esso collegata?

Porre le questioni in questo modo, onde evitare trasposizioni meccaniche, ci dà già il senso della distanza dalla fase dell'ascesa rivoluzionaria del movimento comunista al momento della fondazione della Terza internazionale quando, come evidenzieremo nella documentazione proposta, le questioni dello sviluppo rivoluzionario venivano poste in modo globale e diretto, non solo per l'Europa investita dalla guerra tra imperialismi, ma sostanzialmente per tutto il resto del mondo.

Nella fase attuale invece dobbiamo prendere atto, per cominciare, del fatto che la Cina non solo sta procedendo alla grande con uno sviluppo che condiziona le possibilità di azione dell'imperialismo a guida americana, ma diventa anche, come i fatti dimostrano, un partner per i paesi che si vogliono sottrarre al ricatto economico imperialista e quindi rappresenta un elemento determinante per gli sbocchi futuri. La Cina inoltre col suo 'socialismo con caratteristiche cinesi', ha aperto anche il dibattito sui tempi e i modi di sviluppo del socialismo nel mondo, sviluppi che possono comunque essere soggetti ad accelerazioni ma anche a inversioni di rotta ad opera delle forze che interagiscono a livello internazionale e interno (nel caso specifico ad opera del settore privato dell'economia cinese che per quanto 'patriottico' risponde pur sempre alla logica del mercato e del profitto).

Sullo scenario odierno però c'è anche una Russia che è entrata in forte conflitto col sistema imperialista a guida americana, che dopo l'89 credeva di potersi inghiottire i resti dell'URSS e si è trovato invece improvvisamente di fronte a una rivendicazione di indipendenza e di recupero di un'ampia parte dell'area ex sovietica, che viene combattuta con l'accerchiamento militare e le sanzioni. E' giocoforza che la Russia allarghi, come si è visto in Medio Oriente, le contraddizioni del campo imperialista occidentale per modificare i rapporti di forza.

Sia chiaro, con Putin non siamo di fronte ad un 'socialismo con caratteristiche russe', ma a una rivendicazione di indipendenza dai progetti dell'imperialismo a stelle e strisce che nel quadro attuale non solo lo condiziona pesantemente, ma modifica i tradizionali schemi di alleanze.

Questa realtà geopolitica dunque aiuta e rende possibile uno sviluppo indipendente e/o rivoluzionario (in questo caso non automatico) di vaste aree di quello che viene definito ancora terzo mondo, in Asia, America latina, Africa e nei paesi arabi. In queste aree la contraddizione si ripropone in termini di conflitto aperto tra imperialismo e neocolonialismo e popoli sfruttati coinvolti nelle guerre. La dimensione del conflitto ha certamente carattere rivoluzionario, ma in questa fase è intercettata da schieramenti legati alle tradizioni etniche e religiose che si traducono in un basso profilo sulle questioni strategiche.

Come si presenta invece la situazione nell'occidente capitalistico? Questa è una questione fondamentale di analisi per definire le nuove caratteristiche epocali. E' evidente che l'occidente capitalistico mostra grosse crepe nel tessuto sociale, che ne sconvolgono continuamente gli equilibri politici e di gestione del sistema, portandoci a dire che esso è investito nelle sue aree metropolitane da una vera e propria crisi di civiltà.

Da che cosa è determinata questa crisi di civiltà e quali ne sono le caratteristiche? Diciamo che da una parte il sistema produttivo, dopo la fase di finanziarizzazione dell'economia, ha ripreso a marciare con una dinamica concentrata sui settori più produttivi, abbandonando al suo destino di miseria, disoccupazione e super­sfruttamento gran parte della popolazione. Dopo molti decenni di opulenza, questo crea un'assenza di prospettive e una dirompente crisi sociale. La borghesia esalta gli indici di borsa e il PIL, ma questi indicatori si riferiscono a chi gestisce i capitali e i profitti. Il resto è affidato ai bonus e ai provvedimenti per i 'poveri'. Gli indicatori sociali ci dicono, contrariamente alla propaganda dei regimi dell'occidente capitalistico, che la rabbia cresce e si sta trasformando in rivolta. Oggi questa rivolta viene gestita da forze diverse, da destra e da neo-riformisti di sinistra modello Cinque Stelle. Quanto durerà questa crisi? Una cosa è ormai certa: da essa non si può uscire che in due modi, o con la vittoria di una destra che cerca di uscire in modo 'nazionalistico' dalla morsa imposta da strutture come l'UE che sono il motore della mondializzazione a matrice europea, oppure con una modifica del sistema produttivo che ne recuperi il livello sociale e dia un futuro ai ceti travolti dalla crisi, a partire dai lavoratori e dai disoccupati.

A chi spetta questo compito e su quali basi poggia il progetto? Per quanto ci riguarda è chiaro che questo compito spetta a una formazione rivoluzionaria che sappia coerentemente perseguire gli obiettivi che la fase storica indica capendone i passaggi e orientandone gli sbocchi. Dire che i comunisti nel mondo siano attrezzati per questo sarebbe però dire una cosa non vera. Parlare del socialismo del XXI secolo perciò è alquanto prematuro. Quando parliamo di una forza rivoluzionaria, pensiamo ovviamente ad una forza comunista, le cui caratteristiche però si differenziano profondamente da ciò che esiste come sopravvivenza di vecchi riti cartacei e parlamentaristici che contraddistinguono la maggior parte delle organizzazioni che portano l'etichetta 'comunista'. Non lo diciamo per dare lezioni a qualcuno, ma per indicare l'esigenza di una riflessione. Siamo solo all'inizio. Se dovessimo ragionare sulla base dell'esistente, dal punto di vista della soggettività politica, dovremmo essere pessimisti, ma è la situazione che ci pone di fronte a nuovi compiti, e non da oggi, bensì da quando è iniziata la guerra infinita e la crisi economica dell'occidente capitalistico. Si tratta ormai di decenni.

Trattandosi di fatti che hanno una portata mondiale, ovviamente l'analisi, nel momento in cui andiamo a ipotizzare la ripresa del movimento comunista e di un suo possibile ruolo, non può che avere carattere globale. Per questo riportiamo in questa parte del nostro lavoro l'esperienza della Terza Internazionale, non per fare analogie col presente, bensì per iniziare a ragionare sul rapporto (dialettico) tra situazione oggettiva e compiti storici a cominciare appunto dall'esperienza del movimento comunista nel 1919 (fondazione della Terza internazionale).

Prima di entrare in argomento, vogliamo però fare alcune considerazioni generali sullo sviluppo del movimento comunista. La prima cosa che emerge, almeno dal punto di vista storico, è che il movimento comunista, nelle sue fasi di ascesa del XIX e XX secolo ha avuto una caratteristica internazionale. Non solo nelle parole d'ordine (proletari di tutto il mondo unitevi, trasformazione della guerra imperialista in guerra civile rivoluzionaria), ma anche nella dimensione organizzativa, con la costituzione della Prima (Marx ed Engels) e della Terza Internazionale (Lenin). Quando si parla di movimento comunista bisogna partire da questa dimensione e spiegarne la ragioni o perlomeno interrogarsi sulla coincidenza. Queste cose non nascevano a caso, da processi molecolari, o dal volontarismo ideologico di comunisti dottrinari che si andavano organizzando, ma dalle condizioni oggettive che maturavano nel processo storico e che il comunismo rivoluzionario ha saputo comprendere e definire teoricamente e anche guidare praticamente.

Questo non riduce ovviamente la lettura storica dei processi rivoluzionari mondiali a schemi di derivazione trotskista (la rivoluzione permanente), anzi, al contrario di questi schemi, sottolinea il dato oggettivo da cui è partita la teoria rivoluzionaria e l'azione dei comunisti. E i fatti che andremo a documentare illustrano proprio questa caratteristica.

Naturalmente la storia non si ripete allo stesso modo. Gli avvenimenti di questi anni ci dicono però che, nonostante la sconfitta subita dal movimento comunista, le contraddizioni emergenti hanno raggiunto una profondità che ci pone, sul piano sociale, politico e militare, dentro scenari che prefigurano nuovi cambiamenti epocali. L'analisi teorica e la strategia dei comunisti non può partire che da qui. Nessuna analisi nazionale può sostituire questa esigenza. D'altronde ci pensa l'imperialismo occidentale a guida americana a dimostrare come stanno le cose, cioè a pensare in modo globale.

Questo non ci porta automaticamente a dire che siamo alla vigilia dello scoccare della scintilla che darà fuoco alla prateria. In realtà le forze in movimento non possono essere immaginate così. Esse impongono, nonostante la gravità della crisi economica e militare odierna, un ragionamento più articolato, ma non per questo meno impegnativo nelle scelte internazionali.

Certo, oggi ci troviamo di fronte a una situazione geopolitica che può produrre una guerra con caratteristiche nucleari tra le grandi aree del mondo, con una vasta regione di guerra nel Medio Oriente e oltre che tende ad allargarsi per l'iniziativa costante dell'imperialismo a guida USA, con una crisi di civiltà che scuote economicamente e socialmente l'occidente capitalistico e con vaste aree del mondo, in Africa e in America Latina che non sono affatto normalizzate. Ancora una volta è la situazione oggettiva che ci fa capire in che senso si va definendo il filo rosso che può determinare il punto di incontro delle varie faglie continentali dei processi in atto che vanno a scontrarsi nel punto di maggiore crisi e che ne costituisce il famoso anello debole.

Avremo quindi un Big Bang che darà fuoco alla prateria? A ben vedere questa esplosione, nei fatti, è già avvenuta e ora bisogna capirne gli sbocchi. In effetti gli eventi controrivoluzionari dell'89 sono stati completamente superati dai nuovi avvenimenti e dai nuovi rapporti di forza. E' vero, non c'è stato un nuovo Manifesto dei comunisti o nuove Tesi d'Aprile, ma in questa fase la realtà precede la teoria che è l'elemento interpretativo dei processi reali. Il ritardo teorico è dovuto anche agli effetti determinati dal crollo del fronte comunista internazionale e dal processo revisionista che marciava già dagli anni '50 del secolo scorso.

Il Big Bang è dunque questo. Esso non arriva direttamente al centro del potere imperialista rovesciandolo, ma si sviluppa con un processo di stop and go perchè, come dimostrano i fatti di Siria, di Crimea, di Corea, di Ucraina l'imperialismo non è sicuro del risultato e finora ha evitato un confronto generale.

La storia della Terza Internazionale, in questo contesto, dà la misura di come i comunisti si sono misurati con questioni epocali dello stesso tipo, facendo dei partiti che li rappresentavano l'avanguardia della lotta all'imperialismo e per la trasformazione sociale.

E' superata questa necessità? I fatti dicono il contrario. E dicono anche che senza una teoria e una pratica rivoluzionaria si rimane residuo storico inerte, che esprime solo ideologismo. Per questo nella documentazione sulla Terza Internazionale pubblicheremo in particolare i testi che riguardano il metodo di lavoro e di analisi delle organizzazioni comuniste.